Il relitto di Marausa conferma le aspettative sull’applicazione di nanotecnologie per la salvaguardia dei beni culturali

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Il 12 giugno è stata una giornata significativa per l’indagine scientifica ed i test relativi alla tutela dei beni culturali: una squadra di esperti ha avuto la possibilità di attuare, per la prima volta in Italia, un’applicazione di nanotecnologie per preservare nel tempo dei ritrovamenti lignei, sotto la supervisione del direttore del museo, della Soprintendenza del Mare e dell’assessorato dei Beni Culturali siciliani, con l’autorizzazione dell’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Sebastiano Tusa, del dirigente generale del Dipartimento, Sergio Alessandro e dell’architetto Stefano Zangara, responsabile unico del procedimento per le attività relative alla ricomposizione e assemblaggio delle porzioni lignee restaurate del relitto romano di Marausa.

Il test, perfettamente riuscito, è stato effettuato sul fasciame facente partedell’imbarcazione risalente al III sec. d.C. ritrovata nelle acque di Marausa, in provincia di Trapani e conservata presso il museo Lilibeo, al baglio Anselmi di Marsala.

L’incontro tecnico scientifico, organizzato dall’associazione culturale GruppoArte16, ha visto l’intervento del professore Franco Fazzio, restauratore laureato all’ISCR, e del coordinatore Giovanni Taormina, che hanno effettuato dei rilievi con l’uso di speciali apparecchiature e microscopi elettronici, al fine di stabilire l’eventuale presenza di funghi o altre sostanze aggressive, testando la successiva applicazione di nanotecnologie da parte del team di esperti della 4ward360-nanotecnology di Milano. Alla procedura hanno preso parte l’amministratore dell’azienda lombarda Sabrina Zuccalà ed i tecnici Marco Zeppa e Massimo Cavaleri.

Il test è stato effettuato alla presenza di numerose autorità marsalesi.

Il sindaco di Marsala, Alberto Di Girolamo, ha sottolineato l’importanza di questa applicazione di nanotecnologie per il territorio, ricco di ritrovamenti storici di grande valore culturale. Presenti inoltre l’assessore alle politiche culturali Clara Ruggeri, l’assessore all’urbanistica e al decoro urbano Gaspare Passalacqua, l’assessore ai lavori pubblici Salvatore Accardi, la direttrice del museo Anna Maria Parrinello ed il direttore dei lavori di recupero del relitto, Enrico Lercara. Quest’ultimo ha osservato con attenzione tutti i passaggi, commentando positivamente i risultati ottenuti, significativi per la tutela e la conservazione dei ritrovamenti archeologici conservati nei musei di tutto il mondo. “Si tratta di un procedimento innovativo – conferma l’architetto Lercara -, un trattamento non invasivo che grazie ad un reticolato di nanoparticelle riesce a preservare i beni da attacchi esterni. Una soluzione che attendevamo da tempo e che con grande piacere abbiamo accolto nel museo dove stiamo allestendo i resti della nave di Marausa”

Il prodotto, elaborato appositamente dai laboratori 4ward360, ascoltando le esperienze degli esperti nel settore della conservazione, è stato denominato wdLeg50. Si tratta di un innovativo trattamento nanotecnologico che crea una protezione invisibile sulle superfici dello scafo di legno. Grazie alle sue proprietà idro ed olio repellenti è in grado di fare da schermo protettivo contro eventuali condense derivanti da cambiamenti climatici ed eventuali contaminanti esterni, di fatto impedendo a questi di attaccare  la fibra di cellulosa. Il trattamento non modifica la traspirabilità della superficie trattata ed è in grado di prevenire i problemi legati all’insorgenza di eventuali parassiti come muschi, funghi o altro, prevenendo la decomposizione del legno. Inoltre wdLeg50 è resistente alle alte temperature e stabile ai raggi UV. I materiali usati per il composto sono bio ed eco compatibili, rigorosamente non tossici.

La nave di Marausa e l’applicazione delle nanotecnologie

Conservata per più di 1.800 anni, sotto una coltre di fango e licheni, nei bassi fondali del mare di Marausa, dopo avere subito dei trattamenti specifici nei laboratori di Salerno e rimontata presso il Museo del Baglio Anselmi, è stata sottoposta a dei trattamenti con nanotecnologie utili a rendere il materiale idroscopicostabile in ambiente museale.

Nell’antichità il legno fu l’unico elemento utilizzato per la costruzione di scafi adibiti a svariati usi. Quello recuperato a 150 metri dalla costa di Marausa era uno scafo da carico adibito al trasporto delle merci nel Mediterraneo.