«Potrebbe sembrare banale, ma l’ignoranza in ogni sua forma è qualcosa che mi fa sentire in qualche modo minacciata o che, quantomeno, cerco di combattere nella mia quotidianità. È sempre stata la mia nemica per tanti motivi a partire dal mio amore per la Cultura, per l’Esoterismo, ma anche semplicemente per chi sono come persona.» (Chiara Mattozzi)
Chiara Mattozzi
Ciao Chiara, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Chiara professionista e scrittrice?
Ciao Andrea, innanzitutto ti ringrazio per avermi invitata qui. Io sono Chiara Mattozzi, ho ventun anni, sono nata a Roma, ma vivo e studio a Galway, in Irlanda. Amo la scrittura, i libri, gli animali, soprattutto i gatti, l’arte e la Storia; se potessi vivrei in un museo. Chiara scrittrice è una maestra nell’arte del procrastinare e se fosse per lei fantasticherebbe tutto il giorno, ha sempre della musica di sottofondo, non importa il genere purché abbia un testo che la ispiri. Come professionista non c’è molto da dire, scrivere è in un certo senso il mio lavoro ormai quindi è la stessa Chiara di cui parlavo prima.
…chi è invece Chiara donna nella sua quotidianità?
Nella quotidianità cerco di restare in equilibrio tra lo studio e la scrittura, amo viaggiare e non vedo l’ora di poterlo rifare in sicurezza. Le mie giornate sono sempre divise tra le lezioni, lo studio, la lettura, la scrittura, la meditazione e la divinazione tramite le carte o il pendolo. È grazie a queste ultime attività e alla lettura che di solito trovo l’inspirazione per scrivere. Sono una persona molto timida e spesso passo molto tempo tra i miei libri, da leggere o da scrivere, insieme al mio assistente felino, Macchia, che ama dormire vicino al computer. Amo girare per musei e nei siti archeologici, potendo non farei altro!
Qual è la tua formazione professionale e letteraria? Ci racconti il percorso che ti ha portato a svolgere quello che fai oggi quale scrittrice e studentessa?
Sto ancora lavorando alla mia formazione professionale studiando Scrittura Creativa all’università; per quanto riguarda la mia formazione letteraria credo sia tutto merito dei tanti libri che mi hanno sempre fatto compagnia sin da quando avevo più o meno otto anni. È stata una versione illustrata dell’“Odissea” per bambini a farmi appassionare alla lettura e a tutto ciò che aveva a che fare con il passato, come la Storia e la mitologia. Era stato un regalo di mio padre ricevuto durante uno dei miei tanti periodi di influenza e non avendo molto altro da fare dovendo stare a letto, lo lessi in pochissimo tempo e credo di averlo letto almeno sei volte da allora. Da quel momento in poi ho iniziato a leggere un po’ di tutto. Iniziai ad interessarmi alla storia romana grazie ai libri di Rosemary Sutcliff, in particolare “La legione scomparsa”. Ciò che mi ha portato alla scrittura però non riguarda esattamente i libri che ho letto anche se, sicuramente, l’amore per la Storia ha influito.
Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?
Ho sempre amato inventare storie con mia nonna e con i miei genitori, era il mio gioco preferito e se non potevano darmi retta, allora, ne inventavo di mie e passavo giornate intere a fantasticare sui luoghi e i personaggi da me creati. Stranamente, in tutte le mie storie, non ero mai una principessa, ma questa è un’altra storia. Non avevo mai pensato di scrivere veramente né tantomeno di pubblicare qualcosa finché un giorno, all’età di quindici anni, non incontrai un fantasma (se fino ad ora mi ero salvata dal sembrarvi veramente strana ora non ho scampo, lo so). E che ci crediate o no, è stato proprio quello spirito a spingermi a scrivere il mio primo libro, “La rosa dell’ammiraglio”. Per chi non lo avesse letto e non sapesse di cosa sto parlando vi dirò brevemente che grazie a Plinio il vecchio ho iniziato ad avvicinarmi allo studio delle vite passate, a fare regressioni e a ricordare alcune delle vite che la mia anima ha vissuto prima di diventare la persona di cui state leggendo ora. Così, tra una regressione e l’altra ho deciso di iniziare a scrivere della vita nella quale ho conosciuto l’ammiraglio Gaio Plinio Secondo. Gli appunti sono come gli acini d’uva, uno tira l’altro e alla fine mi sono ritrovata con la bozza di un vero e proprio libro. Rimisi insieme tutti i pezzi e decisi di pubblicarlo qualche anno più tardi. Ho deciso poi di proseguire con questa nuova passione per la scrittura, ho ricominciato ad inventare storie ed eccomi qui, con il mio secondo libro pubblicato e a studiare Scrittura Creativa.
