Licei brevi: giusto sperimentare, ma con prudenza. La posizione di Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli e di Lena Gissi, Cisl Scuola

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Ha conquistato molto spazio sulla carta stampata e sul web la notizia sulle 100 prime classi che dal prossimo anno avvieranno la sperimentazione del liceo breve quadriennale, e non sono mancati i commenti pro e contro che vanno da chi apre incondizionatamente alla proposta della ministra Fedeli, approvata nell’ultimo Consiglio dei Ministri dal governo Gentiloni, a chi ritiene azzardato il percorso e richiama alla memoria di tanti, la proposta Berlinguer molto più equilibrata perché rimodulava l’intero curricolo scolastico e non amputava un anno ai licei.

Ceripnews, che ha preso posizione da subito sulla materia, è fra questi. Per non parlare dei risvolti pedagogico-didattici e sulla gestione di un curricolo centrifugato in quattro anni invece di cinque! A nostro conforto, ieri su “Il Mattino” abbiamo letto un lungo ed articolato intervento di Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli, che dopo aver dato un “via libera” condizionato alla proposta sperimentale della Fedeli, osserva dapprima che in Europa esiste un ventaglio di soluzioni, anche con l’inizio anticipato della scolarità, e poi sottolinea che l’accorciamento di un anno delle superiori se non è adeguatamente compensato, riduce in maniera significativa le competenze delle persone e le loro prospettive di occupazione e retribuzione.

Come controproposta avanza l’ipotesi ardita, ma interessante, di poter “recuperare l’anno perso nell’arco della carriera lavorativa”, grazie a momenti di aggiornamento, secondo una logica di apprendimento permanente, reso sempre più necessario dall’evoluzione della tecnologia e dei saperi professionali. E stavolta siamo pienamente d’accordo con Gavosto.
Sui percorsi quadriennali alle superiori, non ritenuti “una vera priorità” interviene anche la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, che in un lungo comunicato stampa ricorda che non è la prima volta che la questione di un accorciamento dei percorsi di studio viene posta all’ordine del giorno: tralasciando la mancata riforma Berlinguer del 2000, finalizzata fra l’altro anche ad una conclusione delle superiori a 18 anni (ma a subire la decurtazione sarebbe stata allora la primaria), già nel 2013, con la ministra Maria Chiara Carrozza, partì una sperimentazione di percorso quadriennale per il II grado.

Anche in quel caso la Cisl Scuola definì la proposta poco meditata e rischiosa, essendovi coinvolto un solo Istituto di Scuola Secondaria Superiore e risultando per quella ragione assai poco attendibile quanto a rappresentatività dell’intero sistema.
Oggi le premesse riguardano un numero più elevato di scuole, ma restano in ogni caso molte altre perplessità che è augurabile possano essere tenute in debita considerazione in un supplemento di riflessione quanto mai opportuno e anche possibile, visto il lasso di tempo che ci separa dall’avvio della sperimentazione, previsto per il 2018/2019.
Secondo Lena Gissi (che usa quasi le nostre stesse parole; di gente di scuola, ovviamente!) “intervenire sulla struttura e la durata dei percorsi presuppone una rimodulazione dei curricoli stessi che non s’improvvisa e per la quale va garantita un’accurata e autorevole sede di valutazione.

Ma c’è anche la questione relativa ai tempi necessari rispetto ai traguardi di apprendimento, che non è mai stata di poco conto. È stata ed è oggetto di discussione, ad esempio, anche per quanto riguarda l’obbligo dell’alternanza scuola lavoro, con i problemi che comporta la sua attuazione a parità di orario scolastico e a invarianza di curricolo”.
Ecco perché è indispensabile fornire in partenza solide garanzie sul prevedibile livello di formazione in uscita degli alunni, chiamati a compiere il loro percorso di studi in quattro anni anziché in cinque – continua la Segreteria Generale della Cisl Scuola – diversamente si avrebbe l’impressione che si stia sperimentando una sorta di quadratura del cerchio.

Ancora: se si immagina che una necessaria condizione di successo risieda in una nuova e più aggiornata didattica, collegata a una diversa e più flessibile organizzazione del calendario e dell’orario scolastico, si dovrebbe allora assumere questo come tema primario e prioritario per una sperimentazione assistita, possibilmente anche più allargata, preliminare a quella di un eventuale accorciamento dei percorsi, da affrontare con qualche certezza in più sulla sua reale fattibilità. (n.b.)