Elisabetta Sionis, Criminologa in Cagliari: “Antonio De Marco è un serial killer in pectore che necessita di una perizia psichiatrica forense per la tutela della collettività” | a cura di Mirko Avesani

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Cari affezionati lettori, oggi vi voglio presentare, lungi dal cercare le “luci della ribalta”, una analisi di un recente caso di cronaca nera che ci ha particolarmente colpito.

Bando alla chiacchiere e agli inutili convenevoli, lascio la parola alla Dott.ssa Elisabetta Sionis, Criminologo clinico esperto in psicologia giuridica, già Magistrato on presso Tribunale Minori di Cagliari.

Dott.ssa Sionis, a Lei parola e grazie per le delucidazioni del caso, svolte con le sue consuete professionalità e pacatezza, unite al senso della misura.

“Grazie a voi per l’ospitalità su questa testata.

La disamina delle notizie rese dagli investigatori e le motivazioni espresse dal pm nel provvedimento di fermo e dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare, consentono di ipotizzare che il duplice omicidio sia scaturito da un movente di natura intrapsichica e passionale, in un soggetto che da tempo fantasticava astrattamente e senza ancora un preciso bersaglio, idee  riferibili all’omicidio per poter affermare il proprio potere di controllo sulle vite altrui e sentirsi appagato.

Le modalità attraverso le quali il De Marco  ha agito, rimandano a schemi noti nell’ambito criminologico, riconducibili alle caratteristiche dell’assassino seriale di tipo edonista, sadico e organizzato.

Il giovane, dopo aver meticolosamente annotato in sei biglietti, il piano criminale, ha colto di sorpresa la coppia e ha dato luogo alla mattanza secondo uno schema preordinato (fase aurorale) in un contesto temporale e logistico altamente simbolico.

Gli elementi che fanno deporre per l’ipotesi che si tratti di un serial killer in pectore, alla sua prima esperienza omicidiaria, sono:

