“La notte miracolosa” | di Giacomo Chiofalo

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INTRODUZIONE

Sono tornato! Ma sotto altre vesti: quello che leggerete stavolta non sarà una recensione, bensì un racconto. Di cosa parla? Vi risponderete da soli, niente paura! Perché ho deciso di pubblicare un simile contenuto? Edizione straordinaria, gente!
Ringrazio Tom King e Mitch Gerads per aver donato una grandiosa perla della nona arte all’umanità (Mister Miracle, per chi fosse interessato; e fidatevi: interessatevi!).

RACCONTO

Tu chi sei? Perché sei qui?

Giacomo si svegliò con un sussulto tale da emulare un terremoto in quel suo letto tanto riscaldato dal suo fervore manifestatosi nel sonno, ma non confortevole come lo era stato nelle precedenti notti: qualcosa era cambiato. Frattanto, il soffitto si appressava rapidamente a ogni chiusura di palpebre che il ragazzo osasse; più i suoi occhi cercavano di scovare qualcosa di razionale nella sua apprensiva e bizzarra situazione, più questi rendevano i pensieri del loro padrone farraginosi, come tutto ciò che componeva la stanza, la quale, secondo dopo secondo, respiro ansante seguito da altro respiro ansante, diveniva un ambiente di pastosi oscurità e delirio. Per sfuggire alla morsa opprimente, Giacomo illuminò il caos d’incertezza con il suo smartphone: una soluzione effimera per il suo bisogno, però efficace. Tutto era come doveva essere. Forse era stato lo strano sogno a cui aveva assistito, o forse no; ma di sicuro la sua guardia appena sollecitata non si sarebbe rilassata presto, dunque decise che un tè caldo all’arancia e cannella non sarebbe stato poi così disdegnato dal suo palato asciutto. Suo fratello si era svegliato, ma non così tanto da porre domande; i genitori non potevano aver percepito nulla. L’unico destato dal sonno si trascinò per le scale, ma con il solito passo felpato di cui svariate volte si era servito per degli scherzi. Arrivato all’ultimo piano preparò la sua bevanda, prese una sedia, e assise fuori per prendere un po’ d’aria fresca. “Cosa c*** ho visto?! E che sogni poi! Spero che sia stata la cassata, altrimenti potrei pensare di stare diventando pazzo! Ad ogni modo, sempre che i miei pensieri me lo permettano, già che ci sono potrei pensare a cosa scrivere riguardo quel compito della professoressa La Prima…ma cosa potrei mai scorgere di così notevole dal mio balcone? Oppure cosa potrei immaginare da qui?” Fermò la sua carrellata di domande per apprezzare il gusto del tè, come se qualcuno nella sua testa potesse compiacersi dei suoi complimenti, ma dovette precludere la continuazione anche di questi, dacché aveva udito all’interno del piano un fragore assimilabile a un onomatopeico BOOM! Fortunatamente aveva appena terminato di sorseggiare il tè quando balzò dal suo comodo posto per gettarsi dentro casa con aria sospettosa e allertata. Dopo una rapida occhiata alla cucina, girò lo sguardo in direzione della scala da cui era salito; ciò, o per meglio dire, chi non doveva esserci, fu presto notato: un uomo sul metro e ottanta sedeva sul pavimento ammattonato, con addosso una tuta sgargiante che ondeggiava tra un rosso vicino all’arancione, un giallo e un verde; i primi due per buona parte del corpo, il verde per l’esteso mantello e altri particolari, come i guanti. Armeggiava con una scatoletta bianca e complessa, la scatola madre: computer senziente, avanzatissimo e miniaturizzato, dalle più stravaganti e performanti capacità. Chi era?
“Mister Miracle?! Ma tu non dovresti neanche esistere! E poi, cosa min*** ci fai qui?” domandava Giacomo con cortese pazienza e ospitalità.
“Perché, credevi che Kirby si fosse inventato tutto? Be’, in parte sì, ma io esisto per davvero. Per quanto riguarda il tuo ultimo dubbio, non saprei che dire: non ho la più pallida idea del perché la mia scatola madre mi abbia mandato qui; dovevo solo comprare dei pannolini per mio figlio! E stranamente non riesco a riattivare il boomdotto, quindi penso che rimarrò qui per qualche ora, sempre che tu mi dia il tuo consenso, e non ti biasimerei se mi negassi di restare: sarebbe comprensibile, come la tua reazione del resto.”
