Quel lungo viaggio dal silenzio alla vita | di Irene Losito

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Ornella è una commercialista in gamba. Di lei ti colpisce lo sguardo penetrante ed il sorriso che esplode improvviso illuminandone il volto. Riservata, anche troppo, è come se muovesse i suoi passi entro confini ben delineati che rende invalicabili al resto del mondo. Single da quattro anni, parla degli uomini con profondo disprezzo. Ti viene da pensare che sia una delle tante donne inacidite dalle troppe delusioni della vita e temi possa essere l’ennesima che, senza esserne consapevole, si stia precludendo la felicità, accartocciata in un groviglio di pensieri che ne frenano il passo. Ma un giorno accade il miracolo.

Conosce Stefano, un uomo dai modi gentili e garbati. Accogliente, le riserva piccole attenzioni senza mai forzarla ad andare oltre ciò che sente giusto per lei. Mi racconta che col passare del tempo, prendendo coscienza che quest’uomo sta diventando importante, tira fuori tutti gli aspetti spigolosi del suo carattere mostrandogli il peggio di sé, quasi volendone provocare una reazione che lo spinga ad allontanarla. Ma Stefano continua ad essere paziente e presente. Sì, con un sorriso dolce e genuino, accarezza quelle che ai suoi occhi appaiono come evidenti fragilità.

Una sera la chiama per proporle di fare un salto al mare, a guardare la luna. Stranamente accetta il suo invito. Sale sulla macchina dell’uomo che puntuale come un orologio svizzero è passato a prenderla da casa. Mentre percorrono la litoranea al buio succede qualcosa che Stefano non riesce a spiegarsi. Ornella inizia ad agitarsi, si slaccia la cintura di sicurezza, gli chiede di accostare immediatamente. Stefano è preoccupato. Fa quel che gli ha detto. Ma appena fermata l’auto, Ornella gli butta le braccia al collo ed esplode in un pianto a dirotto. Stefano le accarezza i capelli, la tiene tra le braccia senza dire una parola. Passa parecchio tempo prima che Ornella riesca a calmarsi e armandosi di coraggio si decida ad abbattere quelle barriere innalzate diversi anni prima…

“Il mio ultimo fidanzato, Giovanni, mi ha distrutto la vita. A dirla tutta ho rischiato di perderla davvero. Era una persona impossibile, prepotente, arrabbiata col mondo… Le cose dovevano andare sempre come diceva lui, guai a contrastarlo. Ti faceva sentire un errore vivente, pronto a sputare sentenze contro chiunque manifestasse disappunto per uno dei suoi strampalati comportamenti. Negli ultimi mesi della nostra relazione, avevo imparato a rifugiarmi nel silenzio perché persino l’idea di contrastarlo mi faceva temere il peggio. Ma quella sera zitta proprio non potevo stare. Eravamo andati ad una festa di fine estate alla villa di un suo amico. Io avevo fatto tappezzeria per tutto il tempo. Lui amava accentrare le attenzioni su di sé, ma in quell’occasione mi aveva mancato di rispetto. Aveva iniziato a fare il cretino con la sorella del suo amico, quasi si fosse completamente dimenticato di essere a quella festa con la sua fidanzata. A un certo punto, dopo aver ballato con lei, la prende per mano e si vanno a sedere per bere qualcosa. Lei sulle gambe di lui. Non ci ho visto più e mi sono avvicinata. Non ho fatto scenate, gli ho semplicemente detto che si era fatto molto tardi per me e che avrei voluto poter tornare a casa. Mi guarda con uno sguardo che non dimenticherò mai. Allontana la ragazza, mi prende per un polso strattonandomi con modi bruschi e ci dirigiamo alla macchina. Temevo avrebbe iniziato ad inveire contro di me. Invece non disse una sola parola. Finché non entrammo in macchina. Accese il motore e sfrecciò ad una velocità pazzesca. Per il primo tratto della strada non fiatò. Ma era evidente che gli stesse montando una rabbia che non avrebbe potuto contenere ancora a lungo… E infatti, all’improvviso, accostò ed iniziò a vomitarmi addosso tutto il suo disprezzo. Non ebbi il tempo neppure di dire una parola. In preda ad un’ira feroce mi prese per il collo e tentò di soffocarmi. Non riuscivo più a respirare… sentivo solo la sua voce che continuava a ripetermi che non mi sarei mai più dovuta permettere di interferire nella sua vita… Lasciata la presa, scese dall’auto, aprì la mia portiera, mi afferrò come fossi un oggetto ingombrante di cui era assolutamente determinato a liberarsi e mi scaraventò a terra, in aperta campagna, di notte. Quindi tornò in macchina e sfrecciò via. Stordita, spaventata, mi sentivo morire… Ripresi fiato e chiamai al telefono l’unico amico che sapevo mi avrebbe soccorsa anche in capo al mondo… Fu un’impresa per lui riuscire a raggiungermi quanto prima possibile. Per me resistere in quel tempo interminabile scandito dal battito impazzito del mio cuore sfinito. Le luci delle macchine che passavano nel frattempo mi facevano morire di paura. Avrei potuto imbattermi in un malintenzionato. O avrebbe potuto tornare Giovanni sui suoi passi. Quando finalmente il mio amico arrivò, gridai al miracolo. Avevo dei segni inequivocabili sul collo. Marco insisteva perché andassi a denunciare la violenza subita. Voleva portarmi al pronto soccorso ma io mi opposi. Mi feci riaccompagnare a casa con la promessa che non avrebbe raccontato a nessuno della mia aggressione. Per sopravvivere al disastro, son finita in terapia per anni. Giovanni non si fece più vivo. Io dal canto mio mi imposi un isolamento forzato necessario a  ritrovarmi. Solo tre anni dopo ripresi ad uscire con le mie amiche. Giurando a me stessa che mai più mi sarei fidata di un uomo”

Stefano e Ornella oggi sono felicemente sposati. Il matrimonio ha rappresentato per lei un modo memorabile per sancire la rinascita dopo la violenza subita. L’amore di Stefano l’ha riportata alla vita. Oggi Ornella sa che un rapporto d’amore è fatto di complicità e rispetto. Alle amiche ricorda che non ci si deve accontentare d’altro. Ma quanto è pesato quel macigno sul suo cuore? Quanto avrebbe potuto costarle quel rapporto malato? Perché non ha posto fine alla relazione sbagliata?

Son tante le donne che confondono l’amore con tutt’altro. E portano avanti relazioni balorde esponendosi a rischi che non si è in grado di valutare a priori. Il peso della solitudine, la scarsa autostima, il sentirsi legate ad una routine che, per quanto brutta, si rivela più rassicurante dell’incognita di un futuro diverso, sono elementi che incidono sulla decisione di continuare una storia che fa acqua da tutte le parti…

È tempo di metterci in ascolto della nostra felicità, di prestare attenzione a quel che viviamo, di vivere da protagoniste, di imparare a proteggerci, di non confondere altro con l’amore. Educhiamo le nostre figlie a questa consapevolezza. Perché il resto può costare caro davvero…

Irene Losito

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