Durante i miei corsi di scrittura, che normalmente avvengono on-line, si formano gruppi di lavoro davvero incredibili. Ogni volta osservo con curiosità, insieme ad Alessandro Zecchinato che ama definirsi Guest Star, le coincidenze che permettono a certe persone di essere presenti a una sessione piuttosto che a un’altra e mi diverto a collegare i comuni denominatori che ne regolano i rapporti. Un corso di gruppo, a differenza della validissime sessioni individuali, offre la possibilità di creare un campo morfico di eccezione che persiste anche a corso concluso. Alessandro e io creiamo ogni volta degli esercizi la cui correzione, che avviene da parte nostra, richiede un accurato editing capace di mostrare e insegnare quali errori evitare e come impostare correttamente la costruzione di una frase o di un’intera pagina. Nella presa in carico degli esercizi svolti ci rendiamo conto del livello di comprensione che la lezione, o la dispensa, è riuscita a generare, e questo dato ci orienta a saper spiegare le cose in maniera sempre più efficace. Sono grata, e so di poterne parlare anche al plurale, a tutte le persone che hanno scelto di partecipare a un corso che offre il vantaggio di un follow-up attento e dinamico che non richiede scadenze e testimonia la sua validità nel tempo.
Le lezioni hanno lo scopo di sfrondare tautologie, ridondanze, trappole linguistiche e hanno come altro obiettivo la dinamizzazione degli elementi che ogni scrittore è in grado di portare, attraverso il suo stile, nero su bianco.
Nonostante non si tratti di una questione di colore abbiamo a cuore che lo scrivere sia quanto più armonico e variopinto possibile. Paragonare un’opera letteraria a un quadro è verosimile, resta da approfondire quanto grande vogliamo sia la nostra tela e cosa desideriamo dipingerci sopra.
Per questo motivo affidare e poi ricevere compiti svolti con attenzione e dedizione ci entusiasma e ci lusinga; una delle esperienze più interessanti è legata alla recensione del libro Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa che racconta la storia di Sentarō, il riservato e cupo gestore della panetteria in cui vende dorayaki, paste ripiene di una salsa dolce ricavata da fagioli rossi. Quando l’anziana signora Tokue si offre di aiutarlo in cucina Sentarō accetta con riluttanza. Ben presto la donna dimostra di avere due mani magiche quando si tratta di preparare il ripieno dei dolci. Grazie alla sua ricetta segreta, nel giro di poco tempo la piccola attività inizia a prosperare e le loro vite iniziano a danzare verso una trasformazione irreversibile.
Elisa Bassi, consulente amministrativa di Ravenna e Nicole Vignola, social media manager e consulente di immagine di Courmayeur (Ao) hanno raccolto la sfida e ci propongono due recensioni particolarmente “gustose” e ricche.
Elisa Bassi scrive: «Un grazie di cuore a Caterina e Alessandro: partecipare al vostro “salotto” di scrittura consapevole mi ha intimamente arricchito. Un grazie speciale a te, Caterina, che mi sproni sempre a rivedere e osservare lo scritto. Sono sempre più sorpresa di me stessa, dell’entusiasmo che metto nello scrivere: credimi, non avevo compreso che fosse una mia passione. È sempre stato per me una ciambella di salvataggio nei miei momenti bui, di riflessione e come autodidatta di me stessa (così mi piace definirmi) e mi ha aiutato molto nell’attraversare il mio “guado interiore” alla ricerca di risposte continue sul mio modo di essere e sul mio vissuto.
Devo dire che correggere i testi o sistemare della parti mi ha sempre messo un po’ in crisi, perché la domanda che mi sono sempre fatta è: “Sarò in grado di capire cosa modificare?”. Invece ho scoperto il divertimento di tagliare o spostare le parole, oppure intere frasi, come realizzare un vestito sartoriale che è sempre da sistemare: qualche ritocco o difetto da sistemare per renderlo un prodotto unico e di qualità. Ecco il mio esercizio di fine Corso di scrittura consapevole.»
LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKUE, DI DURIAN SUKEGAWA
Recensione di Elisa Bassi
«Sentarō e la signora Tokue vivono entrambi ai margini della società portando le cicatrici di un vissuto doloroso.
Sentarō sognava di fare lo scrittore, ma la vita lo ha condotto lungo una strada più buia; ha infranto la legge e si ritrova ora a gestire un locale di dolci tipici giapponesi chiamati dorayaki, dolcetti preparati con un impasto simile a quello del pan di spagna, cotto però in padella a forma tonda tipo pancakes, che accoglie all’interno una marmellata di fagioli azuki chiamata an. La signora Tokue è un’anziana donna che per gran parte della propria vita ha vissuto in un sanatorio, isolata dal resto del mondo, a causa di una terribile malattia che l’ha segnata fin da ragazzina.
Quando le loro vite si incrociano per la prima volta, ciascuno vede nell’altro il riflesso del proprio dolore, lo riconosce. È un incontro nutriente sotto tutti gli aspetti, perché l’anziana signora insegna a Sentarō la ricetta dell’an.
La tecnica appresa negli anni dalla signora Tokue è qualcosa di più che l’amalgamare insieme ai fagioli gli altri ingredienti necessari alla preparazione: è un vero e proprio rituale fatto di gesti appropriati, che portano il lettore a vivere un viaggio immaginativo dentro sé stesso. La chiave di preparazione della marmellata di azuki è quella di “stare all’ascolto”, espressione che lei confida al suo principale, Sentarō, come se fosse una formula magica: si tratta di far proprio uno stato d’animo che può essere adoperato in ogni momento del quotidiano, per godere della vita anche in quegli aspetti più semplici che a volte ci sfuggono perché presi dalla fretta, come rimanere in osservazione di un albero di ciliegio in fiore per qualche istante e apprezzarne la bellezza.
Entrambi condividono questi momenti creativi e intuiscono che il loro è un incontro di anime; ciascuno dei due sente di avere un compito preciso e invisibile che solo un cuore aperto può comprendere se pronto a ricevere: quello di colmare il vuoto dell’altro.
Il romanzo diventa così, a ogni capitolo, sempre più intimo con il lettore; lo accompagna pagina dopo pagina con una delicatezza che raggiunge l’apice nel contatto epistolare che avviene fra i due personaggi.
Lo scambio di lettere mi ha coinvolta emotivamente, la delicatezza d’animo dell’anziana donna traspare in ogni parola e il dolore diventa un elemento aggiuntivo nella comprensione dell’altro: un viaggio di trasformazione alimentato dalla sensibilità di saper stare all’ascolto.
Lo stato d’animo che la signora Tokue ci insegna è quello che ci permette di cambiare prospettiva quando osserviamo ciò che ci circonda, così che tutto diventi scoperta e meraviglia.
Il quotidiano si trasforma in un momento di magia quando ci apriamo alla vita perché tutto ci parla; così lei scrive in una sua lettera destinata a Sentarō: “…sono convinta che ogni cosa in questo mondo abbia il dono della parola…”.
Grazie a questa profonda relazione di amicizia e stima, Sentarō riscopre poco per volta il piacere di riprendere in mano quel che resta della sua vita e di farne qualcosa di buono.
Il mondo narrativo di questo romanzo mi ha commossa. Due sono gli aspetti che ho trovato presenti e che mi hanno fatto riflettere: quello del potere immaginativo che l’essere umano ha in sé come dono, ma di cui non sempre è consapevole, e quello del dolore come elemento aggiuntivo di crescita e trasformazione.
Se accogliamo questo “maestro” che si presenta nella nostra vita a volte inaspettatamente e viviamo le situazioni che ci provocano sofferenza, che manifestiamo anche attraverso il corpo, ci apriamo a una richiesta di aiuto silente verso l’esterno: l’Universo ascolta e risponde aiutandoci attraverso gli accadimenti che viviamo.
