Al di là della porta | di Franca Spagnolo

da | 15 Agosto 2024 | Arte, Attualità

“Solo perché non ci credete non vuol dire che non sia vero.” Katherine Howe

C’è una zona di Roma dove camminando tra i vicoli si respirano gli odori di un mondo multietnico fatto di spezie, incensi, stoffe dai colori sgargianti.  Un universo che a prima vista pare un quadro astratto dove l’unica realtà visibile è l’anima dell’artista…sto parlando del quartiere Esquilino.  

Forse non è un caso che in un rione dove lo scambio di emozioni è incessante ed eclettico, protetta da grandi cancellate, tra il vivere misterioso di una colonia felina è situata La Porta Alchemica che secondo una leggenda porta con sé il segreto della pietra filosofale.

La porta è ciò che resta della Villa Palombara, costruita nella seconda metà del ‘600 dal marchese di Pietraforte Massimiliano Palombara il quale come altri rappresentanti di una modesta élite culturale era attratto dalle scienze esoteriche alcune delle quali era lui stesso a praticare.  Le sue risorse economiche erano tali da permettergli di finanziare un discreto numero di Alchimisti. Frequentatori della Villa erano infatti molti personaggi importanti che condividevano lo stesso interesse per l’esoterismo tra cui la Regina Cristina di Svezia che dopo aver abdicato visse a Roma, l’astronomo Domenico Cassini e altri nomi illustri del periodo.

Massimiliano Palombara era un membro dei Rosacroce, un famoso ordine esoterico il cui simbolo era la rosa e la croce. Lo studio dei Rosacroce abbracciava diversi campi scientifici. Le pratiche tuttavia erano intrise di misticismo, fondate sul concetto che solamente i membri iniziati potessero accedere ai segreti di tali conoscenze. Villa Palombara infatti era provvista di una dependance adibita a laboratorio dove avevano luogo gli incontri e gli esperimenti alchemici.  Un giovane medico e Alchimista milanese Giuseppe Borri, che a Roma tra il 1671 e il 1677 fu rinchiuso in carcere a Castel Sant’Angelo perché accusato di eresia e veneficio, quando gli fu accordata la semilibertà iniziò a partecipare alle riunioni di Villa Palombara. La leggenda narra di numerosi esperimenti condotti da Borri e finanziati dal marchese Palombara per ottenere la leggendaria pietra filosofale dotata di tre poteri straordinari: l’elisir di lunga vita che avrebbe conferito l’immortalità riconducibile come medicina universale e guaritrice da ogni malattia. L’onniscienza: ossia una conoscenza illimitata che non prevede alcun tipo di incapacità fisiche o intellettuali poiché questo attributo richiama la natura divina che è connessa a ogni uomo e pertinente alla natura stessa di ogni singolo individuo.  Il terzo potere, quello di tramutare metalli grezzi in oro, assumeva un valore importante nel mondo esoterico e tra gli Alchimisti in quanto l’oro è un metallo immortale e scoprire come produrlo partendo da metalli di bassa lega, voleva dire capire come rendere immortale un corpo mortale. Lo splendore dell’oro evoca infatti la luce che è spirito…trasformare dunque ogni metallo significava convertire la materia in spirito.    La pietra dunque aveva uno scopo che era quello di trasfigurare l’Alchimista, che ingerendola, avrebbe acquisito poteri soprannaturali nati dal risveglio dell’anima…

Si racconta che Borri dopo una notte passata nei giardini della villa a cercare un’erba magica capace di produrre oro, partì improvvisamente la mattina seguente  lasciando delle pagliuzze di oro purissimo e  alcune pergamene su cui erano trascritte enigmi e simboli magici di natura assai complessa che nessuno riuscì a decifrare. Il Marchese Palombara fece incidere sulla porta d’ingresso del laboratorio quei simboli con la speranza che un giorno qualcuno fosse riuscito a decifrarne il messaggio. C’è anche un’altra versione della storia che indica proprio Borri come autore delle incisioni sull’entrata prima di partire.

Roma divenne capitale del Regno e con il piano regolatore del 1883,  Villa Palombara fu  demolita nel corso dei lavori per la ricostruzione del nuovo quartiere Esquilino.  L’unica parte che si salvò fu proprio il portale d’accesso al laboratorio…

La Porta Alchemica o Magica di piazza Vittorio non si trova nella sua posizione originale, è stata spostata alle spalle dei resti del Ninfeo di Alessandro meglio conosciuto come Trofei di Mario. Consiste in un piccolo portale murato cinto da uno stipite di pietra bianca riempito di simboli alchemici e affiancato da due statue che sembrano quasi proteggerne i segreti ma al contempo dialogano attraverso magiche vibrazioni con chi è lì a osservare a distanza.  In piedi, in silenzio sacrale mentre tutto, intorno, restituisce un vivere sfuggente, si è sospesi in quel perimetro dove decine di sguardi felini fissano e contemplano l’infinito.

Trovarsi davanti questo monumento è un’esperienza che bisogna provare per riuscire a descriverne le suggestioni. Si rimane attaccati al cancello con gli occhi rivolti su quella porta che sembra arrivare da un mondo incantato. Lo sguardo si apre oltrepassando le mura scure per fermarsi al di là della conoscenza superando ogni limite, per scoprire che tutto, è luce, nel mistero.         

Vorrei soffermarmi sulla parola palindroma incisa sul gradino della porta che da sinistra verso destra è: Si Sedes Non Is (se siedi non vai) e da destra verso sinistra:  Si Non Sedes Is (se non siedi vai), un principio per cui la perseveranza è alla base del proprio percorso e indispensabile per la riuscita di ogni progetto. Al di là della paura esiste una vita fatta di miracoli che ogni giorno attraversano i campi energetici del vivere comune e si fermano a illuminare la vita di chiunque sia capace di guadare cosa c’è oltre la porta…  

“Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto.” Giordano Bruno

Namasté

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