di Meri Lolini
Siamo ancora qui chiusi nella nostre case. Il contagio di questo mostro infettante sembra stia diminuendo, infatti, la distanza fra le persone ed il loro isolamento diminuisce la possibilità di trasmissione di questa patologia devastante. In questo periodo sembra di vivere in una casa nuova, diversi sono i rumori che sentiamo ed alcuni sono proprio scomparsi. I condomini sono meno anonimi, si sta imparando che a quell’ora la vicina ascolta la sua musica preferita e quelli del piano di sopra parlano al telefono, oppure si sentono i profumi dalle cucine che prima erano poco frequentate. Tutti eravamo fuori al lavoro, oppure impegnati in tante attività, che ora sono state abbandonate. Le finestre rimangono aperte e le voci dei bambini che parlano o canticchiano qualche filastrocca, ci fanno compagnia. Questo nuovo modo di vivere sempre nelle stesse case, ce le fa sembrare diverse, sia per l’aria che le circonda, che per i rumori che ora sentiamo e che prima erano sopraffatti da quella città in movimento, che è stata messa a riposo. Sentiamo anche le urla delle liti nelle famiglie. Questo ci deve far riflettere. Sono troppo le donne a subire questi attacchi da quel coniuge o compagno, che giustifica tutto con un momento di rabbia ed è sempre lei, che accetta quelle scuse troppo facili da dire e troppo dolorose, da accettare. Lei che spesso viene schiaffeggiata o presa a calci da lui, che ha bevuto troppo o che non può andare in quella sala giochi, a dissipare tanti soldi, che potevano servire al quel bilancio famigliare già precario. Era accaduto questo in quell’appartamento , lei era stata trovata a distesa su quel pavimento. Grazie alla vicina che aveva sentito quelle urla, era stata salvata dalla furia di quell’uomo ubriaco. Il suo viso era tumefatto e gli ematomi sugli occhi gli impedivano di aprirli, ma le sue lacrime scendevano copiosamente su quel volto oltraggiato. La tremenda offesa intrisa di una vergogna gigantesca la resero muta davanti ai soccorritori, che cercavano di prestare le prime cure per poi portarla in ospedale. Lui era lì, che imprecava verso quella donna, che aveva osato venire in difesa della sua donna. Era ubriaco ed il suo alito saturo di alcol non creò nessun dubbio sulla motivazione di quella assurda violenza. Intervenne anche la polizia. L’uomo venne interrogato e poi condotto in questura. Questo mi ha raccontato la mia amica Luisa, che è la psicologa del centro antiviolenza. Poi ha continuato, riflettendo sul fatto, che le dipendenze in questo periodo sono ancora più pericolose, perché non gestibili fra le quattro mura domestiche in questa quarantena. Essere vittime di dipendenze genera tanta sofferenza per sé stessi e per le persone che sono vicine ad un’alcolista o ad un ludopatico. Sono impossessati da una voglia maniacale di esercitare questa loro necessità di bere o di giocare e questo li fa allontanare da tutti e da tutto. Questa loro necessità non deve essere ostacolata perché si creano situazioni molto pericolose, che possono avere conseguenze tragiche. In serata ho sentito di nuovo Luisa e mi ha detto, che quella povera donna ha una frattura alla spalla e gli ematomi si stanno riassorbendo.Durante l’incontro le ha detto, che tutto il buio che l’avvolgeva, ora si sta illuminando con la luce dell’accoglienza, che ha sentito nel suo cuore quando è giunta in quel reparto. Quella paura verrà superata con l’aiuto che riceverà nel centro antiviolenza e con l’ingresso in una struttura protetta e tutto questo cammino la porterà a riappropriarsi della sua esistenza.
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Meri Lolini
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