La festa “religiosa” del culto rosaliano si svolge ogni 4 settembre sul Monte Pellegrino in cui, il cardinale, alla presenza di alcune autorità cittadine,celebra una messa nello spazio antistante al santuario. Alla messa partecipano migliaia di fedeli che, già dalla notte tra il 3 e il 4, vi si recano in “pellegrinaggio” percorrendo la stessa strada, denominata “strada vecchia”, che Rosalia salì per arrivare in cima al monte. In passato la maggior parte dei fedeli che compivano “l’acchianata” appartenevano al ceto medio basso e ciò nasceva dal bisogno di ottenere dalla potenza divina una “rassicurazione di tipo diverso da quella generica”.
Esso può essere paragonato a un vero e proprio viaggio per ringraziare la divinità a cui si è votato per l’avvenuto miracolo o semplicemente per chiedergli una grazia, e rappresenta pertanto:
– Atto di affidamento;
– Vincolo che unisce la potenza divina al miracolante che gli chiede la grazia;
– La promessa.
Facendo riferimento al pellegrinaggio a noi contemporaneo, i fedeli che arrivano a destinazione sostano per una notte davanti alla grotta praticando l’antico rituale pagano della dormitio-incubatio, rituale svolto non solo a Monte Pellegrino ma anche in altri santuari.
La mattina seguente prima di ritornare in città bevevano l’acqua della sorgente insieme a della polvere di sassi ritenuti miracolosi perché entrati in contatto con il corpo della santa mentre altri ciottoli venivano utilizzati come talismani protettivi da fulmini e terremoti.
Pitrè riferisce che alla fine dell’Ottocento i devoti di Piana degli Albanesi partivano a piedi dal loro paese per arrivare al santuario di Santa Rosalia e come loro, erano molti gli abitanti della provincia palermitana che la intraprendevano e nel momento in cui arrivavano in cima, festeggiavano con danze e canti la riuscita del pellegrinaggio.
Un oggetto molto in uso il 4 settembre erano le cosiddette “bandierine” (o “muscaloru” perché scacciava le mosche durante la salita) definite dagli studiosi di cultura popolare come “ventaglio apotropaico” che testimoniava l’avvenuto “viaggio salvifico” a Monte Pellegrino e con essi decoravano i carretti che conducevano i pellegrini ai piedi del santuario.
A questo oggetto veniva attribuito un potere taumaturgico se riceveva la benedizione durante la messa che si svolgeva all’interno del santuario venendo successivamente posto al capezzale dei malati.
Oggi lo stesso percorso compiuto 100 anni fa dai nostri avi con le bandierine si tinge di nuovi colori per la presenza di varie etnie sempre più devote alla giovane patrona, ampliandone i confini culturali e dando al culto un volto sempre più multietnico.
Giusy Pellegrino