[telecronaca] Abbiamo 3.2 miglia di azione fino alla bandiera a scacchi! Sarà il primo mondiale di Verstappen? O sarà forse l’ottavo mondiale di Hamilton? Dove può Verstappen provare a passare Hamilton? La prima zona di sorpasso è solitamente in curva 5… è Verstappen abbastanza vicino? Decide di fare l’affondo!
Va bene, forse dovrei iniziare dall’inizio…
Abu Dhabi, la gara che tutti abbiamo aspettato: è il 12 dicembre, giunti quasi alla fine di un campionato combattutissimo, ho deciso di comprare il biglietto per vedere l’ultimo Gran Premio di quest’anno.
La lotta tra Max e Lewis ha catturato gli occhi di tutti: gara dopo gara, ci si avvicinava sempre di più alla fine, e nessuno dei due sembra avere la meglio sul proprio avversario.
E così, è giunto l’ultimo appuntamento, siamo arrivati ad Abu Dhabi, entrambi i piloti hanno 369.5 punti, si deciderà tutto questo weekend.
La battaglia inizia già dal sabato, durante le qualifiche: la pole, come in tutte le gare, è la posizione della griglia più ambita, e questo Gran Premio non fa eccezione.
Nelle prime fasi nessuno aveva un netto vantaggio sull’altro, ma la Red Bull era leggermente più veloce nei rettilinei e solida nelle curve.
Nell’ultima sessione, infatti, Max è riuscito a conquistare la pole position per poco più di 3 decimi. I primi dieci della griglia erano così schierati: Max, in prima, Lewis, in seconda, seguito da Norris, Perez, Sainz, in quinta, poi Bottas, Leclerc, Tsunoda, Ocon e infine Ricciardo.
Adesso sono qui, sugli spalti in curva 5, il mio orologio segna le 13.50, ma è impostato con qualche minuti d’anticipo. Si sente in lontananza il ruggito dei motori delle auto che stanno ora uscendo dalla pit lane per iniziare i giri in preparazione della partenza. La temperatura dell’aria è più alta del previsto, ben 29°, ma è destinata a scendere quando calerà il sole — si prospetta essere una gara impegnativa dal punto di vista della gestione gomme…
Sulle tribune si sente il profumo dell’asfalto caldo, c’è un’atmosfera di trepidazione e di impazienza, ma anche di tensione per quello che sta per succedere. Questo non è solo un Gran Premio, ma l’occasione di assistere ad una nuova pagina della storia della Formula 1: Lewis ha tra le mani la possibilità di essere il primo pilota a vincere 8 campionati mondiali, diventando la persona più vincente in assoluto dello sport.
Alla vigilia di questa gara è difficile stabilire un favorito: Red Bull è forte nel tratto curvilineo e ha un buon passo gara, mentre Mercedes è superiore nei rettilinei e ha un ottimo set-up. Non ho veramente idea di chi possa vincere questo Gran Premio.
È quasi ora, viene annunciato adesso dagli auto parlanti l’inizio del giro di formazione: si intravede tra la foschia in lontananza la colonna di auto che sta sbucando dalla grande curva 3, si avvicina mano a mano inesorabilmente verso il tornante di curva 5, per poi sparire nell’orizzonte diretta verso curva 6.
Passa ancora un minuto prima che le auto raggiungano di nuovo la griglia di partenza, ma ora si parte.
Si posiziona ora l’ultima macchina, aspettiamo la bandiera verde… eccola! Si accendono i semafori… uno… due… tre… quattro… cinque… inizia il Gran Premio di Abu Dhabi! Ottimo spunto di Lewis Hamilton che ha già passato Max Verstappen prima della staccata in curva 1, ottimo spunto anche per Sergio Perez che sale in terza posizione. Partenza da sogno per Lewis Hamilton, che adesso guida tutti giù verso il tornante di curva 5. Verstappen prende tutta la scia sul rettilineo che porta alla stretta chicane di curva 6 e 7, è molto distante ma decide di affondare la staccata! Hamilton non lo vede è quasi rischiano di scontrarsi! Max rimane all’interno dei limiti della pista, mentre Lewis taglia la curva per mantenere la posizione. I fan olandesi ruggiscono in sottofondo. Adesso ci sarà sicuramente da discutere!
Incredibile! Quei due non riescono a stare calmi un secondo.
Nessuna investigazione necessaria, dicono gli stewards.
La mia onesta opinione: non è giusto. Hamilton ha tratto un grosso vantaggio; avrebbe dovuto cedere la posizione.
La situazione si è poi stabilizzata: Lewis ha mantenuto un distacco da Verstappen, che non riesce più ad avvicinarsi. Contrariamente a quello che si è visto nelle qualifiche, sembra che la Red Bull fatichi a tenere il passo della Mercedes: Hamilton nel corso di 10 giri ha costruito un distacco su Max di quasi 9 secondi! Si pensa che questo sia dovuto all’eccessivo degrado della gomma anteriore destra della Red Bull, posta sotto molto stress termico.
Così, al 14° giro, cercando un azzardo, Max viene chiamato ai box per il primo pit stop, il muretto Mercedes reagisce subito e Lewis entra nel giro successivo per il cambio gomme. Perez prende la testa della gara.
Arrivati al 17° giro abbiamo tutti notato che Lewis guadagnava velocemente terreno su Perez che, con gomme soft usurate, non aveva ancora effettuato la sosta, cosa stanno aspettando gli ingegneri della Red Bull? Così gli faranno perdere la posizione!
Dopo ancora qualche giro, Hamilton è già arrivato a ridosso della testa della gara.
Sul rettilineo che porta a curva 6, la Mercedes sfrutta tutta la scia della Red Bull, ma non è abbastanza per superarla perchè Perez tira la staccata, Hamilton decide così di incrociare la traiettoria e lo supera all’uscita di curva 7.
La battaglia non è però finita: Perez col DRS, e l’uso della batteria, riesce a sorpassare di nuovo Lewis prima di curva 9.
La strategia è ora chiara: Red Bull ha aspettato a far rientrare Perez hai box per poter trattenere Lewis e far guadagnare terreno a Max, in terza posizione.
Entrano ora nel terzo settore del tracciato, che è la parte guidata è più lenta del circuito, questo è un punto critico per Hamilton perchè è impossibile sorpassare. Il distacco da Verstappen sta crollando! Sembra che Perez stia volutamente rallentando a centro curva per far perdere tempo ad Hamilton!
Passano adesso sulla linea del traguardo per iniziare il 21° giro, Hamilton cerca di sorpassare la Red Bull all’esterno di curva 1, ma non ci riesce. Perez sta facendo un lavoro di squadra fantastico! Questo sta frustrando veramente Lewis Hamilton e sta danneggiando anche le sue gomme.
Hamilton prova un’ultima volta a sorpassare Perez in curva 5, ma invano. Ormai la sagoma nera della Red Bull di Max Verstappen si è fatta ingombrante negli specchietti della Mercedes.
Percorrono ora il rettilineo verso curva 6. Il gap, che prima era di 9 secondi, è sceso a poco più di un secondo! Potete vedere Verstappen appena dietro i due. Lavoro incredibile di Perez!
I due si danno ancora battaglia tra curva 6 e 7; Verstappen è incollato al suo compagno di squadra, che ora si fa da parte per lasciarli strada!
«Checo (Perez) è un mito!» dice Max via radio.
La gente sugli spalti non può credere hai suoi occhi: Verstappen ha finalmente la sua chance.
Nonostante Max si sia però riavvicinato notevolmente ad Hamilton, la speranza di riaprire la gara svanisce presto, Mercedes è più veloce.
Giro dopo giro il gap tra i due si apre progressivamente. Red Bull prova quindi un altro azzardo: giro 37, seconda sosta per Verstappen.
Max rientra in pista con il nuovo set di gomme hard in seconda posizione con 23 secondi di distacco dalla testa, mancano solo 21 giri al termine.
La strategia di Red Bull potrebbe anche funzionare dopotutto: le gomme di Hamilton saranno molto usurate a fine gara e Max potrebbe riuscire a ricucire il distacco al ritmo di un secondo al giro nei confronti di Lewis, anche se questo è molto improbabile, dato che la Mercedes sembra molto solida nel passo gara.
Ciononostante, questo nuovo risvolto del Gran Premio ci dà la speranza di vedere un duello tra Max e Lewis nelle ultime fasi della gara.
Col passare dei giri il gap diminuisce, ma non abbastanza velocemente, ancora una volta la speranza che la corsa si riapra svanisce.
E col trascorrere del tempo e il tramontare del sole, anche le probabilità che Max raggiunga Hamilton stanno svanendo.
Ma inaspettatamente… si sente in lontananza il rumore sordo di una collisione. Immediatamente le telecamere ci mostrano cosa sta succedendo: viene rispresa la Williams di Nicholas Latifi, appena dopo l’impatto con la barriera di curva 14.
Al 54° giro, con soli 4 al termine dalla gara, è successo l’inaspettato, nulla è ancora deciso. Sarà sicuramente Safety Car, cosa che viene tempestivamente comunicata.
È l’occasione perfetta per Verstappen, che viene subito richiamato ai box per un nuovo set di gomme soft — immagino — mentre Hamilton prosegue. La domanda ora è: ci saranno ancora dei giri di gara?
La situazione si fa molto interessante: Mercedes decide di non fermare Lewis per mantenere la posizione in pista, mentre Red Bull si prende ancora una volta un rischio.
Scopriremo chi avrà fatto la scelta giusta solo se la gara ripartirà: con così poco tempo a disposizione difficilmente si riuscirà a portare a termine tutta la procedura di Safety Car.
Per prima cosa si deve rimuovere la macchina dal tracciato e i detriti.
Poi, dopo che la Safety Car è entrata in pista, si deve compattare tutto il gruppo di auto, dopodiché bisogna far sdoppiare le macchine doppiate, infine, dopo aver aspettato un intero giro, la Safety Car rientrerà ai box e la gara riprenderà.
La possibilità che il Gran Premio finisca sotto regime di Safety Car è molto alta.
Il tempo passa e, arrivati al giro 57, ci si rende conto che il tempo non è sufficiente per effettuare tutte le procedure come da regolamento.
Con tutta sincerità mi dispiace che per un problema così banale, come mancanza di tempo, non riusciremo a vedere il finale di gara che tutti abbiamo aspettato: certo, il Gran Premio fino ad ora è stato comunque emozionante; il duello al primo giro, la difesa di Perez, ma abbiamo assistito ancora una volta ad un dominio Mercedes…
Le auto doppiate n° 4 – 14 – 31 – 16 – 5 dovranno ora superare la Safety Car, comunica la direzione gara. E la gara riprende! Si riprende! Wow! La Safety Car rientra in questo giro!
Come!? Cosa sta facendo il direttore di gara?
Per regolamento bisogna far sdoppiare tutte le auto doppiate e si deve aspettare un giro prima di riprendere la corsa!
Sembra che, far fare un ultimo giro di gara, abbiano appositamente fatto rimuovere solo le auto doppiate che si trovano tra Max e Lewis (far sdoppiare anche le altre sarebbe stata un’ulteriore perdita di tempo) e che abbiano deciso di non aspettare il tempo previsto dalla regola.
Incredibile! Hanno volutamente ignorato il regolamento per regalarci un’ultima battaglia!
C’è confusione nel box Mercedes tra i meccanici e gli ingegneri, si guardano tra loro con incredulità, ma è tutto vero.
Il team principal, Toto Wolff, prende di scatto le cuffie per lamentarsi con il direttore di gara, Michael Masi, mentre il resto del team non può credere a ciò che sta accadendo.
Dall’altra parte, in casa Red Bull, viene incitato Verstappen, che ha l’ultima opportunità per vincere questo mondiale.
Con lo stupore dei piloti e di tutti noi sugli spalti, la Safety Car ha accelerato, lasciando Lewis Hamilton a capo della colonna di auto.
Le macchine si mettono in modo ordinato tutte in fila dietro al leader pronto a riprendere a gareggiare, Verstappen è assolutamente disperato per la ripartenza che quasi supera Hamilton sotto regime di Safety Car! (Cosa assolutamente vietata)
Abbiamo aspettato quasi un anno intero per incoronare il campione del mondo nel 2021, e si riduce tutto a questo momento.
Gli spettatori sono tutti pronti a filmare con i cellulari questo evento unico.
Hamilton da ora lo “strappo”. Si inizia!
Avremo solo un giro per decidere il mondiale nel 2021, Hamilton ha il vantaggio di essere primo, Verstappen ha invece le gomme più nuove e performanti. Abbiamo 3.2 miglia di azione fino alla bandiera a scacchi! Verstappen si lancia all’inseguimento della Mercedes. Il pubblico ruggisce per incoraggiare i due piloti in questo ultimo giro decisivo. Sarà il primo mondiale per Verstappen? O sarà forse l’ottavo mondiale per Hamilton? Dove potrà Verstappen provare a passare Hamilton? La prima zona di sorpasso è solitamente in curva 5… è Verstappen abbastanza vicino? Decide di fare l’affondo all’interno! È una staccata tardiva da parte di Verstappen, che prende la testa della gara; Verstappen ha strappato il trofeo a Lewis Hamilton, che cercherà di rispondere all’attacco. Percorrono ora il lungo rettilineo verso curva 6, mentre Verstappen guida a zig zag per non offrire la scia al suo avversario. Hamilton prova l’affondo all’esterno! Se Verstappen riesce a fare la curva in modo pulito… ma non lo fa, è andato leggermente lungo! Vanno insieme verso il tornante di curva 9, Hamilton usa tutta la scia di Verstappen, lo affianca — per poco non si scontrano! — ma Verstappen resta davanti! Questa gara che è iniziata con controversia finirà con controversia, ma in questo momento sembra proprio che stia andando nel verso della Red Bull. Approccia ora l’ultima curva… Max Verstappen per la prima volta nella sua carriera è campione del mondo!
La macchina di Max viene accolta sulla linea di traguardo da una tempesta di fuochi d’artificio, che illuminano il cielo buio a giorno.
I meccanici e gli ingegneri si sporgono dal muretto per festeggiare e in tutto il circuito rimbombano urla di festa. Da pelle d’oca.
Raccontare questa gara a distanza di un anno provoca ancora le stesse emozioni vissute quel 12 dicembre.
Quella notte, nel deserto dell’Arabia Saudita, tra il caldo e la sabbia, si è consumato un duello che rimarrà scritto nel libro della storia della Formula 1 per molto tempo.
Un duello tra gladiatori che hanno dedicato la loro vita al combattimento su quattro ruote.
Orchestra e Coro Teatro Comunale di Bologna_I4Q4298@roccocasalucifotografo
Le melodie ebraiche per Kol Nidrei di Max Bruch e per Chichester Psalms di Leonard Bernstein, affiancate a due pagine che in modo diverso richiamano la danza, come An American In Paris di George Gershwin e il Boléro di Maurice Ravel. È questo il programma impaginato per il concerto della Stagione Sinfonica del Teatro Comunale di Bologna, che si terrà giovedì 30 marzo alle 20.30 all’Auditorium Manzoni. Sul podio dell’Orchestra del Comunale torna l’israeliano Daniel Oren, dopo aver diretto lo scorso mese l’opera Madama Butterfly di Puccini e il “Verdi Gala” trasmesso su Rai5.
Dedicato al violoncellista Robert Hausman e ispirato alla voce del cantore ebraico Abraham Jacob Lichtenstein, l’Adagio per violoncello con orchestra e arpa Kol Nidrei op. 47 è costruito da Bruch su un antico canto di penitenza ebraico – il Kol Nidrei, per l’appunto – e sulla melodia Oh Weep for Those that Wept on Babel’s Stream di Byron. Fu un successo la prima esecuzione del brano a Liverpool, nel 1880, con Joseph Hollmann come solista e lo stesso compositore tedesco come direttore. Solista, invece, del concerto bolognese è il Primo Violoncello dell’Orchestra del TCBO Francesco Maria Parazzoli.
Le melodie ebraiche di sei salmi selezionati e musicati da Bernstein nel 1965 sono poi al centro di una nota pagina corale come Chichester Psalms, interpretata dal Coro del Comunale istruito da Gea Garatti Ansini. Una curiosità: Oren dirige questo brano dopo avervi cantato come voce bianca da fanciullo, proprio sotto la bacchetta di Bernstein. A Bologna la voce bianca è quella di Michelangelo Guidotti, che fa parte del Coro della Cappella Sistina.
Definito dallo statunitense Gershwin “balletto rapsodico”, il suo poema sinfonico An American In Paris del 1928 racconta in musica di «un turista americano che assorbe l’atmosfera francese…», con l’utilizzo del suono del clacson dei taxi della capitale francese, col richiamo alla canzone popolare La Maxixe, o ancora con il ritmo del charleston.
Del 1928 è anche il celeberrimo Boléro di Ravel, brano dall’incedere ipnotico e dal tema “insistente” – come lo definiva l’autore – che chiude la serata. Nonostante il suo titolo, il Boléro non ha legami con la nota danza di origine spagnola: era nato per rispondere alla commissione di un balletto di carattere spagnolo da parte della danzatrice Ida Rubinštejn, dopo che Ravel aveva dovuto allontanarsi dall’idea originale di orchestrare la suite Iberia di Isaac Albéniz per una questione di diritti.
Il concerto è realizzato grazie a Intesa Sanpaolo, Main Partner della Stagione Sinfonica 2023 del Teatro Comunale di Bologna.
I biglietti – da 10 a 40 euro – sono in vendita online tramite Vivaticket e presso la biglietteria del Teatro Comunale (Largo Respighi), dal martedì al venerdì dalle 12 alle 18 e il sabato dalle 11 alle 15; il giorno del concerto presso l’Auditorium Manzoni da 1 ora prima fino a 15 minuti dopo l’inizio dello spettacolo.
Per ogni concerto della Stagione Sinfonica 2023 è in programma “Note a margine”, una rassegna di podcast e di incontri con il pubblico che si tengono circa 30 minuti prima dell’inizio del concerto presso il foyer o il bar dell’Auditorium Manzoni.
Con questo nuovo titolo Orofino spezia di un attrattivo sapore tra il polar e il fantastico la propria ispirazione, da sempre contrassegnata alla propria base da temi e dubbi esistenziali ormai di-stintivi di una produzione particolarmente prolifica (quattro ro-manzi in altrettanti dicembri consecutivi).
Fin dalle prime pagine appaiono – abilmente inquadrati secondo modalità ben collaudate della narrativa d’impronta massmediale – alcuni dei leitmotiv dello scrittore: la scelta, lo stacco con il passato, l’attrazione verso aut-aut radicali e forieri di un ripiega-mento dal centro verso la periferia del mondo. E inoltre, come argomento di fondo complementare a stanchezza e inettitudine, l’inanità della fuga (meglio se in moto e on the road) in un mondo sempre più uniformato e nel quale l’onda lunga dell’alienazione sfiora ormai anche i luoghi più remoti, dove certa diffidenza ambientale verso il nuovo arrivato viene assai poco compensata dagli scampoli di comfort zone rappresentati da minimi frammenti di rifugio/confronto familiare.
Dati questi presupposti è sul rapporto tra realtà e illusione che Orofino pare incentrare il proprio interesse, articolandolo su rea-genti contestuali: dove risiede la “normalità”, nel protagonista o in ciò e coloro che lo circondano? E dove la follia? Inoltre tali categorie – insinua il senso narrativo complessivo – non sono per caso delle arbitrarietà discorsive?
Pur volendo evitare eccessi di responsabilizzazione teorica, romanzi siffatti alludono a un’indagine sui limiti della conoscenza, che sono nuovi perché irrimediabilmente mutati sono i paradigmi dell’uomo nel mondo; così come del tutto divergenti dal passato appaiono i comportamenti in una società dove il relativismo è sì morale, ma anche forse prima di tutto gnoseologico.
L’intreccio in sé è abbastanza semplice, segnato da alcuni momenti chiave che, oltre a sancire le atmosfere di suspense, scandiscono l’asse inventivo principale, legato all’idea dello slittamento di piani.
“Per il lato obliquo delle cose” gioca apertamente col registro dell’indecidibilità del reale muovendosi sul sottile confine tra ciò che sembra e ciò che è, o meglio tra ciò sembra irreale e ciò che lo è davvero: elemento tra i più sfruttati anche nelle arti e fiction visive. L’inclinazione (in senso prospettico) menzionata nel titolo allude proprio a tale trasversalità di sguardi e di vissuti, tutt’altro che rassicurante nel profilo della trama e per la percezione del lettore, il quale peraltro è chiamato a una decifrazione dei livelli testuali: pure Orofino adotta una poetica in fin dei conti combinato-ria, ben dissimulata nella corposità tradizionale dello stile.
E’ lo sbocco della suddetta indecidibilità a stimolare l’attesa del colpo di scena finale, che suggella la tinta crime – già varia-mente soggiacente in precedenti romanzi dello scrittore – ma in qualche modo mortificandola: a ribadire come il nucleo ispirativo non sia tanto delegato allo sviluppo formale quanto al versante interiore e speculativo delle ripercussioni psicologiche, da cui poi derivano quelle comportamentali di un soggetto sempre più inequivocabilmente succube di una realtà dai contorni indefiniti.
Alberto Raffaelli
Alberto Raffaelli
Il libro:
Alessandro Orofino, “Per il lato obliquo delle cose”, Torino, Pathos Edizioni, 2022
«La bellezza è il nutrimento della nostra anima, ciò che differenzia il vivere dal sopravvivere… nelle arti visive, come nella fotografia, la bellezza è data dalle suggestioni che ci trasmette l’opera… esistono cose teoricamente bellissime che sono però sterili, fredde e conseguentemente poco attraenti… La bellezza non è perfezione, ma emozione… la vera bellezza commuove.» (Lucia Canepa)
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Lucia Canepa
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Ciao Lucia , benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista della fotografia? Come ti descriveresti a chi leggerà questa intervista per dare l’immagine di te quale artista e fotografa?
Innanzitutto grazie a voi per la possibilità di raccontarmi… mi fa ancora piuttosto strano sentirmi definire fotografa anche perché non ho nessuno studio che mi conferisca tale qualifica. La mia è una semplice passione che negli anni, grazie ad alcuni incontri fortunati, si è trasformata in qualcosa di più concreto. Amo la bellezza racchiusa dentro le cose più semplici e, apparentemente, banali a cui, grazie all’apparecchio fotografico, tento di dare una chiave lettura più originale… cerco di estrapolare la magia racchiusa in ogni istante, in tutto ciò che ci circonda trasformandola in emozioni per chi osserva. La sfida è questa rendere partecipi coloro che guardano le mie foto della meraviglia che mi nasce dentro dall’osservazione del quotidiano. Lo scoprire ovunque l’incanto con un semplice cambio di prospettiva… Non mi interessa particolarmente immortalare ciò che è palesemente spettacolare, questo ormai con le nuove tecnologie e apparecchi digitali è fattibile per chiunque, io vorrei suscitare stupore ritraendo ciò che normalmente passa inosservato.
… chi è invece Lucia Donna che vive la sua quotidianità e cosa fai al di fuori del tuo lavoro di fotografa e artista?
Lucia donna è un essere vivente originale e un po’ fuori dalle righe che tenta di evolversi facendo tesoro delle lezioni, spesso dolorose, che la vita ci impartisce cercando di prendere l’esistenza con leggerezza, ma mai con superficialità. Mi considero alla mia quarta vita. Iniziata relativamente da poco quando, quello che era allora mio marito da 22 anni ha deciso di cambiare strada e proseguire senza di me. Poteva essere l’inizio della fine e invece, inaspettatamente mi si è aperto un nuovo mondo in cui il mio essere e la mia essenza sono finalmente usciti fuori rendendomi capace di affrontare sfide e cogliere opportunità. Nel frattempo anche il mondo è velocemente cambiato in modo improvviso e, a mio avviso, assurdo. Non ho potuto più fare molte delle cose che mi appassionavano, come viaggiare, ma paradossalmente ho avuto più possibilità di esporre le mie foto. In questi tre anni ho capito che i valori e i diritti non sono cose scontate e di conseguenza mi sono impegnata nella lotta per preservarli tanto che la scorsa estate mi è stato chiesto di candidarmi per le elezioni nazionali con conseguente sfida di portare avanti una campagna elettorale in tempi brevissimi e senza nessuna esperienza precedente in quel campo. Una cosa che mai avrei immaginato, lontana anni luce dai miei pensieri e dalle mie aspirazioni, ma che ho comunque apprezzato soprattutto come esperienza di crescita personale. Sono a tutt’oggi impegnata nel portare avanti un discorso legato ai diritti e alla libertà di scelta, ma a livello apartitico.
Come è nata la tua passione per la fotografia?
La mia passione per l’arte è nata presto ne ho sempre, in un certo qual modo, respirato l’aria anche se come spettatrice… Mia madre ha fatto per anni ceramica, mio padre faceva fotografia a livello amatoriale, mio fratello ha studiato al liceo artistico e mi ha fatto cogliere, con i suoi scatti, la possibilità di trovare il bello ovunque… la mia famiglia amava il teatro, la letteratura ,il cinema, la pittura… mia zia viaggiava con un’amica, in macchina, in paesi che allora erano fuori dalle rotte turistiche riportandomi racconti di luoghi per me misteriosi e immaginifici. Lei lavorava in un cinematografo in cui passavo i miei fine settimana, da ragazzina, guardando lo stesso film più e più volte e imparando, di conseguenza, ad apprezzarne tutti gli aspetti… mio cugino era un incisore della cerchia degli artisti di Albissola nel suo periodo d’oro… Quando hai la fortuna di avere dei genitori che ti portano a vedere il “cirque imaginaire” prima di aver compiuto i 10 anni il gioco è fatto (ahahaha…) la magia diventa un qualcosa da ricercare ovunque… per cui il mio amore per l’arte e la bellezza è nato molto prima di scoprire la mia personale inclinazione artistica. Per anni ha covato sotto la cenere. Dipingevo su piastrelle, ma soprattutto su specchi e vetro… era un semplice passatempo nato dall’emozione suscitatami dalla visione caleidoscopica delle antiche vetrate nelle chiese gotiche… Solo da adulta mi sono innamorata della fotografia quando, durante il mio secondo matrimonio, è nata la mia passione per il viaggio, per l’arte di strada, per le tradizioni popolari e da lì il desiderio di poter imprimere le emozioni che tanta bellezza mi procurava attraverso gli scatti fotografici.
Chi sono e chi sono stati i tuoi maestri d’arte, se vogliamo usare questo termine? Qual è stato il tuo percorso formativo, accademico ed esperienziale nel mondo della fotografia e dell’arte?
Come ho già detto in realtà io non ho fatto studi legati alla fotografia e non ho fondamenti tecnici. Sono un’autodidatta che ha visto far belle foto a mio padre e a mio fratello. Ho solo ereditato una passione. Ho seguito due brevi corsi in cui mi hanno insegnato ulteriormente a dar voce al mio istinto che mi porta a cercare punti di vista differenti.
Come definiresti il tuo linguaggio artistico e il tuo stile? C’è qualche artista al quale ti ispiri?
Direi spontaneo, non mi rifaccio a nessuno stile in particolare… C’è un artista che, in un certo qual senso, mi è risuonato affine. Un fotografo ungherese Andrè Kertesz. Le sue immagini sono apparentemente semplici, mai eclatanti, ma cariche di emozioni che arrivano all’anima. Alcune sue frasi rappresentano il mio sentire: “Vedere non è abbastanza devi sentire ciò che fotografi”, ”Sono un fotografo dilettante e intendo rimanere così per il resto della mia vita”, ”Porto sempre con me la macchina fotografica, non riesco ad immaginarmi senza”. Le sento assolutamente rispondenti al mio modo di vivere quest’arte.
Come sta cambiando secondo te la fotografia negli ultimi dieci quindici anni con l’avvento dei social?
