Susy Tolomeo, pittrice e scrittrice | INTERVISTA

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«L’incontro tra oggetto e persona è empatia, sentimento, pathos. In effetti l’arte è tutto questo. È amore elevato all’ennesima potenza. L’arte ti deve piacere, coinvolgere, rapire i sensi; sebbene l’arte si possa ignorare o non essere apprezzata. » (Susy Tolomeo)

Ciao Susy, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Ai nostri lettori che volessero conoscerti quale artista e scrittrice, cosa racconteresti di te?

Per sentirmi libera amo fantasticare e lo faccio distaccandomi dalle regole e dalla realtà ed ogni volta che ho un pensiero nuovo, lo appunto su un foglio bianco o su una tela. Quando scrivo o dipingo, immagino che la mia opera sia rivolta all’attenzione di una persona totalmente diversa da me, affinché l’opposto sia promotore della scintilla che porti alla volontà di volermi scoprire. Nasce da questi presupposti il desiderio di creare, lasciando ai miei personaggi la libertà di presentarsi, sicché ognuno sia protagonista del proprio teatro.

 …chi è invece Susy donna della quotidianità? Cosa ci racconti di te della tua vita al di là dell’arte?

Nasco nella bella terra di Sicilia e ancora adolescente lascio con rammarico il mio giardino delle arance, trasferendomi con la famiglia nella Sesta Provincia, in Puglia. Questo fatto segna la fine del primo capitolo della mia vita: la mia infanzia felice. La malinconia traccia un segno rosso nel mio animo e mi accorgo che nel nuovo paese ci sono tanti bambini che non riescono a sorridere neanche quando giocano. Mi dedico presto alle realtà del territorio locale, attivandomi nel sociale mediante la chiesa e opere di volontariato. Sostengo il disagio dei bambini meno abbienti organizzando lezioni gratuite di doposcuola e attività ludiche. Qualche tempo dopo creo un’associazione dedicata alle famiglie fragili. Divento operatrice sociale e madre di due ragazzi. La mia passione è ascoltare con attenzione l’altro, quello speciale e diverso da me, sforzandomi di capire quale percorso di vita abbia fatto per sentirmi a mio agio nella sua storia. Entrando in empatia con l’altro mi metto sempre in gioco; per cui trasfondendo nel gioco divento da colei che osserva, all’osservato.

 Come è nata la tua passione per le arti visive e per l’arte in generale? Quale il tuo percorso professionale e artistico che hai seguito per realizzare quello che fai oggi?

La mia passione per l’arte parte da molto lontano. Sono stata una bambina timida e mi proponevo agli altri con il disegno per esprimere il mio stato d’animo; comunicavo con i miei fratelli ed amici con lettere e biglietti corredati da disegni. Questo comportamento mi ha seguito sino ad oggi che dipingo e pubblico libri. Non ho mai smesso di usare matite colorate e quaderni. Da molti anni sono impegnata nei campo scuola estivi con il teatro figurato, dove le favole che i bambini amano vengono lette, recitate e poi trasferite su grandi cartelloni con disegni colorati. Collaboro con il comune organizzando eventi culturali ed artistici con l’opportunità di esporre i miei quadri e presentare i miei libri nelle scuole e biblioteche.

Come definiresti il tuo linguaggio artistico? C’è qualche artista del passato o del presente al quale ti ispiri?

Non mi sento di cucirmi un vestito che mi sentirei probabilmente stretto addosso. Mi piace pensare di essere originale non avendo mai desiderato avere un punto di riferimento da imitare. Mi diverte la pop art e ammiro gli impressionisti ma non sono da collocarmi in nessuno di questi ambiti. Se avessi maturato l’idea di diventare popolare avrei perso la mia naturalezza, diventando altro. Il mio intento mentre dipingo è quello di trasfondere diventando la passione che traspare nei volti che ritraggo. Spesso inizio un lavoro senza avere nessuna idea di partenza. Parto dal colore. Il colore mi porta all’idea. E poi tutto il resto. Nelle mie tele l’attenzione è puntata allo sguardo: occhi grandi che rappresentano l’anima, dipinte con tecnica mista oli e acrilici. Le tinte appaiono liquide; smorzate dal blu per raggiungere l’effetto languido dell’insieme. Mi ispiro al tratto di Paul Gauguin ma mi sento vicina a lui solo nella ricerca del paradiso che è anche l’obiettivo a cui cerco di avvicinarmi, attraverso la realizzazione di espressioni mistiche di madonne e bambini.

