Benno Neumair e Antonio De Marco: la necessità di una perizia di neuroscienze forensi approfondita| a cura di Elisabetta Sionis e Mirko Avesani

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  • Elisabetta Sionis, Criminologo clinico Esperto in Psicologia Giuridica, già Magistrato Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari.
  • Mirko Avesani, Neurologo Clinico e Forense, Criminologo Perfezionato in Neuroscienze Forensi.
Cari lettori,

nei confronti di Benno Neumair e Antonio De Marco è stata disposta una perizia ai fini di valutare la loro capacità di intendere e/o di volere al momento in cui hanno ucciso (entrambi) due persone, nonchè la loro capacità di stare in giudizio, dopo che hanno confessato di aver commesso i crimini di cui sono accusati.

La dicitura “e/o” non è stata posta a caso dal legislatore, in quanto, per essere punibili, bisogna risultare capaci di “intendere E di volere” al momento in cui sono agite le condotte che integrano una fattispecie di reato.

Non tutti hanno compreso l’importanza di periziare questi giovani, in quanto molti ritengono che la perizia sia “il solito stratagemma per fare in modo che i rei non rispondano delle condotte da loro agite”.

Le cose non stanno proprio in questi termini. La decisione di farli periziare ha una finalità di pubblica sicurezza, posto che una diagnosi di infermità mentale comporta non solo la comminazione di una condanna ma, altresì, l’applicazione di misure di sicurezza atte a contenere un’indole socialmente pericolosa anche dopo che il reo ha scontato la pena, per il rischio di reiterazione del reato.

Ricordiamo, infatti, che già la pena ha in sè ha una triplice valenza (risarcitoria, riabilitativa ma anche social preventiva), motivo per cui la misura cautelare, aggiunta alla pena, ha proprio una valenza di “profilassi sociale”. Ma, per poterla applicare, per il bene della collettività, occorre che una persona sia inferma di mente, quindi incapace di intendere e/o di volere al momento della commissione del fatto-reato, e, per fare questo, un giudice ha un solo mezzo: disporre una perizia atta a stabilire se da una patologia cerebrale e/o mentale si arrivi ad una infermità o semi infermità.

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PREMESSA CLINICA

Prima di addentrarci nel campo di pertinenza delle neuroscienze forensi, un cenno al caso di Benno, il più recente tra i due, esaminato nella sua valenza criminologica dalla dott.ssa Elisabetta Sionis.

Ieri, la Procura di Merano ha comunicato che Benno Neumair ha finalmente confessato di aver ucciso anche il padre, considerato che, secondo quanto riportato dalla stampa, subito dopo il rinvenimento del cadavere di Laura Perselli avesse ammesso di aver ammazzato la madre. Alla luce di quanto emerso in queste ultime ore, le ipotesi e considerazioni criminologiche, secondo la dott.ssa Sionis, sono degne di analisi.

Premesso che la magistratura deve ancora compiere i necessari accertamenti sulla dinamica, è ipotizzabile che Benno avesse accarezzato l’idea di uccidere i suoi genitori precedentemente e ciò è confermato dalle sue parole, quando tenta infruttuosamente di banalizzare il movente: “Erano le solite litigate per i soldi, per tutto. Io volevo finirla lì ma lui continuava e allora ho preso un cordino e gliel’ho stretto al collo. L’ho fatto per farlo stare zitto”.

Dalla disamina della sua testimonianza, inferiamo che Benno tenti di attribuire al padre la responsabilità di quanto egli ha commesso: “Se la è cercata” e, al contempo, edulcori la modalità omicidiaria: “ho preso un CORDINO e glielo ho stretto al collo, l’ho fatto per farlo stare zitto”.

In realtà, si può ipotizzare che il bubbone del Male fosse maturo per esplodere nella maniera efferata che ci è stata restituita, sebbene parzialmente, dalle cronache: Benno, come Pinocchio, cerca di sopprimere il Grillo parlante, ma non è credibile che il movente, per quanto futile, sia scaturito e sia stato determinato da una semplice quanto ordinaria richiesta di soldi.