Non sono molto tecnologica e i social non sono la mia passione. Prediligo decisamente i rapporti che nascono dalla conoscenza diretta, magari casuale, ma riconosco che ormai fanno parte della vita di chiunque in quasi ogni luogo del pianeta e sto cercando di adeguarmi ed evolvermi per non estinguermi. Sicuramente hanno rivoluzionato anche il mondo dell’arte. In questi ultimi anni ho partecipato ad alcune mostre virtuali e mentre le trovo inconcepibili per la pittura o la scultura devo ammettere che per quanto riguarda la fotografia non la snaturano particolarmente e rappresentano un’opportunità davvero unica per farsi conoscere e raggiungere quasi ogni angolo della terra portando l’arte in tutte le case e rendendola accessibile ad ogni singolo individuo. Certo non può, a mio avviso, sostituire il piacere di ammirarla dal vivo, ma può essere un incentivo a far conoscere ad avvicinare un pubblico più vasto alla bellezza.
Tu hai partecipato a diverse mostre in giro per il mondo nelle quali hai avuto riconoscimenti, premi e apprezzamenti. Ci racconti di queste belle esperienze? Cosa vuoi condividere con i nostri lettori di queste avventure artistiche ma anche di grandi apprezzamenti che sicuramente ti hanno dato la forza e l’entusiasmo per procedere e continuare con passione in questa tua arte?
In effetti, ormai, ho partecipato a parecchie mostre anche in luoghi del pianeta dove non ho mai avuto la fortuna di andare fisicamente e, ad oggi, la cosa continua a sembrarmi piuttosto sorprendente. È successo velocemente, senza preavviso, di ritrovarmi catapultata in un mondo che immaginavo inarrivabile. Sono sempre esposizioni collettive e non sono sicuramente di grande rilevanza internazionale, ma per quanto mi riguarda tutte parimenti importanti e fonte di grande soddisfazione personale. Quella che continuo a considerare la più inattesa e gradita è stata la vittoria del concorso Wall of Dolls “Il rumore del silenzio”, il cui tema era la violenza sulle donne, indetta in collaborazione con il comune di Genova. Avere una mia foto permanentemente esposta nella mia città, praticamente, nella piazza più importante è sempre un motivo di commozione per me. Certo pensare che delle mie foto si siano potute ammirare in un bellissimo palazzo a San Pietroburgo o in due ambasciate in Brasile, mi sembra sempre stranissimo. Una cosa che mi ha reso davvero felice è stato il commento, arrivatomi in un video, di un’intervista fatta ad un personaggio intervenuto ad un evento, in una galleria di Milano. Le sue considerazioni ed elogi sulla mia foto, lì esposta, mi hanno fatto immensamente piacere perché esprimevano emozione e stupore ed è lo scopo principe, quello che dà un senso all’esporre… per me.
«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?
Probabilmente sono una via di mezzo… credo tantissimo nei segni che ci indicano la via da percorrere… il nostro destino, secondo me, è parzialmente scritto, ma poi ci sono indicazioni, che per alcuni sono coincidenze, che fan sì che si possa scegliere una strada piuttosto che un’altra e da queste mi lascio guidare… sono stata per molti anni poco intraprendente e poco determinata… sono rimasta sul ciglio della strada della mia vita concentrata nelle cose più semplici e materiali che l’esistenza mi offriva… in questa nuova vita no… sono diventata molto più intraprendente e cerco di traghettare il mio percorso verso ciò che mi appassiona, tento di cogliere ogni opportunità che mi si presenta per ottenere soddisfazioni e risultati facendo le cose che mi piacciono con determinazione… non mi interessa, però, ottenere riconoscimenti e fama, ma solo portare avanti ciò che mi emoziona sperano di trasmettere qualcosa di profondo con la mia arte.
«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te? E cosa è la bellezza nelle arti visive e nella fotografia?
Secondo me la bellezza è quasi in ogni cosa. Concetto sicuramente difficile da definire… bisogna saperla cogliere cambiando, in certi casi, il punto di vista da cui si osserva il mondo… l’entusiasmo e lo stupore mi guidano in questa ricerca… l’arte e la poesia son ciò che rendono l’esistenza degna di essere vissuta e il motivo che mi sprona a fare fotografia… la bellezza è il nutrimento della nostra anima, ciò che differenzia il vivere dal sopravvivere… nelle arti visive, come nella fotografia la bellezza è data, per me, dalle suggestioni che ci trasmette l’opera… esistono cose teoricamente bellissime che sono però sterili, fredde e conseguentemente poco attraenti… La bellezza non è perfezione, ma emozione… la vera bellezza commuove.
«…anche l’amore era fra le esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo.» (Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, Volume primo, p. 28, Einaudi ed., 1996, Torino). Cosa pensi di questa frase di Robert Musil? Cos’è l’amore per te e come secondo te è vissuto oggi l’amore nella nostra società contemporanea, tecnologica e social?
L’amore, per me, è la ragione unica di esistere… Amore e amare i caposaldi di un esistenza pienamente vissuta. Ciò che fa evolvere un essere umano verso la vetta dell’essenza. La frase di Musil poeticamente bellissima non rappresenta, però, la mia idea di amore. L’essere umano tende a scambiare questo sentimento con il bisogno. L’amore viene spesso associato a sentimenti negativi: spaventa, devasta, ferisce… si sfugge all’amore perché rende vulnerabili, fragili, irrazionali, ma in verità non vi è nulla di più meraviglioso che lasciarsi trasportare dall’irrazionale, senza reti di protezione, liberi. Noi vogliamo possedere gli altri, cambiarli, abbiamo necessità che cuciano le nostre ferite, che nutrano il nostro ego, che ricambino ciò che noi facciamo per loro… ma questo è fraintendere completamente il senso dell’amare, a mio avviso. Amare è donare il meglio di noi senza aspettarsi nulla in cambio. Quando si ama qualcuno veramente non si pretende nulla da colui che si ama, si desidera soltanto sua la felicità. Preferisco la frase di Oscar Wilde: “Tutti dicono che amare fa male, ma non è vero. La solitudine fa male, il rifiuto fa male, perdere qualcuno fa male. Tutti confondono queste cose con l’amore, ma in realtà, l’amore è l’unica cosa in questo mondo che copre tutto il dolore e ci fa sentire ancora meravigliosi”, mi risuona molto meglio…
Robert Capa, com’è noto uno dei più grandi fotografi di guerra del Novecento, diceva spesso che «L’unica cosa a cui sono legato è la mia macchina fotografica, poca cosa, ma mi basta per non essere completamente infelice.» Tu Lucia cosa ami del tuo lavoro e cosa è per te la fotografia?
Innanzi tutto amo il fatto che non sia un lavoro, anche perché non mi consente di viverci, ma una passione… Il lavoro, credo abbia perso il suo senso; dovrebbe essere solo il mezzo che consente di vivere, ma spesso diventa ciò per cui si vive. La fotografia per me è condivisione, comunicazione, fantasia e meraviglia. Certo fare il fotografo di guerra dev’essere talmente doloroso che solo il filtrare attraverso un obbiettivo tutta la sofferenza con cui si viene in contatto può consentire di sopportare un tale carico di infelicità.
A proposito dell’arte della fotografia Alberto Moravia sosteneva che: «Il fotografo non guarda la realtà, ma la fotografa. Poi va in camera oscura, sviluppa il rullino e solo allora la guarda.» A quel punto la realtà non c’è più, ma c’è la rappresentazione della realtà che ne ha fatto il fotografo. Se è vero quello che disse Moravia, è come se il fotografo alterasse la realtà creandone una tutta sua, una realtà parallela, virtuale per certi versi, quella che sa creare con la sua arte. Qual è il tuo pensiero in proposito?
Sicuramente fare fotografia con la pellicola doveva essere molto più emozionante… veder apparire ciò che si fotografava in camera oscura, molto più entusiasmante e creativo di ciò che è oggi farlo con un apparecchio digitale. Certo posticipava di molto il poter ammirare ciò che l’apparecchio aveva colto e l’attimo dello scatto era talmente lontano da venir, probabilmente, completamente sostituito da quello rimasto impresso sulla carta fotografica. Comunque senz’altro c’è stato un periodo in cui anche la mia realtà veniva alterata dall’osservare tutto attraverso l’obbiettivo rendendola più vicina al virtuale. Assaporavo il reale in un modo un po’ distorto perché ne godevo solo in un secondo momento quando gli scatti venivano rivisti, tagliati, scelti… era come vivere in un tempo differente e posticipato, rispetto a ciò che avevo osservato mentre fotografavo… Perciò sì, ciò che sosteneva Moravia corrisponde, in un certo senso, al vero. Oggi cerco di trovare il modo di fotografare rimanendo presente, scattando con più parsimonia per non perdere l’attimo in cui sono immersa e vivere di conseguenza entrambe le realtà e i tempi.
Conoscerai benissimo un’antica credenza secondo la quale “la fotografia ruba l’anima”. Oliviero Toscani, che di fotografia un po’ se ne intende, in una intervista rilasciata qualche anno fa ad Assisi presso il Convento di San Francesco dov’era per visitarlo, disse che «Forse è per questo che tante persone che sono troppo fotografate rischiano di diventare vuote dentro. Tante top model, tanti uomini famosi sono vuoti … la fotografia di fatto ruba il luogo della libertà, l’energia che ci fa vivere e andare avanti … e quindi, da questa prospettiva, chi scatta una foto deve sentirsi addosso una responsabilità pesante come un macigno … la responsabilità è nel capire che la fotografia ritrae le persone per quello che sono. Per questo bisogna stare attenti a documentare con serietà. Io posso dire che mi domando sempre se ho sufficienti cultura e capacità per raccontare e testimoniare il tempo che sto vivendo». Tu da artista della fotografia, cosa ne pensi delle parole di Toscani? Davvero essere tanto fotografati può rubare l’anima tanto da diventare vuoti dentro? Cosa risponderesti a Toscani?
Sono parzialmente d’accordo con Toscani nel senso che anche secondo me chi scatta deve rendersi conto delle responsabilità che sono insite nel suo gesto. Ci sono persone che credono fortemente, in certe culture soprattutto, che la fotografia rubi l’anima del soggetto ed è quindi giusto, come in tutto del resto, essere in grado di rispettare il punto di vista dell’altro. Va alla sensibilità del fotografo capire se in taluni circostanze sia giusto immortalare determinate situazioni. Se si ha riguardo per l’essere umano non è difficile essere attenti e rispettosi dell’intimità ,anche emotiva, dell’attimo che si rende pubblico con un determinato scatto. Diverso, a mio avviso, il pensare che chi, magari per lavoro, è sempre fotografato sia vuoto e privo di contenuto, magari è più frequente che succeda, ma come per tutto non si può generalizzare. Sono certa che ci siano modelli e attori che mantengono una grande umanità nonostante il lavoro che fanno.
Non penso si possa far ricadere sull’apparecchio fotografico la responsabilità delle scelte che chi lo usa fa, la sensibilità dipende da noi non dal mezzo.
Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Scrisse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi alcuni anni fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.»(Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva da questo punto di vista, sulle arti visive e sull’arte in generale?
Credo che dipenda dal punto di vista con cui si affronta la cosa… secondo me l’arte esiste a prescindere, non ha bisogno di nessuno. Non è lo sguardo di qualcuno a donarle bellezza, a farle acquisire valore… In se ha un po’ dell’ anima di colui che l’ha creata, parte della la sua fantasia e della sua creatività che la rendono preziosa. Noi esseri umani siamo sempre propensi a credere che senza di noi nulla avrebbe valore, ma la natura ,ad esempio, è un’opera d’arte meravigliosa e lo rimane indipendentemente dal fatto che qualcuno guardandola glielo riconosca. Esiste a prescindere. Ovviamente quando c’è di mezzo l’autore dell’opera il discorso cambia leggermente. Per anni ho fatto foto solo per me stessa e i miei scatti erano quelli (belli o brutti che fossero) indipendentemente dal giudizio altrui. Nel momento in cui ho iniziato ad esporli hanno cominciato a diventare, in un certo senso, più reali, dal punto di vista artistico. Le emozioni che possono far nascere in chi le osserva ne determinano la validità e, di conseguenza, il loro essere o non essere arte. Anche se, in verità, il riuscire a meravigliare non dipende solo dall’autore, ma anche dalla sensibilità di chi guarda.
Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?
Sicuramente il mio vicino di casa Paul Koeleman, un bravissimo fotografo olandese, che mi ha spinta a credere nelle mie capacità e mi ha convinta ad esporre per la prima volta. Non credo l’avrei mai fatto senza la decisa sensibilità con cui mi ha infuso il coraggio dato dalla stima che ha dimostro per me e per i miei lavori. Devo anche ringraziare il pittore Aurelio Bellini che mi ha messo in contatto con la curatrice Doriana Della Volta, con cui ho iniziato a partecipare a varie collettive. Tramite lei, con cui sono ancora in contatto, ho poi conosciuto l’artista Fabiana Macaluso che mi ha inserito nel suo gruppo virtual_art_social_group, nato per promuovere artisti sconosciuti anche a livello internazionale. Grazie a loro tutte le soddisfazioni che ne sono poi derivate. Questo per ciò che riguarda la fotografia, per ciò che concerne la mia vita, invece, sicuramente mia zia è stata una delle persone che più mi ha incoraggiata a credere in me stessa, a lei devo moltissimo… Il valore dei sogni, invece, era probabilmente parte del mio DNA, non sono mai stata molto interessata a ciò che è solo materiale. L’han risvegliato completamente libri, film, teatro, musica, i miei tanti cuccioli e molte delle persone che hanno accompagnato piccoli o lunghi tratti della strada fin qui da me percorsa.
Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre film da vedere quali consiglieresti e perché?
Diciamo che tre sono davvero pochi, ma ci proverò.
Un film a cui sono molto legata è “La gatta sul tetto che scotta”, trovo che la scena in cui i protagonisti parlano in una cantina, in cui sono conservate miriadi di cose accumulate in una vita, della differenza fra lasciare oggetti o trasmettere emozioni ed amore mi ha davvero profondamente colpita. Noi esseri umani siamo spesso portati a dare più importanza al valore degli oggetti che a quello dei sentimenti. In quel film si parla di amore e di perdono con un intensità davvero non comuni.
Un altro film che amo tantissimo è “L’attimo fuggente”. Li è l’importanza di coltivare il pensiero critico, di portare avanti i propri sogni, dell’essere leali anche quando questo ci costringe ad esporci ad essermi arrivata dritta al cuore.
Infine citerò “Bravehart”. Nulla ha più valore, per me, della libertà e, conseguentemente, del coraggio di lottare, anche a costo della vita, per difenderla. Soprattutto in questo momento storico. È qualcosa di imprescindibile che si dà spesso per scontata, ma è quello che rende la vita degna di essere vissuta. Senza tutto perde senso.
… e tre libri da leggere assolutamente nei prossimi mesi? Quali e perché proprio quelli?
Anche questa è una domanda difficilissima.
Amo tutti gli scritti di Herman Hesse, in particolare “Vagabondaggio”, un racconto breve in cui il senso di libertà e della meraviglia che può trovarsi nella scoperta dell’ignoto si respirano in ogni pagina. Ma è ne “Il lupo della steppa” che ho scoperto la sua capacità di descrivere l’onirico in modo eccelso. La lotta interiore fra ciò che si vuol essere e ciò che si è. La dualità che ci fa soffrire finché non prendiamo coscienza di ciò che siamo indipendentemente da ciò che la società vorrebbe.
Ci sono poi i primi due libri della trilogia fantastica di Mervyn Peake dedicati all’incredibile regno di Gormenghast che sono, secondo me, l’apoteosi di ciò che la mente umana può creare con la fantasia.
Finirei con “Cecità” di Josè Saramago. Tutto il brutto e il buono che può esserci, soprattutto in situazioni estreme, nei comportamenti dell’essere umano.
Caspita, in realtà ne ho nominati più di tre, ma spero sarò perdonata perché mi sono dovuta comunque trattenere molto.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e appuntamenti di cui puoi parlarci? Cosa ti aspetta nel tuo futuro professionale che vuoi raccontare e condividere con noi?
Cosa mi aspetta nel mio futuro professionale mi è ignoto, ma so che sto partecipando ad una mostra concorso in una galleria di Badalucco (IM) appena inaugurata. Sempre nella stessa galleria farò una personale con due artiste mie amiche a maggio. Poche ore fa ho scoperto con gioia che sono stata selezionata per partecipare ad una collettiva, per cui avevo mandato alcuni scatti, della biennale che si tiene a Panama. Parteciperò ad un’esposizione a Nichelino (TO) dedicata alle arti marziali. Sto valutando se partecipare ad una mostra al MIIT di Torino. Poi non so, non ho progetti, valuto di volta in volta a secondo delle proposte che mi vengono fatte e delle mie possibilità del momento. Non sto più scattando molto, ho tantissimo materiale vecchio, e dovrei prendermi un nuovo apparecchio fotografico. Mi piacerebbe realizzare un foto libro con miei scritti abbinati a mie foto, è un lavoro a cui penso da tempo, ma che ho solo imbastito. Vorrei scrivere e cercare di realizzare un docufilm su ciò che è successo negli ultimi tre anni…
Dove potranno seguirti i nostri lettori?
Non ho siti internet, per ora. Mi si può trovare su Istagram luciac4nepafotovisioni e su Facebook Lucia Canepa (Foto Visioni).Su YouTube “lucia canepa immagini e parole” e su Vetrina dell’artista / immagini-e-parole
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?
Concludo con la mia filosofia di vita sperando che stimoli tutti a muoversi con la leggerezza, non superficialità, che dà qualità all’esistenza. Perché è la qualità che farà la differenza al termine del nostro passaggio su questo pianeta… Ma non quella pretesa da questa società che la scambia per produttività e successo economico. Bensì quella data dall’aver fatto ciò che era importante per noi, per sentirci in armonia con noi stessi e con l’universo. Quando finirà il mio ciclo di vita spero di andarmene avendo amato il più possibile e senza lasciarmi alle spalle rimpianti. Di aver sempre lasciato che la mia fantasia fosse libera di esprimersi. Mai essere schiavi della quotidianità, della routine, di ciò che la società ritiene sia il giusto per la massa… mai farsi omologare, siamo dotati di un pensiero critico ed è giusto usarlo per essere il meglio che è nelle nostre capacità. Non rinunciare ai sogni, mai, non sono i risultati a contare, ma l’aver tentato di realizzarli… per non doversi accorgere un giorno che i rimpianti sono di più degli insuccessi eventuali. Voglio ricordare a tutti l’importanza del potersi esprimere liberamente, dell’essere esseri liberi di scegliere… non bisogna mai dare per scontati i diritti, perderli è un attimo… non lasciamo a nessuno il potere di toglierci la possibilità di godere dell’arte e della cultura… la bellezza innalza l’anima… non accontentiamoci mai di sopravvivere.
«Essere un artista presume una formazione mentale alata. È uno stile di vita. Se vuoi permetterti di essere un artista, devi prima concederti ciò che senti veramente e non produrre per forza ciò che può essere vendibile. Accettando la propria non individualità e l’assenza di identità, ci impicchiamo spiritualmente, ritardando la salvezza nella catarsi di ripetere gli scenari degli altri artisti.» (Marina Kaminsky)
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Cin cin Noosfera 2023
Regina di Saba 2023
Maria Kaminski_Tanghera 2023
Joker 2022
Tanghera 2023
Anatra alla globalista 2022
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Maria Kaminski
Ciao Marina, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Ai nostri lettori che volessero conoscerti quale artista delle arti visive, cosa racconteresti di te?
Ciao Andrea! Grazie per l’invito. Non è facile parlare di sé stessi. In genere parlo attraverso il mio lavoro con il linguaggio molto colorato. Ho l’amore viscerale per i colori. Li sogno. Adoro sporcarmi le mani e ciò che creo lo chiamerei simbolismo. Invito le persone a guardare i miei lavori da diverse prospettive per cogliere i messaggi che sono nascosti tra le righe. La stessa opera può essere interpretata in vari modi, dal significato etico al significato emotivo, e questo è lo scopo di tutto il mio lavoro. Sono sicura che l’efficacia del messaggio dipenda solo dalla mia capacità di fare emergere messaggi più profondi oltre a quelli visibili. La sfida per me è quella di sapere come equilibrare questi due elementi, poter coinvolgere l’osservatore in un’esperienza che abbracci entrambi. C’è un principio estetico ed etico molto importante per me in questa ricerca.
… chi è invece Marina Donna della quotidianità? Cosa ci racconti di te della tua vita al di là dell’arte e del lavoro?
Libera. Una viaggiatrice nella fisica e una surfista nella metafisica. Innamorarsi mi capita di rado e non dura molto. In una coppia presto o tardi bisogna sacrificarsi per tenere in piedi una relazione. Scatta il meccanismo di sottomissione, di dominio e di controllo. Nulla a che fare con l’amore. Non mi è possibile vedere l’amore in una fatica o in una sofferenza affrontata per l’amore di un altro. È mostruoso pretendere l’altruismo dagli altri. Volere che sacrifichino i loro desideri per i tuoi. Le persone aspettano troppo dagli altri, pretendendo da loro ciò che non pretenderebbero mai da se stessi. E quando le loro aspettative non vengono soddisfatte, allora subentra delusione ma non perché gli altri hanno fallito, ma perché non sono riusciti ad usarli come strumenti per raggiungere gli obbiettivi. Quando accetti l’idea che ognuno vive solo per se stesso, sarai molto più indulgente verso i tuoi simili.
Ci sono momenti in cui è difficile per me vivere eventi e notizie da sola. La vita mi gira un film e per credere nella realtà oggettiva di questo film, ho bisogno di un altro testimone di ciò che sta accadendo. Ho bisogno di capire il senso del film anche se la presenza di una visione diversa in cento casi su cento cambia completamente il senso di ciò che sta accadendo. Quanto all’eros… L’atto ottuso e banale del sesso compiuto non per attrazione reciproca, ma per abitudine (nelle coppie questo è il più delle volte il caso), dimostra che desiderio sessuale in una coppia è un ideale bello ma irraggiungibile, come il comunismo.
La solitudine non è una punizione. Solitudine significa che sono responsabile di tutto ciò che mi accade. Solo io prendo le decisioni. Sono unica responsabile della mia vita.
Come è nata la tua passione per l’arte e per le arti visive in particolare? Quale il tuo percorso professionale, esperienziale, accademico e artistico che hai seguito?
Ho disegnato e dipinto da quando mi ricordo. Sono una pittrice e Art Performer. Ho dipinto ritratti, paesaggi, paesaggi urbani, città immaginati, figure umane, molte opere informali e arte sacra che ora si trova nella chiesa Santa Maria delle Stelle a Gravina. Le immagini delle mie opere sono state utilizzate nelle collezioni di moda del brand TailorArtRevolution. Ho illustrato 2 libri. Le mie opere sono state esposte in 8 musei e nelle più importanti rassegne artistiche: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Diocesano di Milano. A partire dal 2003 ho partecipato a numerose mostre personali e collettive, concorsi e varie manifestazioni artistiche, conseguendo premi e riconoscimenti di critica e di pubblico. Le mie opere sono conservate in collezioni private in Italia e all’estero. Ho curato per conto dell’associazione ADDA importanti mostre dell’arte contemporanea. Non ho terminato gli studi accademici e pertanto mi considero autodidatta. Fare “Bottega” con Rodolfo Viola fu determinante. Da lui ho imparato a raccontare l’arte attraverso il colore.
Come definiresti il tuo linguaggio? C’è qualche artista al quale t’ispiri?
Sono istintiva è di difficile collocazione. I luoghi nei miei quadri sono emozionali. Persone immaginarie. Soggetti onirici. Non saprei definire il mio linguaggio con un termine solo. Non m’ispiro a nessun artista, e a tanti contemporaneamente. Cerco solo la mia strada. Da una vita.
Chi sono stati i tuoi maestri d’arte che ami ricordare? Se ci sono, parlaci di loro…
Il mio mentore Rodolfo Viola. Mi ha dato tanto. La sua pittura è tutta una scenografia di linee, forme e colori carichi di energia. Nella sua arte si percepisce la presenza primordiale, la vibrazione spaziale, lo scintillio cosmico, una dimensione universale nella scala dell’infinito che racchiude le origini stesse: lo spazio della creazione.
Tu hai sviluppato un tecnica pittorica personale e molto particolare della quale troviamo spunto nella presentazione che fai nel tuo sito web ufficiale dove c’è scritto: «Marina Kaminsky è un’artista “in costante ricerca” dal suo fatto espressivo di pittura traspare preoccupazione e sensibilità per suggerimenti sempre nuovi e sviluppo continuo, in quella “contraddizione fisiologica” che è uno degli elementi più stimolanti delle sue opere. Un’apertura alla sperimentazione tecnica e all’indagine intellettuale ed emotiva che si muove con facilità sulle solide basi della pittura europea della fine del XIX secolo, sebbene filtrata attraverso la tradizione coloristica russa e la lezione del realismo socialista, fino ai risultati artistici attuali informali. I risultati sono tele e vite audaci, infiammate dai toni luminosi e intensi del suo rosso, blu e giallo, distaccati da linee e forme nervose di cariche energetiche dirompenti.». Ci racconti questo percorso, come sei arrivata a questa definizione artistica, e poi quali gli strumenti che utilizzi, i materiali? Insomma, raccontaci di questo tuo modo di creare e di fare arte.
La mia tecnica unisce un grafismo accentuato a olio, acrilico e materiali contemporanei come resine e polveri metalliche che evidenziano il contrasto fra la reinterpretazione dell’oggetto/soggetto e le suggestioni oniriche.
Ho avuto tanti cicli pittorici fondati sulla tecnica del tratto, l’uso di precise game cromatiche, sulla specificità della trattazione della materia corposa e liquida.
Sono alla ricerca del primitivo, misterioso e profondo che c’è nel piano mentale ed emotivo dell’essere umano. Percepisco delle nuove realtà evidenti e nascoste della nuova Era. Il dualismo è sempre più tangibile. Metafisica.
Quali sono secondo te le qualità, i talenti, le abilità che deve possedere un artista per essere definito tale? Chi è “Artista” oggi secondo te?
Essere un artista presume una formazione mentale alata. È uno stile di vita. Se vuoi permetterti di essere un artista, devi prima concederti ciò che senti veramente e non produrre per forza ciò che può essere vendibile. Accettando la propria non individualità e l’assenza di identità, ci impicchiamo spiritualmente, ritardando la salvezza nella catarsi di ripetere gli scenari degli altri artisti.
La coscienza determina la creatività, non l’educazione e la cultura. Solo la libertà interiore scioglie il nodo di Pandora, da dove scivola via l’ultima speranza di monetizzazione della tua arte. Allora non sei solo un artista: sei un Dio nel tuo Universo.
Tu vivi e lavori a Milano, la tua città di adozione quando dalla Siberia hai deciso di trasferirti in Italia. Ci racconti di questa scelta professionale e di vita che hai fatto scegliendo di vivere nella città più importante per le arti e la cultura del nostro Paese, ma anche difficile da viverci con tutte le sue difficoltà e sue contraddizioni? Hai mai pensato di lasciarla per sperimentarti in qualcuna delle grandi città d’arte contemporanea del nostro pianeta?
Dopo aver preso la decisione di trasferirsi in un luogo completamente diverso, ho deciso di stabilirmi qui non per amore di una persona (come spesso capita) ma per un mio antico amore per l’Italia. Milano è stata la più facile. Mi ha adottata di sua volontà. Un po’’per caso. La città è diventata la mia casa e mi ha promesso dei sogni, speranze e opportunità in cambio a qualche blister dei tranquillanti… ahaha. Almeno così credevo all’epoca. Ho imparato ad amare Milano, con tutte le sue contraddizioni e difficoltà. Nuove conoscenze e amicizie, nuovi stimoli culturali che hanno permesso di esprimermi. Milano mi offriva tante opportunità di crescita. Sono riconosciuta da molti ed è certamente un motivo di orgoglio. Le difficoltà esistono a prescindere dal luogo. La mia scelta di stabilirmi a Milano non è stata inutile, è un luogo di mia evoluzione, di orgoglio e di forza. Ora ho intenzione di trasferirmi a New York, a breve.
Ci racconti un episodio bello e che ti ha fatto piacere che hai vissuto nella tua esperienza artistica e un episodio che ti è molto dispiaciuto?
