Mentre lavoro alla stesura di alcuni testi in dialetto siciliano mi soffermo piacevolmente, e con dovizia di particolari, sull’analisi psicologica dei miei personaggi: per la maggior parte donne! Femmine che profumano di carne, bellezza e poesia.
Loro, protagoniste indiscusse dei miei racconti, sono esteticamente molto belle: vere e proprie dee sicane. Dalle forme opulente e sinuose come onde del mare. Giunoniche e voluttuose. Che hanno la malìa nello sguardo: conturbante e ammaliatore. Capace altresì d’ipnotizzare gli uomini come il flauto di un incantatore di serpenti. Femmine dagli occhi chiari pittati di azzurro mare; quando qualcuno adagia lo sguardo su di essi pare di tuffarsi e sguazzare nell’acqua in uno stato di totale abbandono. Femmine che profumano di zagara, agrumi e terra di Sicilia. Di ciliegie, pesche e mandorlo in fiore.
Dallo sguardo malandrino, capaci di fottere l’anima a chi le guarda. Di rubare pensieri focosi e birichini al primo masculo ringalluzzito che incrocia il loro cammino. Per la maggior parte sposati e tentati, che sbavano dinanzi a cotanta bellezza.
Femmine fameliche e voraci di sesso e soldi. Sempre vestite con abiti succinti che mettono in risalto le loro forme morbide come le brioche. Ubriacano come il vino. Si annacano e sculettano per farsi guardare. Sfacciate e senza pudore, opportuniste e arrampicatrici sociali. Disposte a tutto pur di maritarsi con il masculo più ricco del paese: location confinata che fa da scenario alle mie novelle.
Donne disposte a sposarsi pure con uomini affetti da difetti fisici, purché ricchi. Tanto poi mettono loro le corna!
Femmine zoccole, animate da un buttanesimo ancestrale e atavico senza eguali. Malafemmine che usano il corpo come mezzo per raggiungere il loro obiettivo: la materia, la carne, i soldi.
Calienti e passionali, viscerali e calorose come la Sicilia cui appartengono. Sanguigne e focose come il vulcano Etna della loro terra.
Accanto ad esse si muove paradossalmente un universo di donne anziane: personaggi atipici e sui generis. Donne sicule dalla tempra forte; di pasta antica e dalla personalità coriacea. Affaticate dalla vita e dal duro lavoro della terra dei campi. Madri e mogli encomiabili e dedite alla famiglia con rigidità e amore. Capaci di nutricare i figli con il cibo che si rivela essere leccornìa del cuore. Prelibatezza d’amore.
Donne sagge che trovano una sorta di riscatto nella maturità degli anni, quando ormai i figli sono grandi, già vedove e con meno pensieri.
Donne che nella vecchiaia hanno fatto una metamorfosi nel carattere e modo di fare; diventando perfino mattacchione e birichine. Come nel caso di Nonna Rosa e Masina “a pigghia e potta”, ovvero pettegola.
Loro, comari di vicinato e amiche inseparabili di birichinate! Curtigghiare senza eguali e soprattutto omertose. Che sanno tutto di tutti, ma se chiedi loro qualcosa in merito a qualcuno, rispondono di non sapere: nenti sacciu e nenti vogghiu sapiri!
Anziane donne che nonostante la veneranda età sono piene di verve.
Da madri e mogli di picca parràri sono perfino diventate logorroiche e spiritose. Narratrici di fatti e avvenimenti, storie di famiglie e personaggi del paese.
Questo è l’universo femminile delle mie novelle di Sicilia: un piacevole microcosmo di femmine buttane e curtigghiare, colorite, piccanti e di folclore!
Rossana Lo Giudice