La nostra personale “ricerca della guarigione” ci porta così a nuovi incontri, quelli che io amo definire speciali, quelli che ci aiutano e ci traghettano verso uno stato nuovo di consolazione interiore, attraverso la cura delle ferite dell’anima.»
Nicole Vignola osserva il racconto da un punto di vista differente: si posiziona fra le parole, le sperimenta e ci fa riflettere sull’uso di alcuni termini, dimostrandoci le sottigliezze a cui la signora Tokue vuole addestrarci.
LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKUE, DI DURIAN SUKEGAWA
Recensione di Nicole Vignola
«Mi sono chiesta subito perché la signora Tokue abbia usato “ALL’ascolto” invece di “IN ascolto” e così sono andata a cercare sul dizionario la differenza tra le due preposizioni.
Entrambe esprimono il complemento di luogo ma mentre IN ha un significato letterale, fisico, A ha un’idea di prossimità, indica una predisposizione e non un’azione compiuta.
Da quando ho letto l’ultima meravigliosa frase, come un battito in levare, mi sono messa “all’ascolto” di ciò che è intorno a me, senza cercare un senso o inventare qualcosa di nuovo, e ho iniziato a vedere l’intreccio ciclico delle storie.
Forse, essendo preparata all’argomento, è stato semplice farlo, ma lo stupore per la semplicità di questo schema è autentico.
Io le chiamo scatole, in teatro si usa così.
C’è una scatola grande nella quale inserisci tutto, dal paesaggio, al colore delle foglie, ai nomi di tutti quelli che fanno parte della storia, senza troppi dettagli.
La scatola grande ha la sua vita e non dipende da nessuno, “è perché così è sempre stata e così sarà per sempre”, come la strada di alberi di ciliegio dove, in questa storia, si trova la Doraharu.
All’interno di questa ci sono delle scatole più piccole, di numero infinito.
Anch’esse hanno una vita propria, solo un po’ più definita: il tempo, l’anno o gli anni in cui la storia si svolge, i personaggi con il loro vissuto ed emozioni ma anche i loro oggetti e il modo di parlare, e il ristorante dove si cucinano solo Dorayaki.
E anche queste hanno, al loro interno, altre innumerevoli scatoline, come la sfumatura del colore delle foglie, o il rumore della serranda arrugginita quando si chiude, oppure quel “…con sentimento…” rivolto ai fagioli da rimestare nella pentola.
Ogni mondo custodisce altri mondi e senza di essi la ragione della sua esistenza cessa.
Ecco che cosa racconta “Le ricette della Signora Tokue”: vite apparentemente segnate che incontrandosi si connettono alla ragione più profonda della loro esistenza e possono compiere così un passo avanti nella loro storia.
Poco importa se è diverso da come si erano immaginati lo svolgersi: nell’incontro con l’altro permettono a loro stessi di manifestare la ragione per cui sono nati.
Mettersi all’ascolto permettendosi l’apertura all’amore.»
Come avrete notato ci troviamo di fronte a due recensioni completamente differenti ma identiche nella passione con cui sono state realizzate.
Immagino Elisa Bassi e Nicole Vignola come cuoche di parole nell’atto di mescolarle, ascoltando il rumore che generano fondendosi.
Il compito è stato eseguito magistralmente e ho sentito doveroso dedicare uno spazio a tanto impegno; nei corsi di scrittura suggerisco esercizi specifici accompagnati da suggestioni, spesso musicali, al fine di stimolare la fantasiosa espressione emotiva che langue in noi. Abbiamo un mondo interiore perfetto e incredibile che va portato in luce per essere condiviso: questo è lo scopo di concludere e consegnare un esercizio. Giungere a manifestare esternamente cosa giace in noi, renderlo disponibile agli altri, creare un dialogo, regalare emozione.
Grazie agli allievi che partecipano ai corsi perché, senza saperlo, ci insegnano a insegnare.
Caterina Civallero e Alessandro Zecchinato
Caterina Civallero
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