Petali e parole

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“La lingua si comporta come un organismo vivente che nasce, si evolve e muore […] Essa si fa specchio di una società e ne contiene i connotati”. Con questo incipit l’esimio e chiarissimo prof. Salvatore Nicosia (che ringrazio e considero un vero e proprio benefattore) inaugurava il corso di lingua e letteratura greca I. Non serve essere linguisti per accorgersi dei cambiamenti sensibili, più o meno improvvisi, che la nostra amata lingua italiana subisce anche nell’arco di poco tempo. Tali modifiche hanno ragioni etiche, sociali, storico-politiche. De gustibus, lo sappiamo, non disputandum e perciò a docenti e cultori è lecito non amare, tra le altre, la sostituzione di “ch” con “k” e di “non” con “nn”. Ma in un società in cui il tempo è denaro, nella composizione di un messaggio di testo, anche una lettera ha il suo valore e allora la si “risparmia”,risparmiando così spazio e tempo, mantenendo inalterato il concetto espresso. Risparmiando al lettore tutte le abbreviazioni e gli acronimi nati nell’ultimo decennio, la più nota delle quali è senza dubbio “tvb”, approdiamo al tormentone di questi giorni. Una maestra del ferrarese, notando la parola “petaloso” sul compitino di un alunno, ha scritto all’Accademia della Crusca per verificarne la correttezza, dato che il termine non si trova sui dizionari. La più alta autorità linguistica nazionale ha approvato il neologismo con tanto di complimenti per il piccolo e ingenuo creatore. Non che si sia scoperta l’acqua calda, poiché il suffisso denominale “-oso” lo si incontra in moltissime occasioni, anche quando si vuole conferire intimità e tenerezza al nome cui si accosta l’aggettivo corrispondente. Morbidoso, inzupposo, coccoloso fanno ormai parte della lingua corrente e, che piaccia o meno, è un fenomeno che va accettato come necessario e inevitabile. Allo stesso modo, tenera e graziosa è la vicenda di cui si è parlato tanto, sui social forse troppo, finita persino tra le news dei TG nazionali. Se la parola petalo è stata utilizzata per la prima volta, stando alle fonti, da Fabio Colonna in una pubblicazione del 1469, chissà che il nome del piccolo linguista di Ferrara non compaia accanto al lemma che ha coniato. E quando la scuola italiana non avrà più tra i banchi i capolavori Manzoni e Dante, Foscolo e Leopardi, speriamo che, ci lascino almeno la creatività linguistica, oltre alla finanza creativa.