Eterna Tamara de Lempicka: fascino ed arte.

0
1551
Condividi l'articolo, fallo sapere ai tuoi amici ! 

di Riccardo Bramante

Agli inizi degli anni ’20 (quelli che saranno poi chiamati gli anni della “belle epoque”) fa la sua apparizione a Parigi una strana coppia: lui è un oscuro avvocato polacco, Tadeusz Lempicki, fuggito dalla Russia per evitare le persecuzioni del regime comunista da poco instauratosi, ma chi occupa presto la scena mondana e non solo è lei, la moglie Tamara di cui nulla si sa per l’alone di mistero che lei stessa alimenta intorno a se. Diceva di essere nata a Varsavia nel 1902 ma alcuni documenti ufficiali riportano Mosca 1898, affermava che il padre aveva abbandonato la famiglia dopo il divorzio ma probabilmente si suicidò, diceva di aver studiato pittura ma era autodidatta; di certo c’era solo che si era sposata, appena diciottenne, a San Pietroburgo con il marito conosciuto ad una festa di carnevale dove, per attirare l’attenzione, si era presentata vestita da contadina con al seguito un gruppo di oche.

Certamente per la coppia di emigrati i primi tempi a Parigi sono duri e le difficoltà economiche non permettono a Tamara di fare la vita lussuosa a cui ambirebbe; decide, perciò, di tornare alla sua prima passione, la pittura, e inizia a prendere lezioni da Maurice Denis e André Lothe che erano i pittori in voga in quel momento nella vita bohème di Montparnasse ma sul versante dei “ricchi” ad Auteuil.

E’ la svolta tanto agognata, i suoi quadri iniziano ad essere conosciuti tra l’alta borghesia fino ad avere la definitiva consacrazione con la famosa “Exposition Internationale des Arts Decoratifs et Industriels Modernes” del 1925, in cui il suo stile pittorico fatto di un cubismo rivisto e addolcito rispetto a quello originario di Braque o Picasso meglio si adatta al gusto borghese dell’epoca.

Sono di questo periodo alcune delle sue opere più note: “Gruppo di quattro nudi femminili”, “Ritratto della duchessa de la Salle”, “Ritratto del Principe Eristoff”, tutti del 1925 e “Ritratto di S.A.I. il Granduca Gabriel Kostantinovic” del 1927. E’ tutto un mondo fatto di figure possenti e muscolose, di eroi ed eroine, ultimi rappresentanti di un mondo decadente che sente la prossimità della fine.

Ma ormai Tamara ha raggiunto il suo obiettivo, entrare nel mondo dell’ alta società (del jet-set, diremmo oggi), tutti vogliono essere ritratti da lei non solo in Francia ma perfino in Italia se anche Gabriele d’Annunzio la invita nella sua fastosa dimora sul Lago di Garda per farsi fare il ritratto e magari ottenere qualcos’altro (per la verità senza successo dato che lei lo trova “un vecchio nano informe”).

Nella sua tumultuosa vita sociale non trova più posto nemmeno il marito Tadeusz, da cui ha avuto nel frattempo una figlia; i due divorziano nel 1928 e, per sottolinearne la rottura, Tamara non porta nemmeno più a termine un ritratto da tempo iniziato. Ora le manca soltanto un titolo nobiliare e lo ottiene sposando, nel 1933, il ricchissimo barone austro-ungarico Raoul Kuffner , raggiungendo finalmente la posizione sociale di rango a cui aveva sempre aspirato.

Ma ancora una volta la storia è contro di lei: l’ormai prossimo scoppio della Seconda Guerra Mondiale spinge la coppia a trasferirsi negli Stati Uniti dapprima a Los Angeles e poi a New York, dove tiene diverse mostre con relativo successo.

Ormai l’immagine della pittrice ruggente degli anni ’20 impallidisce  nonostante i tentativi di mutare il suo stile pittorico che la portano a cimentarsi anche nell’arte astratta, in quella metafisica e in soggetti religiosi; i suoi quadri non convincono più nessuno e quando nel 1962 vengono esposti alla Galleria Iolas di New York suscitano solo indifferenza e sono economicamente un insuccesso come pure la retrospettiva tenuta presso la Galerie du Luxembourg” a Parigi nel 1973. E’ la sua ultima mostra e Tamara, disillusa e quasi dimenticata, si ritira a Cuenavaca, in Messico, dove muore nel marzo del 1980 in un modo che non le sarebbe certamente piaciuto, nel sonno e con la sola figlia accanto la quale, conformemente al desiderio da lei espresso nel testamento, ne fa spargere le ceneri sul cratere del vulcano Popocatepetl in una scenografia con tanto di elicottero decisamente più consona alla personalità che aveva esibito per tutta la vita.