– Il tuo viaggio fra architettura e natura si amplia con questo terzo volume dove affronti un concetto carico di significati. Parlaci della tua emozione più completa quando da uno spazio davanti a te intuisci il progetto creativo che si affaccia alla tua mente.
Beh questa è una domanda veramente interessante, non me l’ha mai fatta nessuno ma è molto importante per me perché proprio nel sottotitolo la composizione dello spazio – che per me nei miei testi non è mai indifferente – è importante capire quanto sia necessaria questa composizione e quanto avviene proprio nella mia intuizione al cospetto della natura, al cospetto dello spazio che vado a progettare anche nella mia libera professione oltre che negli scritti, nelle poesie e nei libri che riguardano la relazione tra architettura e natura.
Però sicuramente diciamo che io ho una visione quasi fotografica dello spazio cioè nel momento in cui io osservo uno spazio, un territorio, una topografia, un particolare di questo paesaggio sicuramente lo trasformo già, cioè ci penso nell’introduzione magari di alcuni elementi piuttosto che giardini, cerco di ottimizzare quello che c’è per ampliarlo. Faccio un esempio se vedo un gruppetto di alberi magari cerco di renderlo più forte e renderlo più dilatato, di allungarlo, di ampliarlo e di farlo diventare un boschetto, oppure così anche per l’acqua come per i colori. Questo è quello che avviene anche nello scrivere le mie poesie, in qualche modo io mi fermo, come se la mia riflessione sia una riflessione proprio emotiva, istintiva. Però credo sia anche in parte una deformazione professionale. Questo perché in effetti quando noi andiamo a disegnare e schizzare un primo abbozzo di progetto, una prima idea, sicuramente mettiamo con molta velocità e a mano libera dei presupposti che poi saranno sviluppati come anche nei testi ovviamente. Quindi la mia professione o comunque il fatto che io mi occupi anche di architettura del paesaggio sicuramente mi ha consentito di avere una visione più creativa di quello che ho davanti e di osservare quelle che sono le potenzialità della natura quindi il mio studio sui giardini, col quale faccio i conti nel progetto mi è servito per scrivere sicuramente questo libro e per capire quanto gli elementi di cui si parla in queste pagine – cioè i vocaboli che costruiscono proprio fisicamente e nel loro complesso lo spazio – si compongano in maniera da poter essere poi riletti da noi architetti contemporanei.
– Nel volume affronti molti argomenti. Mi piacerebbe che tu ampliassi quello che si riferisce all’Ars Topiaria.
Non è nient’altro che una modalità di scolpire proprio come se fossero delle sculture, di sbozzare secondo certi disegni e figure geometriche tridimensionali le siepi e gli arbusti, questo per creare fin dall’antichità delle separazioni, dei labirinti e delle vere stanze come se fossero una sorta di muri anche molto alti fatti di vegetazione. Ovviamente è stata rivista poi nei secoli successivi con le nuove declinazioni di giardini, se penso al giardino giapponese o giardino orientale queste siepi sono tutte basse e rotondeggianti, come se fossero delle semi sfere o delle sfere vere e proprie. Mentre invece se pensiamo ai parterre del Giardino alla Francese Versailles piuttosto che altri giardini come quello della Reggia di Caserta possono essere anche delle siepi basse che fanno da contorno e disegnano per esempio i perimetri delle aiuole o dei parterre fioriti quindi è una modalità di scultura. Quindi si tagliano le siepi e gli arbusti di vario genere per poterli modellare secondo disegni geometrici molto particolari. Nel libro parlo di questo maestro, che è Virtz, un architetto del paesaggio che ha scolpito come un artista Land Art delle siepi a forma di volute quindi sta poi alla creatività e alla composizione spaziale di ogni singolo architetto del paesaggio fare di questa arte un vocabolo importante per il suo giardino.
– Uno dei tuoi numerosi impegni è anche quello di insegnante, qual è il messaggio che più vorresti trasmettere ai tuoi allievi?
