Nino Bonacasa
La ministra Valeria Fedeli è a caccia di laureati e al workshop Ambronetti di Cernobio, in piena stagione pre-elettorale, promette soldi ai prof, auspica maggiori investimenti pubblici per gli atenei per superare la logica del numero chiuso, che censura come limite all’implementazione delle lauree.
Quanto alla decisione del Tar Lazio di stoppare il numero chiuso nelle facoltà umanistiche della Statale di Milano , si riserva di valutare se è stato l’Ateneo milanese ad interpretare male la legge ed i decreti attuativi (cioè in modo restrittivo, sic!), ovvero se la sentenza – che avrà bisogno di un secondo livello di giudizio da parte del Consiglio di Stato – pongono questioni generali che investono non solo la Statale, ma tutti gli atenei italiani.
La ministra Beatrice Lorenzin, a sua volta, prende atto delle risultanze sullo stato di salute delle scuole di specializzazione medica e si limita a bocciarne il piano senza tenere conto che già qualcuno avanza la preoccupazione che si blocchi tutto per quest’anno, dato che a cardiologia e pediatria – per fare solo due esempi su scala nazionale – è stato respinto l’accreditamento di 135 strutture su 1.433!
A sua volta la ministra Fedeli assicura l’uscita del Regolamento il 6 settembre, a cui seguirà il bando e dopo 60 giorni il concorso, anche questo riformato: si sceglierà la specialità solo dopo aver sostenuto la prova! Speriamo solo che il cronoprogramma per le Scuole non finisca alle ortiche come quello dell’annunciato e mai avviato concorso per Dirigenti scolastici!
Parlare di rifondazione delle scuole di specializzazione e di programmazione del fabbisogno sarebbe una follia! Come per le istituzioni scolastiche, anche per l’università si continua a navigare a vista, mentre il Pd adesso cavalca lo stop all’accesso programmato, incassando il placet dei governatori regionali Enrico Rossi (Toscana) e Luca Zaia (Veneto).
Ad essi replica prontamente, anche se indirettamente, il rettore Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza italiana dei rettori (Crui), che, spezzando una lancia in favore del collega della Statale di Milano, afferma che per rompere col numero chiuso occorrono più professori e soprattutto più risorse.
Parlare di elevare le ore di lezione ai docenti in cattedra, che fanno tante altre belle cosette nei tanti giorni e nelle tante ore in cui sono liberi (sic!), come ha deciso unanimemente l’ateneo di Torino su proposta del rettore Gianmaria Ajani, per fare solo un caso, sembra quasi un’assurdità, quasi una bestemmia.
Dopo tutto nel Belpaese si va avanti sempre allo stesso modo. Cioè male, anzi malissimo!