Ciao Fabio Stella, benvenuto e grazie per aver accettato il mio invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?
Buongiorno a tutti! Sono Fabio Stella, ragazzo di 26 anni di Fossano (CN) che da quattro anni lavora nel mondo dell’architettura, una tra le mie più grandi passioni insieme al collezionismo, alla fotografia, alla storia e alla montagna.
Qual è la tua formazione professionale? Ci racconti il percorso che ti ha portato a realizzare la tua preziosa tesi su L’urbanistica della neve?
Alle superiori ho studiato per diventare perito elettrotecnico, dato il mio interesse a lavorare nel mondo degli impianti a fune, mentre all’università ho seguito il corso di “Pianificazione territoriale” al Politecnico di Torino. Nel percorso di laurea magistrale il mio interesse fu orientato verso temi storici; dunque, decisi di intraprendere una ricerca per affrontare il tema dell’architettura e dello sci negli anni del boom economico. Quel poco che c’è scritto in merito fa riferimento ai casi delle stazioni sciistiche della val di Susa e della Valle d’Aosta, ignorando completamente le località della provincia di Cuneo. Questo mi ha spinto a voler ricostruire la storia di quattro località diverse tra loro, ma con alcuni tratti che le accomunano: Artesina, Prato Nevoso, St. Gréé e Garessio.
Come nasce questa tua passione per la montagna? Risulta evidente, da quanto scrivi, che sei mosso da una grande emotività interiore, l’unico motore che consente a un progetto di palesarsi con grande enfasi.
Nasce da quando sono piccolo. I miei nonni hanno acquistato alla fine degli anni Settanta un appartamento ad Artesina, una delle quattro località della tesi, facendo sì che fin dal mio primo inverno io lo passassi in queste montagne. Quando iniziai a crescere cominciai ad appassionarmi agli impianti a fune e al loro funzionamento, per poi arrivare ad apprezzare qualche anno più tardi l’architettura e il design del Novecento. Questo fu quello che oltre tre anni fa ha fatto sì che volessi ricostruire la storia di posti così giovani, ma così pieni di racconti.
Ci racconti qualche aneddoto che evidenzia la piacevolezza che ti ha sostenuto nei tre anni necessari alla raccolta dati e alla stesura della tesi?
Aneddoti ce ne sono a migliaia, ogni stazione ha il suo, sia nella propria storia che nella raccolta del materiale. Il più particolare, secondo me, sta nella scrittura sul capitolo di Artesina: nell’aprile del 2023, tramite una serie di ricerche via web, riuscii a trovare dei parenti di uno dei fondatori della stazione, Piero Tassone. Lui, grazie al fatto che partecipò a “Lascia o Raddoppia”, noto programma condotto da Mike Bongiorno, fece sì che l’ingegner Modena si avvicinò per caso a lui. Quest’ultimo personaggio, residente a Savona, divenne suo amico e da lì nacque la stazione di Artesina. Ho avuto la fortuna di sentire questa storia raccontata direttamente dal novantanovenne signor Tassone (mancato nell’ottobre del 2023, a lui ho dedicato la tesi) e dal figlio dell’ingegner Ugo Modena, Paolo, il quale mi confermò la storia di suo padre. Fu per me, amante di Artesina, il momento più bello.
Al di là delle questioni universitarie chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?
I destinatari sono molteplici: coloro che in modo o nell’altro hanno messo il loro nome o la loro mano in opere che rischiano di essere dimenticate; coloro che hanno frequentato questi posti da sempre o che comunque hanno un particolare legame con le quattro località; oppure anche coloro che in un modo o nell’altro intravedono in questi posti qualcosa di più di semplici condomini e seconde case, ma che vedono che dietro ciò c’è ben altro.
Una domanda difficile Fabio: perché i lettori di MobMagazine dovrebbero leggere L’urbanistica della neve? Prova a incuriosirli perché vengano a conoscerti o a cercare tue notizie sui Social.
“L’urbanistica della neve” è un lavoro che mostra la grande imprenditoria ligure che nel Dopoguerra ha risollevato l’economia di una zona di montagne del cuneese, il monregalese. È una tesi che, seppur non siate frequentatori di questi posti, cerca di presentarveli e di mostrarvi che le montagne del monregalese hanno molto da offrire, sia in termini paesaggistici che storici. “L’urbanistica della neve” è inoltre un modo indiretto di sensibilizzare le persone verso un tipo di architettura che non siamo abituati ad apprezzare, ma che ci può regalare aneddoti e perle che solo noi stessi possiamo cogliere.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa prestigiosa opera? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?