Il motore che ha attivato il duplice omicidio è molto più complesso e ha radici ataviche che affondano in una insita voragine rabbiosa, insaziabile e bulimica che tenta, invano, di nutrirsi di distruzione, pur restando costantemente affamata. Un destino ineluttabile afferente a soggetti con una struttura di personalità come la sua.

Benno è una persona altamente egoriferita ed il fatto reato è la conclusione di un progetto ben calcolato sin nei minimi dettagli, compresa la scelta di incontrare delle ragazze su “Tinder” al fine di costituirsi un alibi e utilizzarle a proprio vantaggio (#https://mobmagazine.it/blog/2021/01/31/benno-neumair-linsostenibile-pesantezza-dellapparire-non-improbabile-la-premeditazione-a-cura-di-elisabetta-sionis-criminologo-clinico-esperto-in-psicologia-giuridica-gia-magistrato-onorario/).

Benno appare come un manipolatore, un essere scaltro e senza scrupoli, freddo e determinato nel portare al termine i malevoli obiettivi che si è prefisso.

Egli ha improntato tutta la sua esistenza sulla superficiale “apparenza”, non essendo in grado di “essere” e ha costantemente manifestato una labilissima capacità di gestire le frustrazioni.

I genitori erano lo specchio dei suoi insuccessi, fallimenti, menzogne e incompetenze umane. Non è da escludere che abbiano scoperto un segreto che abbia definitivamente delineato i contorni e le volontà distruttive di quella personalità sfuggente anche ai suoi familiari.

Benno ha semplicemente reificato le esistenze ed il rapporto sentimentale che univocamente i suoi genitori provavano nei suoi confronti e le ha annullate quando le ha percepite come un ostacolo insormontabile rispetto al proprio modo di “essere nel Mondo”.

Egli non è in grado di percepire, introiettare e immedesimarsi in “un Altro da sé” poiché la sua capacità empatica è totalmente assente, pertanto, ha vissuto i suoi genitori come degli ostacoli da rimuovere e di cui sbarazzarsi.

Egli ha dimostrato di saziarsi bulimicamente di apparenza, oggetti, vestiti, alcool, droghe (anabolizzanti) e, talvolta, di relazioni sessuali da consumare in qualche sera.

Siamo davanti alla banalità del Male descritta magistralmente dalla filosofa Hannah Arendt, quando, nel disquisire sul processo di Gerusalemme, in cui fu incriminato il nazista Einchmann, colui che organizzava la deportazione degli ebrei stivandoli scientificamente dentro i treni, sostenne che il Male esiste, ma è banale, e viene commesso da gente che crede semplicemente di “fare quanto deve essere fatto”, perché “va fatto”, senza chiedersi se sia lecito, etico, possibile.

Allo stesso modo, occorre precisare, qualora ce ne fosse bisogno, che non basta pensare in termini cartesiani per essere una Persona (cogito ergo sum), in quanto è necessario imparare a PENSARE criticamente ciò che si pensa e ciò che si fa.

Questa competenza, nota come auto-consapevolezza non è influenzata dalla cultura o dall’ambiente socio-economico di provenienza e Benno risulta sprovvisto di dette peculiarità, sebbene abbia dimostrato di essere un lucido, organizzato ed efferato assassino.

Ecco che la perizia psichiatrica diventa di estrema utilità, soprattutto, come strumento conoscitivo, predittivo e deterrente per eventuali condotte nefaste future, giacché non siamo in grado di prevedere le eventuali evoluzioni del nostro Ordinamento giuridico e penitenziario, ma certamente possiamo valutare un alto rischio di condotte criminali della stessa specie per le quali odiernamente si procede.