C’era una volta una giovane artista che cercava uno studio in cui poter lavorare ed esprimere la propria creatività. Dopo aver passato ore in luoghi diversi alla ricerca di un laboratorio adatto, diventò sempre più scoraggiata. Vabbè… Ero io. Alla fine, passando per una via del centro di Milano, sono entrata in un negozio di abbigliamento che attirò la mia attenzione per qualche misterioso motivo. Due chiacchiere con la coppia dei negozianti e così scoprii che avevano uno spazio perfetto per me nel cuore della città. Vedendo le immagini dei miei quadri erano entusiasti a barattare lo spazio con le mie opere. Era una vera coincidenza! Ciò che avevo imparato è che l’universo risponde sempre al nostro impulso vitale offrendo un percorso esatto.
Gli episodi spiacevoli invece non esistono, possono esserci dei momenti in cui sono più vulnerabile al dolore e alla sofferenza. Imparata la lezione, incasso. Mi serve per l’autoanalisi.
Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?
Una persona. Mia figlia Kristina. La ringrazio e sono onorata di essere sua madre.
«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?
Per me la bellezza è un concetto personale, si può percepirla ma è impossibile definirla, non in modo oggettivo. La bellezza è negli occhi di chi guarda, condizionata dal nostro vissuto, dalle nostre aspettative, dalle nostre opinioni, dal nostro punto di vista, ed è soggettiva. Ciò che è bello per una persona potrebbe non essere bello per un’altra. Però ci sono alcuni aspetti universali che riconosciamo come bellezza, è l’armonia, l’equilibrio, la simmetria, ecc.
«C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.» (René Magritte, 1898-1967). Cosa ne pensi di questa frase detta da Magritte? Nelle arti visive qual è, secondo te, il messaggio più incisivo? Quello che è visibile e di immediata comprensione oppure quello che, pur non essendo visibile, per associazione mentale e per meccanismi psicologici proiettivi scatena nell’osservatore emozioni imprevedibili e intense?
Credo che René Magritte abbia ragione: il fascino di quello che è nascosto e di ciò che è visibile ma non immediatamente evidente può scatenare sentimenti forti e imprevedibili. Nelle arti visive credo che sia importante infondere nel proprio lavoro una certa dose di profondità che trasmette le sfumature e i dettagli che spesso vengono tralasciati. L’obiettivo dell’artista è quello di stimolare una risposta emotiva in chi guarda.
«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?
Non credo molto nella fortuna o nel destino e penso che la maggior parte dei successi siano frutto di talento, lavoro e passione. Non credo che la fortuna abbia un ruolo fondamentale; semmai è di supporto.
«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua arte e nelle tue opere?
Penso che Anaïs Nin intenda che nella vita c’è più di quello che accade e che esiste una realtà mistica e meno tangibile, che è allo stesso tempo fisica e metafisica. E che se vogliamo vivere una vita ricca e piena, abbiamo bisogno di approfondire le nostre esperienze emotive, essere consapevoli della nostra realtà metafisica.
Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Disse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.»(Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva sull’arte in generale?
L’arte è come la realtà a livello quantistico, se non è misurata o osservata, non esisterebbe in quanto tale. L’arte per molti esiste solo come esperienza che registrano, come qualcosa di nuovo ed emozionante o di interesse speculativo. Però l’arte visiva può prenderne forma indipendentemente, che esista o meno un osservatore, poiché l’opera d’arte di per se ha un suo valore proprio essendo il frutto della creatività dell’artista. Quindi, sono validi entrambi i punti di vista. Le mie riflessioni sull’arte più profonde sono legate proprio al rifiuto generale della ricerca della stimolazione dei sensi. È come se fosse invisibile. Tutto dipende dal grado di bisogno di dissetare la propria spiritualità.
«Poi c’è l’equivoco tra creazione e creatività. L’artista è un creatore. E non è un creativo. Ci sono persone creative, simpaticissime anche, ma non è la stessa cosa. Comunque, questa cosa qui dei creativi e degli artisti, nasce nella fine egli anni Sessanta dove iniziano i galleristi ad essere creativi, poi arrivano i critici creativi, poi arrivano i direttori dei musei creativi… E quindi è una escalation che poi crea questi equivoci delle Biennali di Venezia che vengono fatte come se fosse un’opera del direttore. Lui si sente artista e fa la sua mostra a tema, invitando gli artisti a illustrare con le loro opere il suo tema, la sua problematica. Questo mi sembra pazzesco.»(Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi in proposito? Secondo te qual è la differenza tra essere un “artista creatore” – come dice de Dominicis – e un “artigiano replicante” che crede di essere un “artista”?
Qui mi sento di andare giù pesante… Gli artisti sono una mandria di pecore con culo sfondato e la bocca cucita. I galleristi-magnaccia affittacamere a ore. I critici-prostitute affatto schizzinose… e i direttori delle Biennali-arlecchini che togliendo la maschera, non sanno cosa succederà alla fine della fiera. Scusa il francesismo. Qualcuno si salva. Pochi, in realtà. Quanto a differenza tra un “artista creatore” è un “artigiano replicante che crede di essere un artista”, la risposta me la stai dando nella tua domanda.
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.
L’elenco potrebbe essere molto lungo ma mi limito a tre:
“Maestro e Margherita”: un romanzo di Michail Bulgakov. Il libro è ambientato nella Mosca degli anni ’30 ed è la storia del Diavolo, sotto forma di un noto stregone Woland, incarna tutto il male che si può incontrare nel mondo. Una satira sociale e stratificazioni etiche. Il Maestro è una figura metaforica della speranza che non si arrende mai. Margarita è l’allegoria di quelle persone che non smettono mai di cercare l’amore e per esso sono disposte a tutto.
“1984” di George Orwell: una profezia di cosa può succedere quando il potere è lasciato all’abbandono, il controllo diviene reale e la libertà personale è annullata. Un intramontabile su principi etici e sulla politica.
“Cuore di Tenebra” di Joseph Conrad: un classico che racconta la tragica missione alla ricerca del segreto di un luogo selvaggio, lontano. Un poema sull’essenza dell’umanità, che parla di perdere la coscienza aiutando a capire le profondità dell’animo umano.
Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?
Nel mio top 3:
“The Platform” è un film di Galder Gaztelu-Urrutia. In italiano intitolato “Il buco”. È un thriller che può essere analizzato come l’auto-sabotaggio del nostro IO. La piattaforma è una metafora della nostra società alla quale apparteniamo tutti, senza eccezioni. Il mondo di costante sottomissione, pressione e competizione. Meravigliosi dialoghi. Alcune scene sono piuttosto impressionanti.
I Film di Hitchcock (inclusi Psycho, Gli Uccelli, Intrigo Internazionale e La Finestra sul Cortile). Alfred Hitchcock è uno dei maestri indiscussi del cinema, e la sua straordinaria abilità nell’intrattenere ed emozionare il pubblico.
Schindler’s List” è un kolossal di Steven Spielberg sull’Olocausto. La storia vera del membro della Leggersehranken I.D. Schindler e dei suoi sforzi per salvare più ebrei possibile dai nazisti.
Ci parli dei tuoi imminenti impegni professionali, dei tuoi lavori e delle tue opere in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata?
A maggio ho in programma una mia mostra personale al “Principe di Savoia” di Milano. Sto realizzando una serie di quadri su dystopia. Una mia riflessione sul presente. Sto meditando sulla negatività che esiste nella società attuale. Cerco di esprimere le mie visioni riguardo al significato più profondo della realtà, spezzando con humor della serie “Cheers to the Dystopia”, l’instabilità del mondo e la vulnerabilità del destino umano. In sostanza, invito le persone a utilizzare il pensiero critico e trarre le conclusioni oltre la superficialità del mainstream. Dopo di che chissà… In genere non mi riempio la testa di cose che non hanno nulla a che fare con il presente. Nel futuro tutto deve ancora accadere. Può essere che mi ritroverò in un futuro in cui non ci sarà nessuna mostra o mi ritroverò in un futuro in cui non ci sarò proprio.
Una domanda difficile: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier di Milano per comprarne alcune.
Perché è un modo di connessione emotiva tra me e il segreto e l’animo dell’acquirente. C’è della poesia in questo, come se stessero acquistando un pezzo di un mondo reale, che dura nel tempo. Ogni mio quadro ha un significato speciale e magico. Guardare la mia opera o le sue sfumature può anche ispirare idee, ricordi o emozioni e far sorgere sogni, desideri o speranze. Inoltre è un’esperienza filosofica, chi acquista un’opera, acquista qualcosa che rappresenta loro, la loro vita, i loro sentimenti o le loro visioni. Non per l’ultimo, l’arte è anche un ottimo investimento.
Dove potranno seguirti i nostri lettori?
Su Google c’è molta informazione su di me e inoltre su mio sito web e i social:
Per concludere questa chiacchierata, cosa vuoi dire alle persone che leggeranno questa intervista?
Ti rispondo con la settima profezia di Celestino: Tutte le risposte alle nostre domande provengono da altre persone. L’importante è capire che la persona è davvero pronta a dirti qualcosa. Questo sarà un messaggio per te.
La Rivelazione ci insegna a ricordare che le cose che attirano la nostra attenzione e i pensieri che ci vengono in mente e i sogni possono esserci inviati come risposta alle nostre domande. Per non perderli, dobbiamo assumere la posizione di un osservatore. Quando ci viene in mente un pensiero, dobbiamo sempre chiederci: perché è venuto. I cattivi pensieri bisognerebbe fermare sul nascere e sviluppare ed ampliare quelli buoni. Allora i cattivi pensieri smetteranno di apparirci.
Amiche ed Amici carissimi, “all’amletico” dubbio esiste una risposta prettamente soggettiva, che richiede la determinante riflessione aprioristica in merito alla decisione che assumeremo qualora l’esito della nostra indagine confermasse la scomoda verità.
Istintivamente si è propensi a “voler sapere”, ma senza un piano che determini i nostri comportamenti consequenziali, rischieremmo di ritrovarci allo sbando ed agire con impulsività, a nostro discapito.
La maggior parte delle persone che si rivolge ad un investigatore privato è preda del dubbio di essere tradita dal partner e ricerca informazioni dimostrative atte a differenti obiettivi, in funzione del ruolo ricoperto nella relazione e dell’intenzione di troncare o recuperare l’unione. In caso di separazione dal coniuge, le cd “prove schiaccianti” costituiscono un valido supporto finalizzato a chiedere la separazione con addebito, traendo vantaggi economici dai provvedimenti imposti per legge al coniuge fedifrago; nel caso della convivenza, senza quindi il vincolo matrimoniale, non potrà essere richiesto l’addebito, ma le prove serviranno comunque per tutelare un proprio diritto. In entrambi i casi, le identiche prove servono a dimostrare quanto il partner abbia mentito spudoratamente, agevolando l’equa sentenza. In entrambi i ruoli, come inutile e meschino “auto-risarcimento”, alcuni meditano vendetta… Tuttavia è in ogni caso indispensabile elaborare la strategia in coerenza con la decisione che, almeno per quanto ci riguarda, intendiamo adottare: “separazione o prosecuzione del rapporto”.
Nel caso si propenda per l’interruzione del rapporto , sarà in seguito delegato uno Studio Legale ad agire in funzione dei propri interessi.
Qualora, viceversa, si optasse per concedere al rapporto – matrimonio o convivenza che sia – una seconda possibilità, è indispensabile mantenere i nervi saldi ed imporsi l’inibizione al rinfaccio.
Come procurarsi le prove del tradimento?
Ci risponde l’ Amico Mauro Pagani – Ceo – della Società d’investigazioni B.D. Service S.r.l. di Milano che oggi è con noi per illustrarci il percorso dal mandato, alla relazione conclusiva dei fatti investigati.
Daniela Cavallini:
Benvenuto Mauro, quando ho preannunciato il tuo intervento, ho riscontrato molta curiosità…
Mauro Pagani:
Grazie Daniela, lo immagino, perché intorno a questo lavoro si sono costruite tante leggende metropolitane, tuttavia, bando alla fantasia, cercherò di fare chiarezza.
Daniela Cavallini:
Innanzitutto Mauro, esiste l’identikit della persona che si rivolge a te?
Mauro Pagani:
Non esattamente, in quanto ad una società d’investigazione, contrariamente a quanto genericamente si crede, non ci si rivolge solo per scoprire l’infedeltà sentimentale, che pure resta il settore prevalente, ma il campo è molto più vasto e si estende a richieste d’indagini private, alla famiglia in generale, alle indagini prematrimoniali, alla tutela di figli minori e non – in merito alle loro frequentazioni ambientali ed i loro annessi comportamenti – ed alle aziende.
Daniela Cavallini:
Nell’ottica di riservare ampio spazio al tema dell’infedeltà sentimentale, facciamo una breve panoramica degli altri settori indicati?
Mauro Pagani:
Per quanto riguarda la famiglia, le ricerche possono riguardare qualsiasi membro sul quale si desidera ottenere informazioni di qualunque genere; in modo particolare riguardanti sempre più i figli minori – ad esempio il genitore separato che abbisogna informazioni precise relative il trattamento riservato al figlio – ed altresì è divenuta quasi una consuetudine indagare sulle frequentazioni di amici ed ambienti dei propri figli – web incluso –, soprattutto per poter intervenire tempestivamente in caso di “cattive compagnie”. Inoltre, sempre relativamente alla famiglia, spesso ci commissionano indagini patrimoniali soprattutto inerenti ad eredità.
In ambito aziendale, le richieste prevalenti riguardano il comportamento dei dipendenti in stato di malattia – ad esempio, il dipendente – pur dotato di certificato medico – dichiara di non potersi alzare dal letto a causa di dolori invalidanti, ma lo incontriamo la sera a ballare in discoteca –; ad accurate verifiche è soggetta la Legge 104 (false dichiarazioni atte all’ottenimento dei permessi previsti agli aventi diritto); il controllo della concorrenza sleale; la verifica di lealtà relativamente a soci e/o dirigenti ad alti livelli.
Daniela Cavallini:
Ed ora… ampio spazio all’infedeltà del partner. Prevalentemente ricevi richieste da parte di uomini o donne?
Mauro Pagani:
Direi prevalentemente da parte di donne, anche se negli ultimi anni, sono divenute pressoché equivalenti.
Daniela Cavallini:
Prescindendo dall’ansioso bisogno di “sapere”, in quali casi è davvero utile costruire le cd prove schiaccianti del tradimento coniugale o del partner “diversamente coniuge”?
Mauro Pagani:
Ciò che viene da noi raccolto è sempre utile. Nel caso l’infedeltà accertata riguardi il coniuge le prove raccolte serviranno per richiedere la separazione con addebito, con tutte le conseguenze che ne deriveranno (esclusione dall’asse ereditario e il non versamento del mantenimento verso l’ex coniuge), traendone così i vantaggi economici previsti dalla Legge.
Se invece l’infedeltà riguarda il partner che hai definito “diversamente coniuge”, ovvero convivente o fidanzato che sia, la documentazione da noi fornita servirà in ogni caso a tutelare altri diritti in favore della persona offesa (ad esempio interessi economici, o l’affidamento di eventuali figli).
Daniela Cavallini:
Cortesemente, Mauro vuoi illustrarci il percorso dell’indagine a partire dall’incarico sino al raggiungimento dell’obiettivo?
Mauro Pagani:
Fondamentale è sottoscrivere l’incarico investigativo, dove innanzitutto il cliente viene identificato dal proprio documento d’identità. Oltre ciò andrà indicata la tipologia dell’investigazione richiesta, le motivazione che spingono il cliente a richiederla, e soprattutto lo specifico diritto che intende far valere o difendere in sede di giudizio.
In seguito vengono richieste informazioni inerenti l’identificazione della persona attenzionata, vale a dire fotografie, dati anagrafici, ipotetici luoghi frequentati e altre informazioni in possesso del cliente. E’ altresì in questa fase che si stabilisce la durata del periodo dedicato all’indagine, indicativamente quantificabile in 2/3 settimane, salvo eventuali variazioni definibili in concerto con il cliente stesso, ma in alcuni casi sono sufficienti anche soli 2/3 giorni, così come in altri è necessario prolungare i tempi; dipende dall’esisto riscontrato e/o potenzialmente riscontrabile.
Daniela Cavallini:
In che senso il cliente, per legge, deve assumersi la piena responsabilità del motivo del richiesto pedinamento che deve collimare con un fine giuridico?
Mauro Pagani:
Purtroppo qui è necessaria una precisazione tecnica riferita alla Legge sulla Privacy.
l’art. 13, c. 5, lett. b, stabilisce una deroga all’obbligo di informativa preventiva all’interessato presso il quale sono raccolti i dati personali, allorquando “i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”;
In altre parole, se non ci fosse un diritto da difendere o da far valere, noi saremmo tenuti ad informare la persona attenzionata sul trattamento dei suoi dati e le relative motivazioni, oltre che a chiedere il consenso scritto per il trattamento stesso. Quindi diventerebbe impossibile svolgere una qualsivoglia attività investigativa nei suoi confronti.
Pertanto è il cliente stesso ad assumersi la responsabilità, indicando l’obiettivo della richiesta.
Daniela Cavallini:
Come avviene un pedinamento?
Mauro Pagani:
Innanzitutto dobbiamo agire esclusivamente in modo legalmente inattaccabile, affinché le prove riportate costituiscano valore in sede di separazione. Oltre alle citate informazioni di base, siamo supportati anche da apparecchiature elettroniche (tra cui i localizzatori satellitari – gps -) che vengono istallati all’esterno dell’auto della persona seguita, ma soprattutto è essenziale l’intuito dell’investigatore nell’individuare i segnali dell’infedeltà, prestando la massima attenzione – dall’incontro al congedo – non solo agli atteggiamenti palesi, bensì alle sfumature, quali ad esempio, gli sguardi, gl’impercettibili sfioramenti, le eventuali seppur minime modifiche al look, probabilmente reso più lascivo rispetto al momento d’incontro della probabile coppia, fotografarli ed esaminarli. Tieni presente che è indispensabile la presenza dell’investigatore per attribuire valore legale al pedinamento.
Daniela Cavallini:
Superata metodologia o leggenda metropolitana, l’utilizzo delle cd “cimici” apposte ovunque si rechi d’abitudine il sospettato?
Mauro Pagani:
Né l’una né l’altra: sono metodi semplicemente illegali, pertanto privi di deontologia, quindi inutilizzabili e potenzialmente ritorsivi su colui che li applica. A questo aggiungo che nella maggioranza dei casi è richiesta dal Giudice la deposizione dell’investigatore stesso.
Daniela Cavallini:
Quindi, bando ai vari gadget “inseguitori”, l’investigatore si ritrova con la possibilità di localizzare la vettura e di fotografare, come mi dicevi solo esternamente l’eventuale fedifrago o coppia clandestina che sia. E’ molto, tuttavia, oggettivamente mi pare un processo – seppur modestamente – equivocabile… direi più induttivo che descrittivo. Data l’impossibilità di accedere a riprese interne ad esempio in una camera d’albergo, com’è possibile affermare l’avvenuto amplesso?
Mauro Pagani:
In assoluto quanto affermiè innegabile, ma suffragato dal fatto che, per contro, il pedinamento si fonda su elementi a carattere di continuità della relazione. Infatti le indagini più complesse necessitano di una durata maggiore rispetto a quelle aiutate dall’esplicitezza. A questo aggiungi che per ottenere la separazione giudiziale con addebito, non è sufficiente dimostrare la classica scappatella, bensì deve delinearsi quantomeno un periodo di costante infedeltà e ti posso assicurare che in tanti anni non mi è mai accaduto di fraintendere. Ti accennavo all’importanza dell’intuizionedell’investigatore, pertanto non può certo sfuggirgli che il signor Rossi ha incontrato la signora Bianchi alle ore 12, hanno parcheggiato l’auto davanti ad un ristorante e sono scesi scambiandosi uno sguardo languido, un sorriso complice, o un gesto affettuoso che pur non smaccatamente sessuale, non si scambierebbe con una sorella. Naturalmente l’investigatore, con la massima discrezione, osserverà il loro comportamento all’uscita dal ristorante e li seguirà fino alla prossima destinazione. Che si tratti di un hotel o di un motel o la casa di lei, in questo caso nulla cambia la finalità. A questo aggiungi la frequenza continuativa degli incontri. E’ vero che non possiamo fotografare all’interno della casa o della camera d’albergo – a meno che la ripresa non sia resa lecita da una posizione palesemente esposta “al pubblico”, come ad esempio dotata di finestra aperta in posizione “panoramica” -, ma gli altri elementi sono assai difficilmente controvertibili.
Daniela Cavallini:
Ti è mai capitato di dimostrare al cliente l’inveridicità del tradimento tanto sospettato?
Mauro Pagani:
Personalmente no. Nel 90% dei casi si conferma il tradimento.
Daniela Cavallini:
Un aspetto che interessa molte persone, riguarda i costi del pedinamento. Vuoi indicarli almeno con approssimazione?
Mauro Pagani:
Posso indicare, come tu ben dici, con approssimazione, i costi della B.D. Service Srl che fornisce la prima consulenza ed il relativo preventivo gratuitamente. Noi operiamo adottando un sistema forfettario, altri definiscono un importo orario. Indicativamente per un pedinamento di tre/quattro settimane il costo si aggira intorno ai 3.000/3.500 euro più eventuali spese vive effettuate previa autorizzazione del cliente.
Daniela Cavallini:
Giunti al termine dell’indagine, non resta che convocare il cliente e mi pare un momento ad alta tensione, anche se presumo sia preceduto dalle anticipazioni risultanti dalle fasi precedenti…
Mauro Pagani:
Eh… di certo non è un momento sereno. Tutte le prove vengono mostrate al cliente con tanto di documentazione e relazione riepilogativa. Documentazione che avrà valore probatoriocon la testimonianza dell’investigatore qualora richiesta dinnanzi a un Giudice.
Quanto alle anticipazioni, preferisco non darne perché potrebbero essere in alcuni casi fuorvianti. Meglio aspettare il completamento del lavoro.
Maria Tedeschi, “Il Donatore di sangue”, Di Carlo Edizioni, 2023
SINOSSI DEL LIBRO
Mirko Balsa è emofobico. Il suo odio per il sangue risale all’ infanzia. Ha da tempo bandito il colore rosso dalla sua vita in ogni sua forma e manifestazione, ma sarà obbligato per una strana allergia, a dover effettuare un prelievo di sangue seguito da un calvario di trasfusioni. Attraverso i suoi disegni automatici, Mirko scoprirà alcuni aspetti legati al passato che non avrebbe mai immaginato e che gli faranno presagire la sua possibile parentela con Vlad Tepes III passato alla storia come il conte “Dracula”. Mirko dovrà imparare a convivere con la sua pesante eredità, con la malattia e soprattutto con quello che lui definisce il suo più “grande nemico”.
BREVE DICHIARAZIONE DELL’AUTORE SUL LIBRO E SUL PERCHÉ LO HA SCRITTO
«Tutto è iniziato da una visita al Complesso Monumentale di Santa Maria la Nova di Napoli che ha generato in me un turbinio di emozioni sovrapposte: un luogo spirituale di estrema bellezza e nello stesso tempo di mistero e magia. Ho cercato di dare un nome a queste sensazioni e così è nato il protagonista del mio romanzo: Mirko Balsa. Un giovane uomo emofobico, affetto da una malattia rara che lo costringe a una immensa solitudine impedendogli di vivere alla luce del sole. Per una sorta di legge di contrappasso, per una maledizione che crede gli derivi dalla sua discendenza, è costretto a vivere, suo malgrado, di trasfusioni di donatori sconosciuti. Attraverso Mirko ho voluto evidenziare il grande valore delle donazioni di sangue, atti estremamente generosi che generano vita, ma anche della solitudine di chi è affetto da una malattia rara che non può contare neppure sulla condivisione del dolore con i «fratelli nel dolore». (Maria Tedeschi)
biografia dell’autore
Maria Tedeschi è docente di Lingua e cultura inglese presso il Liceo Classico Plinio Seniore di Castellammare di Stabia. Appassionata di viaggi, di musica rock e di letteratura, vive nella provincia di Napoli con marito e due figli. Ha sempre adorato lo storytelling realizzando diversi cortometraggi, anche in lingua inglese, che hanno ottenuto il primo posto o la medaglia d’oro nelle competizioni nazionali. Ha esordito con Non chiudere quella porta edito da Iseaf books che ha avuto diversi riconoscimenti, tra cui la menzione d’onore al concorso “Amore sui generis” 2° edizione. Il secondo romanzo La Maiastra e le vite invisibili ha vinto il premio internazionale “Letteratura” dell’istituto italiano di cultura di Napoli edizione 2021, la menzione della giuria tecnica a Sanremowriters 2023 ed è stato ospitato nei maggiori saloni nazionali e internazionali. The Rose Trilogy rappresenta un pezzo unico nel genere dei racconti, per la sua originalità e vivacità espressiva, tradotto in inglese anch’esso vincitore del premio critica al concorso letterario sezione lingua straniera e secondo premio romanzi editi in lingua straniera Litterae Fiorentinae 2023.
Robert Plant ha annunciato questa mattina 7 concerti in Italia che si terranno tra la fine di agosto e i primi di settembre in cui presenterà al pubblico insieme a Suzi Dian lo spettacolo “Saving Grace”.
Il tour, annunciato da D’Alessandro e Galli, partirà il 26 Agosto da Lignano Sabbiadoro per poi spostarsi a Macerata, Taormina, Bari, Ostia, Milano e concludersi il 6 Settembre a Vicenza. L’appuntamento siciliano, organizzato da Live Spettacoli, Show Biz e Fab10 Production, è previsto al Teatro Antico di Taormina il 30 agosto 2023. I biglietti saranno in vendita dalle ore 12.00 di lunedì 27 Marzo sul circuito TicketOne.
“Saving Grace”, il progetto che vede sul palco Suzi Dian (voce), Oli Jefferson (percussioni), Tony Kelsey (mandolino, baritono e chitarre acustiche), Robert Plant (voce) e Matt Worley (banjo, chitarre acustiche e baritono, cuatro), ha fatto il suo debutto all’inizio del 2019 con una serie di concerti a sorpresa in piccoli locali in Inghilterra, Galles e Irlanda e, successivamente, un trio di date nel Regno Unito a sostegno della Fairport Convention.
Le esibizioni intime hanno visto la band attingere da un repertorio di “musica ispirata al paesaggio onirico delle marcie gallesi”, canzoni che abbracciano i diversi gusti e le influenze di Plant, in particolare la sua eterna passione per il folk britannico e americano, gli spiritual e il blues tradizionale, tra cui un numero di amati standard e preferiti di lunga data di Doc Watson, Donovan, Moby Grape e Low, tra gli altri.
Ecco il saggio di Daniela Montanari. Quattro famiglie, tutte diverse e variegate, raccontate attraverso l’uso dei semi da poker, raccontano la loro intricata storia. Da qui campo libero alla riflessione, in un testo che accompagna il lettore fino alla fine lungo la scala delle emozioni.
Sono numerose le argomentazioni legate alle famiglie di fiori, picche, quadri e cuori. Ognuna di esse arricchisce il testo di manifestazioni ed eventi significativi. Con la famiglia di fiori il lettore potrà riflettere sull’amore per gli animali e l’importanza deleteria dei social network. Con la famiglia di picche il lettore si troverà dinanzi le difficoltà che comportano prendere in affido un minore. Con la famiglia di quadri i concetti di patriarcato e matriarcato saranno molto incalzanti. Infine con la famiglia di cuori ci si troverà dinanzi una storia fatta con amore e per amore, dove i sentimenti positivi straripano da ogni poro.
Nel testo sono presenti numerose citazioni di studiosi, scrittori e filosofi importanti, quali: Proust, Howard, Acquaviva, Aristotele, Lutero e molti altri. La loro è una visione sintetica e strabiliante di un mondo che ha numerose sfaccettature. Il loro sguardo, tuttavia, essendo quello di uomini di scienza e cultura, fornisce al testo una sorta di regalità e di spessore, aggiungendo importanza e peso specifico ad un saggio che di per sé ben si difende dalla noia e dall’inconcludenza.
Accanto alle citazioni si stagliano anche i proverbi. Essi aggiungono al testo una sorta di confidenzialità, laddove un modo di dire, speziato e mutevole, fornisce al testo riflessioni al pepe dove il riso e la giocosità sono sempre dietro l’angolo.
