Maribella Piana, scrittore e poeta, ci presenta il suo ultimo libro “Quando morì Maramao” | INTERVISTA

da | 05 Marzo 2025 | Interviste, Libri

Ciao Maribella benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittore e poeta?

Grazie a voi. Sono una scrittrice “emergente” di 78 anni, e mi definisco tale perché ho cominciato a pubblicare molto tardi. Non a scrivere però, perché la scrittura è stata sempre la mia passione nel cassetto-

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni dello scrittore e del poeta?

Ho fatto l’insegnante di lettere classiche per trent’anni, amando il mio lavoro con allegria e inventiva. La compagnia e la pratica della letteratura mi hanno certamente portato ad esprimere pensieri ed emozioni.

Come nasce la tua passione per scrittura, per la poesia e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura e la scrittura?

La lettura ha sempre rappresentato per me un mondo meraviglioso e infinito di esperienze. Ho sempre letto, in maniera onnivora e disordinata a volte. Da bambina le avventure di Mary Poppins mi hanno insegnato la fantasia, i libri di Salgari il coraggio e l’avventura, i grandi classici poi l’amore per la nostra lingua.

Ci parli del tuo libro, “Quando morì Maramao”, pubblicato quest’anno? Come nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

In questo libro parlo della mia città, in un periodo abbastanza recente, fra le due guerre. Una piccola storia fatta di gente comune, di amori e sofferenze, che offre uno sguardo diverso sulla grande storia. Una canzoncina di moda che ha fatto da colonna sonora a un periodo di creatività e fiducia nel futuro.  Sogni e innamoramenti, speranze e disillusioni di una generazione di giovani che si sono scontrati con una realtà più grande di loro.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

I miei libri hanno spesso come protagonisti i giovani perché sono veri, coraggiosi e sfrontati, senza filtri e talmente coraggiosi da credersi immortali. Spero che chi mi leggerà vorrà conoscerli meglio e immedesimarsi con loro e crescere insieme a loro.

Tu hai scritto altri libri. Ci parli delle tue opere? Quali sono, come sono nate, quale il messaggio che contengono? Insomma, raccontaci delle tua attività letteraria, sia poetica che dei romanzi.

Il mio primo romanzo “I ragazzi della piazza” racconta degli anni ’60, delle esperienze giovanili in un mondo che cambia. “Cielomare” parla dello scontro fra una realtà assurda e i sogni di due ragazzi impreparati ad affrontarla. “La malaeredità” è il romanzo della mia maturità letteraria, in cui ho dovuto fare i conti con una storia familiare di ingiustizia contro una donna che voleva sfidare le regole e trovare la felicità, pagando di persona un prezzo molto forte. Altri racconti e romanzi brevi parlano comunque di una realtà concreta perché ritengo che sia una inesauribile fonte di esperienza.

Una domanda difficile: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Quando morì Maramao” o gli altri tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Sarebbe come voler fare innamorare qualcuno di me. Non ci si innamora delle qualità dell’amato. Un libro si ama a prima vista. Posso dire solamente che chi lo leggerà troverà qualcosa di sé che aveva dimenticato.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare le tue opere letterarie? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Mi ripeto. Sono sempre loro, i giovani. I miei alunni con le loro curiosità e la loro fame di sapere e capire. I miei figli, con la loro voglia di ricordare il passato e trarne spunto. Sì, qualche adulto anche. Un amico spirituale che ora è solo dentro di me.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

Per quanto riguarda la bellezza letteraria o culturale in genere so cosa rispondere. E’ bella la parola quando vive, respira, ti fa piangere o ridere, ti tocca l’animo. E forse è la stessa cosa per la bellezza in genere. Non esistono canoni. È una cosa che ti tocca il cuore.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito?  Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Purtroppo temo di non essere d’accordo con questi grandi. La lettura non è una conversazione   con l’autore, perché è solitario il momento dello scrivere come anche quello del leggere. E non sento la solitudine quando leggo perché sono in compagnia dei personaggi. E mi dimentico di me stessa. Piuttosto per me è vivere cento vite, in cento periodi diversi, essere mille persone, fare un milione di esperienze. Ma non immaginarie, vere, concrete, perché mi rimangono dentro.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale, armonico, musicale, accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?

Una bella storia accattivante ti incuriosisce, ti trascina e ti può anche arricchire. Come d’altronde una storia vista al cinema o letta su un giornale. Ma il linguaggio dei libri ti deve prendere con la sola forza delle parole scritte. Ricordo una frase di Vittorini “Scrivere è fede in una magia: che un aggettivo possa giungere dove non giunse la ragione, o che un avverbio possa recuperare un segreto” Le storie di Dante, di Manzoni, di Shakespeare sarebbero favolette senza il valore potente del loro linguaggio.