Una perizia psichiatrica potrebbe indicare, sin da ora, la necessità che, in caso di futuri e maturati termini di legge per l’accesso ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario, non possa essere rilasciato in libertà, ma debba essere sottoposto a serrata vigilanza presso strutture preposte per i soggetti cosiddetti “socialmente pericolosi”.

Nel corso della sua, quasi, trentennale carriera professionale, come criminologo clinico e penitenziario, oltre che perito per i Tribunali, la dott.ssa Sionis può concretamente affermare che personalità come quelle di Benno Neumair siano saldamente votate al Male e che fondino le loro radici sulla menzogna, la calunnia e si nutrano della distruzione di coloro che percepiscono come ostacoli al turpe raggiungimento dei loro biechi obiettivi, o semplicemente li smascherino. Difatti, la possibilità di essere smascherati costituisce per costoro un fortissimo indicatore di stress.

Questo genere di individui, non esita a creare qualunque tipo di nocumento verso il bersaglio di turno fino ad accarezzare, progettarne o delegarne l’omicidio.

Si tratta di soggetti vuoti, tutti col medesimo NON sguardo, bulimici di violenza e aggressività e mossi dal compulsivo diktat della distruzione dell’Altro da sé, nel vano tentativo di placare la loro immensa voragine di rabbia. Individui con personalità INTERROTTE, senza alcuna empatia e patologicamente egoriferite.

Le loro sfumature emozionali sono orientate esclusivamente verso i sentimenti di distruzione, odio e rabbia bulimica. La sessualità è utilizzata come mezzo di riconoscimento del loro essere nel mondo e, allo stesso modo, costoro percepiscono la propria immagine corporea o il ruolo sociale e/o professionale (quasi sempre raggiunto tramite truffe, imbrogli, sotterfugi e do ut des che nulla hanno a che vedere col merito e le competenze specifiche richieste per rivestirlo).

Sovente sono altamente pericolosi,  manifestando le loro inclinazioni distruttive sin dalla più tenera età.  

Diversa, invece, per certi aspetti, appare la personalità di Antonio De Marco, soggetto che, indubbiamente, ha sofferto di un complesso di inferiorità nei confronti del padrone di casa, dal quale, più o meno consciamente, è probabile fosse attratto, al punto da vederne la nuova compagna come un ostacolo al suo “sogno” (infranto) di coabitare con lui nel medesimo appartamento. Come Benno, tuttavia, anche Antonio è sostanzialmente un insicuro, ma, a differenza da lui, egli manipola la sua insicurezza in maniera diversa. E’ introverso, taciturno, cova rabbia verso chi “appare meglio di lui”, salvo esserne potenzialmente attratto. Non fa palestra, non cerca ragazze su siti (e si lamenta di non riuscire ad avere un rapporto stabile con una), non cerca vestiti firmati, non segue le mode, non ama “il palcoscenico”. Anzi, per certi versi, è più concreto di Benno, in quanto pare uno studente modello. Inoltre, diversamente da Benno, ha pianificato il progetto omicida con una impressionante dovizia di particolari, che lo ha portato ad appuntare tutto su dei fogli che ha perso durante la fuga. Addirittura, aveva analizzato i percorsi da compiere per evitare le postazioni fisse delle telecamere, dalle quale sarebbe stato inquadrato. Benno, invece, a quanto pare trapelare dalle indagini, pare abbia agito, per lo meno nei confronti del padre, con impeto irrefrenabile. 

Personalità, dicevamo, certamente da periziare, proprio per una questione di “sicurezza sociale”, al di là delle differenze che li caratterizzano. 

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NUOVE METODICHE NEUROSCIENTIFICHE A SERVIZIO DELLA GIUSTIZIA E DEL DIRITTO.

Ciò premesso, crediamo che i casi di questi due ragazzi siano paradigmatici di quanto sarà utile applicare alla perizia classica i contenuti e le metodiche delle moderne tecniche di neuroscienze a servizio della Giustizia e del Diritto.

