Nella lingua italiana la parola di diversità viene definita come “la condizione di chi è considerato da altri, o considera sé stesso, estraneo rispetto a una presunta normalità di razza, propensione sessuale, comportamenti sociali, scelte di vita”.
Ma cos’è realmente diverso, è tutto quello che oggettivamente sembra lontano da te nel senso più negativo della parola. Se ad esempio ci riferiamo alla disabilità, da sempre è stata vista come una condizione tragica e sfortunata, senza tante possibilità, da compatire, da curare e possibilmente quindi da eliminare.
Si da eliminare! Da eliminare dai pensieri, da minimizzare, da emarginare nella società che vive inesorabilmente come un rullo compressore, lasciando indietro i più lenti, quelli che a fatica cercano di farsi accettare. Purtroppo menti precompresse in un contorno di stereotipi ben definiti e dai quali non si scappa, risultano essere un ostacolo per chi vive una disabilità. Oltre il danno la beffa.
Sapete cosa vuol dire osservare il mondo che corre troppo in fretta intorno a te?
Beh, io sì.
Quanti disabili in carrozzina incrociate per strada durante le vostre giornate convulse? E quando le incontrate qual è la vostra reazione? Non sono domande per psicanalizzarvi ma solo un modo per farvi riflettere sulle difficoltà che incontrano le persone disabili che ogni santo giorno “inciampano” in un mondo diversamente superabile.
Spesso le loro vite sono viste principalmente come semplici storie strappalacrime, dove le persone disabili o gravemente malate sono ritratte come esempi di coraggio unicamente sulla base della loro disabilità, e vengono ridotte a meri esempi motivazionali per chi non è disabile. Tutto questo è assurdo, triste e meschino. Si potrebbe dire che c’è un certo tipo di voyeurismo che ha trovato terreno florido per svilupparsi a causa sicuramente della poca visibilità delle persone disabili nella società. Probabilmente i portatori di handicap non verranno più confinati in casa come un tempo, ma spesso non possono comunque uscire quando e come vogliono causa della mancanza di servizi e accessibilità, come ascensori e rampe di accesso che impediscono, a chi non è libero di muoversi da solo, persino di allontanarsi dalla propria abitazione. E se per caso riuscissero a superare i primi ostacoli, ci sarebbe da fare i conti con un secondo livello di difficoltà, quello in cui incorrono inevitabilmente: città totalmente inadatte e non fruibili da chi si ritrova a scontrarsi con un mare difficoltà dovute alla libera circolazione.
Niente è a misura di disabile ed ecco che ci si rende conto di aver a che fare con una realtà, all’esterno del disabile, totalmente limitata per rendere una vita confortevole da vivere, per garantire quel miglioramento della qualità della vita che ai più sembra solo un’utopia. Ma al peggio non c’è mai fine, si sa, ed ecco che bisogna poi scontrarsi con gli occhi di fuoco che scrutano i movimenti impacciati e che fanno rabbrividire chi li subisce, sguardi interrogativi su quella disabilità, le sue cause ed il perché dell’ostinazione a volersi a tutti i costi mischiarsi in un mondo “normale” che di normale ha ben poco.
Ecco che allora siamo finalmente al nocciolo della questione: il disabile deve sentirsi fuori luogo, nonostante faccia l’impossibile per non sentirsi inappropriato, per il solo fatto di provare a vivere una vita dignitosa. È un peso con tutte le sue difficoltà, con i suoi modi impacciati e con tutte quelle etichette che gli vengono appiccicate addosso per ogni singolo tentativo di passo.
Barriere architettoniche e quelle culturali, preferisco scinderle in due filoni totalmente diversi, anche se sembrano giungere ad un unico risultato: la mancanza di rispetto.
Le prime, quelle architettoniche, sono il frutto di una cultura sbagliata dalle sue fondamenta, che non tiene conto delle esigenze dei disabili e quindi è facile ritrovarsi in situazioni spiacevoli: marciapiedi dove si trovano scivoli con una pendenza sbagliata mentre dall’altro capo della strada addirittura inesistente. Si potrebbero eliminare ma ci vuole molto impegno visto che ci si ritrova ad interagire con un sistema governativo troppo impegnato in altre faccende, basti vedere che gli investimenti per l’eliminazione delle barriere architettoniche sono di lieve entità.
Se le prime barriere possono essere abbattute, per le seconde, quelle culturali, si tratta di affrontare un capitolo a parte, bisogna lavorare ai fianchi anche se l’impressione è che il tutto risulti un’impresa parecchio ardua. Siamo davanti ad un problema molto serio, la coscienza della maggior parte delle persone si sta inaridendo, qui si tratta di fare solo il proprio dovere di cittadino, equiparare condizioni per tutti, renderle ottimali e da un punto di vista “diverso” anche se di diverso non c’è proprio niente.
Bisogna solo guardarsi dentro per vedere fuori, tutto qui.
Alla prossima lettura.
Mauro Galliano