Il testo presenta inoltre verso la fine una sorta di sguardo al futuro: nel 2060, racconta l’autrice, seguendo la scia luminosa degli ideali, non ci saranno più differenze, il seme di appartenenza perderà valore, non esisteranno più famiglie monocromatiche e quelle arcobaleno, perché il concetto di famiglia sarà unico per tutti. Il termine famiglia non disporrà come requisito imprescindibile quello di possedere uno o più figli. Le coppie, racconta l’autrice non si fanno più causa, ma parlandosi con tenerezza mettono fine ad una storia già finita. Il moralismo, racconta la Montanari sarà sostituito dall’onesta intellettuale. La violenza cesserà, perché non occorrerà più essere e sembrare diversi. Ognuno sarà slegato dall’altro, ma sempre in contatto visceralmente con chi ha dato compiutezza alla loro vita. Un futuro idealistico, quindi, che rasenta la perfezione, e che in qualche maniera vuole essere lo stallo definitivo di una società che paradossalmente non è ancora pronta alla non violenza, al non conflitto, all’onesta intellettuale. Tali concetti sembrano ancora alieni all’uomo comune, il quale è abituato al concetto di famiglia base, dove alla scomparsa di uno degli addendi è capace di far crollare l’intera struttura dal dentro.
Torna dalle folle acclamate dei suoi sostenitori Ilaria Palomba, con il suo nuovo lavoro “Microcosmi” edito da Ensemble edizioni, per la collana Herkind.
Strabiliante la prefazione di Alfonso Guida che insieme alla postfazione di Alessandra Bava, accompagnano il lettore nell’inizio e nella fine di un viaggio metafisico oltre i confini dell’immaginabile. Il testo è suddiviso in tre sezioni, le cui titolazioni sono: Gravità,Interludio e Levità, in una sorta di climax che permette alle emozioni di sgorgare e arrivare fino alla fine dell’animo umano.
Uno degli argomenti cardine del testo, è senz’altro la critica sociale: l’autrice afferma che ormai l’uomo è un burattino il cui scopo ultimo è vanesio e nullo. L’essere umano, racconta la Palomba, è adorante del vuoto, e come un soldato marcia fino alla fine del nulla. Una critica sprezzante la sua, che racconta di come l’essere umano, ormai di umano abbia solo la forma.
Nella terza parte del testo, ovvero “Levità”, la componente natura assume maggiore rilievo. Qui l’autrice dà ampio spazio al mare, agli scogli, alle onde, al sole, fino a giungere alla giocosità dei fili d’erba. La musica, elemento fondante di molte parti poetiche della Palomba, torna con vorace intensità. Chopin accompagna il lettore nell’ultima parte del suo viaggio. Qui l’autrice guarda con nostalgia al passato “se potessi seppellire i vivi e riportare in vita i morti” dice “avrei amici e maestri”, una sorta di critica a chi vi è accanto, facendole desiderare chi ormai non c’è più. L’aspetto naturalistico abbraccia quindi la vita e la morte, dove la parola levità richiama alla mente l’arrivo della primavera, la stessa, che ogni anno, restituisce vigore, forze e colori a paesaggi avvizziti dal freddo e dalla noia.
L’ultima parte, quindi appare piuttosto estetica. Il mondo interiore dell’autrice sembra abbracciare le pareti esterne della vita, in un viaggio che prende forma, e diventa compiuto, attraverso una serie di immagini evocative, colori, personaggi, parole e frasi.
Il testo di Ilaria Palomba, il cui titolo è Microcosmi, diviene un vero gioiello della poesia. Il viaggio che il lettore compirà all’inizio della sua lettura, sarà pregno di sentimenti e riflessioni, attraverso uno ad uno, con passo prima svelto e poi cauto, dentro le porte dei cosmi frammentati, ridotti a piccole finestre a picco sulle emozioni, sui risentimenti, su campi di morte e vita.
Il linguaggio della Palomba è ricercato e fine, in poesie ricche di metafore e figure. Un linguaggio, quindi, il suo, destinato a chi vi è appassionato di poesia, senza tralasciare la mente di ci ha intenzione di mettersi alla prova, dando senso, nomi e fattezze, a poesie che si avvicendano, e che cambiandosi di posto, regalano un senso unitario ai piccoli cosmi frammentati, che sotto gli occhi estasiati ed eccitati del lettore, si uniscono, e sotto forma di collante estatico, diventano uno e uno solo.
Adam s Passion_PH Kristian Kruuser & Kaupo Kikkas (38 of 126)
In prima italiana alla Nuvola in una coproduzione tra Opera di Roma e EUR SpA. Protagonisti Lucinda Childs e Michalis Theophanus, al loro debutto con la fondazione capitolina.
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Adam s Passion_PH Kristian Kruuser & Kaupo Kikkas (118 of 126)
Adam s Passion_PH Kristian Kruuser & Kaupo Kikkas (68 of 126)
Adam s Passion_PH Kristian Kruuser & Kaupo Kikkas (38 of 126)
Arvo Part and Robert Wilson_Ph Julian Mommert_222
Lucinda Childs_ph Rita Antonioli
Robert Wilson - (C) Hsu Ping - HiRes
Tonu Kaljuste_ph Kaupo Kikkas_06307
Arriva per la prima volta in Italia Adam’s Passion, lo spettacolo teatrale ideato nel 2015 da Robert Wilson in collaborazione con il grande compositore estone Arvo Pärt e proposto in esclusiva grazie ad una coproduzione tra Opera di Roma ed EUR S.p.A. il 31 marzo e il 1° aprile al Roma Convention Center La Nuvola. Il lavoro si rifà all’idea di “opera d’arte totale” di Wagner e fonde insieme musica, canto, danza, movimento, luci e scenografia. A dirigere l’orchestra e il coro della fondazione lirica capitolina è impegnato Tõnu Kaljuste, grande interprete della musica di Pärt, mentre sul palcoscenico è protagonista la grande danzatrice statunitense Lucinda Childs, classe 1940, al suo debutto all’Opera di Roma. Il tutto per raccontare, con l’evocativo linguaggio di Wilson e Pärt, la vita di Adamo dopo la cacciata dall’Eden.
Come da vicenda biblica, dopo aver colto il frutto dell’albero della conoscenza, Adamo viene scacciato dall’Eden. Lasciato a se stesso in una terra desolata, riceve alcune visioni che gli mostrano i futuri orrori commessi e subiti dagli uomini. Sono le conseguenze della caduta da lui provocata. Ad Adamo non resterà altro che supplicare l’amore ed il perdono di Dio.
Adam’s Passion è stato rappresentato per la prima volta il 12 maggio 2015 al Noblessner Foundry di Tallin, in Estonia, con l’orchestra e il coro da camera della città diretti da Tõnu Kaljuste, una produzione originale di Eesti Kontsert e Change Performing Arts.
Successivamente è stato ripreso in Germania, alla Konzerthaus di Berlino, nel 2018. Sullo spettacolo è stato realizzato un documentario, trasmesso su Arte e proiettato in diversi paesi, dal Canada all’Ungheria. il progetto segna la prima collaborazione di due giganti della scena e della musica come Wilson, classe 1941, e Pärt, classe 1935. Per lo spettacolo il compositore estone, tra i più eseguiti dei nostri tempi, ha selezionato tre sue composizioni preesistenti: Adam’s Lament (2009), Tabula rasa (1977) e Miserere (1989), alle quali ha aggiunto una sinfonia creata appositamente nel 2014, Sequentia, dedicata a Robert Wilson, il grande artista texano, ricercatissimo dai teatri di tutti il mondo.
La prima rappresentazione assoluta è avvenuta in una fabbrica di sottomarini dismessa di Tallin, risalente all’epoca sovietica, e anche la messa in scena romana si avvale di uno spazio unico: il centro congressi e fieristico La Nuvola nel quartiere dell’EUR di Roma, progettato per EUR S.p.A. dal grande architetto Massimiliano Fuksas, che per la rassegna EUR Culture per Roma ospita spettacoli ed eventi culturali.
Accanto a Robert Wilson, ideatore di regia, scene e luci, hanno partecipato al progetto A. J. Weissbard per il light design, Tilman Hecker come regista collaboratore, Serge von Arx come scenografo collaboratore, Carlos Soto per i costumi, e Konrad Kuhn per la drammaturgia. Protagonisti sul palcoscenico sono Lucinda Childs (Woman), Michalis Theophanous (Man), Endro Roosimäe (Heavy Man), Erki Laur (Another Heavy Man), Tatjana Kosmõnina (A Woman), Triin Marts (Another Woman) e Madis Kolk (Tall Man). Il coro dell’Opera di Roma è istruito da Ciro Visco.
Biglietti in vendita su ticketone.it e presso la biglietteria del Teatro dell’Opera di Roma.
Dal diritto alle normative ambientali, un vademecum per gli imprenditori che resistono. Esce il racconto a metà tra l’autobiografia e il saggio del broker dei materiali che ha fondato Caneva Consulting in corso Palladio a Vicenza
Dalla raccolta di ferro vecchio dentro un letamaio fino alla nascita di Caneva Consulting, società che opera nell’ambito del riciclaggio dei prodotti di scarto e della rivalutazione delle materie prime. Dai pugni presi in faccia sul ring alle epiche battaglie legali contro la burocrazia, controlli fiscali e tributari di ogni genere che è possibile vincere solo con lo studio e con la laurea. Il tutto sempre mantenendo ferma la bussola valoriale: il lavoro, durissimo, per far crescere e migliorare la società nella quale viviamo.
Sono questi in sintesi i temi trattati da Glauco Caneva, vicentino oggi 46enne, nella sua prima pubblicazione, “La Teoria di Glauco”, testo di 170 pagine che si muove su due livelli di narrazione. Si inizia con la storia della vita imprenditoriale di Glauco, vicentino fin nel midollo, che evoca un approccio al lavoro attento e aggressivo, spesso doloroso: sembra quasi un nuovo Vitaliano Trevisan alle prese coi suoi “Works”. Una battaglia fatta di scoperte e fallimenti, di tentativi e bastonate che lo portano in fondo alla scala sociale dopo che il sogno imprenditoriale del padre è naufragato per colpa di tasse e tradimenti.
Da qui però Glauco si rialza, scavando letteralmente con le sue mani nel letame, iniziando a raccogliere ferro vecchio per sopravvivere e dare da mangiare al figlio piccolo, cresciuto ed educato con le sue proprie forze. A poco a poco impara le regole del business e della burocrazia, riuscendo a distillare una missione laica nel suo operare: diventa broker di materie prime. Un lavoro che gli permette di valorizzare le materie prime, comprarle e rivenderle per guadagnarci, certo.. ma allo stesso tempo per dare nuova vita a dei rifiuti che altrimenti inquinerebbero l’ambiente.
Su queste basi autobiografiche si innesta la seconda parte del libro, che diventa quasi un piccolo saggio, un vademecum per imprenditori costretti a confrontarsi con lo Stato italiano, ma anche con l’Europa e con tutte le pastoie burocratiche e legali che impediscono all’imprenditore di fare quello che gli riesce meglio: produrre ricchezza per sé stesso e per l’ecosistema che lo circonda. Ci sono citazioni, riferimenti normativi e una profonda bibliografia e supporto delle tesi espresse nel libro, una sorta di grido di rabbia contro chi tarpa le ali alle iniziative imprenditoriali, che finisce però con una speranza.
La nascita di Caneva Consulting, che oggi ha sede in un palazzo nel salotto di Corso Palladio in centro a Vicenza, e delle varie academy per la formazione del personale, modelli di condivisione delle informazioni e delle buone pratiche che lasciano una luce di speranza per l’imprenditoria veneta.
“Vorrei che questo libro potesse mostrare l’evoluzione della persona nella realtà quotidiana: così come, per imparare a guidare un’auto, dopo la teoria, si fa la pratica”, commenta l’autore nei giorni della presentazione del libro. “E’ un libro dedicato a tutti coloro che si sono sentiti come me: per l’imprenditore che ha voglia di un riscatto sociale, per chi ha vissuto situazioni difficili, di povertà, di violenza, di solitudine, di mancanza di affetto. Questo libro è per chi ha saputo rigenerare in ricchezza la propria forza; ed ora, avendo creato la ricchezza, si accorge magari di aver trascurato la famiglia. Ma, attraverso il racconto della mia storia, ho dimostrato che è possibile riscattarsi anche nell’ambito familiare”.
Agli Amici della Musica arie e romanze da camera con il soprano Desirée Rancatore e il Duo Balarm. In programma musiche di Schubert, Pergolesi, Tosti, Debussy | Lunedì 27 marzo, Politeama Garibaldi ore 17.15 | Desirée Rancatore e Duo Balarm, Turno pomeridiano
L’Associazione Siciliana Amici della Musica lunedì 27 marzo al Politeama Garibaldi alle 17.15 prosegue il la Stagione concertistica del Turno pomeridiano con il concerto di arie e romanze da camera che vedrà protagonisti il soprano palermitano Desirée Rancatore e il
Duo Balarm
composto dal pianista Giulio Potenza e dal clarinettista Alessandro Cirrito.
Il programma è composto da una raffinata selezione di brani da camera per voce, pianoforte e clarinetto che abbracciano quattro secoli di musica: omaggio quindi ai Lieder Franz Schubert con l’esecuzione de “Il pastore sulla roccia” – l’ultimo che il compositore viennese creò nell’anno della sua morte avvenuta nel 1828 – pagina musicale che si contrappone cronologicamente a quella che può essere considerata uno dei primi esempi di Lied romantico tedesco, “Margherita e l’arcolaio”, sempre dello stesso Schubert che nel 1814 musicò le parole del “Faust” di Goethe.
A rappresentare lo sconfinato repertorio madrigalistico italiano sarà il brano “Amarilli, mia bella” di Giulio Caccini, fra i padri del melodramma italiano del primo Seicento. Sempre nel solco della tradizione italiana, di Giovan Battista Pergolesi sarà eseguita l’arietta settecentesca per voce e pianoforte “Se tu m’ami, se sospiri”. Immancabili le romanze di Francesco Paolo Tosti, compositore molto amato ed eseguito da Rancatore, che proporrà anche dei brani spagnoli di Enrique Granados e Federico Moreno da Torroba, composti fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del XX secolo.
In programma anche le pagine strumentali per clarinetto e pianoforte come la Première Rhapsodie di Claude Debussy e la Sonata per clarinetto e pianoforte di Francis Poulenc.
Desirée Rancatore, il soprano palermitano in attività più celebre al mondo, è riconosciuta a livello internazionale per il virtuosismo del canto basato su una solida tecnica acquisita grazie allo studio con la madre Maria Argento, artista del Coro del Teatro Massimo di Palermo. Dal suo debutto al Festival di Salisburgo a soli 19 anni, la sua carriera l’ha portata a calcare i palcoscenici lirici di New York, Milano, Parigi, Londra oltre che a quelli giapponesi, australiani, di tutta Europa e, naturalmente, di tutto lo Stivale. Ha lavorato con direttori d’orchestra come Riccardo Muti – che l’ha voluta per il titolo del 7 dicembre alla Scala nel 2004 –, Lorin Maazel, James Conlon e tantissimi altri. Da alcuni anni al fianco dell’attività teatrale, collabora con il Duo Balarm esplorando un repertorio più intimo come quello da camera.
I biglietti del concerto di (intero 20€, ridotto 15€ e anfiteatro 10€) possono essere acquistati presso i punti vendita Mondadori Point (via Mariano Stabile 233) e Spazio Cultura Libreria Macaione (via Marchese di Villabianca 102), il giorno stesso del concerto presso il botteghino del Politeama Garibaldi o online su www.amicidellamusicapalermo.it.
Ultimo appuntamento del Turno pomeridiano sarà lunedì 17 aprile alle 17.15 con il Trio Metamorphosi che concluderà il ciclo integrale dei Trii di Beethoven. Saranno anche eseguiti dei Lider del compositore tedesco con il soprano Monica Baccelli.
Per Brass Extra Series protagonista la voce e l’emozione del Jazz. In scena Rosalba Bentivoglio in Quintet con lo spettacolo “My Oniric Places” | Domenica 26 marzo ore 18.30– Real Teatro Santa Cecilia
Un progetto artistico innovativo nella ricerca stilistica, con riferimenti pittorici dove protagonista assoluta è la voce. Con queste caratteristiche sarà in scena per Brass Extra Series lo spettacolo dell’artista Rosalba Bentivoglio in Quintet con “My Oniric Places” in cui verrà evidenziata l’improvvisazione nella forma più avanzata dell’interpretazione del jazz Appuntamento domenica 26 marzo alle ore 18.30.
La stessa Bentivoglio dichiara sul suo spettacolo “La voce è l’unico legame tra silenzio e parola e, come nei Suoni Invisibili di Italo Calvino, voglio dare simbolicità per andare a ricostruire quelle relazioni sommerse; quindi mettere in scena tanto la sperimentazione che avviene in ambito colto, come ricerca sul linguaggio, quanto i liberi passi che attingo nel territorio delle improvvisazioni jazz. I SUONI, come macchie di colori contrastanti ma in perfetto equilibrio fra loro, è così che vedo nelle composizioni musicali e intrecci vocali, come un intelletto compositivo – Equilibri dinamici dunque, come Kandinsky traccia in pittura mentre John Cage percepisce in suoni”.
Verrà proposto uno spettacolo di Jazz più europeo innovativo e fresco nella ricerca stilistica, con riferimenti pittorici. Con un repertorio di “brani originali”, in cui viene alternato qualche standard songs dalla stessa Bentivoglio rivisitato, due di questi sono “Something tells me”di Jane herbert Hall compositrice e compagna del famoso chitarrista Jmmy Hall, e “Loose Bloose”di Bill Evans, composizioni a cui Rosalba ha apposto il testo poetico. Sul palco del Teatro Santa Cecilia, l’artista sarà accompagnata dal chitarrista Paolo Sorge, dai sax di Samyr Guarrera,da Claudio Ursino al contrabbasso e Francesco Cusa alla batteria.
E’ possibile acquistare online i biglietti collegandosi al sito www.bluetickets.it o tramite i due punti di prevendita, uno presso il Real Teatro Santa Cecilia (Piazza Santa Cecilia n. 5 – 90133 Palermo – 091\ 88 75 201, 091 88 75 119, dal martedì al sabato a partire dalle 9.30 sino alle 12.30, ed un altro presso Santa Maria dello Spasimo (Via dello Spasimo, n. 15 – 90133 Palermo – 091 77 82 860, 091 77 82 861) dal lunedì al venerdì a partire dalle ore 15.30 alle 19.30.
L’influenza del genio di Salisburgo per l’Orchestra Rai con la spalla Roberto Ranfaldi come solista. Giovedì 23 marzo a Torino, anche in live streaming su raicultura.ite in diretta su Radio3
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Ottavio Dantone con OSN RAI_61218_0042_Ph.MariaVernetti
Ottavio Dantone con OSN RAI_61218_0042_Ph.MariaVernetti
Ritratto Ottavio Dantone 2 ┬® Giulia Papetti
Roberto Ranfaldi
Roberto Ranfaldi
Joseph Martin Kraus, detto “il Mozart di Odenwald”; Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges, soprannominato “il Mozart di Guadalupe”; e Andrea Luchesi, le cui opere furono talvolta attribuite a Mozart. Aleggia il genio di Wolfgang Amadeus sul concerto che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai propone giovedì 23 marzo alle 20.30 all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino. Sul podio è impegnato un grande esperto di musica settecentesca come Ottavio Dantone. La serata, trasmessa in live streaming sul portale di Rai Cultura e in diretta su Radio3, è replicata a venerdì 24 marzo alle 20.
In apertura l’Ouverture da Olimpia di Joseph Martin Kraus, scritta nel 1791 insieme ad alcuni altri movimenti da eseguire inframezzandoli all’omonima tragedia di Voltaire. La lunga pagina introduttiva è ad oggi la composizione più nota del suo creatore.
Segue il Concerto n. 1 in sol maggiore per violino e orchestra op. 2 di Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges, affidato a Roberto Ranfaldi, violino di spalla dell’OSN Rai. Boulogne si distinse come violinista e compositore nella Parigi della seconda metà del Settecento, dove di trasferì giovanissimo dall’allora Colonia francese di Guadalupe. Noto come il primo compositore classicodi origini africane entrato in repertorio, scrisse numerose opere sulla scia dello stile di Mozart e Haydn, sempre con un estremo gusto per il virtuosismo, che caratterizza anche questo suo brillante Concerto.
Il nome di Mozart è legato anche al compositore italiano Andrea Luchesi, di cui è in programma la Sinfonia in mi maggiore proposta nella trascrizione e revisione curata da Agostino Granotto. Le opere di Luchesi sono state spesso attribuite a Mozart, ma anche a Haydn, con i quali egli ebbe sicuramente contatti in vita. Fu una sorta di “ghost writer” del classicismo viennese. Le sue sinfonie scritte entro il 1771 appartengono però al cosiddetto “Periodo Veneziano”, mentre al suo primo incontro con la società musicale di Bonn, dove fu nominato maestro della cappella di corte nel 1774, corrisponde la creazione della Sinfonia in mi maggiore in programma.
In chiusura di serata OttavioDantone – nato musicalmente come clavicembalista e poi salito sui podi più prestigiosi del mondo, dalla Scala al Festival di Salisburgo, passando per i Proms di Londra –propone uno dei più alti vertici del classicismo viennese: la Sinfonia n. 103 in mi bemolle maggiore di Haydn, detta “rullo di timpano”. Capolavoro di equilibrio e varietà di atteggiamenti espressivi, la pagina tiene assieme la spensieratezza del primo movimento, la malinconia del secondo, la semplicità bonaria del Minuetto e la brillante vitalità del Finale.
I biglietti per il concerto, da 9 a 30 euro, sono in vendita online sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino. Informazioni: 011.8104653 – biglietteria.osn@rai.it – www.osn.rai.it.
Dantone sarà ospite dell’Orchestra Rai anche nella settimana successiva, il 30 e il 31 marzo, con un concerto dedicato proprio al classicismo di Haydn e Mozart.
La Fondazione Taormina Arte Sicilia e la Fondazione Luciano Pavarotti insieme a supporto dei giovani talenti | Indetto un bando per Audizione Cantanti Lirici | La scadenza per la presentazione dell’iscrizione è il 10 aprile alle ore 13.00
La Fondazione Taormina Arte Sicilia e la Fondazione Luciano Pavarotti congiuntamente indicono due giorni di audizioni per il reperimento di cantanti lirici in ruoli comprimari da impegnare nel “Trittico” di Giacomo Puccini (Il Tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi) prodotto dalla Fondazione Taormina Arte Sicilia previsto nell’ambito della stagione estiva 2023 presso il Teatro Antico di Taormina. Le audizioni sono aperte ai cantanti residenti o domiciliati in Italia, fino a 33 anni di età e si terranno il 17 aprile 2023 a Modena presso il Teatro Comunale Pavarotti-Freni e il 19 aprile 2023 a Taormina presso il Palazzo dei Congressi. Il bando ha come obiettivo principale la valorizzazione del talento giovanile nell’ambito dell’opera lirica, costituendo una preziosa opportunità per i giovani artisti di realizzarsi professionalmente in un contesto di respiro internazionale. La scadenza dell’iscrizione al bando è fissata per il 10 aprile alle ore 13.00 e le domande devono essere inviate a: info@lucianopavarottifoundation.com con l’allegato modulo di partecipazione.
La Fondazione Luciano Pavarotti è un’organizzazione senza scopo di lucro con un duplice obiettivo: mantenere viva la memoria del Maestro Pavarotti attraverso grandi eventi in tutto il mondo e sostenere giovani cantanti lirici di talento. Il Maestro Pavarotti ha usato il suo grande talento per portare l’opera a un pubblico mondiale di milioni di persone. Fuori dal comune per molti versi, la sua voce spettacolare – unita al suo carisma disarmante – ha toccato il cuore di molti, e la sua generosità non ha avuto limiti. I traguardi che egli ha saputo raggiungere lo collocano nell’Olimpo degli artisti, ma l’eredità più significativa che ci ha lasciato è l’importanza di promuovere la cultura per costruire un mondo migliore e il dovere di condividere con gli altri passione, conoscenza e talento. Anche aiutare i giovani cantanti a plasmare il loro futuro è stato un obiettivo che il Maestro Pavarotti ha coltivato per tutta la sua vita e oggi la Fondazione cerca di inseguire il suo stesso sogno seguendo la strada da lui tracciata, offrendo opportunità e visibilità ai giovani emergenti della lirica, anche cercando di rendere accessibile a tutti il percorso di studi e formazione. I cantanti lirici sostenuti dalla Fondazione sono stati apprezzati dal pubblico oltre che in Italia anche negli Stati Uniti, Cina, Oman, Tunisia, Inghilterra, Finlandia, Francia, Russia, Indonesia, Svizzera, Azerbaigian, Kazakhstan, Germania, Romania, Bulgaria, Turchia, Corea del Sud e Giappone.
A tale attività di supporto verso i giovani talenti si associa la Fondazione Taormina Arte il cui sovrintendente, l’arch. Ester Bonafede, ha attivato sin dalla sua nomina una serie di azioni culturali per la comunità tutta. “Per noi – dichiara la Bonafede – tale iniziativa è un’ulteriore affermazione di quanto sia importante guardare al futuro, alle giovani promesse del mondo del bel canto. Grazie, inoltre, al supporto della Fondazione Luciano Pavarotti, intendiamo sostenere le eccellenze dei nostri giovani con un’azione concreta che coniuga al contempo il mondo del lavoro reale ed un’importante esperienza curriculare, attuando in tal modo un profondo credo socio-culturale”.
Francesca Dotto (Violetta Valéry)
Foto: Yasuko Kageyama-Teatro dell'Opera di Roma
Opera, danza, cinema, teatro, grande musica sinfonica, jazz e pop. Il cartellone estivo dell’Opera di Roma diventa un festival: il Caracalla Festival 2023, con 50 serate dal 30 maggio al 10 agosto. Si amplia l’offerta ma aumentano anche gli spazi: alla consueta arena da 4.500 posti, il Teatro Grande a ridosso delle antiche Terme, si aggiunge il Teatro del Portico, nell’area del cosiddetto tempio di Giove, adatto ad accogliere nuovi e differenti generi.
Roberto Frontali (Rigoletto) Foto: Kimberley Ross
Molti i grandi artisti coinvolti: Myung-Whun Chung per la sinfonica; i registi Damiano Michieletto e Lorenzo Mariani per l’opera; Roberto Bolle e Jacopo Tissi per la danza, oltre naturalmente al Corpo di Ballo della Fondazione capitolina diretto da Eleonora Abbagnato; Moni Ovadia per il teatro; Stefano Di Battista, Giovanni e Matteo Cutello per il jazz; tra gli artisti del pop Antonello Venditti e Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia con Danilo Rea, Andrea Bocelli e, per la prima volta a Caracalla, Zucchero, i Negramaro e Massimo Ranieri.
Caracalla Festival 2023 e tutte le attività della Fondazione sono rese possibili grazie alla collaborazione con i nostri Soci Privati Camera di Commercio di Roma e ACEA. Così come è fondamentale l’apporto di aziende che da anni – o anche più di recente – hanno scelto di sostenere le nostre attività in qualità di Mecenati e Sponsor: Banca del Fucino, Terna, BMW Roma e Aeroporti di Roma.
«Dopo l’eccezionale esperienza della scorsa estate, ricca di entusiasmo e di una straordinaria affluenza di pubblico con oltre 110mila spettatori, – dichiara Roberto Gualtieri, Sindaco di Roma e Presidente della Fondazione – il Teatro dell’Opera di Roma torna a proporre per l’Estate Romana un programma di spettacoli di altissima qualità, un cartellone ancora più ricco e variegato per un palcoscenico unico al mondo qual è Caracalla. Grazie alla continua ricerca che l’Opera di Roma prosegue con passione in ambito culturale nasce, d’intesa con la Soprintendenza Speciale di Roma, il Caracalla Festival 2023 un vero e proprio concentrato di arte e di emozioni, un contenitore di atmosfere e suggestioni per indimenticabili serate estive per migliaia di giovani e turisti, di romane e romani che con la loro numerosa presenza confermano quanto sia grande il desiderio di vivere momenti di assoluta bellezza e intensità. Un Festival che amplia la sua offerta e i suoi spazi per nuove esperienze e condivisioni culturali uniche. Il mio ringraziamento a tutta la Fondazione: dal Sovrintendente all’Orchestra e al Corpo di Ballo, dal Coro ai Tecnici. Un ringraziamento anche alla Soprintendente Speciale di Roma Daniela Porro per l’ospitalità».