«Lasciate che vi dia un suggerimento pratico: la letteratura, la vera letteratura, non dev’essere ingurgitata come una sorta di pozione che può far bene al cuore o al cervello – il cervello, lo stomaco dell’anima. La letteratura dev’essere presa e fatta a pezzetti, sminuzzata, schiacciata – allora il suo squisito aroma lo si potrà fiutare nell’incavo del palmo della mano, la potrete sgranocchiare e rollare sulla lingua con gusto; allora, e solo allora, il suo sapore raro sarà apprezzato per il suo autentico calore e le parti spezzate e schiacciate si ricomporranno nella vostra mente e schiuderanno la bellezza di un’unità alla quale voi avrete dato qualcosa del vostro stesso sangue» (Vladimir Nabokov, “Lezioni di letteratura russa”, Adelphi ed., Milano, 2021). Cosa ne pensi delle parole di Nabokov a proposito della lettura?  Come dev’essere letto un libro, secondo te, cercando di identificarsi liberamente con i protagonisti della storia, oppure, lasciarsi trascinare dalla scrittura, sminuzzarla nelle sue componenti, per poi riceverne una nuova e intima esperienza che poco ha a che fare con quella di chi l’ha scritta? Qual è la tua posizione in merito?

Se fino ad ora i libri sono scritti da esseri umani e non da macchine, sono come le persone. Alcuni ti fanno correre, ti eccitano, non ti fanno dormire. Altri ti fanno riflettere e li tieni vicini per chiedere un consiglio al bisogno. Dice Pennac una frase che adoro “Il verbo leggere come il verbo amare non tollera l’imperativo”. Nel brano di Nabokov il termine “deve” mi infastidisce.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Se devo essere sincera, devo dire che sono una testa dura, una incosciente spesso e anche imprudente. Ho fatto scelte d’impulso, senza badare molto ai saggi consigli.  Se sono indecisa fra fare una cosa o non farla, sicuramente la faccio. Piuttosto mi sono impuntata spesso a realizzare qualcosa che mi avevano fortemente sconsigliato. È andata bene, per fortuna.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Vorrei che qualche saggio li consigliasse a me. Ma se proprio devo, per capire meglio la terribile situazione in cui viviamo, consiglierei “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulawa. Senz’altro “Pastorale americana” di Philip Roth, lo spaccato di una società contemporanea. E “L’architettrice” di Melania Mazzucco storia di una grande donna scritta da una grande scrittrice.

Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere? E perché secondo te proprio questi?

Al cinema mi pace sognare, immergermi nell’atmosfera senza pensare. Ho adorato “Via col vento” rivedrei cento volte “ Il gattopardo” e non sarei qui senza l’ironia di “ Scusi dov’è il West?”. Cento altri capolavori sarebbero da consigliare, ma devono trovare il momento giusto per inserirsi nella nostra vita.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnato che puoi raccontarci?

Dopo aver fatto parte per due stagioni della compagnia di Gabriele Lavia ogni progetto teatrale mi sembra difficile da affrontare. Sono ormai alla quarta stagione di Makari e mi sono affezionata ad attori e staff. Spero di continuare. In questo momento la scrittura è prioritaria per me e spero di completare la trilogia iniziata con “La malaeredità” che finisce nei primi anni del ‘900, continua con “Maramao” negli anni ‘30- ‘40, e potrebbe arrivare agli anni ’60 con una riscrittura più matura, che ho già in mente, de “I ragazzi della piazza”.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Se vorranno incontrarmi i primi appuntamenti sono fissati a Roma il 14 di questo mese, a Catania il 21 e il 9 maggio, ad Agira, il mio paese di origine, il 10, a Siracusa in Giugno. Se poi volessero vedermi sullo schermo, aspettate “Indagine di famiglia” di Giampaolo Cugno, su Rai 1 nella quarta stagione di Makari, a meno di non voler rivedere alcuni episodi di “Montalbano”.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa breve intervista

Vorrei essere una mosca per spiare le espressioni dei miei lettori mentre sfogliano i miei libri. Ma se ciò non fosse possibile, come credo, vorrei poter incontrare più spesso i miei lettori per scambiare idee, pareri, domande e risposte.

Maribella Piana “ Quando morì Maramao” Ed. Armando Curcio Editore – Roma

Mariella Piana

Il libro è acquistabile sulle piattaforme e su Amazon oltre che naturalmente nelle librerie

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