Ci parli del tuo libro “Il corvo e la rosa – La strega” edito da PandiLettere dell’editore Lara Di Carlo? Come nasce, qual è il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale la storia che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?
“Il corvo e la rosa – La strega” è nato durante una chiacchierata su WhatsApp con un mio caro amico appassionato di cavalieri e medioevo. Quel pomeriggio mi annoiavo immensamente, avevo finito da poco di scrivere il mio primo libro e la scrittura mi mancava, tuttavia non avevo assolutamente nessuna ispirazione, così gli scrissi chiedendogli cosa sarebbe potuto accadere se una strega avesse rapito un cavaliere. Fantasticammo per un po’ sulle varie conseguenze che tale gesto avrebbe potuto avere e decisi di scrivere le idee che avevamo avuto, tuttavia mancava ancora tutto, non c’erano i motivi per cui la strega avrebbe dovuto rapire il cavaliere né avevo dei nomi per i due protagonisti. Da quegli appunti disordinati iniziai a creare il mondo de “Il corvo e la rosa – La strega”, scelsi i nomi per i personaggi principali e così nacquero Claire, la strega e Richard, il cavaliere, seguiti poi dai due antagonisti, Lord Randall e Padre Bernard. La storia inizia quando Claire, approfittando del fatto che Richard è stato ferito in battaglia, lo porta nella sua casa dicendo di volerlo salvare. Quando però Richard scopre che la sua salvatrice è in realtà una strega e che aveva già previsto il suo arrivo, decide di fuggire e di far sapere al signore del suo villaggio, Lord Randall, che c’è una strega nel suo territorio. Da qui, Richard, il Lord e il padre priore, Padre Bernard decidono di dichiarare guerra alla strega. Sembra una storia già scritta, finché, inaspettatamente, Claire non si trova a dover chiedere l’aiuto di Richard mettendo il giovane cavaliere di fronte a una scelta che potrebbe cambiare ogni cosa. Il messaggio che ho voluto trasmettere attraverso la storia di Claire e Richard è che il mondo non è tutto bianco o nero e, anche se la lotta tra il Bene e il Male è alla base di questa storia, è pur vero che a volte il confine tra giusto e sbagliato non è così netto. La guerra che viene combattuta tra i personaggi è anche una profonda lotta interiore che porterà più volte ognuno di loro a mettere in discussione i propri valori. Ho scelto di narrare questa storia concentrandomi su Claire e Richard, ma loro non saranno gli eroi che vi aspettate e forse, in fondo, ognuno dei personaggi potrebbe essere l’eroe della sua storia personale.
Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?
I destinatari che ho immaginato per “Il corvo e la rosa – La strega” sono semplicemente tutti coloro che amano le avventure, la magia e che sono pronti a mettere in discussione le proprie certezze per lasciarsi guidare in un viaggio dove a volte eroi e antagonisti si confondono.
Una domanda difficile Chiara: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Il corvo e la rosa – La strega”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.
“Il corvo e la rosa – La strega” è un’avventura piena di magia e personaggi forti e fragili allo stesso tempo che mettono in dubbio i concetti di Bene o Male. Se amate il mistero e il fantasy sicuramente verrete rapiti anche voi da Claire e chissà, forse scoprirete che la strega di cui tanto si è parlato in passato non è esattamente come sembra…
Ho immaginato di chiedere al pubblico di scegliere alla fine chi è stato per loro l’eroe, se ce n’è stato uno e il perché della loro scelta, quindi ve lo chiedo qui e se vorrete potrete contattarmi per parlarmene.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?
