La chiesa ipogea della Madonna della Provvidenza | di Giusy Pellegrino

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Sotto l’imponente chiesa barocca di San Giuseppe dei Teatini si nasconde un tesoro unico e inestimabile: la chiesa ipogea della Madonna della Provvidenza, realizzata intorno al 1630 come cripta sepolcrale dei padre Teatini, ordine arrivato da Napoli nel 1600 su invito del Senato palermitano.

La loro prima sede fu in realtà la chiesa di Santa Maria della Catena assegnatagli per la somma di 2000 scudi e la loro presenza fu sempre ben vista dalle autorità in quanto era l’unico ordine capace di contrastare il potere degli “scomodi” gesuiti, vicini di casa, quando si trasferirono nell’attuale sede di via Maqueda.

La chiesa custodisce l’immagine della Madonna della Provvidenza con una storia ricca di misteri e prodigi: si narra che fu voluta dalla Congregazione degli Schiavi di Maria SS. della Sciabica fondata,   nel 1610 da padre Salvatore Ferrari. Questa Congregazione prese il nome da un’antica rete da pesca che catturava qualsiasi tipologia di pesci e tale scelta non fu casuale in quanto ne rispecchiava l’idea di accoglienza al suo interno di fedeli di ogni ordine e grado.

Alla neocongregazione mancava un immagine da venerare, individuata nella rappresentazione della Vergine col Bambino  della Madonna dell’Arco di Napoli e  di proprietà del padre teatino Vincenzo Scarpato.

Padre Scarpato cercò di farsela riprodurre fedelmente dai vari artisti locali in modo da poterla esporre alla venerazione dei fedeli ma ogni tentativo fu vano fino a quando, un giorno mentre faceva ritorno al convento, trovò un anziano signore ad attenderlo che, mettendogli tra le mani un pacchetto contenente un quadro, gli disse «tieni fratello Vincenzo un quadro che ti piacerà  di sicuro: conservalo, custodiscilo con rispetto e venerazione, farà tante grazie, e molti verranno a fargli visita anche da lontano»

L’anziano prete capì che il prezioso dono era l’icona desiderata e nell’istante in cui distolse lo sguardo commosso dall’immagine per poter ringraziare il benefattore, notò che non c’era più.

Per anni nascose il suo segreto per poi rivelarlo, in punto di morte santa, che quello era San Giuseppe, perché nell’arco della sua vita terrena ne aveva avuto molte visioni.

Nel 1646 l’icona fu esposta alla venerazione dei fedeli nella cripta sotto la chiesa superiore vicino alla tomba di padre Vincenzo. Questo luogo fu reso ancora più santo da ritrovamento di padre Francesco Maggiore, di una fonte d’acqua miracolosa i cui prodigi furono messi per iscritto dallo stesso nel libro La miracolosa Madonna della Provvidenza. Il testo fu uno delle fonti principali per il riconoscimento, da parte delle istituzioni ecclesiastiche, di questo culto mariano.

Nel 1685 il senato palermitano la nominò compatrona della città e, nel 1734, per volere del Capitolo di San Pietro, furono incastonati due diademi in oro e zaffiri sul capo del Bambino e della Madre a memoria dei numerosi miracoli riconosciuti.

La cripta, divenuta in breve tempo luogo di pellegrinaggio, venne abbellita e arricchita da numerose opere d’arte: l’altare “versus populum”, in origine in marmo bianco fu sostituito, nel 1873, con uno in argento che nella presentava un paliotto sbalzato e cesellato realizzato dalle maestranze palermitane Giuseppe Ruvolo e Pasquale Cipolla grazie alle numerose elemosine donategli dai fedeli e oggi esposto nella chiesa superiore sotto l’altare della cappella di San Giuseppe.

Le pareti furono le grandi tele per le opere del Novelli incorniciate da splendidi stucchi dorati  mentre ai piedi dello scalone che conduce alla cripta furono realizzate da Ignazio Marabitti due acquasantiere con angeli in marmo.

La chiesa ipogea, sia per motivi di sicurezza sia per motivi economici, non è più visitabile ma per far sì che devoti e curiosi della Madonna della Provvidenza continuassero ad ammirarne e venerarne l’icona, quest’ultima è stata spostata in una cappella della chiesa superiore.

Palermo non smette mai di stupirci.

Giusy Pellegrino

 

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Laureata triennale in scienze storiche, nel 2017 si specializza col massimo dei voti in studi storici, antropologici e geografici con una tesi di storia medievale locale dal titolo "la spiritualità femminile nel XV secolo: l'esempio di Eustochia Calafato e il Monastero di Montevergini di Messina". Allieva dei docenti più illustri della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Palermo tra cui possiamo annoverare Salvatore Fodale, Pietro Corrao, Patrizia Sardina, Maria Concetta di Natale e Daniela Santoro relatrice ed esempio importante per la sua formazione storica. Nel 2012 inizia il suo percorso in ambito turistico con l'acquisizione della qualifica di organizzatore di itinerari storico, artistici e culturali che la porta a svolgere un periodo di stage presso l'ex ufficio turistico della Provincia di Palermo e, nel 2019, acquisisce la qualifica di tecnico dell'accoglienza turistica. Attualmente è operatrice museale e referente storica del Complesso del Gesù di Casa Professa a Palermo per cui ha curato, insieme alla collega storica dell'arte Conny Catalano, la guida del museo e l'introduzione storica del progetto editoriale sulla presenza degli esercizi spirituali nell'arte della Chiesa del Gesù scritto in collaborazione con importanti esperti nazionali e internazionali. Il suo motto è "la storia non va semplicemente scritta o letta ma vissuta".