Una BERLINO solcata dai movimenti civici post COVID-19

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Fin dal periodo precedente alla riunificazione, la Germania, divisa com’era, iniziò a rinascere – anche in senso civico. I quasi 50 anni di socialismo insieme all’esempio offerto da Solidarność richiedevano delle “misure” chiare: così nacquero le “Manifestazioni del lunedì” (Montagsdemonstrationen), le pacifiche proteste politiche contro il governo socialista – proprio nel cuore dell’est tedesco, a Lipsia. La Chiesa di San Nicola nel centro della città testimonia le iniziative che durarono dal 1989 al 1991.

Gli anni ’90 furono “un’esplosione” sotto tutti gli aspetti: Berlino era in continua evoluzione, così come la sua popolazione, ormai diventata più attiva dal punto di vista civico e politico, presa dall’euforia della libertà di espressione contro il cosiddetto “establishment”. La capitale era già un “melting pot”, la coscienza sennò il centro del nuovo e “riformato” stato federale (sono passati 30 anni dalla riunificazione e 500 anni dalla riforma di Lutero).

Nel contesto attuale, dominato dal discorso coronavirus e dalle misure di sicurezza imposte dalle autorità, le manifestazioni pubbliche della società civile hanno sofferto, ma non si sono arrese – non appena le restrizioni sono state allentate, le strade sono tornate in vita, “costrette” dagli eventi internazionali del momento.

Le recenti dimostrazioni di Hong Kong, causate dalle leggi cinesi che riducono drasticamente l’autonomia della metropoli, hanno risuonato anche a Berlino, dove, a inizio giugno, gli attivisti di Amnesty International hanno organizzato vari protesti davanti all’ambasciata cinese – in segno di solidarietà con la resistenza degli attivisti pro-democratici coinvolti in una lotta costante contro le forze governative coordinate dalla governatrice Carrie Lam.

Negli ultimi 30 anni, l’attivismo e i movimenti di solidarietà in generale hanno svolto un ruolo decisivo in Germania, dato il passato nazista dello stato che ha impiegato decenni per accettare e successivamente superare il rimorso e il rimprovero dell’opinione pubblica internazionale. Una delle conseguenze logiche fu la politica federale diretta contro ogni tipo di discriminazione, alla quale l’attuale governo è particolarmente legato.

L’opinione pubblica tedesca è quindi estremamente sensibile alle iniziative sui diritti umani, culminate nella crisi dei rifugiati arrivati sul continente attraverso il Mediterraneo: il caso di Sea Watch e del Capitano Carola Rakete è stato uno dei più noti del 2019, quando in Italia le politiche di destra di Salvini e della Lega Nord riuscirono a polarizzare gran parte della popolazione… come sappiamo già, la crisi politica dell’Italia ebbe come conseguenza anche la formazione del movimento anti-populista (e anti-Salvini) chiamato 6000 Sardine, che gode di numerosi sostenitori anche nella diaspora, ma soprattutto a Berlino.

Le iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sui vari problemi globali hanno quindi una certa tradizione a Berlino. Quelle a sostegno delle politiche legate al clima sono da tempo separate dal “establishment”, rappresentato dal Partito dei Verdi (Die Grünen) – parliamo quindi di un ritorno ad una forma “grassroots”: dal già famoso Fridays for Future, che ha fatto sentire la sua presenza soprattutto online durante l’epidemia, alle piattaforme locali motivate da obiettivi climatici: radikal:klima (fondata solo pochi mesi fa) o movimenti più conosciuti a livello europeo: un esempio sarebbe Ende Gelände, che dal 2015 milita contro l’energia nucleare e i combustibili fossili (nonostante il fatto che l’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione l’abbia tacciata come movimento “influenzato dal estremismo di sinistra”).

Un altro “movimento progressista paneuropeo che mira a democratizzare l’Unione Europea prima che si disintegri” (proponendo un “New Deal verde”) è DiEM25, fondato dal controverso politico Yannis Varoufakis.

Proprio in questi giorni (10-20 giugno) si è svolta una serie di manifestazioni post-covid, che riunisce movimenti che militano per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle politiche relative al clima e alla protezione dell’ambiente, all’urbanizzazione / gentrificazione (un fenomeno preocuppante nella capitale tedesca), ma soprattutto all’immigrazione e diritti umani.

In termini di urbanismo, Berlino si confronta con una grave crisi immobiliare. Il fenomeno si è aggravato soprattutto negli ultimi 6 anni, quando il mercato immobiliare delle grandi città si è trasformato in una vera e propria giungla e gli affitti hanno raggiunto livelli incredibili. Neanche la politica della “Mietpreisbremse” (che stabilisce una somma massima al metro quadrato a seconda dell’area), ebbe degli effetti visibili. I problemi sono legati alla speculazione sui costi di manutenzione, non solo dell’affitto “di base”, che non possono essere controllati dall’amministrazione; sia le società immobiliari (ad esempio GMRE) sia i proprietari privati approfittano spesso della posizione privilegiata della metropoli in Europa e dell’afflusso di “nomadi digitali” che trovano in Berlino una residenza attraente da tanti punti di vista.

Alcune delle organizzazioni che protestano contro i giganti del mercato immobiliare e dunque, contro il loro monopolio sono Mietenwahnsinn e Deutsche Wohnen & Co. enteignen!, che denunciano la situazione allarmante e richiedono l’espropriazione delle aziende immobiliari.

Neanche i difensori dei diritti umani sono stati intimiditi dalle restrizioni della crisi Corona negli ultimi mesi: le proteste si sono spostate sui social. Un primo esempio è stato dato dall’ONG berlinese Seebrücke, che ha lanciato la campagna #leavenoonebehind denunciando la situazione raccapricciante (condizioni igieniche e di vita) nei campi profughi della Grecia, principalmente a Moria.

Tutte le organizzazioni che si occupano di operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, della situazione dei rifugiati e dei diritti umani in generale, Allarm Phone, Sea Watch, Mediterranea e Mediterranea Berlin hanno continuato il loro lavoro di informazione e denuncia attraverso i canali social media. 

Proprio a giugno, quando la situazione COVID19 si è stabilizzata, le iniziative civile sono state riprese anche nello spazio pubblico. Le manifestazioni di solidarietà e quelle contro il razzismo e la discriminazione hanno ufficialmente cominciato con la prima protesta Black Lives Matter – il 6 giugno (la seconda, il 27 giugno), seguita della demo “Unteilbar” (“Indivisibile”), il 14 giugno. 

Anche la manifestazione del 20 giugno, intitolata “Spreedemo”, è stata organizzata nel nome della solidarietà, riferendosi a problematiche diversi: il clima, la vita urbana, l’immigrazione ed i diritti umani.

Contro il razzismo ed il fascismo il collettivo Bündnis Neukölln ha organizzato la protesta del 26 giugno, tenuta nel quartiere berlinese multietnico di Neukölln, dove sui muri e le finestre della pasticceria siriana Damaskus i proprietari avevano trovato delle scritte naziste e svastiche… un fatto tanto incredibile come inaccettabile nella Berlino e nella Germania del 2020…