Il mio più sincero ringraziamento va al mio amico Andy, senza il quale probabilmente non avrei mai scritto questo libro così com’è. Vorrei ringraziare anche mia madre, Rossana, per aver letto innumerevoli volte le bozze di questa storia. Ringrazio anche la bravissima Fabiana Castellani che ha dato dei volti ai personaggi de “Il corvo e la rosa – La strega” realizzando il mio sogno di poter avere delle illustrazioni per il mio libro. E, ovviamente, non posso non ringraziare Lara Di Carlo e Elisa Martino per aver creduto in me, letto la mia storia ed aver deciso di dedicarle il loro tempo e le loro energie affinché potesse essere letta da tante altre persone.
Nella tua attività letteraria hai pubblicato altri libri e romanzi. Ci racconti quali sono, di cosa trattano e quale l’ispirazione che li ha generati?
Finora ho pubblicato un solo libro oltre a “Il corvo e la rosa – La strega”, “La rosa dell’ammiraglio”. Non ho mai voluto veramente definirlo un romanzo poiché racconta una storia vera nata attraverso delle sedute di ipnosi regressiva e delle lunghe conversazioni con uno spirito che in una delle sue vite è stato Gaio Plinio Secondo, meglio noto come Plinio il Vecchio. “La rosa dell’ammiraglio” racconta la storia di Salvia Rectina, una matrona romana realmente vissuta nel I secolo d.C., partendo dal giorno in cui incontrò per caso Plinio. È un viaggio di oltre trent’anni nella Roma Imperiale che si svolge tra l’Urbe e Ercolano dove Rectina viveva con il suo odiato marito e la sua crudele madre. È una storia d’amore tra Plinio e la protagonista, un amore ostacolato e difficile che ha messo in pericolo le vite dei due personaggi principali più di una volta.
«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?
Sinceramente credo di appartenere a una categoria di persone un po’ particolare, se ho un obiettivo faccio tutto ciò che posso per raggiungerlo, ma affido anche molto i miei desideri e progetti al Fato. L’impegno, i talenti e la disciplina sono certamente fondamentali, ma a mio avviso, un pizzico di fortuna o di magia non guasta mai. In fondo, l’influenza del Fato è sempre un tema ricorrente nei miei scritti, sono fermamente convinta che sia un elemento molto importante nelle vite di ognuno di noi.
«Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Cosa ne pensi tu in proposito? Cosa legge il lettore in uno scritto? Quello che ha nella testa “chi lo ha scritto” oppure quello che gli appartiene e che altrimenti non vedrebbe?
Mi è sempre piaciuto immaginare la lettura come una conversazione, come diceva René Descartes. Leggere è per me una silenziosa chiacchierata con l’autore e i suoi pensieri. In un certo senso il lettore leggerà sempre, anche se inconsciamente, ciò che l’autore aveva in testa, ma allo stesso tempo si ritroverà riflesso in quelle pagine. Un libro, per un lettore, è un po’ come uno specchio che riflette ciò che si ha dentro, è uno specchio magico se vogliamo restare nel fantasy, ma non credo che vi dirà mai se siete i più belli del reame. Ma è vero ciò che scrisse Proust, senza questo specchio stregato, il lettore molto probabilmente non vedrebbe mai alcuni aspetti di sé. Immergendosi in un nuovo libro, in una nuova storia, un lettore entra in un altro mondo, prende il corpo di uno o più personaggi, fa sue le loro personalità e vive le loro vite affrontando dunque anche i loro dilemmi e le loro avventure. In questo modo una persona del XXI secolo potrebbe ritrovarsi nell’arena di un anfiteatro romano e scoprire cosa farebbe, almeno in teoria, in una situazione simile, potrebbe scoprire di avere una certa passione o avversione per i giochi gladiatorii e per il sangue. Potrebbe ritrovarsi nel bel mezzo di una battaglia o a dover decidere, accanto al personaggio della sua lettura, se concedere o meno al nemico di vivere e così potrebbe scoprire di essere più o meno incline al perdono, di essere un tipo che si lancerebbe immediatamente in una battaglia o forse uno che fuggirebbe. Ma, senza un libro, avrebbe mai scoperto tutto questo?
