di Ninni Bonacasa
È vero che Michele Ainis nella rubrica di spalla pubblicata in prima pagina de “la Repubblica” di ieri (“Restituite ai professori la dignità perduta”), nel suo argomentare procede per paradossi, però arrivare a falsare la legge mi pare troppo!
Il principio delle bocciature eccezionali nella scuola primaria c’è da tempo e non lo ha affermato la Buona Scuola di Renzi e dei suoi vari Ministri, come pure da sempre occorre la maggioranza del Consiglio di classe per non ammettere alla classe successiva un alunni frequentante la scuola media!
Di conseguenza giova ricordare a Michele Ainis che la legge … si legge, si studia, s’interpreta, ma non si inventa; come pure i decreti attuativi della legge e le circolari connesse!
Però sono d’accordo con lui che bisogna ridare dignità alla funzione docente, che servono meno riforme (direi meglio: riformicchie!) e più quattrini, che non bisogna sbattere la porta in faccia agli studenti, se si vuole una scuola inclusiva, nei fatti e non solo a parole, che sia aperta a tutti come detta la nostra Costituzione.
Quanto poi alle leggi cervellotiche che strangolano l’istruzione, è storia vecchia: da troppo tempo, caro Ainis, il sistema scuola è strangolato da leggi e contro leggi, da provvedimenti abborracciati che creano confusione e che spesso di contraddicono culturalmente, politicamente ed organizzativamente.
Che senso ha infatti, parlare ad un tempo: di sperimentazione del “liceo breve”, dell’elevazione dell’obbligo scolastico a 18 anni, di taglio di un anno della scuola media, senza mettere mano (almeno come ipotesi!) alla riforma dei cicli?
Passiamo alla scartoffie connessi agli adempimenti burocratici, che io ho sempre chiamato “elefantocrazia”: siamo al 2017 e quindi si dovrebbe ritenere l’autonomia scolastica ampiamente compiuta, eppure da quella data ad oggi non ho mai visto tante carte sui tavoli del Ds, dei Dsga e degli AA. Mi aspettavo da Michele Ainis un’analisi attenta su tutto questo e non correlare la folla di carte solo alla documentazione sui vaccini ritenuta “misura dacroniana” senza tenere conto di tanti ammalati e morti proprio perché non vaccinati. Ma questa è solo la mia personale opinione, come Ainis ha la sua.
Relativamente al numero chiuso vigente in tanti atenei statali e sulla richiesta pressante di richiesta di più fondi per assumere nuovi docenti, interviene Angelo Panebianco che, come riporta “Il Foglio” di ieri, definisce un patto scellerato non curarsi affatto della qualità dell’insegnamento occupandosi soltanto di aumentare il numero dei docenti per azzerare il numero chiuso. Gli effetti, secondo Panebianco, potrebbero essere deleteri: si rischia di assumere docenti ignoranti per gonfiare le università ridotte a licei prolungati che forniscono un “pezzo di carta”, e non è la soluzione.
Angelo Panebianco si chiede anche se si davvero inevitabile che la scuola se si allarga perda di qualità e la sua risposta è solare: se si continua col “patto facilista”, certamente; ma la serietà degli studi non contraddice necessariamente l’espansione dell’istruzione universitaria, e sul piatto della bilancia butta di peso la creazione di nuovi atenei (anche non statali!) per creare un mercato competitivo tra docenti e le università.
Secondo una logica ultraliberale ed antisindacale, che non si può condividere, Panebianco propone di dare a questi atenei libertà di assunzione/licenziamento e il diritto di retribuzione in ragione di quanto vale il professore, piuttosto che non in ragione della sua anzianità. Una sorta di curriculum vitae a peso, debbo intuire, dato che non parla di qualità della didattica; anche perché competenza e didattica non sempre vanno d’accordo! E soprattutto questa strategia potrà sollevare le sorti degli atenei italiani che nelle classifiche mondiali più recenti sono al di sotto della 150ma posizione?
Su una cosa siamo d’accordo, bisogna elevare la percentuale di laureati, dato che l’Italia si trova in fondo alla classifica Eurostat (23,3%) insieme alla Romania (23,8%), alla Spagna (33,9%), il Portogallo (26,7%) e Malta. Per non parlare del 26,1% dei maschi tra i 25 ed i 29 anni che hanno neppure il diploma di scuola superiore, contro il 17,5% dell’Europa.
Non stiamo meglio rispetto agli abbandoni: nel 2016 la percentuale di abbandoni prima di giungere alla Maturità è salita al 23,3% tra i giovai (25-29 anni) che avevano al masimo il diploma di terza media. Significativo il fatto che invece di scendere, gli abbandoni salgano dopo oltre 10 anni di calo!
Quanto all’istruzione di I grado in tutta Europa la fascia 25-34 anni che al massimo ha completato la scuola secondaria di I grado è scesa al 16,5%, mentre da noi è tornata a salire, passando dal 25,6% del 2015 al 26,1% del 2016! E così ci piazziamo al quintultimo posto nelle graduatoria europea, davanti a Portogallo, Malta, Spagna e Turchia.
E gli obiettivi di Lisbona 2020? Lasciamo perdere!