Il pubblico alle Terme di Caracalla Foto: Fabrizio Sansoni-Teatro dell’Opera di Roma
«Il Teatro dell’Opera di Roma torna a Caracalla per la seconda volta dopo la pandemia e dopo lo straordinario successo della scorsa estate – dichiara Francesco Giambrone, Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma – e quest’anno lo fa con l’obiettivo di realizzare un Festival interdisciplinare basato sull’accostamento di generi che vedrà impegnati tutti i complessi artistici della Fondazione, Orchestra, Coro, Corpo di Ballo e Tecnici in 50 serate con un programma che per tanti versi è dedicato a Giuseppe Verdi, interpretando così un sentimento che sta attraversando tutto il Paese grazie al progetto ‘VIVA Verdi’. Nell’ottica del Festival, la stretta e preziosa collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma e la direzione delle Terme di Caracalla aggiunge uno spazio in più rispetto a quello tradizionale del Teatro Grande che permetterà a tantissime romane e romani e ai turisti di godere di un’area che da anni non era fruibile. In questo spazio, che abbiamo chiamato Teatro del Portico, presenteremo una sorta di rassegna off dedicata al cinema, al jazz, al teatro, ai nuovi talenti con le esibizioni degli artisti di “Fabbrica”, degli allievi della Scuola di Danza e della Scuola di Canto Corale e anche uno spazio dedicato ai bambini».
«Siamo felici di ospitare ancora una volta alle Terme di Caracalla una delle proposte estive di opera, balletto e altri generi musicali tra le più rinomate al mondo – dichiara Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma –, dando anche un nostro contributo con un omaggio alla fotografa Letizia Battaglia, realizzato in collaborazione con Electa in due ambienti prossimi alla palestra occidentale che verranno aperti per la prima volta al pubblico. Al centro del programma per la prossima estate, organizzato dall’Opera di Roma d’intesa con la Soprintendenza, oltre ai concerti e alla danza, c’è la figura di Giuseppe Verdi con due opere accompagnate da diverse iniziative. Una nuova pagina del Festival che si terrà in un ulteriore spazio fuori dal circuito di visita da decenni: davanti al cosiddetto tempio di Giove, portico in prossimità del recinto delle Terme, dedicato in antico alle attività culturali, che sarà valorizzato per l’occasione con un’illuminazione ad hoc. La collaborazione con il Teatro dell’Opera accresce l’offerta culturale alla città, amplificando l’interesse per questo magnifico monumento della Roma imperiale».
INAUGURAZIONE
Al di là della proposta di musica pop, che prende il via il 30 maggio, il cartellone si inaugura con la prima proiezione mondiale della versione restaurata di The Great Dictator (Il grande dittatore) di Charlie Chaplin con le musiche eseguite dall’Orchestra del Teatro, venerdì 23 giugno alle 21.30. Ultimo capitolo del progetto nato nel 1999 che intende mettere in scena tutti i film di Chaplin con l’esecuzione dal vivo della colonna sonora, la pellicola del celebre capolavoro è stata oggetto di restauro da parte della Cineteca Nazionale di Bologna, mentre Timothy Brock, direttore musicale della “Association Chaplin”, ha restaurato la partitura originale con le musiche composte da Charlie Chaplin e Meredith Willson. Tra queste anche quelle per la celeberrima scena della danza con il mappamondo di Adenoid Hynkel su musiche dal Lohengrin di Wagner, e quelle che accompagnano l’episodio del barbiere ebreo sulle Danze ungheresi di Brahms. Sul podio dell’Orchestra dell’Opera di Roma è impegnato Timothy Brock, che ha curato tutte le ricostruzioni delle partiture dei suoi film, in collaborazione con l’Association Chaplin di Parigi. «La Cineteca di Bologna – dichiara Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca e presidente del festival del cinema di Roma – lavora da quasi 25 anni sull’opera di Charlie Chaplin. Un progetto enorme, che non è solo sinonimo del lavoro di catalogazione e digitalizzazione dell’archivio o del restauro di una filmografia di soli capolavori: il Progetto Chaplin fa rivivere il suo cinema nel mondo contemporaneo e lo fa conoscere alle nuove generazioni. Occasioni particolarmente speciali sono naturalmente quelle in cui la musica – dello stesso Chaplin – accompagna le immagini, dando vita a uno spettacolo di coinvolgimento assoluto. Chaplin arriva quindi in quel luogo magico che sono le Terme di Caracalla, con Il grande dittatore, uno dei momenti più alti della sua Arte e della Storia del cinema, un film che è nella Storia, ma che parla anche a noi cittadini del XXI secolo».
OPERA
Nell’anno di ‘VIVA Verdi’, il progetto voluto dal Ministero della Cultura per la salvaguardia, promozione e valorizzazione di Villa Verdi, la casa-museo del compositore a Sant’Agata di Villanova sull’Arda, sono in programma due capolavori della cosiddetta trilogia popolare. E se il Caracalla Festival 2023 è incentrato su Verdi, l’edizione del 2024 sarà invece dedicata a Puccini, in omaggio al centenario della sua scomparsa.
Dal 21 luglio al 9 agosto torna in scena La traviata di Giuseppe Verdi nell’allestimento firmato nel 2018 da Lorenzo Mariani che ambienta la vicenda parigina, tratta da La dame aux camélias di Dumas figlio, negli anni Sessanta della Dolce vita, omaggiando la Roma di Federico Fellini. Sul podio sale Paolo Arrivabeni. In scena Francesca Dotto, già più volte interprete di Violetta all’Opera di Roma; Christopher Maltman e Marco Caria, nei panni di Giorgio Germont; Giovanni Sala e Alessandro Scotto di Luzio come Alfredo Germont.
Dalla Dolce vita alla malavita, con il secondo capolavoro verdiano, Rigoletto, proposto dal 3 al 10 agosto nell’allestimento firmato da Damiano Michieletto che lo ambienta in un immaginario mondo criminale. Creato per l’Opera di Roma, è andato in scena nell’estate del 2020 al Circo Massimo, dopo i mesi di chiusura dei teatri a causa della pandemia. Il regista veneto ripensa ora il suo progetto per un diverso spazio all’aperto, quello di Caracalla. Sul podio sale Riccardo Frizza, mentre interpreti principali sono Roberto Frontali, già Rigoletto nel 2020 al Circo Massimo, Nina Minasyan (Gilda), Piero Pretti (Duca di Mantova), oltre a Martina Belli e Riccardo Zanellato che tornano come nel 2020 rispettivamente nei panni di Maddalena e di Sparafucile.
Sia in Traviata sia in Rigoletto è protagonista anche il Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Ciro Visco.
Spazio anche i giovani talenti della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma e di “Fabbrica”, lo Young Artist Program del Teatro diretto da Lorenzo Amato. Due appuntamenti al Teatro del Portico: mercoledì 12 luglio alle 19 il Concerto del Coro Preparatorio e della Schola Cantorum, mentre lunedì 17 luglio alle 21 è in scena Ricostruzione 1.0: una fantasia onirica su musiche di Mozart, Rossini, Bellini e Puccini, serata completamente affidata a “Fabbrica”.
BALLETTO
La proposta di danza si apre con Strictly Gershwin, un musical gioioso e travolgente che vede protagonisti étoiles, primi ballerini, solisti e Corpo di Ballo dell’Opera di Roma, diretti da Eleonora Abbagnato. Lo spettacolo del coreografo e regista Derek Deane, diretto da Michael England e con il pianista Alessandro Taverna come solista, è un tributo a George Gershwin e alla sua musica, che ha saputo raccontare speranze e umori di un’intera generazione nei fantastici anni Trenta, con Ginger Rogers, Fred Astaire e il glamour della Golden Age. Tra frammenti della Rhapsody in Blue e altri da An American in Paris, passando per l’immortale Summertime, si alternano momenti di danza dall’impianto classico e moderno, con il tip tap e atmosfere da ballroom. Il tutto in un impianto scenico colossale, che vede danzatori, musicisti e cantanti riuniti sullo stesso palco. Impreziosisce la serata la collaborazione con l’azienda Laura Biagiotti per l’ideazione e la realizzazione dei costumi.
Ancora grande danza con le tradizionali serate di Roberto Bolle and Friends, in tutto tre dall’11 al 13 luglio, e con il Gran Gala che vede protagoniste le stelle ospiti Maia Makhateli e Jacopo Tissi accompagnati dalle étoiles Alessandra Amato, Rebecca Bianchi, Susanna Salvi, Alessio Rezza e i primi ballerini Claudio Cocino e Michele Satriano, solisti e Corpo di Ballo dell’Opera di Roma. Sul podio dell’Orchestra della Fondazione sale Alvise Casellati.
Il 23 luglio alle 19, al Teatro del Portico, la Scuola di Danza dell’Opera è protagonista con due titoli: una suite da Raymonda di Marius Petipa ripresa da Ofelia Gonzalez e Pablo Moret e Il carnevale degli animali di Davide Bombana.
SINFONICA
La proposta sinfonica è rappresentata da un capolavoro: la Sinfonia n. 9 di Beethoven. Domenica 9 luglio alle 21 lo dirige un sommo interprete come Myung-Whun Chung, alla sua prima volta a Caracalla con l’Orchestra e il Coro del Teatro, diretto da Ciro Visco, e le voci soliste di Olga Bezsmertna, Sara Mingardo, Giovanni Sala e Roberto Tagliavini.
TEATRO
Due gli spettacoli teatrali, anche questi ospitati nello spazio del Teatro del Portico: Gli occhiali di Šostakovič di Valerio Cappelli, che cura anche la regia, mercoledì 5 e giovedì 6 luglio alle 21, dedicato al grande compositore russo, interpretato da Moni Ovadia con proiezioni e musiche eseguite dal vivo. Martedì 18 e mercoledì 19 luglio alle 19 invece la lettura e il commento di Valerio Magrelli de Le metamorfosi di Ovidio.
CINEMA
A Giuseppe Verdi è dedicata anche la rassegna cinematografica che riporta alla luce film poco conosciuti ispirati alla figura e alle opere del grande compositore. Dal 26 giugno al 3 luglio al Teatro del Portico sono in programma tre serate con la proiezione di Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria di Giuseppe De Liguoro, Macbeth Neo Film Opera di Daniele Campea, Sulle orme di Verdi e La terra del melodramma di Luciano Emmer, La traviata di Franco Enriquez, e Il trovatore di Carmine Gallone. Inizio proiezioni ore 21.15.
JAZZ
Per il jazz sono in cartellone lo Stefano Di Battista Quartet, lunedì 31 luglio alle 21, con “Morricone stories jazz”; tre concerti-aperitivo pensati per essere seguiti anche dagli spettatori dell’opera in scena la sera stessa, il 2, 4 e 6 agosto, con inizio alle 19; una serata con i Fratelli Cutello dal titolo “New generation”, lunedì 7 agosto alle 21. Tutti gli appuntamenti si terranno al Teatro del Portico.
POP
Gli immancabili appuntamenti con la musica pop iniziano già dal 30 maggio. Sul palcoscenico del Teatro Grande si esibiscono Zucchero il 30, 31 maggio, 2, 3 giugno, Fiorella Mannoia e Danilo Rea il 1° giugno, Venditti-De Gregori il 5, 7, 8 e 15 giugno, Andrea Bocelli il 10 giugno, i Negramaro il 13, 14 e 16 giugno e Massimo Ranieri il 24 luglio, sempre alle 21.
MOSTRA FOTOGRAFICA
Le Terme di Caracalla rendono omaggio alla grande fotografa Letizia Battaglia attraverso una mostra di scatti e documenti del suo lavoro coraggioso e caparbio, dagli albori della sua carriera tra Milano e Palermo fino all’ultima produzione, prima della sua scomparsa avvenuta il 13 aprile del 2022. Promossa dalla Soprintendenza Speciale per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio in collaborazione con Electa e con la partecipazione dell’Archivio Battaglia, la mostra si svolgerà tra maggio e ottobre negli ambienti appena restaurati adiacenti alla palestra occidentale, che verranno aperti al pubblico per la prima volta. Il prezioso omaggio, idealmente connesso all’anniversario dei trent’anni dell’attentato mafioso di San Giorgio al Velabro, sarà accompagnato da una serie di incontri nell’ambito del programma estivo promosso dal Teatro dell’Opera di Roma e dalla Soprintendenza.
COLLABORAZIONI ISTITUZIONALI
La creazione di un Festival comporta l’interazione di un ampio numero di forze, e per il Caracalla Festival 2023 si allarga ulteriormente la rete d’importanti collaborazioni istituzionali dell’Opera di Roma: prima fra tutte quella Soprintendenza Speciale di Roma e poi con Association Chaplin di Parigi, Cineteca Nazionale di Bologna, Centro Sperimentale di Cinematografia, Rai Com, Ravenna Festival, Festival Puccini di Torre del Lago, Teatro La Fenice di Venezia, Casa del Jazz, Friends & Partners.
Da giovedì 23 marzo presso il botteghino del Teatro dell’Opera di Roma e su Ticketone in vendita i biglietti per i seguenti spettacoli: The Great Dictator, Strictly Gershwin, Sinfonia n.9, Roberto Bolle and Friends, La traviata, Gran Gala di Danza, Rigoletto.
Sabato 25 marzo alle ore 10,30 presso la Villa delle Favare di Biancavilla, incontro “Ricominciare dal Coraggio delle Donne”, organizzato da “Ricominciare”, Associazione onlus di donne operate al seno, che gode del patrocinio del Comune di Biancavilla. Sara Favarò, scrittrice e Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, parlerà del suo libro “Il Coraggio delle donne 2”, che contiene quindici storie vere di donne siciliane che si sono distinte per il loro coraggio di vivere, in diversi settori, dall’ambito familiare alla ribellione ai soprusi, alla lotta alla mafia. Un libro che nonostante sia datato, continua ad essere di estrema attualità. Ha visto la luce nel lontano 2002 edito da Armando Siciliano Editore di Messina, l’anno successivo è stato pubblicato da Fermento di Roma, nel 2004 dalla Fabbri Editori nella collana Voci di Donna e che nel 2018 si è arricchito di ulteriori storie, pubblicato da Gruppo Arte Sikelia, associazione culturale e gruppo artistico presieduta, fin dal suo nascere nel 1980, dalla stessa autrice.
Introdurrà l’incontro la responsabile dell’Associazione Ricominciare, Rossella Distefano. Interverranno: il Sindaco di Biancavilla, Antonio Bonanno, l’Assessore alle Pari Opportunità, Enza Cantarella, la Presidente del Consiglio comunale di Santa Maria di Licodia, Maria Russo, il Dirigente scolastico del Liceo Scienze Umane di Paternò, Fiorella Baldo, il Presidente di Ricominciare, Santi Ganci e l’autrice del libro Sara Favarò. L’incontro sarà moderato dal professore Mirko Trovato.
locandina Biancavilla
Breve CV Sara Favarò
Romanziera, favolista, saggista, giornalista, poetessa, autrice di testi teatrali e artista poliedrica, è stata nominata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ha pubblicato, ad oggi, 79 libri e alcune centinaia di articoli in Italia e in America. Recita per il teatro e per il cinema di cui è anche autrice di un soggetto cinematografico contro la violenza sulle donne. Cantautrice e interprete del canto popolare siciliano, si è esibita in Italia, Europa, Canada e Australia.
Luigi Pirandello, “Fortuna di essere cavallo”, Novella tratta dalla Raccolta “Una giornata”, 1937, Prima pubblicazione sul “Corriere della Sera” del 23 novembre 1935.
Luigi Pirandello
La stalla è lì, dietro la porta chiusa, subito dopo l’entrata nel cortile rustico in pendio, dall’acciottolato logoro e la cisterna in mezzo.
La porta è imporrita; verde un tempo, ora ha quasi perduto il colore; come la casa, quello gialligno dell’intonaco, per cui appare la più vecchia e misera del sobborgo.
Questa mattina all’alba la porta è stata chiusa da fuori col grosso catenaccio arrugginito; e il cavallo ch’era nella stalla è stato messo fuori e lasciato lì davanti, chi sa perché, senza né briglia né sella né bisaccia; senza nemmeno la capezza.
Vi sta paziente, quasi immobile, da parecchie ore. Sente attraverso la porta chiusa l’odore della sua stalla lì prossima, l’odore del cortile; e pare che di tanto in tanto, aspirandolo con le froge dilatate, sospiri.
Risponde curiosamente a ogni sospiro un fremito nervoso del cuojo sulla schiena, dov’è il segno d’un vecchio guidalesco.
Così libero d’ogni guarnimento, la testa e tutto il corpo, si può vedere come gli anni l’han ridotto: la testa, quando la rialza, ha ancora un che di nobile ma triste; il corpo è una pietà: il dosso, tutto nodi; sporgenti le costole; i fianchi, aguzzi; spessa però ancora la criniera e lunga la coda, appena un po’ spelata.
Un cavallo che non può servire più a nulla, per dir la verità.
Che cosa aspetta lì davanti la porta?
Chi, passando, lo vede, e sa che il padrone è già partito dopo essersi portata via tutta la roba di casa per andare ad abitare in un altro paese, pensa che qualcuno forse verrà per incarico di lui a ritirarlo; benché, lasciato così sguarnito di tutto, abbia piuttosto l’aria d’un cavallo abbandonato.
Altri passanti si fermano a guardarlo, e c’è chi dice di sapere che il padrone, prima di partire, ha cercato in tutti i modi di disfarsene, tentando in principio di venderlo anche a poco prezzo, poi offrendolo a tanti in dono; anche a lui; ma nessuno l’ha voluto, nemmeno regalato; neppur lui.
Non mangiasse, un cavallo, ma mangia. E per il servizio che quello può ancora rendere così vecchio e malandato, siamo giusti, vi par che valga la spesa del fieno o anche di un po’ di paglia da dargli a mangiare?
Avere un cavallo e non saper che farsene, dev’esser pure un bell’impiccio.
Tanti, per levarselo, ricorrono al mezzo sbrigativo d’ucciderlo. Una palla di fucile costa poco. Ma non tutti hanno il cuore di farlo.
Resta però da vedere se non è più crudele abbandonarlo così. Certo, a vederlo ora davanti la porta chiusa d’una casa vuota e deserta, povera bestia, fa una gran pena. Quasi quasi verrebbe voglia di andargli a dire in un orecchio che non stia più lì ad aspettare inutilmente.
Gli avesse almeno lasciato una corda al collo per portarlo via in qualche modo; ma niente. Si vede che i guarnimenti, quelli sì, ha trovato da venderli: servono. Forse però se li sarebbe venduti lo stesso, chiunque se lo fosse preso, per poi lasciarlo nudo ugualmente in mezzo a un’altra strada.
Intanto, oh! guardate le mosche. Eh, quelle non si dirà mai che in tanta disdetta lo vogliano abbandonare. E il povero cavallo, se fa qualche movimento, è soltanto con la coda, per cacciarsele quando si sente pinzato più forte: cosa che gli avviene di frequente, ora che non ha più tanto sangue da dar loro a succhiare facilmente.
Ma già s’è stancato di star ritto su le zampe e si piega con pena sui ginocchi per riposarsi a terra, sempre con la testa verso la porta.
Non può proprio pensare d’esser libero.
Ma già, un cavallo, anche quando l’abbia davvero, la libertà, gli è forse dato di farsene una idea? L’ha, e ne gode senza pensarci. Quando gliela levano, dapprima per istinto si ribella; poi, addomesticato, si rassegna e adatta.
Forse quello, nato in qualche stalla, libero non è stato mai. Sì, da giovane in campagna probabilmente, lasciato a pascolare sui prati. Ma libertà per modo di dire; prati chiusi da staccionate. Se pure c’è stato, che ricordo può più averne?
Sta lì a terra finché la fame non lo spinge a rimettersi con maggiore stento in piedi; e poiché da quella porta, dopo una così lunga attesa, non spera più aiuto, volta la testa a guardar di lato, lungo la strada del sobborgo. Nitrisce. Raspa con uno zoccolo. Più di questo non sa fare. Ma dev’esser convinto che è inutile, perché poco dopo sbruffa e scuote il capo; poi, incerto, muove qualche passo.
C’è ormai più d’un curioso che sta a osservarlo.
Pure in campagna, dove sia coltivata, non s’ammette che un cavallo vada libero; figurarsi poi in mezzo a un abitato dove ci son donne e bambini.
Un cavallo non è come un cane che può restar senza padrone, e, se va per via, nessuno ci fa caso. Un cavallo è un cavallo; e se non lo sa, lo sanno gli altri che lo vedono, il corpo che ha, molto molto più grande di quello d’un cane, ingombrante; un corpo che non riesce mai a ispirare un’intera confidenza e da cui tutti ci si guarda perché tutt’a un tratto, non si sa mai, uno sfaglio imprevedibile; e poi con quegli occhi, con quel bianco che a volte si scopre feroce e insanguato; occhi così tutti specchianti, con un brio di guizzi e certi baleni, che nessuno comprende, d’una vita sempre in ansia, che può adombrarsi di nulla.
Non è per ingiustizia. Ma non sono gli occhi d’un cane, umani, che chiedono scusa o pietà, che sanno anche fingere, con certi sguardi a cui la nostra ipocrisia non ha più nulla da insegnare.
Gli occhi d’un cavallo, ci vedi tutto, ma non ci puoi legger nulla.
È vero che questo, così mal ridotto com’è, non pare a nessuno che possa essere pericoloso. Ma, comunque, perché impicciarsene?
Vada pure; se qualcuno sarà molestato, ci penserà lui a scostarlo, a cacciarlo; o ci penseranno le guardie.
Ragazzi, non tirate sassi. Vedete che non ha più nulla addosso? Così libero e sciolto, se piglia la fuga, chi lo para?
Stiamo piuttosto a vedere tranquillamente dove va.
Ecco, prima da uno là che fabbrica pasta al tornio e la tiene stesa ad asciugare all’aperto su certi telai di rete posati su cavalietti traballanti.
Oh Dio, se s’accosta, li fa cadere.
Ma il pastajo accorre in tempo a pararlo e lo spinge via. Sacr… di chi è questo cavallo?
I monelli non reggono più, gli corrono dietro, gridando, ridendo.
– Un cavallo scappato?
– No: abbandonato.
– Come, abbandonato?
– Ma così. Lasciato dal padrone. Libero.
– Ah sì? Allora un cavallo che se ne va a spasso per conto suo, per le vie del paese?
Eh via, d’un uomo si vorrebbe sapere se non è pazzo. Ma d’un cavallo che volete sapere? Un cavallo sa soltanto che ha fame. Ora, più là, allunga il muso verso un bel cesto d’insalata esposto fra tanti altri davanti alla bottega d’un erbivendolo.
È respinto malamente anche da lì.
Alle botte è avvezzo, e se le prenderebbe in pace, se poi con questo lo lasciassero mangiare. Ma proprio non vogliono che mangi. Più resiste per dimostrare che non gì’importa delle botte, e più gli storcono il collo per tenergli il muso lontano da quel bel cesto d’insalata. E la sua ostinazione fa ridere. Ma ci vuol tanto a comprendere che quell’insalata è lì esposta per esser venduta a chi voglia mangiarsela? E una cosa così semplice. E, perché il cavallo dimostra di non comprenderla, tutte quelle risa sguajate.
Bestia! non ha neppure un filo di paglia da mangiare, e vorrebbe l’insalata.
Nessuno s’immagina che una bestia, dal canto suo, può vedere in tutt’altro modo, veramente più semplice, la cosa. Ma nulla da fare.
E il cavallo se ne va, col seguito di tutti quei monelli, i quali, dopo la bella dimostrazione data, di sapersi pigliar le botte così in pace, chi li tiene più? Gli fanno attorno una gazzarra d’inferno. Tanto che il cavallo a un certo punto si ferma stordito, come per cercare il modo di farla finita. Accorre un vecchio ad ammonire i monelli che coi cavalli non si scherza.
– Vedete come s’è fermato?
E il vecchio alza una mano verso il collo del cavallo per placarlo e rassicurarlo. Ma subito questo dà un balzo sghembo, drizzando le orecchie. Il vecchio, che non se l’aspetta, dapprima ci resta male, ma poi vede in quell’atto la prova di quanto ha detto e ripete:
– Ecco, vedete?
La prova giova per un momento. I monelli riprendono a seguire il cavallo tenendosi a distanza. Dove va?
Avanti. Senza più osare accostarsi ad altre botteghe, attraversa tutta la strada del sobborgo in cima al colle, e dove questa comincia a discendere, disabitata per un lungo tratto, si riferma indeciso.
È chiaro che non sa più dove andare.
Spira, in quel tratto di strada, un po’ di vento. E il cavallo alza la testa, come a berlo, e socchiude gli occhi, forse perché vi sente l’odore dell’erba lontana, dei campi.
Resta lì fermo a lungo, a lungo, così con gli occhi socchiusi e il ciuffo che, ai soffii di quel vento, gli si muove lieve sulla fronte dura.
Ma non commoviamoci. Non dimentichiamo la fortuna che ha quel cavallo, come ogni altro: la fortuna d’esser cavallo.
Se i primi monelli si sono alla fine stancati di starlo a guardare e se ne sono andati, altri e altri in più gran numero gli fanno allegro codazzo quando sul tardi, venendo chi sa di dove come nuovo, stranamente esaltato da una ebbra impazienza per la fame, ecco, a testa alta, si presenta in mezzo al corso principale del paese e si pianta lì grattando con uno zoccolo il duro lastricato, come per dire: comando che mi si porti subito da mangiare qua, qua, qua.
Fischi, applausi, risa, gridi d’ogni genere si levano a quel gesto imperioso; la gente accorre, lasciando i tavolini del Caffè, le botteghe; tutti vogliono sapere di quel cavallo – scappato – non scappato – abbandonato – finché due guardie si fanno largo tra la ressa; l’una afferra per la criniera il cavallo e lo trascina via, mentre l’altra impedisce ai monelli di seguirlo, ributtandoli indietro.
Condotto fuori dell’abitato, dopo le ultime case e le fabbriche, passato il ponte, il cavallo, che non s’è reso conto di nulla, una sola cosa avverte: l’odore dell’erba, questa volta vicina, là sulle prode della strada oltre il ponte, che conduce alla campagna.
Perché tra le tante disgrazie che gli possono occorrere, capitando sotto gli uomini, un cavallo ha almeno sempre questa fortuna: che non pensa a nulla. Nemmeno d’esser libero. Né dove o come andrà a finire. Nulla. Lo cacceranno da per tutto? Lo butteranno a sfragellarsi in un burrone?
Ora, per il momento, mangia l’erba della proda. La sera è mite. Il cielo è stellato. Domani sarà quel che sarà. Non ci pensa.
Luigi Pirandello
L’opera in copertina è di Pippo Vaccaro, “Lo stallone italiano”, olio su tela, 50×70 cm., 2010
Al via il 18 marzo la mostra del Maestro “L’ABBRACCIO DELLA MATERIA”
Dal 18.03 al 15.04.2023 la Galleria Alice Schanzer ospiterà la personale dell’artista siciliano, che si inserisce nel panorama culturale della Città come evento collaterale del Progetto di residenza artistica “Vi-Ve: Ezio Cicciarella da Vittoria a Venezia” promosso da Fondazione Donà Dalle Rose in collaborazione con Sudestasi Contemporanea per il periodo 10 marzo – 10 giugno 2023
Ezio Cicciarella
Ezio Cicciarella, ragusano doc cresciuto in una famiglia di artigiani, è un acclamato artista a livello internazionale e oggi, la sua Sicilia, la porta con sé a Venezia dove – dal 18 marzo al 15 aprile – la Galleria Alice Schanzer ospiterà la personale “L’abbraccio della materia”, a cura di Silvia Previti.
