Tacco dodici: 12 livelli di spiritualità di Flaviana Pier Elena Fusi

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Tacco dodici:12 livelli di spiritualità di Flaviana Pier Elena Fusi

 

Pare poesia, chi cammina su quella scia, di un tacco che dà lo stacco, dalla terra che tiene all’attracco. Innalzarsi dalla materialità è qualità di chi usa la spiritualità. È abilità stare a quel’altezza là. Volteggiare su dodici centimetri è dote di spiriti terrestri ormai maestri, che gli ardori di signori rende autori e professori: possono imparare anche solo restando a guardare. È quella postura indice di misura, della signora che l’eleganza assapora. Un sensuale ancheggiare, rende muto il pubblico ad osservare, se si incede con sapere, si fa gioco di un potere, quello imparato nella vita, che non è cosa già stabilita. È duro apprendimento, che tiene conto di ogni momento. Avanzare vuol dire sbagliare, ma anche correggere e, se è necessario, indietreggiare, prendere la rincorsa e cambiare l’andare. Tutto è arricchimento, se ci si guarda bene dentro. Col tacco è più duraturo, si ottiene un baricentro sicuro. Ci vuole fermezza, perciò si lasci andare la debolezza, una buona dose di autostima, che qui non serve solo a far la rima. La costanza e l’allenamento sono componenti da tenere nel tempo. La compostezza e la fierezza arrivano insieme alla carezza, per chi guarda l’esistenza con leggerezza. Da quell’altura si vede il mondo da altra angolatura: si deduce che la calzatura, rende protagonista chi della vita ne fa animistica avventura.

 

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La scarpa simboleggia il tipo di vita vissuta dalla persona che la indossa; può essere logora, sporca, consumata, con la suola bucata; viceversa, pulita, elegante, slanciata con tacco. Una bicicletta, una motocicletta, un monopattino, tutti i mezzi con due, tre o quattro ruote, rappresentano anch’essi lo stile di vita dell’individuo che ne è proprietario.

Scarpe strette o larghe, morbide o dure, alte o basse, stivali o sandali, ciabatte o zoccoli, simboleggiano tutti qualcosa.

JOSHU, monaco zen vissuto tra l’ottavo e il nono secolo, tiene un comportamento strano con i suoi sandali. La storia è questa: due gruppi si contendono un gatto, ma non trovano l’accordo. Per risolvere il problema, si rivolgono ad un Maestro. Questi, dopo aver ascoltato, sguaina la sciabola e squarta in due il gatto, dalla testa alla coda. Un allievo chiede al maestro JOSHU, come si sarebbe comportato, lui, di fronte allo stesso problema. Alla domanda non segue una risposta, il maestro si toglie i sandali, se li poggia in testa e va via, lasciando di stucco l’apprendista.

Riuscire a indossare con destrezza, agilità e disinvoltura una scarpa sobria, pulita, elegante, con tacco dodici, è un’impresa ardua. Qualora venissero a galla vanità ed ego, la donna precipiterebbe a terra. Storte, cadute rovinose e deformazioni della colonna vertebrale, sono la logica conseguenza di chi non possiede il giusto sapere interiore. Padroneggiare il significato della propria quotidianità, allinearsi alle leggi del cuore, permette di elevarsi.

Il tacco dodici richiama alla mente la corteccia cerebrale umana. I due emisferi contengono ciascuno sei strati cellulari, la cui somma è dodici.

12 è il numero della levatura iniziatica e della completezza. Iniziatico si riferisce all’Ordine Creatore, al giorno uno: In Principio, asserisce l’Antico Testamento. Una donna che sa risvegliare appieno l’Ordine Interiore, è in grado di salire su un tacco dodici senza problemi. Da lassù contempla ciò che ha fatto nel corso dei vari cicli della vita, fino a quel momento: abilità non comune.

Superare il tacco dodici è deleterio, pericoloso, perché si oltrepassa il limite. Nel corso di certe sfilate, volutamente provocatrici, si osservano cadute memorabili e penose di giovanissime modelle su tacchi altissimi.

Quando JOSHU si toglie i sandali e se li pone in testa, vuole annunciare la fine di un ciclo, ovvero il completamento del sesto Livello dell’Emisfero Creatore Sinistro e del sesto Livello dell’Emisfero Creatore Destro. Piedi e testa sono in relazione: Inizio e Fine. Non è un caso che le cellule del Livello uno del nostro cervello parlante, preposte principalmente all’acquisizione del linguaggio, siano le stesse del Livello sei, l’ultimo; nonostante la distanza, tali cellule, a forma di sigaro, sono in contatto fra loro; motivo per cui, le persone anziane, ricordano l’infanzia con una certa facilità.

L’entrata nel livello due e nel Livello tre della vita del ciclo preso in considerazione, implica l’acquisizione dei simbolismi, che successivamente, dopo i quarant’anni, dovranno essere decifrati dalle cellule del Livello quattro e del livello cinque della corteccia cerebrale, pena l’errare nell’incertezza. Il livello sei concede la visione d’insieme dei fatti. I Sei livelli di Sinistra più i Sei livelli di Destra ,formano i dodici strati da attraversare e contemplare al fine di elevarsi…anche su un tacco dodici.