Sì certo, la mia attività di docenza e anche di libera professione sono collegate alla scrittura e ai libri che sto pubblicando, soprattutto sul legame tra architettura e natura perché in realtà il tema è quello. Finalmente dopo tanti anni in cui questo tema non veniva affrontato, nemmeno nelle scuole di architettura, nelle accademie nelle università e nei licei artistici, adesso sta diventando fondamentale approcciarsi e avere un metodo di composizione dello spazio architettonico in relazione alla natura. Questo è il messaggio che trasmetto ai miei allievi, anche se devono integrare con l’elemento naturale lo spazio interno quindi anche quando insegno Interior design oltre che garden e landscape design sicuramente dico loro che c’è sempre un legame con la natura e quando devono andare a progettare qualcosa che deve armonizzarsi col territorio devono ascoltarne le potenzialità, la luce, la qualità dello spazio, il rumore, l’aria e i colori, la materia di cui è fatto lo spazio che preesiste per poi modificarlo e naturalmente contribuire a renderlo abitabile. Il messaggio che do ai miei studenti è proprio questo: tutti quelli che progetteranno giardini d’ora in poi dovranno rendersi conto che non calano uno spazio ultraterreno nel contesto in cui vanno a progettare, ma devono confrontarsi con gli elementi che sono già presenti proprio per avere una visione che crei armonia per favorire un confronto, una relazione tra l’architettura e l’ambiente naturale. Quindi questo è il mio messaggio agli studenti, poi c’è un metodo chiaramente che insegno nelle mie nelle mie lezioni che è proprio quello di partire dal rilievo dello stato di fatto per poi intervenire nel progetto. Un’altra cosa molto importante è quella di non perdere mai – e questo lo dico sempre – l’essenza dell’attività creativa per avere un atteggiamento di tipo filosofico verso l’atto creativo artistico e scientifico dell’architettura, sia architettura che architettura del paesaggio perché naturalmente noi andiamo ad immaginarlo questo nuovo intervento e quindi in qualche modo dobbiamo avere anche un atteggiamento filosofico, di approccio anche etico alla progettazione ed inoltre di avere comunque degli ideali di fondo per favorire una visione un po’ utopica di quello che vogliono realizzare. Però naturalmente tutta questa utopia, quest’idea, queste intuizioni devono poi sostanziarsi nella realizzabilità dello spazio fisico reale.
– Mi ha affascinato molto il tuo viaggio fra architettura e natura, quali differenze ci sono fra i vari concetti di giardino all’italiana e giardino all’inglese?
Sono due approcci proprio rispetto alla natura, due visioni completamente diverse. Nel Rinascimento l’architetto che disegnava la villa del signore sicuramente andava a costruire la composizione anche del giardino fatta di terrazzamenti, di assi di simmetria che appartengono alla villa, di parterre, di sculture, di acqua attraverso percorsi rettilinei che portavano a fontane ed inoltre chiaramente le forme geometriche pure o comunque di base come quadrato rettangolo e forme appunto geometriche con le quali si costruiva all’interno della villa e si definivano anche i giardini. Quindi c’è un’idea di dominio dell’essere, dell’individuo o comunque nel periodo rinascimentale rispetto alla natura cioè si pensava che si potesse in qualche modo ricomprendere all’interno di una composizione progettuale geometrica in cui c’è una centralità dell’individuo mentre più avanti, alla fine del seicento e nel settecento soprattutto in Inghilterra nasce questa visione completamente diversa della natura cioè l’individuo illuminista e poi romantico vede la natura come qualche cosa di immenso come un’immensa madre che, da un lato, fa un po’ paura e dall’altro emoziona. Vi è un sentimento di stupefazione e quindi si cerca di riprodurre all’interno del giardino inglese la naturalità, la spontaneità della natura quindi le fioriture sono più libere e più spontanee, gli alberi sono più a livello di bosco, ci sono delle grandi radure a prato e i percorsi sono curvilinei a serpentina, perché l’idea è quella di immergersi nella natura per perdervisi all’interno. Si sa qual è l’ingresso al parco, ma non si sa poi quali saranno gli spettacoli e le scene che ovviamente l’individuo che percorre un giardino all’inglese potrà cogliere. E queste sorprese sono tutte differenti proprio perché l’idea dell’infinitezza della natura è ben presente. Grazie anche alle scoperte scientifiche e geografiche che sono state fatte nel corso del secolo quindi si entra a contatto con la natura e anche con territori orientali delle Americhe quindi per esempio i giardini all’inglese fatti da Hoste come Central Park, i piani di Boston sono grandi parchi urbani che servono chiaramente per rendere più igienica e più salubre la città, la metropoli, ma anche appunto veri e propri musei all’aperto in cui si possono ritrovare molte scene che sono presenti in natura, laghi colline isole e quindi insomma è proprio un approccio completamente diverso.
– Hai molto rispetto verso la Natura, lo si percepisce da come affronti ogni argomento nei tuoi libri. Raccontaci questa tua passione verso la Bellezza del paesaggio.
