La complessità diagnostica del Disturbo di Personalità| a cura di Mirko Avesani

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  • Mirko Avesani, Neurologo Clinico e Forense, Dottore di Ricerca in Neuroscienze (Curriculum Neurofisiologia Clinica e Neuro-riabilitazione), Perfezionato in Neuropsicologia, Criminologo Perfezionato in Neuroscienze Forensi; Referente Ambulatorio Malattie Neurodegenerative, Co-referente Ambulatorio Malattie Neurologiche Rare, presso SC di Neurologia dell’Ospedale Civile di Mantova, ASST Mantova.

Quando si parla di disturbi di personalità, chi non è del campo crede che sia semplice arrivare ad una diagnosi sufficientemente certa per approcciare un trattamento. Letti su un manuale, come il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), infatti, sembra tutto semplice. Prendiamo, ad esempio, due di essi, quello Antisociale e quello Narcisistico.

Secondo la definizione del DSM-5 (2013) il Disturbo Antisociale di Personalità è un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri (Criterio A), che inizia nell’infanzia o nella prima adolescenza e continua nell’età adulta. Per porre questa diagnosi, l’individuo deve avere almeno 18 anni (Criterio B) e avere in anamnesi alcuni sintomi del disturbo della condotta prima dell’età di 15 anni (Criterio C).

Gli individui con disturbo antisociale di personalità non riescono a conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale (Criterio A1), sono frequentemente disonesti e manipolativi per profitto o per piacere personale (per es., per ottenere denaro, sesso o potere) (Criterio A2) e possono prendere decisioni sotto l’impulso del momento, senza riflettere e senza considerare le conseguenze per sé e per gli altri. Tendono a essere irritabili e aggressivi (Criterio A4), mostrano una noncuranza sconsiderata della sicurezza propria o degli altri (Criterio A5), tendono anche a essere spesso estremamente irresponsabili (Criterio A6) e mostrano scarso rimorso per le conseguenze delle proprie azioni (Criterio A7). Si evince che, per definizione, le persone che rispondono ai criteri del disturbo antisociale di personalità presentano scarso senso di colpa e a questa carenza è abitualmente ricondotta larga parte della fenomenologia del disturbo.

Su un altro versante sta il Disturbo Narcisistico di Personalità, caratterizzato da un modello pervasivo di grandiosità, necessità di adulazione, assoluta mancanza di empatia. Poichè hanno difficoltà nella regolamentazione dell’autostima, hanno bisogno di lode e di affiliazioni con persone speciali o istituzioni. Tendono anche a svalutare altre persone in modo da poter mantenere un senso di superiorità. Sovrastimano le loro capacità ed esagerano i loro successi. Pensano di essere superiori, unici, o speciali. La loro sovrastima del proprio valore e delle loro realizzazioni implica spesso una sottostima del valore e dei risultati degli altri. Ma sono anche molto fragili in quanto, nutrendo il bisogno di essere costantemente ammirati, la loro autostima dipende dalla considerazione positiva degli altri. Sono sensibili e infastiditi dalle critiche degli altri e da un eventuale fallimento, che li fanno sentire umiliati e sconfitti anche se non era questa la volontà di coloro con cui sono entrati in relazione. Possono, infatti, rispondere con rabbia o disprezzo o, addirittura, contrattaccare brutalmente. Oppure, in situazioni di palese debolezza nei confronti di una controparte che reputano “forte”, possono ritirarsi accettando esternamente la situazione, nel tentativo di proteggere il loro senso di grandiosità (che evita, così, di venire “messo in discussione”).