Certo, i test di personalità andranno applicati, e da essi non si potrà prescindere. Ma non sarebbe male applicare anche una batteria di test neuropsicologici di primo, secondo e terzo livello, atti a valutare attentamente il loro quoziente intellettivo, sia per la parte verbale che (aspetto non indifferente) per quella non verbale.

In tale contesto, non sarebbe male si procedesse ad uno studio neuropsicologico accurato delle loro funzioni cognitive sottese dai lobi frontali, soprattutto a livello di aree associative prefrontali, sia esse corticali che sottocorticali, per meglio approfondire la funzionalità dei network cosiddetti “fronto-caudali” e “ippocampo- prefrontali”.

Ma le neuroscienze forensi possono veramente aiutare se si prosegue step by step.

Subito dopo, infatti, bisognerebbe applicare loro i potenziali cognitivi a lunga latenza, evento correlati. Possono aiutare a capire il livello di funzionalità integrativa delle loro aree associative multimodali, quelle che proiettano alle aree prefrontali. In sostanza, il carrefour “parieto-occipito-temporale”, verrebbe meglio indagato sotto il profilo neurofisiologico, con una maggiore oggettivizzazione di quanto ottenuto dalla testistica.

Esempio di potenziali cognitivi a lunga latenza, evento correlati.

Altra metodica molto utile sarebbe la risonanza magnetica (RMN) cerebrale “morfovolumetrica”, quella che misura, con la tecnica della “voxel based morphometry (VBM)”, gli indici lineari di diversi fasci, oltre che lo spessore dell’ippocampo, dell’amigdala, e della fessura corioidea, regioni implicate nella capacità di autocontrollo degli impulsi e delle condotte violente.

 RMN cerebrale morfovolumetrica con ricostruzione in T1 usata per lo studio VBM (in alto a sinistra), fusione con i dati di segmentazione del liquor in blu (in alto al centro), della sostanza grigia in rosso (in alto a destra), della sostanza bianca in giallo (in basso in centro) e di tutte tre le componenti (in basso a destra)

La RMN morfovolumetrica, inoltre, permette di studiare le percentuali relative di materia grigia e materia bianca cerebrale non solo all’interno di un emisfero cerebrale ma anche tra I due emisferi cerebrali. Una discrepanza in tal senso viene, oggi, suggerita come patogenetica per la schizofrenia, patologia un tempo considerata “funzionale” (ovvero presente in soggetti privi di anomalie cerebrali).

Associata alla RMN morfovolumetrica, vi sarebbe da applicare la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che può essere eseguita sia durante l’esecuzione di un compito (cognitivo o non cognitivo) che in “resting state”, ovvero a cervello a riposo, per studiare la connettività cerebrale mediante lo studio delle “componenti indipendenti” (ICA).

Di sotto presentiamo immagini inerenti una fMRI durante l’applicazione di un compito non cognitivo (apertura/chiusura degli occhi) che durante la condizione di “resting state” (a cervello quiescente).

fMRI durante l’esecuzione di un compito non cognitivo (apertura occhi alternata a chiusura degli stessi).