«I perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti.» (Umberto Eco, “Numero Zero”, Bompiani ed., Milano, 2015). Cosa ne pensi di questa frase del grande maestro Umberto Eco? In generale e nel mondo dell’arte, della cultura, della letteratura contemporanea? Come secondo te va interpretata considerato che oggi le TV, i mass media, i giornali, i social sono popolati da “opinionisti-tuttologi” che si presentato come coloro che sanno “tutto di tutto” ma poi non sanno “niente di niente”, ma vengono subdolamente utilizzati per creare “opinione” nella gente comune e, se vogliamo, nel “popolo” che magari di alcuni argomenti e temi sa poco? Come mai secondo te oggi il mondo contemporaneo occidentale non si affida più a chi le cose le sa veramente, dal punto di vista professionale, accademico, scientifico, conoscitivo ed esperienziale, ma si affida e utilizza esclusivamente personaggi che giustamente Umberto Eco definisce “autodidatti” – e che io chiamo “tuttologi incompetenti” – ma che hanno assunto una posizione di visibilità predominante che certamente influenza perversamente il loro pubblico? Una posizione di predominio culturale all’insegna della tuttologia e per certi versi di una sorta di disonestà intellettuale che da questa prospettiva ha invaso il nostro Paese? Come ne escono l’Arte. La Letteratura e la Cultura da tutto questo secondo te?
L’idea che l’essere un “perdente” racchiuda in sé il piacere dell’erudizione mi fa sorridere. Nel mondo di oggi i “tuttologi” sono ovunque, ormai ognuno dice ciò che pensa su qualsiasi argomento e se, da una parte questo è sicuramente un interessante spunto di dialogo, è anche vero che i veri “tuttologi” sono ormai in pochi. Sicuramente Internet e i grandi motori di ricerca permettono quasi a chiunque di potersi informare su qualsiasi cosa con un semplice click e questo sarebbe anche un bene, ma il problema sorge sempre quando ci si domanda da che fonti provengono le informazioni raccolte. Se chiunque può dire la sua pur non conoscendo veramente un argomento, tutti possono leggere informazioni errate e far passare i messaggi sbagliati. Le opinioni sono sicuramente importanti, ma senza approfondimenti e studi a supportarle, rimangono semplici pareri e andrebbero trattati da tali quindi presi sempre con le pinze anche se ormai sembra che l’opinione di un qualsiasi Pinco Pallino sia più importante di qualsiasi cosa dica uno studioso o un Professore. Credo che l’attrazione verso gli “autodidatti” o i “tuttologi incompetenti” nasca dal fatto che molte persone preferiscono ascoltare gente come loro, piuttosto che ragionare o ascoltare seriamente un Premio Nobel o uno scienziato vero. Preferiscono affidarsi a ciò che racconta il tipo su Facebook che tanto ci ricorda il panettiere alla fine della strada. Una volta lessi da qualche parte un post satirico a proposito e l’idea di base era più o meno questa: la gente sceglie di seguire Tizio perché è proprio come il mio macellaio di fiducia, ma siamo veramente sicuri che il “macellaio di fiducia” sia in grado di spiegare ogni cosa o, peggio ancora, di governare un intero Paese?
Sicuramente l’Arte, la Letteratura e la Cultura non giovano molto da questa situazione, a cosa potrebbe mai servire studiarle veramente se poi basta andare a leggere su Internet o su Facebook per scoprire ogni cosa? Ecco, il problema è sempre lo stesso, da chi si sta leggendo cosa e, soprattutto, dove si è informato chi scrive? Ma, a scanso di equivoci, non credo che Internet sia il problema, il problema sta nel saper scegliere le proprie fonti, Internet è solo un mezzo e può essere usato in modo giusto o sbagliato.
«Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procuraci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo. (…) Ed ecco che in questa occasione non ci interessa tanto il fenomeno quasi naturale di individuazione di un nemico che ci minaccia, quando il processo di produzione e demonizzazione del nemico» (Umberto Eco, “Costruire il nemico”, La nave di Teseo ed., Milano, 2021, p.7). Riprendendo le parole di Eco, qual è il tuo nemico? Chi senti come nemico nella tua vita di oggi e chi è stato il tuo nemico nel passato? In altre parole, da cosa ti sei sentita, e oggi, da cosa ti senti minacciata, da un punto di vista più culturale, etico e morale, che fisico ovviamente, e contro cosa combatti nella tua quotidianità?
Potrebbe sembrare banale, ma l’ignoranza in ogni sua forma è qualcosa che mi fa sentire in qualche modo minacciata o che, quantomeno, cerco di combattere nella mia quotidianità. È sempre stata la mia nemica per tanti motivi a partire dal mio amore per la Cultura, per l’Esoterismo, ma anche semplicemente per chi sono come persona. Credo che in molti casi ciò che di male accade intorno a noi sia dettato in gran parte dall’ignoranza. Un esempio molto attuale di questo potrebbero essere le aggressioni alle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+. La gente tende ad attaccare e “odiare” ciò che non conosce, ciò che ignora o ciò che, per meglio dire in qualche caso, non vuole conoscere. Un po’ come accadde con i processi alle streghe, se le persone avessero compreso che quelle donne nella maggior parte dei casi conoscevano semplicemente dei metodi per guarire e curare gli altri e che non c’era il Male dietro, forse le cose sarebbero andate diversamente. Tornando al tema della comunità LGBTQ+ della quale faccio parte e per la quale cerco di combattere l’ignoranza, sono fermamente convinta che l’informazione sia il modo più efficace per risolvere molti problemi. Il dialogo è certamente importante, ma come ho potuto notare personalmente, se non è basato su una solida informazione, nella maggior parte dei casi ci si imbatte nei “tuttologi incompetenti” che, pur non avendo assolutamente nulla a che fare con la comunità o con i problemi che essa affronta quotidianamente, si ostinano a voler dare la loro opinione spesso dannosa nascondendosi dietro alla libertà di parola. Per questo credo che l’informazione debba essere il primo passo ed è ciò che cerco di trasmettere a chi ho intorno.
Un altro semplice esempio di ignoranza possiamo averlo pensando ai carmi di Catullo. Sentendo il suo nome la maggior parte delle persone (o almeno coloro che sono incappati nei suoi scritti sui banchi di scuola) pensano subito a Lesbia e agli stupendi versi a lei dedicati. Ma se, ad esempio, citassi il carme 48, in quanti saprebbero dirmi che era dedicato a un ragazzo e non ad una donna e che Catullo, come molti altri uomini del suo tempo (Giulio Cesare compreso, almeno secondo alcune fonti), era bisessuale? Di questo non si parla mai, o quasi, soprattutto nelle scuole. Eppure, il carme 48 e così anche gli altri dedicati a Giuvenzio, sono splendidi almeno quanto quelli dedicati a Lesbia. Una soluzione alla tanta ignoranza potrebbe essere anche qui, semplicemente nei versi di un poeta romano del I secolo a.C..
«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quando l’amore e i sentimenti così poderosi incidono nella tua arte e nelle tue opere?
Come non concordare con queste splendide parole? I sentimenti e l’amore sono per me alla base di ogni cosa nella vita come nell’arte. Nelle mie opere si parla spesso di amore, e certo, l’amore non è sempre tutto rose e fiori, ma è una parte fondamentale della vita. L’amore ha poi un’incredibile varietà di forme, non è solo qualcosa di romantico e credo che valga sempre la pena cercare di esplorare questa sua miriade di sfaccettature. Mi piace molto l’idea che l’autrice non possa descrivere la propria vita in base ai fatti, il mondo ormai sembra cercare di basarsi quasi solo su di essi scordando però l’estrema importanza che hanno le emozioni per noi esseri umani.
«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto fra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, pp.39-40). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?
