Immaginate di agitare l’acqua di una bacinella o di un bicchiere. Dopo qualche minuto, in assenza di forze esterne, questa tornerà alla stasi. Che a Carnevale ogni scherzo valga è risaputo. Spray schiumosi, uova marce, inchiostro finto o la famigerata e olezzosa “puzzolina” sono il diletto di bimbi mascherati e gioiosi. Per qualche giorno, infatti, potranno violare il silenzio e l’ordine che usualmente (ne siamo certi?) osservano. Quale che sia l’etimologia del Carnevale, il suo significato intrinseco e antichissimo è proprio questo: il ritorno all’ordine, dopo alcuni giorni di licenza. Le radici della festa risalgono alle civiltà tradizionali, al culto di Iside, a quello di Dioniso, ai Saturnalia, per citare solo alcuni esempi in cui al Káos segue sempre il Kósmos. Simboleggia la rinascita ciclica del mondo, l’era post-diluviana. Per alcuni giorni, la carne prevale sullo spirito, il delirio sulla ratio e il male sul bene. Così, ci si può mascherare, nascondere la propria identità e agire in modo non conforme alle regole. Le maschere dagli occhi socchiusi, la fronte corrucciata e i nasi adunchi, ricordano fisionomie malefiche. Del resto, il latino persona ci spiega molto bene la traduzione del termine maschera: non siamo forse più veri quando la indossiamo? In forma apotropaica ci si traveste da cattivi, anche per imprimere drammaticamente il valore della legge e dell’ordine, in un turbine giocoso che si traduce, spesso inconsapevolmente in un rito catartico. Il Martedì grasso fa da chiosa al Carnevale e, allo stesso tempo è l’inizio della Quaresima, che dovrebbe rappresentare penitenza e digiuno per i Cattolici. E allora buon Martedì grasso, gioite, sfogatevi quanto e come potete! Semel in anno licet insanire! Ma da domani, tornate ad essere seri o, almeno, provateci.