Ben ritrovati nella mia rubrica: “In salotto con Aurora” di Mobmagazine.it.
Oggi tratteremo un argomento delicato e complesso che, purtroppo, si sta diffondendo negli ultimi mesi: l’aumento dei casi di “autolesionismo e dei suicidi tra i giovani”. Nell’ultimo anno, infatti, da quando cioè è iniziata l’emergenza pandemia, solo in Italia, i tentativi di “suicidio” e di “autolesionismo” tra i giovani, sono aumentati del 30%. Dal mese di ottobre, poi, ad oggi, è stato registrato un ulteriore incremento dei ricoveri di persone con “disturbi psichici”, il cui 90%, sono rappresentati da ragazzi tra i 12 e 18 anni che hanno cercato di togliersi la vita. Questo fenomeno a cui stiamo assistendo è tutta colpa dell’effetto pandemia, oppure la causa va ricercata nella mancanza del dialogo con i propri genitori all’interno della famiglia? Di sicuro, il motivo va individuato attorno a due fenomeni a cui stiamo assistendo. Da una parte, infatti, ci sono gli adolescenti che per una sorta di “autoaffermazione” diventano “aggressivi”, “violenti”,“intrattabili”. Dall’altra, invece, ci sono i giovani che si chiudono a riccio, in un mondo tutto loro, isolandosi e rifugiandosi nei social come Facebook, Instagram, tik tok, che in questo periodo di “isolamento forzato”, risultano gli unici mezzi di comunicazione e di socializzazione. Ma anche la mancanza di comunicazione con i propri genitori che il più delle volte risultano “assenti”, inconsapevoli delle gravi conseguenze che può avere “l’utilizzo improprio” di alcuni social, oltre che l’assenza del gruppo dei coetanei a cui i ragazzi erano abituati prima dell’emergenza Covid, crea una “dipendenza da social” che in alcuni casi, può innescare un “processo di autolesionismo”, un fenomeno esistente da sempre, se si pensa che il 20% si è manifestato in Italia e il 25% in Europa, in cui gli adolescenti si “infliggono” un danno fisico, tagliandosi, nelle braccia, nelle gambe, fino ai casi più gravi in cui finiscono per togliersi la vita, perché solo attraverso il dolore fisico, riuscirebbero a liberarsi dal “dolore interiore”, da quel senso di angoscia che provano. Si tratta di una vera e propria “emergenza” aumentata con la chiusura delle scuole a causa dell’emergenza virus. Infatti, all’interno della scuola, non ci si prepara soltanto “culturalmente”, imparando le varie materie didattiche, ma avviene anche un processo di “riscatto”, cioè “di affermazione” dei singoli ragazzi, in quanto proprio nella scuola, anche chi appartiene a ceti umili e disagiati, può studiare e quindi riscattarsi, cioè emergere. Se la scuola viene chiusa, l’affermazione di sé, passa attraverso valori negativi che si manifestano, appunto, con atteggiamenti violenti, sia nei confronti degli altri, sia verso sé stessi con l’autolesionismo. Ma, accanto, alla mancanza dell’ambiente scolastico, il vero problema rimane l’assenza del supporto di una famiglia con cui appunto relazionarsi, dialogare, chiedere consiglio ed aiuto. Ed è questa “assenza” che porta molti giovani a trovare nuove “valvole di sfogo”, come appunto i mezzi a volte “condizionabili” dei social, in cui esercitano il loro disagio psicologico, proprio attraverso la violenza.
Aurora d’Errico