Il Maestro approda nuovamente in Laguna ancora una volta grazie al mecenatismo della Fondazione Donà dalle Rose, creata dai coniugi Francesco e Chiara Donà dalle Rose, con l’obiettivo di salvaguardare, promuovere e valorizzare il patrimonio artistico, storico, archivistico, filosofico, musicale del nostro Paese in primis.
Le opere esposte in mostra testimoniano la recente evoluzione dell’artista impegnato nella creazione di sognanti sculture su sfondo di acciaio corten, molto simili a “quadri” da appendere e dominate dalla presenza di bendaggi sapientemente realizzati attorno alla materia.
A livello concettuale queste opere vogliono rimandare a sensazioni di accoglienza e protezione, nonchè all’umana e sincera necessità di un conforto.
Le bende che a mo’ di drappo cingono le opere di Cicciarella rappresentano il primordiale quanto necessario bisogno di abbracciarsi in un atto di condivisione, ricerca ed evoluzione.
La mostra di Ezio Cicciarella alla Galleria Schanzer ha un ampio respiro culturale e si inserisce nell’imponente progetto di residenza d’artista “Vi-Ve: Ezio Cicciarella da Vittoria a Venezia”, 10 marzo – 10 giugno 2023, ideato dalla Fondazione Donà dalle Rose in collaborazione con la Galleria siciliana Sudestasi Contemporanea.
PROGETTO VI-VE
Il progetto VI-Ve non si limiterà a Venezia ma proseguirà a Porto Rotondo e in Senegal, per accompagnare, guidare e documentare tre mesi di vita dell’Artista, già esposto nella BIAS 2018 e oggi selezionato come artista protagonista della BIAS 2023 (Biennale Internazionale di Arte Contemporanea Sacra delle religioni e credenze dell’umanità)
In questa esperienza Ezio Cicciarella si avvarrà di una figura-guida d’eccezione, Chiara Modica Donà dalle Rose, che lo condurrà giorno dopo giorno alla scoperta di una Venezia sommersa, inedita e inusuale, più autentica e ben lontana dai circuiti usualmente battuti, tra ritmi lenti, scorci inediti e luoghi dominati da una natura incredibile quasi selvaggia, per un confronto intimo, inedito e inusuale tra l’artista-uomo e la città lagunare dai mille volti.
Vi-Ve è sia un gioco di parole tra le iniziali di Vittoria, città dove l’artista è nato e opera solitamente e Venezia, città dove il suo viaggio avrà inizio, sia un invito a riscoprire la pietra ed il suo vivere, respirare, modificarsi, plasmarsi nel tempo, in osmosi con la creatività dell’uomo.
“Il Maestro Cicciarella è un artista con cui ho condiviso in questi ultimi cinque anni numerose iniziative in Sicilia e all’estero. Introdurlo a Venezia è un’occasione importante di arricchimento personale, umano ed artistico per tutti. Sono certa che il Maestro saprà cogliere ogni sfumatura ed occasione che gli verrà data. Le opere di Ezio Cicciarella rappresentano una delicata riflessione sull’Uomo e sui suoi bisogni più intimi e veri, sono capaci di emozionare e al tempo stesso di sprigionare il respiro e la forza della natura. Sono piene di quella vitalità tipica della terra di Sicilia, prolifica di talenti da sempre e da sempre ricca di storia, cultura e arte che con la Fondazione Donà dalle Rose intendiamo far conoscere al mondo”, afferma Chiara Modica Donà dalle Rose, Presidente dell’omonima Fondazione.
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MOSTRA “L’ABBRACCIO DELLA MATERIA”
Di Ezio Cicciarella
18.03 > 15.04.2023
Vernissage 18.03.2023 ore 18.00
DOVE
Galleria Alice Schanzer, Campo S. Margherita, Dorsoduro 3061, Venezia
ORARI
Orari apertura mostra: 10.00-18.00
Per appuntamento: + 39 347 7030568
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PROGETTO RESIDENZA D’ARTISTA “VI-VE”
Promotore: Fondazione Donà Dalle Rose
In collaborazione con: Sudestasi Contemporanea
Curatori: Angelo De Grande e Ciro Salinitro, per Vi-Ve a Venezia e Porto Rotondo; Massimo Scaringella per BIAS 2023 in Senegal; Silvia Previti, per Galleria Schanzer
Partner: Pavel Zoubok Fine Art, New York; Galleria Alice Schanzer, Venezia; Nerosicilia Group, Modena
DOVE
Atelier residenza d’artista, Palazzo Donà dalle Rose, Fondamente Nove – 5038, 30121 Venezia
Oggi voglio inaugurare uno spazio nella mia rubrica che dedicherò alle recensioni di musica, libri, cinema e altro.
Faccio una premessa: le mie recensioni saranno semplicemente il rimando di emozioni che l’Artista di ogni opera che andrò a commentare è riuscito a trasmettermi. Ogni impressione che rappresenterò è solo ed esclusivamente suggestione… autentica. Non sono una critica musicale, né cinematografica e neppure letteraria, sono semplicemente una creativa che ama l’arte in tutte le sue forme e si lascia trasportare dal genio di ogni singolo Artista.
Voglio parlare proprio di genialità, quella che a mio parere scorre tra le note dell’album GONE, una selezione di brani inediti di Gianluca Lusi, sassofonista, clarinettista, compositore e arrangiatore che in questo suo capolavoro musicale ha avuto al suo fianco due grandissimi nomi del panorama musicale: Luigi Masciari alla chitarra e Simone Zanchini alla fisarmonica.
Quando il talento incontra l’Arte, qualsiasi sia la sua forma, nasce la Meraviglia e GONE è Meraviglia! Una melodia dopo l’altra Gianluca, Simone e Luigi ci conducono nel mondo del Jazz alla scoperta dei molteplici colori che vivono nell’anima di grandi Artisti dal talento raro quanto indomabile.
Si parte con il brano Beregynia’s Waltz omaggio all’antica Dea Ucraina Bereginya madre protettrice e simbolo di natura con la sua imprevedibilità che è poi il filo conduttore di un album dove ogni strumento trova spazio d’espressione in intervalli di originale equilibrio condivisi e al contempo assoli, ne è esempio il brano Give Me Another Chance quando al minuto e trentasei secondi fisarmonica e chitarra si incontrano in una sezione ritmica dove l’oscillazione del tempo attraversa l’orecchio di chi ascolta espandendosi come energia in ogni cellula del corpo e scie di brividi segnano ogni frammento di pelle.
Il brano Gone è la rappresentazione vivida e straordinariamente realista della genialità artistica, momento in cui l’apparente disordine scuote l’anima che si svela manifestando il talento. Dalla follia creativa si passa con Red Sand al vivere malinconico e dannato rappresentato dal suono caldo e pungente in cui il tormento vibra in ogni nota e prende forma nei suoni dei tre singoli strumenti: in questo brano ci sono passaggi melodici di un’intensità emotiva così travolgente da rimanere senza fiato… emozionante è riduttivo, è un attraversamento a piedi nudi nelle sabbie mobili dove si viene trascinati nelle viscere della terra e nell’io profondo del genio dannato. Ascoltando Red Sand si gode appieno la parte oscura dell’Artista.
La massima espressione creativa, il talento che non conosce frontiere e la tecnica che solo i grandi musicisti possiedono, esplode in Song for S: il suono avvolgente e sacrale della fisarmonica che introduce il brano è un affaccio con vista mozzafiato sulla bellezza di una città monumentale, dove ogni angolo è Arte, scoperta e sentimento…come l’Amore.
Se amate ascoltare la buona musica e in essa cercate l’incanto di un sogno, GONE vi regalerà tutto questo.
Grazie a Gianluca, Simone e Luigi per le emozioni che attraverso il loro grande talento mi hanno fatto provare, e grazie perché manifestando la loro dote contribuiscono all’evoluzione spirituale dell’essere umano.
Non riesco a immaginare un mondo senza musica e soprattutto senza il Jazz che amo e sento profondamente. L’universo senza musica sarebbe grigio – disarmonico nella sua apparente armonia.
Sibyl von der Schulenburg, “A muso duro”, Golem Edizioni, 2022
SINOSSI DEL LIBRO:
Sandro è un trainer di cavalli bisessuale e particolarmente violento nei confronti sia degli umani che degli animali. In seguito a un incidente equestre si ritrova in sedia a rotelle. Proverà in ogni modo a tornare in sella e riprendere a vincere. Dovrà affrontare il lato più oscuro e crudele della sua psiche e accettare l’aiuto dei cavalli, animali da lui sempre sfruttati e maltrattati. I cavalli hanno un ruolo molto importante e le tecniche di addestramento descritte sono realmente utilizzate, alcune anche tutt’ora. Sarà Angelica a segnare una svolta nella sua vita anche se lei, ricca e parafiliaca, non desidera che lui torni a camminare. Con l’aiuto di Markus, l’uomo con il quale aveva vissuto una lunga storia d’amore, capirà cosa si cela dietro la benevolenza di Angelica e troverà il modo di uscire dalla gabbia dorata che gli aveva costruito attorno.
Breve dichiarazione dell’autore sul libro e sul perché lo ha scritto:
«“A muso duro” è sostanzialmente la continuazione di “I cavalli soffrono in silenzio” uno psicoromanzo scritto come esperimento letterario in cui la voce narrante non usa verbi mentalistici. Ho messo il lettore dietro alla cinepresa a guardare e ascoltare gli attori che si raccontano da soli con i dialoghi, le azioni e il linguaggio corporale. In quel romanzo ho lasciato uno dei personaggi principali – il cattivo- in sedia a rotelle con grande soddisfazione dei lettori. Ha torturato animali e umani, per cui se lo merita. Per qualche anno sono stata lì a guardarlo penare e credo che abbia iniziato ad amarlo proprio vedendolo soffrire. Così ho deciso di dargli un’altra possibilità ed è nato “A muso duro” un romanzo che racconta la quotidianità di un disabile che è stato una star dello sport equestre e vorrebbe tornare a vincere. Metto a nudo l’ipocrisia della società “normodotata” raccontando le difficoltà di chi fa la vita da ruotante. Affronto anche temi scottanti come la sessualità del disabile e la disabilità mentale di chi non sa vedere l’uomo prima delle sue ruote.» (Sibyl von der Schulenburg)
BREVE BIOGRAFIA DELL’AUTORE:
Sibylvon der Schulenburg è nata a Lugano, figlia di due scrittori tedeschi. È cresciuta bilingue e multiculturale, tra Germania, Svizzera e Italia, ora vive e lavora in provincia di Milano con lunghi soggiorni in Toscana, sulla Costa degli Etruschi. Dal 2013, scrive romanzi psicologici, storie di persone in condizioni psichiche conflittuali. Le sue storie a sfondo psicologico portano i recensori a parlare di psico-narrativa, un nuovo affascinante genere letterario che ispira già alcuni altri autori. Si aggiudica vari premi letterari, tra cui, nel 2015, i Premi Pannunzio e Mario Luzi. Ha fondato e dirige l’associazione Artisti Dentro Onlus che si occupa di portare arte e cultura nelle carceri italiane.
Le opere di Sibyl von der Schulenburg sono tradotte in inglese e tedesco.
Un grande evento, una prima mondiale dedicata alla Divina in scena per il tour in Italia con la partecipazione straordinaria di Laura Morante come voce narrante e di grandi nomi della musica internazionale tra cui Olga Peretyatko, Maria José Siri, Ekaterina Bakanova, Andrea Edina Ulbrich, Valerio Borgioni, il M° Beatrice Venezi, direttore della tappa di Vicenza, il M° Fabrizio Maria Carminati, direttore delle tappe di Firenze e Milano.
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Locandina Callas 100
Maria Callas
Edina Ulbrich
Ekaterina Bakanova
foto Maria José Siri
Foto-Beatrice-Venezi1-
Laura Morante
Maria José Siri Teatro Carlo Felice
Myrtò Papatanasiu
Valerio Borgioni
VENEZI
VENEZI
Le tappe in Italia:
23 luglio 2023 – FIRENZE – MUSART FESTIVAL – Piazza della Santissima Annunziata
09 settembre 2023 – VICENZA – VIOFF- Piazza dei Signori
28 settembre 2023 – MILANO – Teatro degli Arcimboldi
Locandina Callas 100
Da una produzione della ForTune Music & Shows in collaborazione con Musart (Firenze), DuePunti Eventi (Vicenza), TAM Teatro Arcimboldi (Milano).
“L’emozione di quel suono.. la sua voce che udivo per la prima volta giungeva attraverso i timpani fino ai nervi, alle cellule più segrete e recondite della mente” è ciò che disse di Maria Callas il grande regista italiano Franco Zeffirelli. E con questo ricordo che viene messo in scena, in prima assoluta mondiale, il concerto di gala Callas 100, l’evento che celebra il centenario della nascita di una delle più importanti interpreti nel mondo femminile dell’opera e della musica classica. Maria Callas ha avuto nell’arco della sua carriera trionfi e consensi che si susseguirono in tutto il mondo. La sua voce ha incantato, commosso e delle volte anche stupito. Arte successi e mondanità si sono intrecciati nella vita di Maria. “La Divina” è passata alla storia come una vera icona di stile ed alla fine degli anni ’60 entra nella lista delle dieci donne più eleganti del mondo. Leonard Bernstein ha scritto della Callas “è stata senza alcun dubbio la più grande cantante drammatica del nostro tempo’’ ed a lei viene dedicato il grande evento Callas 100, prodotto dalla ForTune Music & Shows in collaborazione con Musart (Firenze), DuePunti Eventi (Vicenza), TAM Teatro Arcimboldi (Milano), in tournée mondiale con tappa da New York a Vienna ed in Italia con tre date: il 23 luglio a Firenze dell’ambito del Musart Festival, il 9 settembre a Vicenza nell’ambito del VIOFF ed il 28 settembre a Milano al Teatro degli Arcimboldi.
Un grande concerto commemorativo con la presenza di Olga Peretyatko, uno tra i più importanti soprani in attività, che renderà omaggio alla Callas, con lei in scena altri grandi nomi all’interno del cast di Callas 100 e con la partecipazione straordinaria di Laura Morante come voce narrante. Tra le stelle internazionali, entreranno in scena Maria José Siri, Ekaterina Bakanova, Myrtò Papatanasiu,Andrea Edina Ulbrich, Valerio Borgioni. Il M° Beatrice Venezi dirigerà l’orchestra del concerto a Vicenza mentre per le altre due tappe di Firenze e Milano, sarà direttore il M° Fabrizio Maria Carminati.
I biglietti per gli spettacoli saranno disponibili in prevendita nel circuito Ticketone a partire dalle ore 12.00 di martedì 21 marzo.
23 luglio 2023 – Firenze – MUSART FESTIVAL
Piazza della Santissima Annunziata
CAST:
– Fabrizio Maria Carminati, Direttore d’Orchestra
– Laura Morante, Voce recitante
– Olga Peretyatko, Soprano
– Maria Jose Siri, Soprano
– Andrea Edina Ulbrich, Mezzosoprano
– Valerio Borgioni, Tenore
09 settembre 2023 – VICENZA – VIOFF
Piazza dei Signori
CAST:
– Beatrice Venezi, Direttore d’Orchestra
– Laura Morante, Voce recitante
– Maria Jose Siri, Soprano
– Ekateryna Bakanova, Soprano
– Andrea Edina Ulbrich, Mezzosoprano
– Valerio Borgioni, Tenore
28 settembre 2023 – MILANO
Teatro degli Arcimboldi
CAST:
– Fabrizio Maria Carminati, Direttore d’Orchestra
– Laura Morante, Voce recitante
– Olga Peretyatko, Soprano
– Myrtò Papatanasiu, Soprano
– Andrea Edina Ulbrich, Mezzosoprano
– Valerio Borgioni, Tenore
Note:
Maria Callas
Nata il 2 dicembre 1923 al Flower Hospital di New York. All’età di quattro anni, sfuggendo al controllo della madre per raggiungere la sorella, attraversò di corsa la strada e fu investita da un’auto, rimase in coma per più di venti giorni. Maria, da grande, confessò al critico musicale Eugenio Gara che durante lo stato di incoscienza era attorniata da strane musiche.
La madre Evangelia sostenne che in seguito sviluppò un carattere completamente diverso da quello di prima, quel ‘’cattivo carattere’’ che sarà famoso nel mondo così ombroso e ribelle. Il padre, poiché non desiderava la nascita di una bambina, pare non si curasse nemmeno di registrarla all’anagrafe. Dopo il divorzio dei genitori ritornò con la madre e la sorella ad Atene. Mentre la sorella soprannominata Jackie (nome quasi profetico per il futuro del soprano), prendeva lezioni di canto e pianoforte, Maria non godeva di questo privilegio, ma ascoltando dietro la porta imparò di più della sorella, tanto è vero che a undici anni, partecipando a una trasmissione radiofonica per dilettanti, vinse il secondo premio cantando ‘’La Paloma’’. Riuscì poi ad entrare nel conservatorio di Atene nel 1937. Saranno anni per lei molto duri: lo studio continuo, la fame, la guerra; i primi successi già furono proprio in Grecia (la Cavalleria Rusticana e la Norma). Alla fine della guerra Maria, che aveva sempre nel cuore gli Stati Uniti, decise di tornare in America per riabbracciare il padre e per non perdere la cittadinanza americana, ma ancora una volta i fatti la porteranno a fuggire di nuovo. Meta nel ’47 l’Italia: aveva pochi dollari in tasca, pochi vestiti, ma tanta voglia di raggiungere l’Italia. A Verona conosce il primo marito Giovanni Battista Meneghini, amante delle opere d’arte e della buona tavola. Meneghini, possessore di una fiorente industria di laterizi diventerà anche il suo manager. Fu un’accoppiata vincente. La Callas conquistò a breve tutti i teatri del mondo. La conoscenza poi con Arturo Toscanini le aprirà le porte del teatro della Scala, il teatro lirico più prestigioso. Tra il 1952 e il 1954 interpretò ben sette opere. L’Italia senza dubbio portò fortuna all’irrequieta soprano. Verona, Milano, Venezia avranno il privilegio di sentire la sua ‘’Gioconda’’, ‘’Tristano e Isotta’’, ‘’Norma’’, ‘’i Puritani’’, “l’Aida”, ‘’I Vespri Siciliani’’, ‘’Il Trovatore’’ e così via. La sua forza era la voce: precisa, unica e irripetibile. A proposito del suo canto la Callas era solita ricordare un’indicazione precisa e preziosa del suo amato Vincenzo Bellini, il quale sosteneva la necessità per un artista di ‘’accendersi’’ nell’interpretare un ruolo, ovvero conferirgli verità e personalità affinché parole come ‘’ti amo’’ ‘’ti adoro’’ non risultino false. Nel 1959, grazie all’amica Elsa Maxwell, conobbe al Danieli di Venezia l’armatore greco Aristotele Onassis. Il loro sarà un amore distruttivo. Onassis lascerà la moglie, Maria il teatro, poi l’armatore greco sposerà Jackie Kennedy. Da questo amore “brutto e violento” come lei stessa lo definì nacque un bambino: Omero, che morirà poco dopo la nascita. Dopo il ’64 inizia per Maria anche il declino in senso psicologico. Senza darsi vinta però scelse una grande occasione, quella di ritornare, ma nel cinema, come protagonista del film “Medea” di Pier Paolo Pasolini, il quale in una intervista a Enzo Biagi ebbe a dire “mi affascina in lei questa violenza di sentimenti”. Poi l’ultima tournée con Giuseppe di Stefano nel 1973 che si concluse l’11 novembre 1974 a Sapporo Il 75 fu l’anno più triste della sua vita: si spensero Onassis e Pasolini. Poco prima era morto suo padre e il direttore di orchestra Tullio Serafin. L’anno dopo si spense anche Luchino Visconti che l’aveva diretta più volte. La sua voce poi cominciò a perdere smalto e intensità, così si rifugerà a Parigi dove morirà nel 1977 a soli 53 anni ufficialmente per arresto cardiaco. Di lei non rimane nulla: anche le ceneri sono state disperse nell’Egeo. Tuttavia, esiste una lapide in suo ricordo presso il cimitero parigino di Père Lachaise. Resta la sua immensa voce, che ha dato vita in modo unico a tanti personaggi tragici e infelici. Zeffirelli, regista di prestigiose prime alla Scala ribadì: “Dalla morte della Divina ci sarà un prima e un dopo Callas”. Riccardo Muti disse poi “era quasi una persona immortale incarnata nell’arte lirica, è stato per il canto quello che Toscanini è stato per la direzione d’orchestra”, a queste parole poi aggiunse che la lirica grazie a lei tornò ad essere arte popolare, colonna sonora della nostra vita. Molto suggestivo il film su Maria Callas che mette in luce molto bene la personalità dell’artista che si era donata completamente al pubblico e all’arte e della donna che desiderava essere amata (Maria Callas in her own words). Nel 1977 il mondo perse una dea.
Beatrice Venezi
Beatrice Venezi ha studiato Pianoforte, Composizione e Direzione d’orchestra diplomandosi con il massimo dei voti e lode presso il Conservatorio di Milano.
Ha collaborato con interpreti di fama internazionale come Bruno Canino, Stefan Milenkovich, Valentina Lisitsa, Andrea Griminelli, Eleonora Abbagnato, Carla Fracci e Andrea Bocelli e con istituzioni prestigiose quali l’Orchestra del Teatro La Fenice, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, la New Japan Philharmonic, Sofia Philharmonic, Nagoya Philharmonic, National Opera House of Georgia, Opera Holland Park di Londra, Teatro Coliseo di Buenos Aires, Teatro Olimpico di Vicenza, Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Bellini di Catania, l’Orchestra Haydn, l’Orchestre Philharmonique de Nice, Opéra Grand Avignon, Opéra-Théâtre de Metz Métropole, Symphony Orchestra of the National Television and Radio Company of Belarus, State Orchestra of Armenia, National Opera House of Azerbaijan, National Theatre Ivan Zajc di Rijeka, Sofia National Opera and Ballet, Teatro del Libertador di Córdoba, l’Orchestra I Pomeriggi Musicali, Teatro Verdi di Trieste, il Circuito lirico marchigiano, per oltre 160 concerti sinfonici e oltre 40 recite di opere liriche.
Attualmente Consigliere del Ministro della Cultura italiano per la Musica e Direttore Artistico della Fondazione Taormina Arte presso il Teatro Antico di Taormina, ha ricoperto il ruolo di Direttore Principale Ospite dell’Orchestra della Toscana, Direttore Principale dell’Orchestra Milano Classica, e Direttore Principale Ospite del Festival Puccini di Torre del Lago; inoltre, è stata membro della Consulta Femminile del Pontificio Consiglio per la Cultura dal 2019 al 2022.
Diversi i riconoscimenti ottenuti, in particolare per le sue capacità artistiche e l’impegno per la diffusione della cultura musicale nelle giovani generazioni, tra cui lo storico premio Scala d’Oro, il Premio Pegaso della Regione Toscana, il Premio Kinéo e il Premio Nazionale Gentile da Fabriano.
Il Corriere della Sera la segnala tra le 50 donne dell’anno 2017 e nel 2018 Forbes la inserisce tra i 100 giovani leader del futuro sotto i 30 anni. Accanto all’attività professionale porta avanti un’intensa attività divulgativa, collaborando con istituzioni riconosciute quali Universität Wien, Università Bocconi di Milano, Politecnico di Milano, IULM, Polimoda di Firenze, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Università Federico II di Napoli, Università Cattolica di Milano per la quale ha tenuto il concerto di inaugurazione dell’anno accademico nell’anno del centenario (2021) , Università di Sassari per la quale ha tenuto la lectio magistralis per l’inaugurazione dell’anno accademico 2018/19 e LUISS Guido Carli per la quale ha tenuto la lectio magistralis di inaugurazione del trentennale delle celebrazioni su Guido Carli.
Per la casa editrice UTET ha pubblicato “Allegro con fuoco” e “Le sorelle di Mozart”, tradotto in francese da Payot et Rivages con il titolo “Fortissima”, e “L’ora di musica”; per DeAgostini Scuola ha curato il manuale di educazione musicale per le scuole secondarie di primo grado “Armonie”.
Nel 2022 ha inoltre pubblicato il saggio “Ciclicità, staticità e atemporalità – Il viaggio del Wanderer attraverso l’estetica schubertiana” all’interno di “Verbum Caro”, miscellanea dedicata all’80esimo genetliaco di S.E. il Cardinale Ravasi – Edizioni San Paolo. Per Warner Music Italy ha pubblicato gli album “My Journey” e “Heroines”.
Fabrizio Maria Carminati
Diplomatosi in pianoforte con Carlo Pestalozza, ha proseguito gli studi di composizione a Milano con Vittorio Fellegara. Successivamente consegue il diploma in direzione d’orchestra a pieni voti.
Entra giovanissimo al Teatro Regio di Torino, dove esordisce come direttore d’orchestra in La Bohème e collabora con lo stesso teatro ininterrottamente fino al 1999, dirigendo 11 titoli d’opera e svariati concerti sinfonici. Successivamente entra a far parte del C.d.A., per nomina Ministeriale, dal 2001 al 2006. Dal 2000 al 2004 è Direttore artistico del Teatro Donizetti di Bergamo. Dal 2004 al 2006 è Direttore artistico della Fondazione Arena di Verona. Di recente, dopo il successo conseguito all’Opera de Marseille in Andrea Chénier e Cavalleria rusticana e Pagliacci viene nominato Primo Direttore ospite fino al 2015. In questo ruolo sarà impegnato nella direzione di sei concerti sinfonici per stagione che comprendono programmi dal barocco al ‘900. Di particolare interesse il progetto monografico dedicato ad Ottorino Respighi, per il quale sono già state eseguite, con grande successo, le partiture di: I pini di Roma, Le fontane di Roma, Gli uccelli, Trittico botticelliano, Antiche arie e danze per liuto. Per quanto riguarda il repertorio operistico i titoli saranno: Aida nel 2013, La Gioconda nel 2014, Tosca nel 2015. Regolarmente invitato a dirigere le maggiori istituzioni teatrali nazionali ed internazionali, Fabrizio Maria Carminati ha all’attivo 45 diversi titoli d’opera che lo vedono acclamato interprete di un vasto repertorio dal belcanto italiano, in qualità di esperto interprete donizettiano (Paisiello, Rossini, Bellini, Verdi, Puccini), al ‘900 italiano e tedesco (Leoncavallo, Giordano, Cilea, Menotti, Humperdinck) ad una brillante carriera sinfonica. Oltre a dedicarsi al repertorio di tradizione è aperto anche alle esperienze del repertorio desueto e contemporaneo dirigendo opere, in prima esecuzione assoluta, come Davide Re di Vitalini al Massimo di Palermo ed Il fantasma della cabina (da Montalbano) di Betta/Camilleri ed opere rare come La marescialla d’Ancre di Nini, Zazà di Leoncavallo, Betly e I pazzi per progetto di Donizetti, Il Barbiere di Siviglia di Paisiello. In Italia è regolarmente ospite dei maggiori teatri: Opera di Roma (Madama Butterfly, Il lago dei cigni, Giselle, Tosca), Fenice di Venezia (recital con Alfredo Kraus, Maria Stuarda), Maggio Musicale Fiorentino (Il campanello dello speziale, Carmen), Carlo Felice di Genova (La Traviata), Regio di Torino (L’elisir d’amore, La Bohème, Il campanello/Gianni Schicchi, Lucia di Lammermoor, Don Pasquale, Nabucco, Simon Boccanegra, I Capuleti e i Montecchi, Zazà, Le convenienze ed inconvenienze teatrali, La Traviata), Massimo di Palermo (La Bohème, Il lago dei cigni, Giselle, Carmina Burana, Romeo e Giulietta, Maria Stuarda), Verdi di Trieste (Madama Butterfly, Maria Stuarda, Francesca da Rimini, L’amico Fritz), Regio di Parma (I Capuleti e i Montecchi), Filarmonico di Verona (Don Pasquale, I Capuleti e i Montecchi), Festival Puccini di Torre del Lago (Tosca, Madama Butterfly, La Traviata) e numerosi teatri di tradizione tra i quali figura il Teatro Donizetti di Bergamo, sua città natale, che lo ha nominato direttore artistico dal 2000 al 2004. All’estero si esibisce abitualmente in teatri quali: Opéra de Nice (Norma, Tosca), Opéra de Marseille (Il Pirata, Andrea Chénier, Cavalleria rusticana e Pagliacci), Abao di Bilbao (Norma, I masnadieri, Il Trovatore, Poliuto), Opera de Las Palmas (Roberto Devereux, Adriana Lecouvreur, Norma), Maestranza di Siviglia (Lucia di Lammermoor con Alfredo Kraus), Opera de Lyon (L’elisir d’amore), Kansai Opera di Osaka (La Bohème, Anna Bolena), Bunka Kaikan di Tokyo (Anna Bolena). Recentemente è stato ospite all’Opera di Montreal con La Traviata. Grazie al successo ottenuto dirigerà, nella prossima stagione, un concerto sinfonico e Maria Stuarda nel 2016. Tra i numerosi impegni figurano inoltre: Madama Butterfly al Bellini di Catania e la produzione di I Capuleti e i Montecchi al Filarmonico di Verona.