La diagnosi avviene in base a dei criteri clinici definiti, anch’essi, dal DSM-5. Per una diagnosi di disturbo narcisistico di personalità, i pazienti devono avere un modello persistente di grandiosità, necessità di adulazione, e mancanza di empatia. Questo modello è evidenziato dalla presenza di almeno 5 dei seguenti segni: Un’esagerata, infondata sensazione della propria importanza e dei propri talenti (la grandiosità); Preoccupazione con fantasie di successi senza limiti, influenza, potere, intelligenza, bellezza, o amore perfetto; Convinzione di essere speciali e unici e di doversi associare solo a persone di altissimo livello; Un bisogno di essere incondizionatamente ammirati; Una sensazione di privilegio; Sfruttamento degli altri per raggiungere i propri obiettivi; Mancanza di empatia; Invidia degli altri e convinzione che gli altri li invidino; Arroganza e superbia. Inoltre, i sintomi devono avere inizio nella prima età adulta.

Questo è quanto apprendiamo dai sacri testi, e, stando alla “lettera” (ovvero alla teoria), parrebbero ben differenziabili tra loro. Non facciamo i conti con la natura, che spesso è meno schematica di noi. Ciò che, per comodità, cerchiamo di inserire in categorie concettuali, non sempre è ciò che si manifesta in natura. E questo accade anche per le patologie della mente.

Infatti, spesso in una persona vi possono essere diverse patologie, ed anche diverse patologie mentali, oppure un paziente può manifestare parziali segni/sintomi di diverse patologie, in modo da essere “a metà strada” tra una e l’altra. Questo accade anche per i disturbi di personalità in generali, e per quelli prima citati in particolare.

Innanzitutto dobbiamo considerare che vi è una stretta relazione tra il disturbo narcisistico di personalità e quello antisociale. La letteratura scientifica, infatti, propone che a tutti i pazienti con un disturbo antisociale di personalità vengano riconosciute anche talune caratteristiche tipiche del disturbo narcisistico di personalità più una specifica patologia dei sintomi etici interiorizzati (funzioni del Super-io) e un particolare deterioramento del mondo di relazioni oggettuali interiorizzate.

Unica eccezione significativa a questa norma è la sindrome, di prognosi clinica grave e relativamente poco frequente, di “schizofrenia pseudo-psicotica”, che si riscontra in particolare in pazienti schizofrenici cronici con miglioramento periodico (siano o non siano essi in trattamento) e, durante tali periodi di “trattamento”, con comportamento antisociale che scompare quando il paziente ritorna a essere nuovamente psicotico.

Ma la complessità di una diagnosi non si ferma a questo, seppur significativo, scoglio.

Vi è, infatti, un ulteriore gruppo di pazienti che, invece, si colloca proprio “tra” il disturbo narcisistico di personalità e il disturbo antisociale di personalità.

Esso è caratterizzato da ciò che può essere definita sindrome di narcisismo maligno. Tale sindrome è definita dalla combinazione di:

1) un disturbo narcisistico di personalità;

2) un comportamento antisociale;

3) aggressività egosintonica o sadismo rivolto verso gli altri o espresso mediante un particolare tipo di automutilazione trionfante o tentativi di suicidio;

4) un forte orientamento paranoide.

Viene in tal modo descritta una dimensione di comportamento antisociale che collega il disturbo narcisistico di personalità con il disturbo antisociale di personalità e il narcisismo maligno.

Come prima detto, questa complessità riguarda tutti di disturbi di personalità. Infatti, tale caratteristica dimensionale che collega i tre disturbi è simile ad altre connessioni dimensionali che connettono tra loro altri disturbi di personalità. Cito, a titolo di esempio, il rapporto tra disturbo schizoide di personalità e disturbo schizotipico di personalità, quello tra disturbo isterico di personalità e disturbo istrionico (o isteroide infantile) e borderline.

Ecco il motivo per cui, in una perizia, sarebbe assai utile associare ai test, una congrua batteria strumentale (potenziali evocati cognitivi, RMN encefalo morfovolumetrica, PET TAC, fMRI, EEG-fMRI, Trattografia), atta a cercare quei segni distintivi che possano aiutare ad oggettivizzare la diagnosi. La ricerca, in tal senso, è in fieri, e significativi risultati potranno arrivare dalla collaborazione tra neurologi esperti in neurofisiologia clinica e neuropsicologia e psichiatri.