“Hai ottenuto questo lavoro solo grazie a chissà quali favori”.
Questa è una delle frasi tipiche – forse più ricorrenti se il lavoratore è donna -, fatte alla persona che subisce il MOBBING.
Ma cosa è il mobbing? Mobbing è un’espressione inglese derivante dal verbo “to mob” che vuol dire “aggredire”: indica essere perseguitati, aggrediti e offesi in modo costante da “superiori”: mobbing verticale discendente (può essere messo in atto anche da un subordinato verso un superiore, in quel caso si parla di mobbing ascendente …probabilmente meno frequente) o da colleghi della stessa scala gerarchica: mobbing orizzontale.
Il mobbing verticale discendente, in qualsiasi ambito lavorativo si manifesti, equivale a un abuso di potere di un superiore -può essere anche il datore di lavoro- che manifesta verso il soggetto a cui rivolge il comportamento illegittimo, una serie di atti denigratori e persecutori – volontari- affinché il “subalterno” patisca disagio e venga ostacolato nelle sue mansioni, limitandone il più delle volte l’opportunità di avanzamento professionale.
Chi subisce il mobbing verticale, si trova spesso a veder sminuito il proprio esercizio – anche di fronte a colleghi –. In alcuni casi il dipendente preso di mira, viene declassato nelle sue funzioni, affrontando perciò anche la riduzione (a volte ingente) dello stipendio. Il soggetto che affronta l’ingiustizia, manifesta spesso problemi di stress anche seri. Nelle storie di mobbing non è raro tra le vittime, il pensiero costante di cambiare lavoro e la comparsa di attacchi di panico unitamente alla depressione.
Nel mobbing orizzontale l’atteggiamento vessatorio arriva da uncollega o più persone. In questo caso gli atti persecutori (a mio avviso) sono peggiori, poiché al di là delle mansioni che si svolgono in uno specifico contesto di impiego subordinato, ogni singolo lavoratore dovrebbe svolgere le sue funzioni, preoccupandosi in primis di adempiere al meglio il suo lavoro e “a limite”, dopo, orientare lo sguardo verso le attività altrui –sicuramente per aiutare e non per demolire-. Purtroppo i tanti casi di mobbing orizzontale proiettano ogni giorno, immagini di situazioni in cui le alleanze tra esseri umani non esistono. Infatti, nel caso in cui si è testimoni di atti persecutori ai danni di colleghi, si tende a tacere. L’indifferenza e l’atteggiamento minimizzante sono i comportamenti più utilizzati. In alcuni casi, si rimprovera il compagno di lavoro additandolo come soggetto affetto da manie di persecuzione. In altre situazioni – le peggiori – pur di non perdere la fiducia del datore di lavoro, si spalleggia l’atteggiamento discriminatorio, contribuendo a screditare con ogni mezzo il collega.
Perché? La mia riflessione su certe situazioni è un pensiero che parte e finisce in un’unica direzione: RISPETTO.
Cos’è il rispetto? È quel sentimento che identifica un’etica per cui ciò che è bene per se stessi probabilmente lo è anche per gli altri. Ma se nella personale concezione di “morale”, umiliare il prossimo equivale a bene o normalità, e se poi si subisce la stessa umiliazione quello è male, allora è necessario fare un po’ di autocritica.
Quando si offre il proprio servizio e tempo in un ambito lavorativo, qualsiasi sia il ruolo che si ricopre in quel contesto, si ha il dovere morale e civile di lavorare affinché tutto funzioni bene per tutti!
Il capo di una grande Azienda è grande quando si comporta da leader non da padrone. Un collega che ambisce a essere leader, non scredita il lavoro degli altri, non sparla, non trama alle spalle. Riconosce e si batte per veder riconosciuti i meriti dei colleghi. La competizione non deve essere una gara all’ultimo sangue, ma un superamento di ostacoli in cui ognuno avanza mettendosi alla prova, senza fare sgambetti! Ogni volta che un lavoratore viene vessato, ogni volta che per continuare a lavorare deve far leva sul suo istinto di sopravvivenza anziché sulle sue capacità, la civiltà regredisce.
Namasté
Franca Spagnolo