Olga Peretyatko
Olga Peretyatko, uno dei soprani più richiesti al mondo, ha debuttato nel mondo dell’opera internazionale dopo aver vinto il prestigioso Concorso Operalia di Plácido Domingo e da allora è ospite nei più importanti teatri d’opera e sale da concerto del mondo.
Apre la stagione 2018/19 nei concerti dei Festival di Grafenegg e Gstaad, oltre a cantare canzoni di Gabriel Fauré con l’Orchestra Sinfonica di Basilea, per celebrare l’uscita del nuovo acclamato album The Secret Fauré.In Asia canta alla Forbidden Concert Hall di Pechino e al Guangdong Xinghai, oltre a cantare i Carmina Burana di Carl Orff con l’orchestra NHK Symphony a Tokyo, con la direzione di Paavo Järvi.In Cina interpreta anche la sua acclamata Leila nella produzione di Wim Wender di Les Pecheurs des Perles al China National Center for Performing Arts.
Nella stessa stagione canta il ruolo di Anna Bolena all’Opera Royal de Wallonie Liège e uno dei suoi ruoli distintivi, Lucia di Lammermoor all’Opera di Stato di Vienna, interpreta anche Donna Anna nel Don di Mozart Giovanni.Olga Peretyatko partecipa al Mozartwoche 2019, lo Smetana Festival Litomysl, a concerti di gala al MÜPA di Budapest e si unisce a Rolando Villazón alla Konzerthalle Bamberg.
La sua voce straordinariamente avvincente e la sua presenza scenica le permettono di combinare un’attiva carriera operistica e recital nei luoghi più leggendari, come: la Deutsche Oper Berlin, le case d’opera di Berlino, Monaco e Amburgo, l’Opera di Stato di Vienna, il Teatro dell’Opera di Zurigo, l’Opera di Losanna, Venezia, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Real di Madrid, Opéra Bastille di Parigi, Opera olandese di Amsterdam, La Monnaie di Bruxelles, Teatro Bolshoi di Mosca, Teatro Mariinsky di San Pietroburgo e Metropolitan Opera di New York, dove è tornata più volte, l’ultima come Lucia di Lammermoor. Ha collaborato con i registi più famosi al mondo, tra cui Robert Lepage, la cui acclamata produzione del 2009 di Le Rossignol di Stravinsky a Toronto ha confermato il suo status di uno dei migliori soprani del nostro tempo.
Ha cantato Marfa nella provocatoria interpretazione di Dmitri Tcherniakov La sposa dello zar, presentata nel 2013-2014 prima alla Staatsoper Unter den Linden e poi al Teatro alla Scala. Nel 2017 ha cantato Leila, il ruolo principale nel debutto operistico di Wim Wender in Les Pecheurs des Perles di Bizet, sotto la direzione musicale di Daniel Barenboim. È una frequente guest star nei più prestigiosi festival lirici tra cui Salisburgo, Baden-Baden, Aix-en-Provence e Pesaro, Chorégies d’Orange, dove le registrazioni video delle sue esibizioni nelle produzioni di Matilde di Shabran, Sigismondo e La Scala di Seta sono pubblicate in tutto il mondo rispettivamente su DECCA, Arthaus Musik e Opus Arte.Tra i recital un’esibizione sotto la Torre Eiffel per le celebrazioni del Giorno della Bastiglia per un pubblico in presenza di 600.000 persone e un pubblico televisivo internazionale di diversi milioni di spettatori.In Nord America, ha cantato Four Last Songs di Strauss al Kennedy Center di Washington DC con la National Symphony Orchestra. Lo stesso repertorio è stato presentato in una tournée in Cina con l’Orchestre Symphonique de Montréal e il Maestro Kent Nagano; la registrazione del concerto fatta a Nante viene regolarmente trasmessa su ARTE.
Nel 2018 ha tenuto il suo primo recital da solista al Teatro alla Scala di Milano, un grande successo. Olga Peretyatko è un’artista esclusiva di Sony Classical e ha appena pubblicato il suo quinto album The Secret Fauré, registrato insieme al tenore Benjamin Bruns e alla Sinfonieorchester Basel, con la direzione di Ivor Bolton. La sua ampia discografia comprende anche Russian Light (2017, OPUS Klassik Award 2018), che presenta alcune delle arie e canzoni più belle del repertorio russo; Rossini! (2015), premiato come miglior album solista dell’anno al rinomato ECHO Klassik, e gli album belcantisti La Bellezza del Canto (2011) e Arabesque (2013).Olga Peretyatko è nata e cresciuta a San Pietroburgo, in Russia, ha iniziato la sua carriera musicale cantando nel coro dei bambini del Teatro Mariinsky, ha poi studiato alla Hanns Eisler-Hochschule für Musik di Berlino e allo studio dell’opera dell’Opera di Stato di Amburgo.Continua a ricevere importanti riconoscimenti, tra cui l’alta distinzione del Premio Franco Abbiati della Critica Musicale Italiana.
Maria José Siri
Acclamata interprete delle più celebri eroine verdiane e pucciniane con un repertorio che spazia dal belcanto al verismo, Maria José Siri è considerata oggi tra più importanti soprani del panorama lirico internazionale. “Capace di un totale abbandono” con “acuti brillanti” (Neue Zürcher Zeitung) uniti a una “vocalità d’acciaio con lirismo e pathos” (The Financial Times) è considerata “interprete di massima referenza e non solo per la rigogliosa vocalità ma anche per un’emissione che ricorda idealmente il suono pieno e rotondo della Tebaldi” (Opera Áctual). Dopo aver interpretato Lucrezia Contarini, esaltando il drammatismo struggente dell’eroina verdiana nella nuova produzione de I due Foscari al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, ha incantato il pubblico austriaco del Musikverein di Graz cantando una incisiva Abigaille a fianco di Plácido Domingo come Nabucco. Interpretando questo ruolo con successo anche nella stagione dell’arena di Verona, dove si è esibita con ottimo riscontro anche in occasione del Gala Domingo in Verdi Opera Night, facendo il suo debutto nelle vesti di Lady Macbeth. Nata in Uruguay con radici italiane, Maria José si è avvicinata alla musica dall’età di cinque anni e ha iniziato gli studi vocali all’ENAL di Montevideo, perfezionandosi poi al Conservatorio di Parigi e quindi con la grande Ileana Cotrubas. Nel 2002 ha mosso i primi passi sui palcoscenici di Uruguay e Argentina approdando in Europa nel 2008 con Leonora ne’ Il trovatore al Teatro Carlo Felice di Genova. Da allora la sua carriera si è consolidata ed è in forte ascesa a partire dal 2016, quando ha inaugurato il Teatro alla Scala interpretando Madama Butterfly con grande successo di pubblico e di critica. Premiata nel 2017 con l’Oscar della Lirica. Alla Scala, dove aveva debuttato nel 2009 come Aida, è stata protagonista ancora di Aida (2015) e poi delle nuove produzioni di Francesca da Rimini (2018) e di Manon Lescaut (2019). Oltre ad un intenso rapporto con i principali Teatri italiani tra cui soprattutto il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Adriana Lecouvreur, Suor Angelica/Giorgetta, Abigaille, Lucrezia Contarini), Maria José Siri ha una collaborazione molto radicata con la Wiener Staatsoper (Maddalena di Coigny, Madama Butterfly, Elisabetta di Valois, Leonora, Tosca) e con i principali Teatri tedeschi: Staatsoper e Deutsche Oper di Berlino, Bayerische Staatsoper, Hamburgische Staatsoper, Semperoper Dresden. Molto presente anche in Belgio, all’Opera Royale de Wallonie e in Spagna, soprattutto al Gran Teatre del Liceu, all’ABAO e al Teatro Pérez Galdós. Acclamata dal New National Theatre di Tokyo al Festival di Savonlinna, ha fatto un trionfale ritorno anche in America Latina lo scorso aprile esibendosi in due serate di gala al Teatro Colón al fianco di Plácido Domingo.
Speciale il suo rapporto con l’Arena di Verona, città eletta anche a sua dimora, dove l’artista ha interpretato nel festival estivo, oltre a numerose serate di Gala, ruoli quali: donna Elvira, Nedda/Santuzza e Aida, ruolo di cui presto festeggerà la 150ª recita interpretato dall’Europa a Giappone sino al Brasile e persino davanti alle Piramidi di Giza. Sempre a Verona al Teatro Filarmonico ha interpretato Giorgetta.
Tra i ruoli di eroina più amati da Maria José Siri c’è la guerriera Odabella in Attila che ha debuttato al Teatro Comunale di Bologna (2016, DVD Cmajor) e poi affrontato al Teatro Regio di Parma (2018 e 2021), sempre con questo ruolo ha debuttato a luglio alla prestigiosa Royal Opera House di Londra.
Myrtò Papatanasiu
Dal suo trionfale debutto nel 2007 come Violetta (La Traviata) al Teatro dell’Opera di Roma, Myrtò Papatanasiu è tra i soprani più acclamati al mondo. La sua magnifica voce e la sua folgorante presenza scenica l’hanno consacrata come una cantante lirica internazionale unica nel suo genere.
L’ampio repertorio di Myrtò Papatanasiu spazia dalla musica rinascimentale e barocca (Monteverdi, Händel) a quella del XX secolo (Menotti, Scott Joplin), mostrando una grande versatilità.
Nell’interpretazione di Violetta, uno dei suoi ruoli principali, si è guadagnata un ampio consenso da parte della critica in diverse produzioni di spicco alla Bayerische Staatsoper, alla Wiener Staatsoper, al Teatro dell’Opera di Roma, alla Greek National Opera, alla Welsh National Opera di Cardiff e al Royal Danish Theatre di Copenhagen.
Tra i recenti impegni figurano anche: Don Giovanni (Donna Elvira) al Grand Théâtre di Ginevra e a Londra alla Ryal Opera House; Romeo et Juliette e La Bohème (Mimì) alla Greek National Opera di Atene; Scipione (Berenice) al Theater an der Wien; Simon Boccanegra (Amelia) al San Carlo di Napoli, Montpellier di Anversa e Lussemburgo; La Traviata a Tokyo; La Clemenza di Tito a Barcellona; Sheherazade di Ravel con i Bamberger Symphoniker.
Dopo l’acclamata Anna (Maometto II) di Rossini al Concertgebouw di Amsterdam, Donna Fiorilla (Il turco in Italia) al Teatro Carlo Felice di Genova e Giulia (La Scala di Seta) al Konzerthaus Wien, è stata celebrata per la sua eccezionale interpretazione di Semiramide (ruolo del titolo) al De Vlaamse Opera Antwerpen e al Festival di Edimburgo.
Affermatasi come grande interprete mozartiana, le interpretazioni più celebri di Myrtò Papatanasiu includono quelle di Sifare (Mitridate, Re di Ponto) al Théâtre Royal de la Monnaie, al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e all’Opéra de Dijon; Donna Anna (Don Giovanni) alla Wiener Staatsoper, al Theater an der Wien, al Teatro Carlo Felice di Genova, al De Nationale Opera di Amsterdam; Donna Elvira (Don Giovanni) alla San Diego Opera, al Mostly Mozart Festival di New York, al Gran Teatre del Liceu di Barcellona e al Grand Théâtre de Genève; Fiordiligi (Così fan tutte) al Palais Garnier di Parigi, all’Opera di Copenaghen, allo Staatstheater di Wiesbaden, alla De Vlaamse Opera di Antwerpen, all’Opera Nazionale Greca e al Teatro Filarmonico di Verona; Konstanze (Die Entführung aus dem Serail) alla Thessaloniki Concert Hall, Sandrina (La Finta Gardiniera) alla Greek National Opera.
Oggi è una delle artiste liriche più richieste e si esibisce nei principali teatri d’opera del mondo, tra cui Metropolitan Opera, Wiener Staatsoper, Deutsche Staatsoper Berlin, Bayerische Staatsoper, Opernhaus Zürich, Theater an der Wien, Opéra Nationale de Paris, Théâtre des Champs Élysées, Théâtre Royal de la Monnaie, Opéra de Monte-Carlo, San Diego Opera, The Dallas Opera e tanti altri ancora.
Ekaterina Bakanova
Cantante d’opera ed oratorio, nelle sue origini unisce le radici russe delle montagne degli Urali, Mednogorsk, e della pianura d’Ucraina, Melitopol, che è gemellata con Melito di Napoli in Italia. Ha studiato canto, pianoforte e fisarmonica.
Ha sviluppato la propria attività artistica in Europa e, in particolare, in Italia diventando Italiana di adozione. L’amore per l’Italia la ha portata a vivere in questa Nazione dove l’artista svolge l’attività promozionale della musica lirica e della cultura in generale. Artista è vincitrice di numerosi importanti concorsi, premi e riconoscimenti internazionali e nazionali:
Premio Internazionale Giuseppe Sciacca (Italia, 2021);
Nomina dalla parte di News REMINDER e Parlamento Europeo Ufficio Italia come Ambasciatrice della Cultura Italiana nel Mondo (Italia, 2020);
Il Remind Award, Premio Internazionale Buone Pratiche (Italia, 2020);
Il Premio TAOBUK del Festival Internazionale di Letteratura a Taormina per il contributo all’Arte e la Cultura (Italia, 2020);
È stata nominata come la migliore esordiente all’International Opera Awards di Londra (Italia, 2016);
Il Premio “Giulietta“come la migliore esordiente femminile del Festival dell’Arena di Verona (Italia, 2015);
Il 1° Premio al concorso di AsLiCo per il ruolo di Lucia di Lammermoor (Italia, 2012);
Il 2° Premio al Concorso Lirico Riccardo Zandonai a Riva del Garda (Italia, 2011);
Il Premio del Pubblico all’Hans Gabor Belvedere Competition di Vienna (Austria, 2011;)
Il 3° Premio al Concorso di Maria Caniglia, Sulmona (Italia, 2008);
“Triumph” Award (Russia, 2008);
Il 1° Premio al Concorso di Giuseppe di Stefano al Luglio Musicale Trapanese (Italia, 2007).
É ospite regolare dei maggiori teatri d’opera e collabora con i più prestigiosi direttori d’orchestra. Si è esibita in diverse occasioni con l’Orchestra Nazionale Sinfonica della RAI, sotto la direzione di Fabio Luisi, Steven Mercurio e Jurai Valcuha, con l’Ensemble Matheus, sotto la direzione di Jean-Christophe Spinosi, con Plácido Domingo, Mung Whung Chung, Dan Ettinger, Daniele Rustioni, Nello Santi, Daniele Callegari. É apparsa nelle produzioni di famosi registi come Mario Martone, Franco Zeffirelli, Achim Freyer, Calixto Bieito, Robert Carsen, Henning Brockhaus, Richard Eyre, Hugo de Ana, Renoud Doucet, Andrea de Rosa.
Dopo il suo debutto al Royal Opera House di Londra nelle vesti di Violetta Valery, Ekaterina Bakanova è stata esaltata dalla stampa per la sua raffinatezza interpretativa e da allora è stata chiamata nei più prestigiosi palcoscenici.
Andrea Edina Ulbrich
Laureatasi presso l’Accademia Ferenc Liszt di Budapest nel 1989 come insegnante di opera e oratorio, Andrea Edina Ulbrich ha vinto il Primo Premio al Concorso Internazionale di Canto Antonín Dvořák, al Concorso Internazionale di Musica di Vienna e ottiene il Grand Prix al Concorso BEL CANTO a Bruxelles.
È stata protagonista di spettacoli lirici e concertistici in numerosi teatri internazionali: ha cantato in Die Hochzeit des Camacho di Mendelssohn al Theatre de La Monnaie di Bruxelles e all’Opera Vlaanderen di Anversa, nonché in una produzione concertistica della Carmen di Bizet alla Konzerthaus di Vienna al fianco di Franco Bonisolli.
Nel 2005 ha cantato il ruolo di Adalgisa nella Norma di Bellini a Budapest. A Torino ha dato vita all’Amneris di Verdi in Aida, con regia di William Friedkin e diretta da Pinchas Steinberg. Ha poi cantato in Roberto Devereux di Donizetti al Müpa di Budapest, interpretando il ruolo di Sara al fianco di Edita Gruberova.
Ha interpretato per la prima volta la parte di Azucena ne Il trovatore di Verdi a Trieste nel 2009, per poi interpretare questo ruolo nuovamente alla Semperoper di Dresda sotto la direzione di Fabio Luisi, nonché all’Opera di Colonia e al Tokyo NNT nel 2011.
Ha ripreso il ruolo con Marcelo Álvarez sotto la direzione di Marco Armiliato e la direzione di Franco Zeffirelli all’Arena di Verona, dove negli anni successivi ha cantato più volte la parte di Fenena nel Nabucco, oltre alla parte di Amneris nell’Aida, con regia di De Bosio e diretto da Daniel Oren.
Ha nuovamente interpretato Azucena nel 2012 al Théâtre du Capitole di Tolosa e al Teatro Comunale di Bologna, per poi interpretare Amneris al Liceu Opera Barcelona.
Ha ripreso il ruolo in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Arena di Verona, il cui spettacolo è stato trasmesso in tutto il mondo in 3D. Nel 2014, ha debuttato nel ruolo di Erodiade nella Salome di Strauss all’Opera di Budapest, e nel ruolo di Gaea nel 2005 nell’esecuzione di Daphne di Strauss al Müpa Budapest, diretta da Zoltán Kocsis.
Nel 2016 si è esibita alla stagione GOG al Teatro Carlo Felice di Genova, accompagnata dalla Budapest Strings Chamber Orchestra. Nel 2018, ha cantato il ruolo principale di Edvige in Die Rheinnixen di Offenbach in una performance dell’Opera di Stato ungherese a Budapest. Nel 2019 si è esibita con l’accompagnamento del Quartetto della Scala alla Scala di Milano e in un concerto di gala all’Opéra de Nice.
Con lui gira infatti Sogni d’oro (1981), Bianca (1984) e, molti anni più tardi, La stanza del figlio (2001). Verso la metà degli anni Ottanta Laura Morante si trasferisce a Parigi, dove, grazie alla partecipazione a numerose produzioni televisive e cinematografiche, acquista ben presto una certa notorietà. Continua però a lavorare anche per registi e produzioni italiane.
Con Virzì nel film Ferie d’agosto, in un cast in cui figura tra gli altri anche Sabrina Ferilli, dimostra di non essere tagliata solo per ruoli drammatici.
Nel 2003 è Giulia, moglie tradita, madre frustrata e attrice senza grande talento nel film di Gabriele Muccino, Ricordati di me. La sua aria misteriosa e inquieta ha fatto sì che Pupi Avati la scegliesse come unica protagonista del suo nuovo film dalle ambientazioni gotiche Il nascondiglio. Sempre nel 2003 è tra i protagonisti della fiction televisiva Madre Teresa.
Conta anche una presenza nella serie tv italiana Boris, al decimo episodio della terza stagione. Nel 2009 ha ricevuto il Premio Federico Fellini 8 1/2 per l’eccellenza artistica al Bif&st di Bari. Nel 2010 torna a lavorare con Pupi Avati nel film Il figlio più piccolo. Nel 2012 debutta alla regia con Ciliegine, un film commedia italo-francese, opera prima, presentato in anteprima al Bif&st.
Nel 2018 il Centro Sperimentale di Cinematografia, in coedizione con Edizioni Sabinae, le dedica il volume monografico Laura Morante, in punta di piedi, a cura di Stefano Iachetti.
Valerio Borgioni
Valerio Borgioni è nato a Roma nel 1997.Ha studiato canto presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, sotto la guida del M° Claudio Di Segni.
Nell’aprile del 2016 ha vinto il concorso per giovani voci liriche indetto dal Ministero dei Beni Culturali italiano.
Nel 2018 ha frequentato l’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Comunale di Bologna. Nel marzo del 2018 ha debuttato nel ruolo di Alfredo ne La Traviata di Verdi presso Civitanova Marche. In aprile 2018 ha vinto la VIII edizione del concorso lirico internazionale “Anita Cerquetti”.
Nel maggio 2019 ha interpretato il personaggio di Rodolfo nella Bohème a Civitanova Marche. Nello stesso anno ha debuttato in Elisir d’Amore con la Fondazione Opera Domani, esibendosi in molte città italiane per 10 recite complessive. Nel 2020 ha vinto il concorso As.Li.Co e nell’ottobre dello stesso anno ha cantato in Werther,nel ruolo dell’omonimo protagonista, presso il Teatro di Como.
Nel marzo 2021 ha debuttato in Amico Fritz di Mascagni nel ruolo principale e in luglio ha cantato il ruolo di Rodrigo nell’opera La Donna del lago di Rossini presso The Sofia Opera&Ballet. Nel novembre dello stesso anno ha interpretato Rodolfo nella Boheme presso il Teatro di Como e Tonio in La Fille du Regiment presso il Teatro Lirico di Cagliari.
A marzo 2022 ha debuttato nel ruolo di Leicester in Maria Stuarda presso la Sydney Opera House; ed in aprile a Bari ha cantato Werther.
In questi giorni ha colto uno straordinario successo in Roberto Devereux di Donizetti, nel ruolo del titolo presso la Sydney Opera House.
A cura del Dott. Paolo Arigotti segue videointervista all’Avv. Gian Ettore Gassani e Daniela Cavallini
Amiche ed Amici carissimi, purtroppo il dramma delle truffe sentimentali è in forte espansione, pertanto l’obiettivo è prevenire il problema, individuando le caratteristiche del truffatore/trice con lo Psicologo – Dott. Roberto Cavaliere – e – a cura del Dott. Paolo Arigotti -, nella video intervista a seguire, esaminare le possibilità di difesa da parte dei truffati in ambito legale, con l’Avvocato Matrimonialista Gian Ettore Gassani – Presidente A.M.I
Gian Ettore Gassani
Daniela Cavallini:
Dott. Cavaliere, grazie per aver accettato di aiutare molte donne vittime di maschi inetti e mascalzoni, tracciando una sorta d’identikit del truffatore sentimentale, offrendo preziosi consigli per individuarlo prima di lasciarsi coinvolgere sentimentalmente
Dott. Roberto Cavaliere:
Sono sempre assolutamente disponibile ad aiutare le persone che soffrono di mal d’amore. Nel caso specifico, se possibile, lo sono ancor più perché si tratta di proteggere donne che, in funzione del loro vissuto, sono facilmente preda dell’illusione di essere amate.
Daniela Cavallini:
Tutti noi emettiamo segnali e, questo, è imprescindibile sia nel mondo reale che virtuale; pertanto le chiedo: quali sono i segnali emessi dalle donne che attraggono il truffatore?
Dott. Roberto Cavaliere:
Il segnale più esplicito in assoluto che il truffatore intercetta immediatamente è l’ostentazione della ricchezza, o comunque del benessere economico.
Molto spesso, un’innocente foto postata sul Social, nella quale la donna – magari abbracciando un’amica – mostra involontariamente gioielli preziosi… non passa inosservata. Così come il postare foto a bordo della propria auto lussuosa o nel salotto della bella casa o l’uscita dalle boutiques prestigiose con le mani colme di pacchi, immagini di viaggi costosi, ecc., contribuisce inconsapevolmente alla creazione dell’immagine di “preda” ideale.
Naturalmente questo vale anche nell’ambiente reale. Più si offre un’immagine “agiata” e più si corre il rischio di essere avvicinate da uomini che mirano ad essere mantenuti, in cambio di amore simulato.
Daniela Cavallini:
Se sensibilizzare le donne ad una maggiore attenzione nell’ostentare la propria ricchezza è più che condivisibile, è altrettanto vero che imporsi “lo spoglio dei beni”, soprattutto nelle frequentazioni “reali”, diviene un vincolo insopportabile. Tradotto: “avere le cose belle e non utilizzarle è come non averle”. Preferirei individuare con lei, Dott. Cavaliere, una strategia atta a caratterizzare questi individui. E’ possibile?
Dott. Roberto Cavaliere:
Sia nel mondo reale che virtuale, i segnali che palesa questo genere di persona riguardano ancora una volta l’ostentazione: in genere si presenta ben vestito, senza tralasciare lo sfoggio di status symbol come un orologio di marca prestigiosa, ed altri accessori costosi, consoni con l’immagine della sua “attività”. Molto probabilmente sia nel suo profilo Social, sia di persona, si definisce un libero professionista, non disdegnando di millantare una o più lauree; fa riferimento a ristoranti e locali esclusivi dei quali vanta l’assidua frequentazione, spesso postando foto sui Social, tuttavia omettendo ovviamente le puerili tecniche poste in atto per far pagare ad altri il conto o tradendosi nel bandire in più ricorrenze foto ricalcanti lo stesso evento. In quest’ultimo caso, è sufficiente allenare lo spirito d’osservazione…
Daniela Cavallini:
E’ pur vero che anche un uomo realmente abbiente e dotato di buone intenzioni, per avviare la conoscenza con una donna, conversa di argomenti “neutri”, come ad esempio, il lavoro di lei o i viaggi… Il confine mi pare labile…
Dott. Roberto Cavaliere:
Proprio perché, come lei dice, il confine può essere labile, è importante che la donna memorizzi le risposte dell’uomo e le verifichi. Ad esempio, se lui ha asserito di essere un libero professionista, si mostri interessata, chiedendogli con grazia discorsiva in quale settore, se ha uno studio proprio oppure una società. “Dove si trova il tuo ufficio?” è una domanda apparentemente “innocente”, tuttavia, la risposta è preziosa per verificare presso gli enti preposti – internet incluso – se, ad esempio, l’Avv. Pippo è iscritto all’albo, se in via Vattelapesca n.1 – Milano, esiste il suo studio legale. Idem nel caso di un imprenditore: il nome dell’azienda e la sede sono i due aspetti fondamentali per reperire altri dati, finalizzati alla reale conoscenza.
Se “qualcosa” si rivela in antitesi con quanto affermato dal presunto “Principe Azzurro”, è meglio approfondire silentemente le ricerche prima di lasciarsi coinvolgere sentimentalmente.
Daniela Cavallini:
Questi sono preziosi consigli finalizzati ai nuovi incontri. Ora ci restano altri due aspetti da affrontare: il momento in cui sorge il dubbio di essere state raggirate in coloro che, ignare, hanno creduto e ceduto alle false lusinghe e l’ultima fase, ovvero la scoperta che, per il malvagio, equivale allo smascheramento. Iniziamo con il considerare il dubbio…
Dott. Roberto Cavaliere:
Per chiarire ogni dubbio, ripropongo innanzitutto le verifiche già citate, cui aggiungo di prestare attenzione ai comportamenti : la prima volta che siete usciti a cena, ha offerto lui, tuttavia, la seconda e/o le successive… ops… ha dimenticato la carta di credito ed è sprovvisto di contanti; nel proseguo della frequentazione fare attenzione alle richieste economiche “indirette” del genere: “è un momento di crisi e purtroppo non posso acquistare abiti nuovi, affrontare la spesa della nuova auto e la mia sta diventando sempre più insicura“; “sono preoccupato perché un cliente che mi deve 150.000 euro non mi ha ancora pagato e mi trovo in serie difficoltà persino per pagare l’affitto di casa”. Ovvio che stia sondando la disponibilità della vittima ed obliquamente sollecitando la proposta di un “prestito”. Se non ottiene nulla, ripristina la teatralità che gli è propria, rivelandosi disperato.