Per la stesura di questo elaborato ho contattato più di trenta persone, raccogliendo foto, cartoline, racconti, poster e tanto altro materiale che è stato di fondamentale. La prima pagina della tesi è completamente dedicata a loro, dato che ho ricevuto davvero tanto sostegno e aiuto da parte di chi ha fondato, costruito o semplicemente vissuto questi luoghi.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
Il mio autore preferito, anche se è conosciuto per ben altro, è Adriano Olivetti. Il suo modo di concepire il mondo lavorativo, culturale e artistico è qualcosa che tutti dovremmo conoscere. Essendo collezionista di macchine Olivetti il pensiero di chi l’ha portata ai massimi è per me fondamentale; dunque, tutti i suoi scritti sono fonte di ispirazione. Anche grazie a lui sono riuscito a scrivere questo mio elaborato, perché la sua ricerca del “bello” ha fatto sì che iniziassi a fare la mia ricerca di ciò che intendessi per “bello”.
Gli autori e i libri che, secondo te, andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nel 2025 svelandoci il motivo del tuo consiglio. E tre film da vedere assolutamente? Perché proprio questi?
Ammetto che non sono un buon lettore, ma gli autori che propongo sono il già citato Adriano Olivetti e il professore/architetto Antonio De Rossi. Del primo ho già spiegato il perché precedentemente, ma aggiungo che è fonte da cui tutti dovremmo trarre il meglio per affrontare quotidianamente insidie sul lavoro e sul nostro approccio al mondo artistico; mentre il secondo è colui che ha più scritto in tema di architetture alpine. Lo consiglio perché, oltre ad essere un grande professionista, fornisce sguardi molto suggestivi su quelle che sono le architetture montane che costellano il paesaggio, analizzandole soprattutto sotto il profilo tecnico, ma dando indirettamente spunto per nuovi luoghi da visitare.
I film da vedere in assoluto per me sono The Shining di Kubrick, Interstellar di Nolan e The Young/New Pope di Sorrentino. Tutti e tre, seppur molto diversi, sono uniti da una fotografia che a parer mio merita più di chiunque altro. L’ultimo è la serie papesca di Paolo Sorrentino, che ormai da anni ha caratterizzato la mia fotografia. Li consiglio perché è uno spettacolo vedere le inquadrature che sono perfette per queste storie.
Lewis Carrol, ne Alice nel paese delle meraviglie afferma: “Mi chiedo se la neve ama gli alberi e campi, che li bacia così dolcemente. E li copre come con una morbida trapunta bianca, e forse dice: Andate a dormire, cari, finché non arriva l’estate di nuovo.” Qual è il tuo sentimento in merito?
L’estate tornerà, ma la neve (forse) no. Ormai la neve sembra non amare più gli alberi e i campi, ma li evita come non mai. L’immagine dell’autore è lo stereotipo di chi oggi va in montagna e spera di trovarsi il bosco imbiancato e i pendii ricoperti dalla morbida trapunta bianca. Purtroppo, gli anni che seguiranno ridurranno questo racconto ad essere sempre più un evento raro, se non ricordo di qualcosa che rischia di non accadere più.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?
Il lavoro di questa tesi non si ferma qua. Ho ancora tanto che vorrei scoprire e vorrei approfondire. Infatti se c’è qualcuno che vuole ancora aiutarmi mi scriva nei contatti qui sotto. Nel mentre continuerò con le mie passioni, tra cui la mia più grande: i Lego. Con loro giro il Piemonte portando in mostra i miei impianti a fune (due seggiovie e una funivia), tutti denominati con posti che riecheggiano anche nel mio elaborato di tesi, come la seggiovia St. Gréé, oppure la funivia Mondolé, con le cabine Rocche Giardina e Pian della Turra.
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Andate in montagna, ma consapevolmente! Non possiamo ignorare la bellezza delle nostre montagne, sia per le bellezze paesaggistiche che per le bellezze architettoniche che l’uomo ha creato in questi capolavori. Quindi quello che dico sempre è di viverla la montagna, ma essendo consapevoli e rispettosi sempre di dove ci si trova.
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