Chi sono stati e chi consideri i tuoi maestri d’arte? Parlaci di loro. Chi sono e perché vuoi ricordarli in questa chiacchierata?

Tutti i libri d’arte trovati in casa e i quadri antichi (spesso riproduzioni scadenti di opere classiche comprati ai mercatini da mio padre) mi hanno trasportato in una dimensione parallela: il mondo dell’arte. In questo contesto posso muovermi in libertà perche l’arte è anima. Sono cresciuta con il desiderio di inventare altro diverso da me; questo ha ampliato il mio universo dove l’intangibile è più vicino solo se si riesce a starci dentro. Ringrazio tutti i libri che ho letto che mi hanno incuriosita e permesso di sentirmi capace di inventarmi.

Una domanda difficile Susy: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier per acquistarle.

Confido nell’insegnamento tra pari per cui ti dico: “Non ho niente da insegnarti ma dammi la mano e vieni con me.” Come accade nei giochi dei bambini, dove ciascuno si pone verso l’altro una volta come chi insegna, e una volta come colui che impara. Resto pertanto uno spirito libero che non ha un maestro ma cento maestri. Mentre scrivo o disegno trasfondo, diventando l’altro che legge un mio libro o che osserva un mio dipinto come fossimo due player di tennis per esempio; la pallina rappresenta l’emozione che lancio e che mi torna indietro dall’altro player, sotto forma di passione.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa quello che fai oggi? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

I miei maestri sono tutti coloro a cui mi sono ispirata attraverso i quadri di grandi pittori e i disegni dei bambini. Sono maestri quelli che mi hanno invogliato a modificare il mio percorso dicendo di provare ancora e quelli a cui non sono piaciuta. La critica mi induce a mettermi in discussione. Voglio ringraziarli a gran voce. Se fossi stata perfetta per loro, non avrei avuto stimoli a migliorarmi e ad andare avanti.

Nella tua attività artistica hai organizzato delle Personali o hai partecipato a delle collettive? Ci racconti qualcosa a questo proposito… a quali e perché proprio quelle? E poi quali sono stati i risultati artistici e i riscontri che hai avuto?

Mi è rimasto nel cuore il ricordo della presentazione di un libro “La montagna di fata Morgana” dedicato alle leggende di Sicilia. Ho presentato questo libro ad una platea di bambini e mamme in una scuola di Taormina un paio di anni fa. Al momento nessuno mi chiede né libri né altro. Un bambino discute con la maestra e piange. Mi chiede un libro ma non ha i soldi per pagarlo. Lascio alcune copie. Nessuna domanda. Delusa ritorno a casa con i miei libri. Qualche giorno dopo mi chiamano dalla direzione scolastica chiedendomi un numero incredibile di copie, affascinati dalle leggende di Morgana e dalla sua magia.

Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Disse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.» (Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva sull’arte in generale?

L’incontro tra oggetto e persona è empatia, sentimento, pathos. In effetti l’arte è tutto questo. È amore elevato all’ennesima potenza. L’arte ti deve piacere, coinvolgere, rapire i sensi; sebbene l’arte si possa ignorare o non essere apprezzata. Un oggetto d’arte può non piacere ma esistere aldilà del gusto. L’oggetto d’arte deve emozionare e avere la capacità di trasmettere respiro. Quando in un’opera traspare l’anima ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte. L’artista è padre perche riesce a dare corpo e anima alla sua creatura rendendola desiderabile al pubblico fino al punto che in molti vorrebbero possederla. Il rispetto va al creatore quanto al creativo. Hanno entrambi dei meriti. Il creativo diventa patetico quando si finge altro. Il creatore ha l’umiltà di eseguire un’opera senza voler dimostrare nulla, trasportato dalla passione che lo spinge a realizzare un progetto.

