I “Vastasi” di Palermo

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(Img: Carlo Domenici “Scaricatori”)

Questa rubrica nasce con l’intento di analizzare, in modo fruibile, non strettamente scientifico e, neppure esaustivo, l’etimo di alcuni termini di uso comune e non sempre consapevole, l’origine di alcuni detti popolari e la radice di alcuni nomi di persone, luoghi, accadimenti. Le parole non nascono motu proprio e non sono semplici suoni o grafi. Esse sono strumenti, talvolta armi, certamente indizi della cultura che custodiscono nei loro scrigni. Dunque “dai fatti alle parole” e viceversa, per riflettere su come nulla si dice per caso. E non a caso in principio era il Verbo.

Ricordo ancora lo sguardo impietrito di un amico di San Vito di Chieti, quando sentì dare del vastaso ad un Siciliano da parte di un Siciliano. Il fatto causò un rissa subito sedata, ma il “fresco” Abruzzese pensò che si trattasse di un’offesa irreparabile. Gli spiegai che a Palermo vastaso sta per maleducato, rozzo, sboccato. In tempi remoti l’attività di bastàzein (gr. scaricare merci pesanti), si attribuiva ai lavoratori del porto, nel XII secolo ai facchini dei mercati popolari di Ballarò e della Vuccirìa, a chiunque conducesse lavori di fatica o, per stazza e corpulenza, potesse ricondursi a quei contesti. Va da sé che in certi ambienti il linguaggio e l’atteggiamento non fosse e non sia dei più eleganti e poiché, come detto, le parole non sono meri suoni o segni grafici, ma al contrario, incarnano la storia, l’antropologia e, più in generale, la cultura di un popolo, in tempi moderni si usa “vastaso” per farsi burla di un amico, per confessare un eccesso (“ho mangiato come un v.”), oltre che per per bollare chi si macchia di scarso senso civico (“quel v. ha gettato la carta per strada), di turpiloquio (“i ragazzi di oggi sono v.!”). Insomma, farsi dare del vastaso significa averla fatta grossa. E in quel di Ortona mare il buon Filippo dai natali chietini, citando Benigni esclamò:«Adesso ho capito. Dire vastaso a un siciliano è rischioso come rubare le banane a Palermo!». E la rissa si tradusse in sonora ilarità.