A questo punto, consiglio alla vittima una risposta partecipativa, del genere “vediamo come posso esserti d’aiuto, fammi trovare una soluzione” e, nel frattempo velocizzare le verifiche in merito alla veridicità delle sue affermazioni.
Il rischio più grave che corre la donna è quello di lasciarsi trascinare dal suo stesso istinto di crocerossina: prodigarsi in suo aiuto nell’intento di legarlo a sé. Tuttavia lui – il truffatore – ha già pianificato la sua via d’uscita: ottenuto il suo scopo, improvvisamente sparirà!
Le tattiche sono varie, oltre alla sparizione in altra città con relativo cambio di numero telefonico, ecc., il truffatore potrebbe strumentalizzare una mancanza minima di lei, la vittima, nei suoi confronti. Potrebbe pertanto inscenare la commedia accusatoria, derivabile magari da un’espressione fuori luogo di lei, per aggredirla e dichiararsi così irrimediabilmente offeso e… sparire. Il finale è sempre lo stesso: la sparizione. Nei casi peggiori, il truffatore, che nel frattempo sta mietendo già altre vittime, potrebbe ricattare, minacciare e calunniare la sua vittima, impersonando egli stesso il ruolo di vittima.
Desidero ultimare l’aspetto descrittivo del truffatore, precisando che esistono due differenti tipologie di truffe sentimentali, sebbene le caratteristiche siano comunque accumunabili e non incompatibili fra loro: la truffa finalizzata esclusivamente all’aspetto economico – di cui abbiamo lungamente parlato e la truffa “in senso lato”. Mi spiego: nella truffa sentimentale “in senso lato”, tende a prevalere nel truffatore una componente narcisistica dove è insito uno sfruttamento psicologico per accrescere il suo ego. Un esempio lo riscontriamo nel suo desiderio spropositato di voler apparire in pubblico, ovviamente in ambienti eleganti, al fianco della vittima “prestigiosa”. Una sorta di messaggio del genere “se mi ama lei, sono irresistibile”.
Daniela Cavallini:
Dopo la sua più che esauriente descrizione, non mi resta che chiederle come superare una tale delusione.
Dott. Roberto Cavaliere:
Innanzitutto, a costo di apparire monotono, mi lasci ripetere di fare la massima attenzione a tutte le richieste sia di carattere economico che di frequentazione in pubblico: entrambe mirano a trarne vantaggi personali.
Detto questo, scoperta la truffa è innegabile che la donna si trovi a vivere un doppio lutto: la perdita del suo amore e la truffa subita. Dopo essersi concessa il tempo per superare la fase emotiva del lutto, è necessario che affronti la fase razionale, analizzando, senza colpevolizzarsi, quanto accaduto. E’ fondamentale comprendere quale parte di lei il truffatore ha agganciato e modificare gli atteggiamenti espositivi iniziali. Questo percorso non è sempre “autogestibile”, spesso necessita di un appropriato supporto terapeutico. Spero di essere stato d’aiuto.
Daniela Cavallini:
Dott. Cavaliere, sono sicura che questa intervista farà riflettere molte donne. Grazie!
Proseguiamo l’esauriente descrizione esposta dallo Psicologo – Dott. Roberto Cavaliere con la videointervista a cura del Dott. Paolo Arigotti all’Avv. Matrimonialista Gian Ettore Gassani e la sottoscritta.
4 chiacchiere con Daniela Cavallini e Gian Ettore Gassani – Le truffe sentimentali
Il libro sul fenomeno dei Big Data e sugli effetti della globalizzazione scritto da Angelo Deiana e Carmelo Cutuli sarà presentato il 21 marzo alla sala stampa della Camera dei Deputati
“The World To Come”, il nuovo libro di Angelo Deiana e Carmelo Cutuli, con la prefazione di Roberto Menotti per Giacovelli Internationals, sarà presentato in conferenza stampa alla Camera dei deputati martedì 21 marzo alle ore 16.00.
L’opera affronta in modo rigoroso, ed al contempo accattivante, il tema della globalizzazione studiandone l’impatto sulla nostra vita quotidiana. Gli autori ci conducono in un viaggio che parte dalle origini del fenomeno fino a giungere ai suoi possibili sviluppi futuri, mettendone in evidenza gli aspetti più significativi e le implicazioni sulla società e sull’individuo. Attraverso una dettagliata analisi, il libro evidenzia i fenomeni che negli ultimi decenni hanno caratterizzato il mondo “globalizzato”, esplicitando i rischi e le opportunità che si pongono oggi all’umanità, attraverso una riflessione su temi cruciali (sviluppo tecnologico, cambiamento continuo, resilienza economica) e sui possibili scenari futuri.
“Questo libro – ha dichiarato Angelo Deiana, Presidente di CONFASSOCIAZIONI – vuole essere uno strumento utile a stimolare le persone e le organizzazioni nella gestione del cambiamento in modo responsabile così da avere un buon approccio verso il futuro. In sintesi, è una guida, coerente ed accessibile anche a chi non ha una conoscenza approfondita del tema, costruita per governare, e non subire, le innovazioni che stanno trasformando il mondo in modo rapido ed inesorabile. Guardiamo ad esempio quanta influenza IA e Big Data stanno avendo nelle nostre vite e nell’economia mondiale e come i dati stiano diventando un asset critico nel Mondo 5.0 e stiano indirizzando, già oggi, l’economia mondiale prossima ventura”.
“In 30 anni di Internet – ha affermato Carmelo Cutuli, Presidente Confassociazioni Sud Italia – abbiamo affrontato tre grandi crisi economiche e un’accelerazione della globalizzazione. La sfida attuale è adattarsi ai cambiamenti repentini, tenendo conto delle differenze tra tecnologia e biologia. Attraverso questo lavoro, ci proponiamo di apportare il nostro contributo al dibattito internazionale su questioni cruciali che interessano la società in questa nuova e velocissima fase della globalizzazione”.
“La globalizzazione ha avuto un impatto notevole sulla nostra vita quotidiana – ha evidenziato Gianni Lattanzio, Presidente di Confassociazioni International -. L’ausilio che può dare il libro “The World To Come”, a mio avviso una guida vera e propria, ci permette di gestire le innovazioni che si avvicendano nei nostri giorni. Tutto, oggi, è opportunità così come tutto è sfida, dipende dalla consapevolezza che ognuno di noi ha nel saper gestire i processi innovativi”.
“Le meraviglie tecnologiche che spesso diamo per scontate – ha proseguito Roberto Menotti, Senior Advisor – International Activities di Aspen Institute Italia ed Editor-in-Chief di Aspenia online e autore della prefazione di The World To Come – non sono miracoli insondabili, né devono spaventarci come se fossero creazioni di geni del male: sono il risultato di una lunga successione di piccoli passi, come complessità che si costruisce su complessità. La tecnologia è uno dei figli della creatività, come l’arte e la filosofia”.
“Il nostro – ha concluso il Presidente di CONFASSOCIAZIONI Angelo Deiana – che amiamo definire libro-piattaforma vuole contribuire al dibattito internazionale sui cambiamenti epocali che stanno avvenendo nel mondo. Non si tratta di una semplice istantanea dello Zeitgest, quanto di una prospettiva multidisciplinare, complessiva ed equilibrata del mondo che stiamo vivendo e, soprattutto, di quello che verrà”.
Ti prometto il giro del mondo di Fabio Bo fa conoscere molte realtà, come l’amarezza, le incomprensioni e le discriminazioni. È un romanzo che entra in modo dirompente nella quotidianità del lettore, facendogli conoscere l’amore tra Thomas e Fabrizio, ma anche il doloroso incontro tra Emilio e Dario. Ti prometto il giro del mondo è una porta aperta su luoghi come la claustrofobica e invernale Friburgo, la primaverile Parigi e l’edonista Sardegna in piena estate
Come definirebbe “Ti prometto il giro del mondo” in suo nuovo romanzo: Se dovessi definire “Ti prometto il giro del mondo” in una frase, direi che si tratta di un “giallo dei sentimenti” nel quale si avvicendano diversi stati d’animo, gli inganni del tempo e i capricci del destino, una serie di enigmi che a poco a poco affiorano gettando una luce inattesa e sinistra sul passato.
Cosa ha amato maggiormente durante la scrittura del romanzo. Durante la stesura del romanzo, come spesso succede, i personaggi e le situazioni si trasformano rispetto alla “scaletta” iniziale: accettare i cambiamenti naturali dettati dalle “illuminazioni” improvvise o dalle folgorazioni viscerali costa fatica ma, per la mia personale esperienza, dà ottimi risultarti e spesso fornisce soluzioni migliori.
C’è una scrittrice, un poeta o uno scrittore che considera il suo mentore? Domande difficile, ci sono tante scrittrici: le scrittrici scrivono col corpo e con l’anima. Ma le ripeto, rispondere a questo tipo di domanda mi risulta sempre difficile, come quando mi si chiedeva, quando mi occupavo di cinema, stilare una lista dei dieci, venti, cento film che mi avevano cambiato la vita. Impossibile catalogare, stilare una lista.
Cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera dello scrittore? In realtà non ho mai considerato la scrittura una carriera, anche se per anni ho svolto la professione di giornalista: ho cominciato presto a lavorare, all’età di vent’anni e, dopo la consueta gavetta, mi sono “specializzato” come critico cinematografico presso varie testate tra le quali “Il Messaggero” e Radio Uno dove ho tenuto (e condotto) una rubrica di spettacolo. Più in là mi sono occupato di rassegne e festival, scritto saggi, collaborato con la Mostra del Cinema d’Arte Cinematografica di Venezia. Ma dentro di me ho sempre covato il desiderio di scrivere (cinema e letteratura sono sempre state le mie “arti” preferite che procedevano sempre in parallelo, indissolubili).
Prossimi romanzi? Ne ho molti ancora inediti. Il “passo” letterario del racconto mi piace molto e al momento mi guardo indietro, nella mia magnifica ossessione. Posso solo dire che ogni tanto scrivo o abbozzo racconti, come allenamento, ma preferisco non parlarne per il momento
Serena Derea Squanquerillo Intervista Andrea Giostra
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Mio padre non ha fatto nulla di insolito. Ha fatto solo ciò che i papà dovrebbero fare: essere lì.
(Max Lucado)
Mio padre era lì negli infiniti silenzi che raccontavano la sua immensa saggezza, la grandezza di un uomo capace di affrontare la vita con l’unica cosa che non ha mai abbandonato fino al suo ultimo respiro – Il coraggio. Un uomo che aveva capito quanto subdola potesse essere la paura e ancora più mendace e pericoloso fosse arrendersi all’oblio – perché vivere è il percorso durante il viaggio, magari all’interno di un vagone affollato dove a volte non si riesce a godere nemmeno del panorama che scorre fuori – in piedi – dignitosamente fino alla meta, contenti di avere avuto la fortuna di salire sul treno. È nel coraggio che mio padre ha edificato il suo cammino terreno, e su quel treno dove ha sempre viaggiato in piedi è riuscito a godere di panorami bellissimi regalando a chi lo amava la potenza di una visione che attraversa gli angoli duri e appuntiti di un’esistenza difficile – levigando con pazienza – costanza e intenzione ogni spigolo… perché tutto ciò che è scritto debba succedere – prima o poi succede.
Nella giornata in cui si celebra il Papà, voglio ricordare mio padre scomparso il 4 giugno del 2020, dedicandogli un articolo sulla sua amata terra – Stilo – Borgo in provincia di Reggio Calabria considerato uno dei più belli d’Italia. Un posto suggestivo situato ai piedi del monte Consolino arroccato sulla fiumara e con una vista mozzafiato sul mare Ionio. Stilo è uno di quei paesi dove ogni singola pietra testimonia millenni di storia, lotte, insediamenti, colonizzazioni che l’intera area geografica ha subito nei secoli.
La nascita di Stilo è avvolta da diverse leggende che ci tramandano il passato di un popolo pacifico intento a trovar riparo dalle continue molestie e insediamenti di feroci saccheggiatori, combattuti con astuzia – solerzia e coraggio tipico dei popoli che hanno in sé l’amore verso la terra natale – quella che tra il fitto sottobosco delle Serre – i gatti selvatici – gli agrifogli – l’acqua cristallina delle sorgenti – la vastità del mare, disegna l’anima fiera di ogni singolo calabrese – preziosa quanto inespugnabile – da difendere a qualsiasi costo.
Si narra che in un’epoca non precisata i Turchi arrivati in marina avessero tentato più volte l’assalto e alla fine rendendosi conto che la conquista con le armi non fosse possibile tentarono di fare arrendere gli stilesi per fame: si accamparono fuori le mura di cinta lanciando in modo continuo frecce e pietre costringendo la gente del posto a non poter fare altro se non difendersi. Successe che una mattina mentre gli uomini che sorvegliavano ed erano ai posti di combattimento mentre le donne rimanevano chiuse nelle case, un giovane guerriero bussò a ogni porta ordinando a tutte le puerpere di non allattare per un giorno i loro bambini e raccogliere tutto il latte in un recipiente di rame. Il giovane guerriero con tutto il latte raccolto preparò polpette di ricotta che iniziò a lanciare sull’accampamento del nemico. Alla vista del cibo, i Turchi pensarono che se gli abitanti del posto potessero permettersi il lusso di sprecare cibo, sicuramente avrebbero resistito ancora molto tempo all’assedio, perciò decisero la ritirata.
Il popolo stilese dopo quel giorno cercò invano il giovane che attraverso le sue gesta li aveva salvati, ma non lo trovarono così pensarono che quel miracoloso aiuto fosse arrivato dal cielo e quel guerriero non fosse altro che San Giorgio. Da quel momento San Giorgio venne proclamato il Santo protettore del paese.
Stilo è uno di quei posti dove il calore del sole sembra fondersi nei sorrisi della gente – confortevole culla per quelle anime in cerca di rifugio dal vivere caotico di città grigie che a volte sembrano portarsi via il respiro. Attraversare il paese a piedi vuol dire regalarsi un viaggio nel tempo ammirando gli incanti architettonici frutto delle innumerevoli invasioni storiche – Normanne, Sveve, Angioine, Aragonesi e Borboniche.
La fontana Gebbia di evidente influenza araba – la chiesa rinascimentale di San Francesco ricostruita in stile barocco dopo il terremoto del 1783 dove entrando si rimane affascinati e quasi storditi quando davanti gli occhi appare un magnifico altare in legno settecentesco con la pala della Madonna del Borgo: posso assicurarvi che in ogni millimetro scolpito di quel legno si percepisce nettamente la grandezza divina. Dirimpetto la chiesa – nella Piazza – la statua in Bronzo omaggio allo stilese Tommaso Campanella – teologo, filosofo, poeta e frate domenicano. Preferisco non aprire una parentesi su quello che io considero un illuminato, poiché descrivere la grandezza di questo essere umano in poche righe, mi sembrerebbe quasi sminuire la forza e il valore di un’intelligenza sublime capace di pensieri rivoluzionari, voglio citare due soli titoli a manifesto di una mente così straordinariamente libera: “Città del Sole” e “Apologia pro Galileo” …cercate – ovunque… e troverete.
Tommaso Campanella
Sono molte le bellezze da ammirare a Stilo ma io voglio soffermare la mia attenzione su una in particolare e su un affresco che si trova all’interno di una Chiesa riconosciuta da tutti i critici d’arte un’opera UNICA come costruzione ed equilibrio architettonico – La CATTOLICA.
La Cattolica
La Cattolica di Stilo è un piccolo gioiello bizantino – una chiesa a pianta centrale di forma quadrata che ha come tetto cinque piccole cupole. Dal 2006 entrata nell’elenco dei candidati a diventare siti patrimonio dell’umanità nella lista UNESCO. Questa meravigliosa opera è stata costruita con muratura in mattoni di provenienza dalle botteghe romane del III secolo D.C. – l’archeologo Francesco Cuteri infatti, reperì nella parete occidentale esterna della muratura, un mattone con un marchio che riferiva tale appartenenza. Probabilmente i mattoni provenivano da una villa romana dell’allora contrata Maddaloni (Stilo), riutilizzati successivamente per la costruzione del tempio.
L’interno della chiesa è suddiviso in nove parti da quattro colonne, l’area centrale e gli angoli sono coperte da cupole che si innalzano su colonne dello stesso diametro – la cupola centrale è più alta anche se di poco e ha un diametro maggiore delle altre. Sulla parte orientale sono presenti tre absidi.
Entrare all’interno di questo capolavoro bizantino è come trovarsi nel mezzo di un viaggio catàrtico dove a ogni passo del percorso l’anima sembra elevarsi a un gradino superiore e ogni frammento di oscurità pare dissolversi in quello spazio di luci che salgono verso l’alto e nel silenzio sacrale mostrano a l’uomo la grandezza divina. Non a caso appena entrati – sulla prima colonna a destra si ammira una croce scolpita probabilmente dai Cavalieri Templari dove appare la scritta: “Deus Dominus nobis apparuit” (Il Signore Dio apparve a noi).
Diversi sono i resti degli affreschi sulle pareti ma io voglio parlare di uno in particolare che ritengo essere di una bellezza e spiritualità tanto grande quanto significativa per ciò che rappresenta – la morte di Maria – Dormitio Virginis. Nel dipinto che nel 2017 alcuni studiosi scoprirono essere datato 1552 viene raffigurata la Vergine Maria sul letto di morte circondata dagli apostoli, Cristo in alto al centro della scena dentro una mandorla che rappresenta la fedeltà – in braccio a Dio un bambino in fasce che sta a indicare l’anima di Maria circondata dagli angeli che la accolgono. In basso un angelo che mozza le mani a un ateo che cerca di lanciarsi sul corpo inerme della Vergine.
Dormitio Virginis
Guardando questo affresco si viene colpiti immediatamente dall’immagine della Madonna, dal quel drappo di stoffa azzurra che veste ciò che rimane della vita terrena – la materia. Il volto rilassato le mani incrociate. Maria finisce il suo percorso terreno fatto di gioie, dolori, d’amore, un trapasso in cui da madre di Dio rinasce madre di ogni essere vivente e quel mantello azzurro che sembra incorniciarle il volto con delicati drappeggi – scendendo ne scoprono il candore portando la sua anima all’origine… la luce. Gli apostoli sono lì, che osservano il momento in cui lo spirito sale e il cuore ricomincia a battere nel regno dove il vento si fa energia e percorre l’universo colmandolo d’amore.
Mio padre se n’è andato tra gli sguardi scossi di chi lo amava – non un lamento – nessuna lacrima – è tornato luce lasciando il corpo nel modo in cui ha sempre vissuto… dignitosamente. Aveva sedici anni quando dalla sua amata Calabria arrivò a Roma con la speranza e l’intenzione di piantare le sue radici nella terra le cui pietre di un grande Impero aveva ammirato sul monte Consolino – sognando una vita migliore nello splendore della città eterna. Niente fu semplice, ma capì quanto fosse importante dopo ogni sconfitta raccogliere i pezzi e rialzarsi – da solo – senza l’aiuto di nessuno, perché è così che si rinforzano le fondamenta capaci di resiste anche al più distruttivo dei terremoti. E quelle fondamenta tanto solide – le radici profonde di quel popolo calabrese che guardava in faccia il nemico senza abbassare il capo, sono affondate in una terra dove il sole sorge e tramonta su ciò che resta della magnificenza di un Impero capace di conquistare il mondo, e tutto è ancora qui – dentro il mio sangue che conserva con orgoglio i princìpi attraverso cui mio padre ha fatto crescere me e le mie sorelle. Non si è mai pronti alla morte di una persona che amiamo, il distacco dalla materia è più difficile per chi resta che per chi va…ma papà mi accarezza ancora, e ogni volta che lo cerco è qui a darmi quel bacio sulla fronte che mi dava ogni mattina quando ero bambina – prima di andare a lavorare. Riesco a sentire il suo profumo e la tenerezza di quel gesto che mi faceva sentire protetta e che ancora oggi ricordando – mi rende invincibile.
Caro Papà,
voglio immaginarti circondato dagli angeli – in quella mandorla – dove nessuna cosa può farti più male. A passeggio tra le nuvole mentre ogni tanto tiri fuori dalla giacca qualche ricordo e poi ci soffi sopra così che il vento attraversi l’arcobaleno e giunga a me per viverti ripensando a quei momenti. Desidero celebrarti oggi restituendoti immensa gratitudine usando le stesse parole che ti ho sentito pronunciare prima che calasse il silenzio – quando con un filo di voce mi hai guardata e hai detto: “Grazie di tutto”.
Auguri papà, grazie di tutto. Sono certa che nelle mie prossime vite ci rincontreremo e io ti riconoscerò perché nulla muore…soprattutto l’amore. Adesso e sempre TI AMO.
«Muore il pane e si fa chilo, questo muore e si fa sangue, poi il sangue muore e si fa carne, nervi, ossa, spirito, seme e patisce varie morti e vite, dolori e piaceri».
L’allestimento del capolavoro di Bellini, in prima rappresentazione assoluta, è firmato dalla regista Stefania Bonfadelli e diretto da Pier Giorgio Morandi. Protagonisti Francesca Dotto, Veronica Simeoni, Stefan Pop e Nicola Ulivieri. In scena dal 18 al 23 marzo al Comunale Nouveau in Fiera
Nel centenario della nascita di Maria Callas, il Teatro Comunale di Bologna sceglie di celebrare il leggendario soprano proponendo uno dei titoli più identificativi e rappresentativi della sua carriera: Norma di Vincenzo Bellini, su libretto di Felice Romani tratto dalla tragedia Norma, ou L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet. Lo spettacolo, diretto da Pier Giorgio Morandi e firmato dalla regista Stefania Bonfadelli, è proposto in prima rappresentazione assoluta al Comunale Nouveau di Piazza della Costituzione 4/a in un allestimento inedito, co-prodotto con il Teatro Carlo Felice di Genova, da sabato 18 marzo ore 20.00 e in replica fino al 23 marzo. Le scene dello spettacolo sono firmate da Serena Rocco, i costumi da Valeria Donata Bettella, le luci da Daniele Naldi e i movimenti coreografici da Ran Arthur Braun.
Protagonista nel ruolo del titolo è Francesca Dotto, che debutta al Comunale, mentre il mezzosoprano Veronica Simeoni interpreta Adalgisa, il tenore Stefan Pop veste i panni di Pollione e il basso Nicola Ulivieri quelli di Oroveso. Si alternano con loro rispettivamente nelle diverse recite Martina Gresia, Caterina Dellaere e Aya Wakizono, Mikheil Sheshaberidze e Vladimir Sazdovski. Completano il cast Benedetta Mazzetto (Clotilde) e Paolo Antognetti (Flavio).
Dopo la carriera nel canto lirico, che l’ha vista anche sul palcoscenico del Comunale in titoli come La fille du régiment di Donizetti e Le comte Ory di Rossini, dal 2016 Stefania Bonfadelli si è imposta sulle scene come regista curando produzioni operistiche e di prosa, tra cui la regia del lavoro teatrale Maria Callas – Master Class di Terrence McNally, dedicato alla “divina” a quarant’anni dalla morte. La sua visione della tragedia Norma, con cui debutta nelle vesti di regista al TCBO, muove dalla «presenza pulsante della guerra tra Galli e Romani». «La presenza della guerra – dice infatti Bonfadelli – evocata continuamente e quasi ossessivamente, in una dimensione collettiva dal coro e come vendetta privata dalla protagonista, è il cardine che, in un certo senso, nobilita il racconto. La ferocia odiosa dell’invasore e la resistenza eroica dell’invaso portano a un “furor animae” che allontana la vicenda dal racconto del mero triangolo amoroso. Norma – prosegue la regista – è animata da un profondo desiderio di pace, ben chiaro in “Casta diva”. Ed è questo bisogno che probabilmente l’ha spinta nelle braccia del nemico, e che la porta a un sentimento di solidarietà con la propria rivale e la muove perfino a tradire e a mentire per placare il suo popolo. Un desiderio di pace che la frena dall’essere assassina dei suoi stessi figli, evitandole di compiere il delitto più orrendo e più inspiegabile».
Alla guida dell’Orchestra e del Coro del Comunale, istruito da Gea Garatti Ansini, il direttore d’orchestra Pier Giorgio Morandi, Direttore principale onorario del Teatro Nazionale Croato a Zagabria, già impegnato recentemente sul podio bolognese per Il barbiere di Siviglia nella Stagione 2021.
Terminata da Bellini nel novembre del 1831, rifacendosi al soggetto tragico di Soumet applaudito nella primavera di quell’anno al Théâtre de l’Odéon di Parigi, Norma fu rappresentata per la prima volta alla Scala il 26 dicembre per l’inaugurazione del Carnevale, ma non ottenne il successo della precedente Sonnambula, anzi: fu un fiasco. L’opera, però, acquisì repentinamente consensi, entrando a pieno titolo tra i lavori più amati e apprezzati del compositore siciliano. Fondamentale, per il successo e la fama che Norma continuò ad avere nel Novecento, anche il contributo di Maria Callas, con la sua iconica interpretazione del ruolo della protagonista.
Presenting partner dello spettacolo è Rekeep. «Il nostro impegno al fianco di una delle più importanti istituzioni culturali bolognesi non poteva mancare in questa importante stagione in cui il Teatro affronta la sfida dei nuovi spazi del Comunale Nouveau in attesa della ristrutturazione della storica sede di Piazza Verdi – commenta Claudio Levorato, Presidente del Gruppo Rekeep –. E oggi siamo particolarmente entusiasti di poter rendere esplicito il nostro sostegno come presenting partner di Norma, un titolo che, forse proprio per la storica interpretazione di Maria Callas, è tra le opere più note anche tra il pubblico tradizionalmente meno vicino alla lirica. Ci piace pensare che le recite dei prossimi giorni, grazie a un titolo ‘popolare’, possano essere l’occasione per attrarre nuovi spettatori sostanziando ulteriormente quell’intento ‘divulgativo’ che caratterizza da sempre la nostra collaborazione con il Teatro Comunale».
Le recite saranno precedute – circa 45 minuti prima dell’inizio – da una breve presentazione dell’opera nel Foyer del Comunale Nouveau.
I biglietti – da 20 a 160 euro – sono in vendita online tramite Vivaticket e presso la biglietteria del Teatro Comunale, aperta dal martedì al venerdì dalle 12 alle 18, il sabato dalle 11 alle 15 (Largo Respighi, 1); nei giorni di spettacolo al Comunale Nouveau (Piazza della Costituzione, 4/a) da un’ora prima e fino a 15 minuti dopo l’inizio. Info: www.tcbo.it / https://www.tcbo.it/eventi/norma/
Il Teatro Comunale di Bologna renderà ulteriormente omaggio a Maria Callas con una mostra a lei dedicata nel foyer del Comunale Nouveau, che verrà inaugurata sabato 18 marzo alle 11.30 con l’incontro dal titolo “Salotto Callas”, alla presenza di Giovanna Lomazzi, amica intima della grande cantante. In quella occasione, Lomazzi racconterà al pubblico aneddoti legati in particolare alla vita della “Divina” lontano dai riflettori e presenterà la mostra che svela fotografie inedite appartenenti al suo album privato, oltre a documenti dell’epoca dell’artista quali ritagli di giornale o lettere personali. Saranno inoltre esposti due abiti, che riproducono i costumi di scena che Maria Callas indossò nella produzione di Norma del 1964 all’Opéra Garnier per l’Opéra National de Paris. Il “Salotto Callas” è a ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili. La mostra sarà fruibile dagli spettatori dell’opera in occasione di tutte le recite di Norma. https://www.tcbo.it/eventi/salotto-callas/
STAGIONE D’OPERA 2023 DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
NORMA
Tragedia in due atti su libretto di Felice Romani tratto dalla tragedia Norma, ou L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet
Musica di Vincenzo Bellini
Direttore Pier Giorgio Morandi
Regia Stefania Bonfadelli
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Scene Serena Rocco
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Daniele Naldi
Coreografia Ran Arthur Braun
Assistente alla regia Carmelo Alù
Assistente ai costumi Donato Didonna
Personaggi e interpreti
Pollione Stefan Pop (18, 21, 23 marzo) / Mikheil Sheshaberidze (19, 22 marzo)
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