«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?

La lettura ci porta ad elaborare. Impossibile leggere senza stravolgere o mettere in discussione le nostre certezze. Ritengo che ogni uomo percepisca la lettura come un assunto. A meno che si tratti di un dogma. Mentre si legge aggiungiamo immagini virtuali, tagliamo, potiamo come fa un giardiniere quando cura il suo orto. Il lettore elabora inconsciamente e la sua attenzione mentre legge cambia, si sposta, cade, si rialza, evolve.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno che mettiamo in quello che facciamo?

“Finisci tutto ciò che inizi!” Questa è una frase che mi torna in mente ogni qualvolta intraprendo un progetto parallelo ed uno già in essere. Mia madre mi ha sempre imposto questa regola che crescendo ho fatto mia e cerco di osservare anche se non sempre ci riesco, forse perche faccio troppe cose insieme. Essere determinati porta a credere nelle proprie capacità. La fortuna secondo me è come un jolly nelle mani del mazziere che invita a scegliere una carta. La fortuna consiste nel trovare il jolly fra le tante carte da gioco del mazzo.

«…anche l’amore era fra le esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo.» (Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, Volume primo, p. 28, Einaudi ed., 1996, Torino). Cosa pensi di questa frase di Robert Musil? Cos’è l’amore per te e come secondo te è vissuto oggi l’amore nella nostra società contemporanea?

L’amore in verità implica l’essere compassionevole e gli orientali (i buddisti per esempio) possono farci da maestri in questo; sebbene ai più risulti alquanto difficile amare in modo incondizionato perché l’amore è spesso confuso con la passione che porta l’umanità a voler possedere l’altro. Musil scrisse “L’uomo senza qualità” in un periodo in cui era probabilmente disturbato mentalmente, in balia della guerra e il suo ritenere l’amore come una specie di palloncino sospeso in aria, ha il senso folle del momento. L’amore non ti sospende ma ti include e ti compatta con l’altro e con gli altri. Ti rende felice. Non ti allontana dalla realtà ma te la fa apprezzare. La vita è bella ed è possibile asserire ciò solo se sei felice ed ami.

I libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo del tuo consiglio.

“Il Provocatore” pubblicato da Amazon è un libro che ho scritto a quattro mani con mio fratello. In queste pagine viene messa in risalto la metafora del diavolo travestito da amico, da amante, da vicino di casa, da prete, da agnello. È un libro da leggere tutto d’un fiato che parla di peccatori e pentiti offrendo l’interpretazione alternativa alla commedia dantesca, attraverso una nuova chiave di lettura. È un inno all’amore, alla vita; è un invito a non accettare la corte del provocatore che desidera costruire un ponte con le nostre debolezze e renderci vittime di dipendenze e creature infelici. Il testo offre diverse possibili soluzioni post mortem. Entrando in una sorta di lavanderia per esempio, l’anima infelice ha l’opportunità di lavare le vesti sporche per essere mondati dalle colpe. “La sposa di Buddha” (Amazon published) è un libro che appassionerà gli amanti dell’oriente e dei misteri legati all’anima. Il romanzo racconta dell’ultimo viaggio della coscienza intrapreso da un’insegnante indiana disabile, Nabhila. La protagonista di queste pagine, con voce velata di sofferenza, rivive stralci della sua vita con serenità, fino a raggiunge con il lettore l’estrema dimora. Qui Sant’Egidio l’accoglie offrendole del latte, lasciando che sia proprio il lettore a scrivere l’ultima pagina. “La Guardiana del giardino” è un libro pubblicato dalla Booksprint. Un romanzo ambientato in mezzo a fatti realmente accaduti. Piacerà certamente a chi ama la Storia. Questo libro racconta le guerre del cuore di Falco e Gabbiano; complici ed eroi sono abili nel trascinarci con leggerezza in un percorso a ritroso nel tempo che va dalla Grande guerra, fino alla nascita di Gesù. Ad ogni capitolo i due uccelli interpretano nuovi ruoli, cambiando nomi e sembianze. I due si amano, si perdono ad ogni vita per ritrovarsi ancora ed amarsi in un altro tempo. La Guardiana del giardino è una presenza costante nelle vite dei due eroi; è una guida che pone enigmi, offrendo in cambio della soluzione gli strumenti per vincere: un’armatura, uno scudo. In ultimo, un elmo.