  1. il simbolismo spaziale e temporale dell’azione delittuosa: egli aveva copia delle chiavi (riprodotte fraudolentemente in epoca antecedente al delitto), avrebbe quindi potuto agire con minore rischio se si fosse introdotto nell’appartamento a notte fonda mentre la coppia dormiva. La scelta dell’orario e del correlato rischio è stata ben ponderata, dato che proprio il cosiddetto “risk taking” ha aumentato la sensazione di piacere provata nell’uccidere. Quella condotta gli ha provocato una sensazione simile all’orgasmo emotivo tipica del forte giocatore d’azzardo che scommette grandi cifre in cui l’emozione è direttamente proporzionale all’innalzamento del rischio di perdere tutto. Lo scenario in cui si è consumato il crimine è altamente simbolico.
  2. Fase seduttiva: Egli ha cercato di intessere un surrogato di rapporto amicale e di fiducia, mal coniugato con le sue malevole e inadeguate istanze interiori, gravate dalle  marcate carenze relazionali di cui è portatore. Infatti, per quanto Daniele si sia fidato affittandogli una porzione di appartamento, non lo ha mai avvicinato intimamente  dato che si riferiva a lui come il “ragazzo – infermiere”.
  3. Fase di puntamento: Il De Marco, nonostante conoscesse l’appartamento, ha certamente pedinato le vittime e ha tracciato il percorso che avrebbe dovuto effettuare per assicurarsi l’impunità. Egli era a conoscenza del fatto che proprio la sera del 21 Settembre, la coppia avrebbe inaugurato l’appartamento. Non si può escludere che si sia introdotto in casa altre volte, anche mentre la coppia era all’interno.
  4. Sadismo: Aveva indosso un passamontagna ricavato da una calza color carne, da donna alla quale aveva disegnato,    con pennarello nero, il contorno degli occhi e della bocca. Una vera e propria maschera per incutere ulteriore  terrore e non solo per travisare il volto. Il modus  operandi e l’arma scelta rimandano ad un delitto tipico dei “lust murder”. In questo caso, il desiderio sessuale, mentre veniva agito attraverso il massacro, ha   contemporaneamente e dicotomicamente soppresso  colui che è stato identificato, suo malgrado,  come l’artefice, l’origine e la causa di quel desiderio disprezzato. Non è improbabile che De Marco sia un omosessuale ego-distonico e abbia simbolicamente annientato quella parte di sé che forse non accetta, probabilmente a causa di rigide inferenze educative. Il sentimento dell’invidia può essere circoscritto esclusivamente al fatto che Eleonora avesse un ruolo privilegiato nella sfera prossemica e sentimentale dell’oggetto del suo (non accettato) desiderio, ossia Daniele. L’antagonista/rivale è morta secondo un piano sadico di vendetta. Infatti, l’assassino ha scelto di eliminare entrambi i giovani, sebbene potesse ucciderne soltanto uno o entrambi ma con modalità che lo avrebbero maggiormente protetto dal rischio di essere arrestato.
  5. La fase omicidiaria: è certamente il fulcro dell’intera azione, in cui il De Marco ha provato sollievo e piacere nell’aver ucciso le  sue prede e con loro anche alcuni suoi fantasmi.
  6. La scelta del coltello come arma per uccidere: il coltello da caccia è stato acquistato tempo prima, in un grande negozio specializzato e rappresenta il tipo di rapporto che l’assassino voleva intrattenere con le sue vittime. Si tratta di un surrogato di matrice sessuale col quale ha infierito anche sul volto di Daniele, al fine di “cancellare” la di lui identità. Un oltraggio. Entrambi i corpi sono stati violentati con un numero di coltellate certamente superiore rispetto a quelle inferte mortalmente. L’assassino ha sfogato la sua rabbia e ha esercitato il proprio potere: Eleonora lo implorava di fermarsi. Il coltello da caccia, inoltre, identifica l’aggressore in “cacciatore di uomini”, ovvero un assassino seriale in pectore.
  7. Ipercontrollo: De Marco ha portato con sé, sostanze atte a modificare la scena del crimine e a renderla asettica. La soda, nei suoi piani non portati a termine a causa di fattori indipendenti dalla sua volontà,   avrebbe potuto avere il ruolo di cancellare e/o modificare integralmente alcuni distretti corporei o organi delle vittime.
  8. La fase totemica e la caccia al tesoro: probabilmente, egli intendeva sottrarre, nascondere e/o distruggere (anche con la soda) alcune parti del corpo.  Si tratta di un elemento che rinvia alla cosiddetta “fase totemica”. Non si può escludere che abbia portato via dei souvenir (totem) per procastinare e ravvivare il ricordo dello scempio e quindi provare ancora piacere sessuale. Il titolo della azione da compiere rimanda ai numerosi video games, giochi di ruolo, e fumetti manga di cui era assiduo fruitore. Allo stesso modo, il piano criminale, meticolosamente annotato in sei biglietti, in cui ha dettagliatamente previsto la durata complessiva in  un’ora e mezzo di sevizie, rimanda ad una sorta di grimorio del male.
  9. Il vademecum scritto come se fosse “un Altro da sé”: riveste una particolare importanza, dal punto di vista criminologico e della necessità di effettuare un approfondito esame psichiatrico forense (che certamente sarà richiesto in primis dalla Pm). Il soggetto in esame, infatti, si riferisce a se stesso e con toni direttivi, come se si stesse  riferendo ad una terza persona. Addirittura, gli intima e ricorda di “stare attento”.  Il De Marco dimostra di essersi scisso. Infatti, risulta palese la scissione tra De Marco “Persona” e De Marco “Personaggio”.  De Marco “Persona” istruisce, indirizza, redarguisce e dirige il De Marco “Personaggio”, in un gioco di ruoli in cui il personaggio deve portare avanti una missione entro un arco temporale di un’ora e mezza (game over) e secondo gli step indicati (livelli). A tal proposito, le testimonianze riferiscono che fosse particolarmente assorbito dalla realtà virtuale e che avesse un contatto superficiale con la realtà effettuale, nella quale non sembrerebbe mai essersi immerso appieno. Paradossalmente, egli inizia ad approcciarsi alla vita sociale, dopo l’efferato duplice omicidio, quando si reca ad una festa e frequenta una escort. Si tratta di gratificazioni che si è concesso dopo l’azione delittuosa e che hanno voluto ridefinire i confini, stavolta diluendoli, di quelle sue gravi carenze funzionali a livello emotivo, sociale, empatico e forse anche sessuale (alcuni articoli di giornale, farebbero dedurre abbia sofferto di eiaculazione precoce durante il rapporto sessuale a pagamento).
  10. Il movente sottende una logica interiore ed è detrminato da una componente psicologica interna al soggetto che lo ha indotto ad agire, pertanto, il movente è intrapsichico e di matrice sessuale accompagnato da marcati tratti ossessivi e di rimuginazione.  L’azione omicida si è articolata sotto la spinta di schemi che l’assassino ha dapprima fantasticato e costruito nella sua mente. Tale modalità ideativa corrisponde esattamente alla “fase aurorale” dei serial killer. I biglietti scritti da De Marco ne sono una prova. Tra l’altro, la sadica eccitazione derivante dal torturare, sezionare, mutilare e massacrare è coerente con il tipico movente sessuale maschile.
    Egli ha inteso esercitare il totale controllo su un’altra persona, fino al potere definitivo di deciderne il destino.
  11. Ritualismo macabro: Il kit contenente le fascette, la soda, la candeggina etc etc rimanda ancora una volta ad un profilo criminale socialmente pericoloso e con alto rischio di recidiva specifica. La tortura gli avrebbe permesso di esercitare ulteriormente il suo potere di dominio psico-fisico sulle vittime e avrebbe appagato il suo ego abnorme.
  12. La scritta sul muro: la modalità omicidiaria, unitamente al vademecum ed alle indicazioni in esso trascritte tempo prima dal De Marco, insieme alla “caccia al tesoro” e alla volontà di voler lasciare una scritta sul muro, ancora una volta rimandano al profilo personolgico e criminologico del serial killer (in pectore), in quanto si tratta, di un insieme di elementi che avrebbero costituito la firma con la quale avrebbe voluto vergare il suo primo atto delittuoso, in previsione di una prossima reiterazione di condotte della stessa specie. Alcuni errori, commessi dall’assassino, sono ascrivibili alla inesperienza concreta oltre che ad una inadeguata valutazione delle variabili che sarebbero potute intervenire e non avrebbe potuto controllare completamente.