Grazie per questa domanda perché in effetti la bellezza è sempre stata un principio molto importante per noi architetti del paesaggio proprio perché vediamo la bellezza del territorio e la bellezza della natura. Poi sappiamo bene che in Italia troviamo questa bellezza ovunque, direi in ogni angolo del nostro territorio.
Ma in realtà la bellezza è veramente uno scopo, un raggiungimento. Io credo che ogni essere umano dovrebbe essere al cospetto di questa bellezza e oltretutto l’abitudine alla bellezza dovrebbe essere un principio presente nei nostri territori perché è solo attraverso l’abitudine che ci si abitua e di conseguenza si percepisce la bellezza, si ambisce alla bellezza. Se si percorre un territorio, se si sta in un giardino o in un parco o in una qualsiasi un’area verde o in una piazza dove non vengono pulite le aree e tutto rimane incivilmente sporco, l’individuo non si abitua al fatto di poter curare la natura e gli spazi che tutti noi amiamo, quindi sicuramente la bellezza da tutti punti di vista avrà raggiungimento ma è una bellezza poetica. Credo che proprio avere una relazione con lo spazio aperto e con i giardini ci aiuti moltissimo non solo per i benefici chiaramente di tipo psicofisico ma soprattutto ci abitua ad avere un utilizzo consapevole, sapiente e allo stesso tempo creativo con lo spazio perché solo attraverso l’attenzione ai giardini a un’architettura che li integri fin dal principio sicuramente è importante per creare questa bellezza. Inoltre credo anche come diceva Frank Lloyd Right – il grandissimo architetto americano del secolo scorso – che il territorio è vario e quindi queste variazioni, che sono infinite, sono anche infiniti suggerimenti nello spazio costruito che noi abbiamo come architetti del paesaggio, quindi la bellezza ha molte forme varie che dipendono chiaramente dalla struttura del territorio.
– Interessante il concetto che hai affrontato riguardo il giardino all’interno. Affascina la visione di vivere il giardino nel nostro spazio abitativo quotidiano. Come è cambiata questa concezione negli ultimi anni?
Ma è cambiata soprattutto per il fatto che si è studiato quanto le piante e alcune essenze in particolare sono molto adatte sia per purificare l’aria e sia per ossigenarla anche all’interno dei nostri ambienti e soprattutto perché rendono presente anche all’interno di una casa di un ufficio di un edificio pubblico o privato l’elemento vegetale, quindi le pareti vegetali, i muri verticali di verde i quadri di vegetazione naturale piuttosto che appunto le piante a vaso arricchiscono sempre di più gli spazi. Soprattutto gli spazi di Coworking sono stati ultimamente dei bei luoghi di sperimentazione di questi temi. Ci sono poi grandi creativi, come Patrick Blanc, uno dei più noti, che sono dei costruttori di pareti verdi, che portano appunto questo tema all’interno della casa oppure sulle facciate degli edifici.
Sì è cambiato moltissimo e io ne sono molto contenta e nello stesso tempo diciamo che è diventata diffusa anche la pratica di avere un orto sul proprio balcone o sul terrazzo piuttosto che curare delle piante, quindi questa è una buona pratica.
– Chissà cosa ci riserverai per il prossimo anno. Stai già lavorando a qualche novità che presenterai nel 2025?
Come ho detto durante la presentazione di Architettura e Natura al bookCity di Milano presso l’ADI design Museum del 15 novembre scorso, sto preparando un quarto volume che riguarda anche l’approccio artistico all’architettura del paesaggio, quindi alla relazione tra architettura, Land Art e natura, perché questo tema mi affascina molto, poi chiaramente lavorerò anche moltissimo sul riproporre spazi di giardini e parchi contemporanei quindi cercando di fare un report di quello che sta avvenendo attualmente, studierò quelli che sono degli esempi maggiormente di avanguardia, con l’utilizzo anche di materiali innovativi, sostenibili, più legati chiaramente alla nostra visione e quindi direi che quello che offrirò ai lettori il prossimo anno sarà proprio questo, o qualche cosa che gli assomigli.
Sto finendo ed è in prossima pubblicazione un altro libro invece di poesie e di riflessioni sempre su questi argomenti, in cui lego immagine e musica, quindi mi auguro che mi seguiate in Instagram o in Facebook ed ovviamente che veniate alle prossime presentazioni. Altra cosa che vorrei dire che ho anche un sito web che aggiorno costantemente quindi se volete vedere tutta la mia produzione anche di Architetto oltre che di scrittrice, seguitemi su: www.PFarchitectureLab.eu
Grazie.
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ARCHITETTURA E NATURA volume 3