“No, cioè…sì, va bene. Un po’ di compagnia non guasterebbe. E poi sarebbe un piacere conoscere il personaggio a cui mi sono interessato da pochi mesi per via della splendida run che King e Gerads hanno creato sul tuo conto. Comunque, il mio nome è Giacomo. Puoi considerarmi un tuo fan…credo.”
“Io sono Scott, ma questo lo sai già.”
“Certo, ma mi chiedo se tu sia davvero un Nuovo Dio di Nuova Genesi, perché questo è davvero difficile da elaborare!”
“Sì, lo sono.”
“C***!”, unica parola pronunciata per qualche minuto. Servendosi di un continuo andirivieni d’ausilio, il ragazzo cercava di ragionare, realizzare, astenersi dall’ipotesi di essere diventato pazzo. Poi si tranquillizzò dicendosi che alla fin dei conti non sarebbe neanche stata una tragedia se quello che stava vedendo non fosse reale; così propose un tè al suo ospite inopinato, e lui accettò. I due convennero nell’idea di affacciarsi dal balcone, e così fecero.
“Cosa ci fa un ragazzino come te sveglio a quest’ora della notte?” chiese Scott incuriosito e interessato ad allontanare Giacomo da brutti pensieri.
“Strani sogni e visioni ancora più assurde…” rispose lui con voce stravolta.
“E non ti sei chiesto a cosa possa essere dovuto: mi sembra che nel quadro manchi qualcosa.”
“Sai, non metto piede fuori di casa da almeno un mese e una settimana: non posso godermi una bella giornata primaverile, non posso incontrare i miei amici, non posso fare un salto in città e comprare dei fumetti, non posso tornare a scuola, non mi è permesso, in poche parole, di godermi la mia vita adolescenziale per come andrebbe fatto; certo, la scuola non mi mandava in solluchero, ma faceva parte del puzzle.”
“E perché mai?”
“Un virus. Siamo tutti in quarantena, non solo a livello nazionale, ma quasi a quello globale…”;
“…e non hai idea di quando possa terminare né di come riuscirai a gestire la situazione”, continuò il Nuovo Dio con tono empatico. Giacomo annuì disperato.
“Ascolta ragazzo mio, so che questo è un periodo difficile e che per questo motivo vorresti fuggire e lasciarti tutto dietro alle spalle, ma non è ciò che va fatto. Ti parla l’artista assoluto della fuga, colui che si è involato alla morsa di Darkseid e di Apokolips: colui che non teme trappola alcuna. Ma il mio non è escapismo, non lo è più. Avevo trovato la via definitiva per sfuggire a quella che pensavo fosse la trappola più grande di tutte: la vita. Sono scappato, ma ho comunque deciso di tornare. Ho dovuto continuare a convivere con tutto quello che avevo subito su quel pianeta infernale in giovane età, sopportare la morte di quella persona che ho considerato il mio vero padre, quella di mio fratello, vedere Nonnina, la carceriera che, nonostante le atroci torture, mi ha cresciuto facendomi affrontare la parte più truculenta della vita, spirare davanti ai miei occhi per via di uno stupido ordine di guerra, e guardar perire tutti quei soldati per un conflitto che non finirà mai.”
“E perché mai saresti voluto tornare a soffrire? Avevi la soluzione, perché non sfruttarla?”
“La mia soluzione era una fuga codarda. Se alla fine non ho rinunciato al dolore, è per il semplice fatto che sono rimasto intrappolato da quella che ho poi realizzato essere la più grandiosa tra le trappole, quella in cui tutti sono dentro, senza accorgersi che potrebbero farne a meno, ma semplicemente non vogliono: l’amore. Io, per antonomasia il re della fuga, ho scelto di rimanere in un imbroglio, dovendo accettare la vita nella sua interezza.”
“Wow! Quindi se tu sei riuscito ad acconsentire a un simile destino, pensi che io possa reggere la situazione in cui mi trovo?”
“Esatto.” rispose Scott compiaciuto di aver motivato il ragazzo. Frattanto la scatola madre cominciò a lampeggiare, per indicare che il boomdotto era pronto. A quel punto, Giacomo ringraziò il suo maestro e lui si congedò con un saluto gioviale.
Il cielo si stava schiarendo. Davanti agli occhi dell’adolescente si parava un orizzonte denso di possibilità che si potevano chiaramente distinguere per nitidezza e splendore. Una nottataccia non può nulla contro tale splendore, come una quarantena non può spezzare il genere umano unito, e l’incertezza dei brutti momenti non potrà ottenebrare per sempre il fulgore di ciò che saremo.

 

Giacomo Chiofalo:

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