«Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi, se il sole illuminerà entrambi senza che le nostre ombre si sovrappongano, se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere … Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto.» (Pablo Neruda)
“Amore e Psiche”: il mito narrato da Luciano de Crescenzo | “Zeus. le gesta degli dei e degli eroi”
Buongiorno, miei cari lettori e ben venuti nella mia rubrica: “In salotto con Aurora”.
Oggi, vorrei riflettere con voi, su un concetto molto caro a quasi tutti gli esseri umani: “l’amore”, quell’emozione così potente da rappresentare forse, il sentimento più ambito da chiunque. Amore, passione, ardore, un turbinio di emozioni che ti investono e a volte ti inondano fino a travolgerti e distruggerti completamente. L’amore per noi umani, a differenza degli animali, rappresenta una necessità di vita. Il bisogno di amare, infatti, è innato nell’uomo, al pari del bisogno di nutrirsi, di bere; esso rappresenta un’esigenza fondamentale, quasi essenziale per la sua stessa sopravvivenza. Virgilio nelle Bucoliche cantava: “Omnia vincit amor et nos cedamus amori”, ovvero: “L’amore vince su tutto e bisogna cedere all’amore”. Ma la domanda più ricorrente che ci poniamo fin dall’inizio della nostra stessa esistenza è: “Esiste il vero amore?” E, soprattutto: “Esiste la felicità in amore?”. Per Epicuro la felicità era assenza di dolore. Ma l’amore, purtroppo, il più delle volte è dolore, angoscia, sofferenza, gelosia, tormento. Schopenhauer afferma che dietro la molteplicità dei fenomeni del mondo si nasconde una forza unica, cieca e irrazionale: la volontà. In tale prospettiva, tutti gli esseri umani sarebbero in realtà una oggettivazione nello spazio e nel tempo appunto della volontà, nel senso che il mondo non sarebbe altro che un gigantesco scenario al cui interno tutte le cose, attraversate da questa volontà insaziabile, lotterebbero per esistere e perseverare nel proprio essere come il bene ed il male. Fin dai tempi antichi, infatti, l’uomo è sempre stato pervaso da due eterni istinti: uno è l’istinto alla vita, rappresentato dall’amore, dall’affetto, dalla passione che, secondo il mio modo di vedere le cose, è equiparato alla luce; l’altro, invece, è l’istinto di morte, rappresentato dall’aggressione, dalla violenza, dalla distruzione, ovvero dalle tenebre. Tuttavia credo che, probabilmente di tutti i sentimenti esistenti, solo l’amore unisca veramente gli esseri umani, che genera solidarietà ed equilibrio all’interno della nostra società, della famiglia e, soprattutto, della coppia. Il “Mito delle due metà” che viene narrato da Aristofane nel Simposio di Platone, narra che anticamente tutti gli uomini esistevano al mondo come esseri perfetti ma indistinti e fu poi Zeus che, spinto da un grande sentimento di orgoglio, decise che era giusto che ogni individuo venisse spaccato in due.
Fu da allora che ogni persona porta avanti la propria esistenza alla ricerca della metà, quella metà della quale si sente tanto la mancanza al punto da spingere ogni individuo a cercarla in ogni parte del mondo per ritrovarla e sentirsi così completi. È qui che scatterebbe l’ansia di ogni essere umano di ricercare l’altra metà mancante in modo da raggiungere l’amore perfetto. L’essere umano ha bisogno dell’amore, di amare e, soprattutto, di essere amato. Quando siamo innamorati vorremmo fermare il tempo. Viviamo per quegli attimi fuggenti. A volte penso che l’amore sia pura follia e, probabilmente, la follia è la parte più potente di noi stessi. Sono fermamente convinta che noi umani non ci innamoriamo di chiunque, ma solo di coloro che in qualche modo ci riflettono la nostra follia, perché l’hanno compresa. È solo in questo modo che siamo messi veramente a nudo prima ancora di esternare i nostri veri sentimenti. E, in un certo senso, l’amore corrisponde a una sorta di smarrimento, uno smarrimento di cui abbiamo assolutamente bisogno, forse perché dobbiamo conoscere la nostra follia, che ci attrae più di ogni altra cosa anche se non lo sappiamo. Sarà questo il segreto dell’amore? Oppure la vera felicità è racchiusa nel coraggio di mettersi in gioco, di pretendere qualcosa dal proprio destino, da sé stessi? Amare noi stessi significa imparare a conoscersi, seguire i propri sogni, realizzare le proprie ambizioni, imparare a resistere alle avversità della vita. L’amore implica una serie di accorgimenti, di strategie, di sogni che debbono proiettare ognuno di noi verso l’altro. L’amore, dunque non è “prendere” ma è “dare”, non è “ricevere” ma è “donare”. Susanna Tamaro ha scritto: “Va dove ti porta il cuore” ed io aggiungerei: “Va dove ti porta la tua anima, amala e soprattutto, impara ad ascoltarla e rispettarla”. Solo prendendo cognizione del nostro equilibrio interiore potremo aprirci agli altri, e potremo così imparare finalmente ad amare. Amore è dedizione, passione, sacrificio, ma è soprattutto vita! Allora, ama e sii felice! E come diceva D’Annunzio: “Ama il tuo sogno se pur ti tormenta!”
Aurora d’Errico