Forniture imposte dalla mafia, il prefetto di Trapani: “Ancora poche denunce”

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I reati ‘spia’, come gli incendi dolosi, indicano che il racket dell’estorsione non risparmia il territorio, ma le denunce a Trapani restano ancora poche. Anche di questo si è discusso durante il vertice, ieri in prefettura, tra il commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, prefetto Domenico Cuttaia, il prefetto di Trapani, Darco Pellos; il questore Claudio Sanfilippo; il vice comandante dei carabinieri Emilio Miceli; il vice comandante della Guardia di finanza Vito Licata; il dirigente della sezione Dia di Trapani tenente colonnello Rocco Lopane; oltre al procuratore di Sciacca, Roberta Buzzolani, e i sostituti di Trapani e Marsala, Franco Belvisi e Antonella Trainito. Un incontro per fare il punto sulla situazione del racket e dell’usura nel territorio della provincia.

Il prefetto Cuttaia, in particolare, ha illustrato quelle che sono le linee d’azione per contrastare in modo efficace i fenomeni, supportando le vittime dei reati e sottolineando il “ruolo propulsivo per incentivare la cultura della denuncia” delle associazioni antiracket e antiusura. Dai magistrati, invece, sono arrivati alcuni suggerimenti di modifiche normative all’attuale sistema di assistenza alle vittime del racket e dell’usura. “Nell’ultimo semestre – spiegano dalla Prefettura – i dati rilevati evidenziano un cambiamento nell’atteggiamento delle vittime che non sono più disponibili a tacere le vessazioni che subiscono. Infatti i reati denunciati, rispetto al 2017, sono aumentati del 78 per cento“. “L’atteggiamento della mafia – sottolinea il prefetto Pellos – non è più finalizzato alla semplice riscossione del pizzo assumendo, in molti casi, una cornice di legalità quale quella di obbligare le vittime a rifornirsi di determinate apparecchiature o strumenti di lavoro presso fornitori vicini alla consorteria mafiosa”.