Nel silenzio elettorale tutto sembra fermo e invece no. Analisi stramba delle elezioni a sindaco di Roma

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di Paola Fagone

L’analisi politica più stramba sul voto di oggi, l’ha fatta un collega amico con il quale il sabato mattina spesso condivido il caffè. Premetto che lui è uno formato nella sinistra vera, uno che sa come funzionava la politica vera, uno che conosceva i meccanismi perversi del voto, operando per anni in realtà difficili, dove i partiti storici hanno avuto sempre un ruolo predominante, nel bene e nel male. Ruolo negato invece ad una sinistra moderna emergente, che faceva una fatica enorme ad imporsi nei ruoli di governo, ma tentava come poteva di ritagliarsi spazi nell’amministrazione locale in un momento storico pieno di sgomento. Era il periodo post stragi, un epoca di purificazione, riscatto, sussulti di civiltà in un entroterra siciliano proprietà della mafia, della cattiva politica, di una società intorpidita dal terrore e dall’indifferenza. Certo, c’erano le lenzuola bianche esposte ai balconi, quel rivendicare una identità siciliana che non erano i morti ammazzati, i ricatti, l’omertà. Tutto sembrava rinascere e tutto il male sembrava sconfitto. L’antimafia trovava vigore e i tempi sembravano propizi per candidare volti nuovi, puliti, pieni di ideali come l’onestà, l’etica, la morale fresca di bucato. Candidare nella cittadina simbolo della mafia un volto così rappresentativo di ideali, infondeva fiducia certo, ma poneva una questione molto seria, non sarebbe mai riuscito a spuntarla, forse nemmeno con un tris di consiglieri. Ne erano tutti convinti e quasi rassegnati. Eppure qualcosa cambiò. I tempi erano maturi per una svolta? I cittadini dormienti avevano trovato energia ed erano improvvisamente convertiti al senso civico? Avevano
cominciato a ripudiare voti di scambio, paghi due prendi tre, promesse di favori a quello o l’altro parente o amico degli amici? Nulla di tutto questo. C’era stato il contro ordine, il nuovo piano di adeguamento. Troppi sbirri in giro a controllare tutto e avrebbero continuato a farlo probabilmente con il candidato d’ordinanza, con la sua giunta, la sua politica del malaffare. Per passare inosservati era necessario, utile ed urgente supportare il nuovo che avanzava. Il fantoccio della legalità, dell’antimafia, del bla bla bla. Liberi tutti, dunque. Fu così che il fantoccio diventò sindaco con percentuali plebiscitarie. Applausi, la banda del paese, qualche sbirro in meno per strada. Certo, quello sbraitava, parlava di coscienza, rinascita della civiltà. Certe volte offendeva qualche mammasantissima, ma niente di serio. L’ordine precostituito era ristabilito e si poteva tornare nella penombra a fare affari e che affari, come prima, meglio di prima. Con il mio collega amico ci vedremo uno di questi sabati e commenteremo l’esito delle consultazioni elettorali a Roma, convinta io – dopo la sua stramba analisi – che chiunque salirà in Campidoglio sarà un fantoccio, più o meno gestibile o lasciato lì a farneticare bla bla bla, mentre tutto quello che ora sembra fermo, continuerà ad esistere e tramare indisturbato. Oppure no?