Scultore e pittore romano, “espressionismo crudo e minimalista”: Cavalieri si racconta

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Marco Cavalieri, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Ai nostri lettori che volessero conoscere qualcosa di più di te quale artista, cosa racconteresti?

Grazie a te Andrea, dunque io sono romano e vivo e lavoro a Roma. Mi definisco un artista a 360 gradi, nel senso che amo utilizzare tutte le tecniche e i materiali disponibili per realizzare le mie opere. Prediligo comunque i metalli e in particolare l’acciaio per le sue caratteristiche fisiche di forza, durezza e lucentezza.

Da cosa nasce il tuo genere artistico? Il tuo modo di scolpire?

Nasce dall’esigenza di esprimere qualcosa di personale, di interiore, un messaggio per lo più chiaro e diretto, senza ornamenti, per questo mi piace uno stile severo, quasi gotico, espressione anche del mio carattere, tra fiamma e acciaio.

Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche artista al quale ti ispiri?

Lo stile è decisamente espressionista, a volte crudo e minimalista, non mi piace però rinchiudermi in una corrente artistica precisa, svario in più direzioni in un figurativo onirico, simbolista e fantastico dove la figura umana assume un posto predominante, fino ad arrivare al morbido e colorato POP. Tra i pittori mi piace Schile, Munch, Bacon, in scultura Boccioni, Giacometti, Manzù e tra i grandi del passato Donatello e Roden.

Quando hai scoperto il tuo talento? Quando hai iniziato a dipingere e perché?

La passione per l’arte e il desiderio di rappresentarla è innato in me, incoraggiato certamente da mia madre insegnante d’arte alle scuole medie, quindi fin da bambino ho preso a disegnare e a dipingere qualsiasi oggetto che mi capitasse a tiro e a liberare la fantasia, poi ho affinato la tecnica con gli studi artistici al liceo.

Ci parli dei tuoi ultimi lavori e delle opere alle quali stai lavorando?

Porto avanti contemporaneamente la linea della pittura e quella della scultura polimaterica. In pittura mi concentro sull’uomo e sulla sua psiche, lavoro con gli acrilici in monocromo blu, lo sfondo è di un bianco panna a sottolineare l’assenza ed un attesa immobile, come sospesi e senza tempo sono i corpi ridotti a figurine scure, semplificate ed essenziali. Nella scultura il discorso si fa più complesso perché l’arte diviene un pretesto per una ricerca e una sperimentazione che si compone di messaggi e di materiali vari che si fondono per arrivare ad un opera di un figurativo concettuale ben definito. Tra gli ultimi lavori di scultura, NAUTILUS, un grosso pesce-sottomarino di un metro circa di lunghezza, completamente in acciaio verniciato oro. Un Ibrido tra pesce e macchina, che si divide a metà ed è ispezionabile al suo interno. In corso ho diverse collettive tra cui voglio ricordare EMPATIA, presso la Galleria Triphè della simpatica e brava Marialaura Perilli in via delle Fosse di Castello 2 a Roma, altre opere in permanenza presso Poket Art Studio in via della Reginella, sempre al centro storico della mia città. Partecipo inoltre a vari premi nazionali e ad altre iniziative che si intensificheranno in autunno. 

Come è nata la tua passione per l’arte e per la scultura in particolare? Una scultura la tua, per certi versi atipica e originale insieme.

La scultura nasce molto più tardi rispetto alla pittura, con mio padre commerciante che con il suo lavoro aveva a che fare con officine meccaniche che saldavano artigianalmente l’acciaio e io seguendo e lavorando con lui mi sono man mano appassionato a questo materiale, alle sue complessità, alla fiamma che scioglie il metallo, alla fase e al momento cui nasce il manufatto, a saldare personalmente la materia, questo fino a farlo divenire parte essenziale di una professione artistica che a tutt’oggi mi riempie di soddisfazioni.

Perché secondo te oggi l’arte, la pittura, la scultura, sono importanti e vanno promossi e seguiti dalle persone?

L’arte nelle sue varie forme va promossa perché è essenzialmente uno stimolo alla crescita di una propria coscienza e un proprio carattere. Inoltre, è un veicolo universale di messaggi, di impulsi positivi, un momento di aggregazione sociale, ovviamente stiamo parlando di un certo concetto di arte con la A maiuscola. Spesso la gente comune fa confusione tende ad associare ad esempio la pittura ad una forma di decorazione, di abbellimento, di riempitivo di pareti, questa non è arte, semmai artigianato artistico seppur apprezzabile in taluni casi. 

Cosa consiglieresti a giovani donne e uomini che volessero cimentarsi nella tua professione?

Beh, vivere d’arte e in particolare vivere d’arte in Italia è un’impresa. Per iniziare consiglio di tenersi un qualsiasi lavoro part time per avere sufficiente indipendenza economica per decidere con calma e selezionare le tante iniziative presenti sul mercato, questo vi eviterà di scendere a troppi compromessi commerciali col vostro stile e modo di lavorare. Create un vostro stile riconoscibile, personale, che rispecchi voi stessi e il vostro carattere. Armatevi di tanta pazienza perché per ritagliarsi un posticino qui ci vuole tempo e tenacia più che altrove, quindi presa una strada andate avanti col vostro progetto senza paura. Partecipate a bandi, premi d’arte, partecipate a collettive mirate e che abbiano un minimo di importanza, non sperperate soldi, che tanti pseudo curatori in cerca di quelli vanno. Viaggiate, se il vostro altro lavoro ve lo permette, il più possibile, magari all’estero dove il mestiere dell’arte è più considerato in genere. Allacciate più contatti possibili nell’ambiente e createvi una rete di conoscenze utili. Non abbandonate l’arte se la sentite parte di voi… non avrebbe senso.

Un’ultima domanda Marco, se dovessi tenere un seminario sull’arte che vede quale platea un folto gruppo di giovani liceali, quindi degli adolescenti, come introdurresti il tuo intervento, e quali sono le tre cose più importanti che diresti loro e perché?

Ai ragazzi dico di amare l’arte perché è espressione del proprio io interiore. Non vergognatevi di esternare la vostra sensibilità, questa è una dote, una ricchezza che voi possedete, non una forma di debolezza. L’arte come linguaggio visivo universale ha una sua valenza storica e culturale, sottostimata dai più, l’arte non appartiene al passato (Grecia classica, antica Roma o la Roma barocca dei papi re), appartiene al presente e si fa portavoce di questo nostro tempo così complesso, così affascinante.

Marco Cavalieri
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Andrea Giostra
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