La data del 25 novembre ha sempre rappresentato per me una ricorrenza significativa: in questo giorno, incastonato al centro dell’autunno, in un periodo che segna perfettamente il traguardo natalizio del mese successivo, da alcuni anni si ricorda il sacrificio delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo in Repubblica Dominicana.
Fu l’assemblea dell’ONU nel 1999 a scegliere questa data per non dimenticare la loro storia che si può leggere alla pagina dedicata nell’Enciclopedia delle donne.
L’autrice Eliana Cantaro, una delle dieci donne che hanno partecipato alla stesura del libro DONNE e un filo di Seta – dal Social al Libro su idea di Rosanna Fabbricatore scrive:
«Al centro antiviolenza* ho conosciuto chi ce l’ha fatta, chi si sentiva persa, chi non vedeva un futuro, chi dormiva per giorni per non vedere la sua realtà e aveva perso ogni cosa vivendo per strada. Ho incontrato donne senza speranza farcela e rialzarsi. Ho assistito a miracoli incredibili e ho pianto di gioia.
*(il 1522 è un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. Il numero gratuito anche dai cellulari, accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Le operatrici specializzate sono attive 24 h su 24).
Fui vittima di stalking.
Il mio ex marito mi perseguitò anche dopo che me ne andai. Trovò presto una compagna, ma l’ossessione per me non scemò e così continuava a seguirmi.
Non avevo una vita mia fino a che lui riuscì a calmarsi: a volte sembrava tornato l’uomo di un tempo.
Usò violenza su di me proprio durante le delicate fasi di separazione. Non voglio nemmeno raccontare i ricatti a cui anche mia figlia fu sottoposta. Certe cose se non le hai provate non puoi davvero avere idea di come ci si può sentire, ma non voglio spendere altra energia sulle mie sofferenze perché oggi non è ieri.»
Normalmente evito di prendere posizioni su temi scottanti: questa prudenza l’ho ereditata da mio padre che fu carabiniere per molti anni; mi raccontò così tante vicende riguardanti la giustizia che da subito mi costruii un’idea molto ampia degli strumenti che si possono adoperare per classificare il bene e il male.
Negli anni mi sono occupata dello studio della psicobiologia e della psicogenealogia e non voglio credere che una donna, per sentirsi al sicuro, debba uscire accompagnata, abbigliata in modo da sembrare un sacco della spazzatura, e che se osa scoprire le gambe non avrà attenuanti per denunciare chi la molesterà.
Ricordo ancora l’episodio che vissi in piena adolescenza: ero uscita da scuola subito dopo la lezione di ginnastica e avevo deciso di restare in pantaloncini per cambiarmi a casa, avevo troppa fame per perdere altro tempo nello spogliatoio. Per strada un gruppo di uomini che stavano sgombrando i rifiuti del mercato rionale avanzarono alcuni apprezzamenti piuttosto volgari. All’epoca avevo paura di nulla e risposi a tono, ma quel giorno si ruppe qualcosa e la magia della mia sfrontatezza si spense mentre osservavo la mia figura riflessa nelle vetrine dei negozi. Qualcosa mi aveva toccata profondamente e aveva sbriciolato la sicurezza che fino a quel giorno mi aveva permesso di giocare anche con i maschi senza sentirmi diversa. Una sensazione di vergogna, viscida come la pelle di un animale marino, strappò la protezione dei miei indumenti e mi si attaccò alle ossa: mi sentii sola e in pericolo.
I giorni a venire presi dall’attaccapanni il giubbotto di mio padre e iniziai ad andare a scuola vestita con tre taglie in più; ogni maglione che comprai da quel giorno era di almeno venti centimetri più grande e, nonostante sembrassi una stracciona, mi sentivo al sicuro. Ci vollero anni per tornare a indossare indumenti della mia misura. Forse non averne mai parlato ai genitori per paura di essere punita o derisa fu un errore imperdonabile e, mai come oggi, comprendo che il sottile filo che ci impone di rispettare il prossimo deve avere un occhio di riguardo per il mondo delle donne che, benché siano capaci di imprese titaniche, restano sempre gli esseri più sensibili.
Durante il lock-down della primavera scorsa ho curato l’editing e le fasi di pubblicazione di DONNE e un filo di Seta che è stato pubblicato in soli quaranta giorni; aggiungo la parte finale del brano intitolato Le scarpe di Eli, anche questo dell’autrice Eliana Cantaro perché questo articolo possa lasciare un messaggio di speranza a noi tutte:
«Sin da quando ero bambina, forse spinta dall’impeto dell’età e da quello che tutti chiamano orgoglio, ho sempre pensato che la forza delle donne e la loro energia fosse superiore a quella degli uomini, e nonostante fossi donna avevo compiuto la scelta di vivere e lavorare come un uomo.
La frenesia, le mie corse contro il tempo, rincorrere sempre qualcos’altro erano una chiara manifestazione di un atteggiamento sbilanciato.
A oggi, a 45 anni, dopo l’esperienza che mi ha permesso di comprendere e integrare la mia energia femminile posso riaffermare quelle mie parole sotto un aspetto più profondo: credo fortemente che fino a che nel cuore della donna continuerà a brillare la luce dell’amore, della calma e dell’accoglienza il mondo sarà salvo, ma finché ci sarà separazione, anche interiore, allora l’odio e l’indifferenza dilagheranno e finiranno col distruggerlo.
Ora le mie corse, la mia innata frenesia sono coordinate dalla comprensione e dalla clemenza.
“La donna è il ponte teso verso l’eternità, è il senso dell’ordine morale, intellettuale, spirituale, è uno stato di coscienza. L’uomo è la forza che spinge il ponte a toccare le due sponde, insieme sono Tutto”.»
Puoi leggere integralmente Le scarpe di Eli di Eliana Cantaro e i brani scritti dalle altre autrici su Il Giardino dei libri
e su Amazon
Caterina Civallero
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