fMRI in resting state

fMRI in resting state

Ancora meglio, in successione, sarebbe utile applicare lo studio di “coregistrazione EEG-fMRI”, una metodica nuova, ab initio applicata alle epilessie di interesse chirurgico, per evidenziare, con modalità non invasiva, il focus epilettogeno da rimuovere chirurgicamente, ora di interesse anche per i disturbi cognitivi sovente caratterizzati dalle cosiddette “psicosi a patogenesi organica”. E’ una metodica che vede coniugare l’alta risoluzione temporale dell’EEG con l’alta definizione spaziale della fMRI, in modo da studiare le variazioni di flusso ematico regionale (definito effetto “BOLD”: Blood Oxygenation Level Dependent) correlate alle variazioni dell’attività bioelettrica cerebrale. Prima si esamina l’EEG, e si studia in frammenti di epoche della durata di circa due secondi, in modo da avere una certa stabilità dei diversi bioritmi cerebrali in esse contenuti. Secondariamente, mediante la trasformata di Fourier, passando dallo spettro del tempo a quello delle frequenze, si studia la potenza associata ad ogni spettro di frequenza (banda alfa, beta, theta, delta), per valutare quale di queste frequenze ha la maggiore potenza nelle diverse aree cerebrali. Successivamente, con algoritmi, si applica questa potenza alla fMRI, in modo da verificare come varia l’attivazione/deattivazione ematica loco-regionale (segno indiretto di attivazione/deattivazione del metabolismo cerebrale) al variare della potenza delle frequenze cerebrali. Poichè l’emoglobina deossigenata (quella “consumata” dal cervello in attività), ovvero la emoglobina ridotta, è paramagnetica, essa risulta evidenziabile alla fMRI. Ecco che, registrare aree di consumo di ossigeno (aree dove abbiamo alte quantità di emoglobina ridotta), significa registrare aree attive, mentre registrare aree a basso consumo di ossigeno (dove abbiamo basse quantità di emoglobina ridotta) significa registrare aree non attive. Come già ribadito, ma repetita juvant, ricordiamo che questa metodica andrebbe applicata cercando di evidenziare non solo le aree di deattivazione ma anche quelle di attivazione, posto che il cervello lavora “in toto”, per cui, sovente, un’area cerebrale funziona, o iper funziona, in quanto si libera da un controllo inibitorio di un’area cerebrale, vicina o lontana che sia. Il network inibitorio, infatti, di un’area cerebrale su un’altra, non vale solo per la prevenzione delle epilessia ma anche per i disturbi parossistici non epilettici, tra cui abbiamo le psicosi organiche. Le immagini sottostanti, a tal fine, sono assai eloquenti sulle potenzialità di questa nuova metodica.

EEG-fMRI

EEG-fMRI

EEG-fMRI

Diversi studi hanno già validato questa metodica. Di seguito ne riportiamo due, assai significativi perchè di relativamente recente pubblicazione. Uno di essi descrive l’applicazione di fMRI durante un compito cognitivo ed uno parla dell’applicazione di fMRI in condizioni di resting state.

EEG-fMRI durante un compito cognitivo (articolo del 2014)

EEG-fMRI col metodo delle componenti indipendenti (articolo del 2014)

Altra metodica importante è la Tomografia assiale ad emissione di positroni, definita PET, anch’essa una metodica che ci va a studiare il metabolismo di una molecola (solitamente il glucosio) che viene radiomarcata per essere tracciabile nel suo ingresso nei neuroni. Mediante la PET cerebrale abbiamo in evidenza le aree di ridotto metabolismo. Alleghiamo una immagine assai significativa sulle informazioni che si possono estrapolare da questa metodica.

Tomografia ad emissione di positroni (PET)

A questo punto diventa interessante lo studio integrato delle diverse metodiche, per verificare una loro concordanza/discordanza, come si evince dalla figura sottostante.

Integrazione di PET ed EEG-fMRI: concordanza dei dati rilevati dalle due metodiche.

Ultima, ma non per importanza, vi è la trattografia, una metodica che, evidenziato il sospetto di una disfunzione di alcuni network (o circuiti) cerebrali, va meglio a “quantificare” il grado di questa disfuzione. Ecco un tipico esempio di trattografia (DTI).

Trattografia (DTI)

Ci auguriamo che, per esigenze di completezza, tutte queste nuove metodiche entrino finalmente nella perizia, al fine di meglio comprendere non solo eventuali alterazioni strutturali microscopiche del parenchima cerebrale, ma anche sue alterazioni funzionali (estrapolate da alterazioni del metabolismo neuronale e/o anche dal consumo di ossigeno cerebrale) ad esse correlate.