Alla luce degli elementi esaminati, ritengo necessaria una consulenza e una perizia psichiatrica forense, considerato che, dal punto di vista neosologico, condotte delittuose analoghe sono spesso agite da soggetti con disturbo di personalità N.A.S. (non altrimenti specificato) con marcati tratti borderline, antisociali e narcisistici, accompagnati da scarse competenze sessuali. Pertanto, è auspicabile per il bene della collettività che il De Marco sia sottoposto d’ufficio  a scrupolosi accertamenti psichiatrico-forensi e neurologici al fine di comprendere le cause sottese ed il concreto rischio di recidiva specifico, oltre che il suo grado di capacità intellettiva e volitiva al momento del fatto-reato. Non è improbabile che gli esiti peritali si possano concludere per una scemata capacità di intendere e/o di volere al momento dei fatti, mentre ritengo che non sia azzardato esprimersi, sin da ora, in termini infausti per quanto attiene il concreto pericolo di reiterazione del reato.

 

In tal senso, ricordo che il nostro ordinamento prevede,  prodromicamente, all’accertamento della responsabilità penale in ordine ai reati contestati e perpetrati (soprattutto se così efferati) – che si possano valutare ed accertare le condizioni psichiche del soggetto  durante il compimento (rectius: nel momento della commissione) degli omicidi, ossia se imputabile (art. 85 cod. pen.: capacità d’intendere e di volere) ovvero se non imputabile, stante un vizio totale di mente (art.88 cod. pen., per infermità) od un vizio parziale di mente (art.89 c.p. “in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere e di volere”). “

 

Dott.ssa Sionis, da parte mia e dei lettori, che ormai la conoscono, il nostro sincero ringraziamento per questo approfondimento.