E tre film da vedere assolutamente? Quali e perché proprio questi?

“Big eyes”, il film di Tim Burton del 2014 che è valso all’interprete femminile il Golden Globe, lo consiglio agli amanti delle tele. La pellicola racconta la storia vera di una pittrice (interpretata da Amy Adams) che dipinge in maniera superba bambine con occhi molto grandi. La commedia è ambientata a San Francisco. Il marito della pittrice assume la paternità dei dipinti cercando di appropriarsi del talento della donna. La pellicola si veste di gradazioni di giallo. Film da vedere con attenzione per il carico emozionale che suscita. Le inquadrature indugiano sugli occhi dei ritratti, scelti da Tim Burton fra i più cupi. Il film è interessante per porre l’attenzione sul regista che dirige interessato più al compiacersi, che all’esigenza di piacere al pubblico; il suo stile è carico di passione e per questo e non solo, Burton è un artista della pellicola. Vi invito alla visione del film “Volevo nascondermi” diretto da Giorgio Diritti. Il protagonista del film è Elio Germano nel ruolo del pittore e scultore Antonio Ligabue. L’attenzione si muove verso il disagio dell’uomo diversamente speciale, che si esprime con creatività esasperata e ribelle, segnata da visioni e immagini ingenue a fronte della solitudine. Ligabue giunge a Gualtieri dopo l’espulsione dalla Svizzera ma non è accettato benevolmente per via del suo disagio psichico. L’artista trova sfogo nella pittura sotto forma di animali esotici che si muovono nel paesaggio emiliano. Scoperto dal critico Mazzacurati e invogliato a creare e ad esporre, viene tuttavia bollato come artista naif. La sua storia legata ad un tempo remoto (nasce nel 1899) dovrebbe farci riflettere sulla condizione di chi vive un disagio. La pellicola è stata prodotta quest’anno ma l’integrazione sociale resta un tema tristemente attuale. Un film del passato con il grande Totò lo consiglio a chi vuole farsi una sana risata. “Totò, Eva e il pennello proibito” del 1950 con la regia di Steno. Due malfattori vogliono rifilare una frode ad una miliardaria. Totò è incaricato di dipingere una tela verosimile che consiste in una Maja in camicia da presentare come un inedito del Goya.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori

Ho iniziato a prendere appunti per un nuovo libro e ho macchiato alcune tele di colore. Aspettando che presto tutto rientri nella normalità, mi piacerebbe presentare il mio ultimo libro “Un diavolo in me” pubblicato su Amazon, scritto a quattro mani con mio fratello Massimo nel 2019.

Dove potranno seguirti le persone che leggeranno questa intervista?

I miei libri sono pubblicati anche in versione ebook su Amazon publisced. È possibile vedere alcune mie tele sulla pagina Facebook “Tele e colori di Susy”.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Mi piace ricordare un grande uomo di Puglia, Giuseppe Di Vittorio. Alla morte del padre lascia gli studi per aiutare la famiglia e con i primi risparmi acquista un libro. Voglio dire, ricordando quest’uomo il cui vissuto è annotato sui libri di storia, che mettere nelle mani di un bambino un libro, può aiutarlo a diventare un uomo libero, capace di fare grandi cose.

Susy Tolomeo

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Andrea Giostra

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