Credo fermamente che l’arte in ogni sua forma debba spingere l’essere umano al progresso, al ragionamento, all’emozione, alla crescita o anche a mettere in discussione sé stesso. L’arte accompagna in un viaggio interiore e spirituale che deve portare ad una qualche sorta di risveglio e credo che, anche volendo, difficilmente qualcuno potrebbe riuscire a rimanere completamente passivo in questo processo. Grazie alla scrittura anche io ho viaggiato e sono cresciuta immergendomi prima in una mia vita passata, in un tempo in cui essere una donna era tutt’altro che semplice e fare le proprie scelte era spesso pericoloso; poi in un mondo da me inventato, ma sempre ambientato nel passato. Ho scoperto anche io, come un lettore, quanto possa essere difficile a volte comprendere la differenza tra giusto o sbagliato, quanto le nostre scelte, anche le più piccole, potrebbero cambiare non solo le nostre vite, ma anche quelle di coloro che ci circondano. Credo che, in certo senso, scrivere sia un’altra forma di lettura e che anche durante il processo di stesura, l’autore sia sempre impegnato a leggere sé stesso e a viaggiare in profondità nella propria anima.
«Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Ha ragione Bukowski a dire queste cose a proposito di coloro che frequentano corsi di scrittura creativa? Cosa ne pensi in merito? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere anche se il talento non c’è? Come si diventa grandi e apprezzati scrittori secondo te?
Diciamo che chiedermi cosa penso dei corsi di scrittura sarebbe un po’ come chiedere all’oste se il suo vino è buono o meno. A parte gli scherzi, non concordo con la citazione di Bukowski, ma non posso dargli del tutto torto. Partendo dal fatto che ho cambiato completamente la mia vita trasferendomi da Roma all’Irlanda per inseguire il mio sogno di laurearmi in Scrittura Creativa, sono fermamente convinta che questi corsi, se ben organizzati e seri, possano essere molto istruttivi e interessanti. Non posso affermare che possano sostituire il talento, credo che quello dipenda molto dal Fato, ma possono insegnare come scrivere meglio, come sfruttare il proprio talento e migliorare la propria scrittura. Nei corsi di scrittura non si impara solo a scrivere, ma anche a leggere attentamente e a dare consigli o critiche (costruttive, sia chiaro) agli altri scrittori. È ovvio che se si finisce nell’autoincensarsi il corso sarà dannoso, con questo sono d’accordo. Ma se il corso è ben organizzato e seguito seriamente, io credo che possa essere un’ottima risorsa.
Sto terminando il mio primo anno in questo corso di Scrittura Creativa che dura quattro anni e credo che mi abbia aiutata molto a crescere a livello professionale. Inoltre, credo che avere un gruppo di amici scrittori, indipendentemente dai corsi, sia molto importante. Per citare la mia professoressa di scrittura, Susan Millar DuMars, scrivere può spingerci ad isolarci e può farci sentire soli, ma avere altri scrittori intorno può aiutarci; nei gruppi di scrittura ci si supporta a vicenda, si scambiano consigli, idee e opinioni e ci si sente più compresi. Non so esattamente come si possa diventare grandi e apprezzati scrittori, mi piacerebbe scoprirlo a dire il vero, ma credo che, al di là di ciò che scriviamo, al pubblico interessi anche chi siamo a livello umano, o almeno, per me questo è abbastanza importante. Sicuramente ci vogliono impegno, dedizione e molto supporto perché scrivere non è facile.
Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città, c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte e l’arte della scrittura in particolare?
L’arte ha da sempre un enorme valore e la bellezza, per citare Platone, aiuta l’anima a ritrovare le proprie ali. Credo che non vi sia stato popolo su questa Terra (degli altri pianeti non posso parlare, ma se qualcuno ha notizie mi piacerebbe saperlo!) che non abbia creato la propria arte. Sono un’amante dei musei e amo profondamente poter vedere tutto ciò che è stato creato nel corso dei millenni da persone come noi. Come si può restare impassibili davanti al Discobolo di Mirone, al Ratto di Proserpina del Bernini o a un quadro di Monet o Van Gogh? Come si può uscire da un museo o da una galleria d’arte senza essere persone diverse, migliori? L’arte è costantemente intorno a noi in tante forme, la troviamo per strada quando notiamo distrattamente le opere che gli street-artists lasciano sui muri delle nostre città (qui a Galway è pieno di queste allegre e vivaci opere); è nella musica che danza in sottofondo nei negozi in cui entriamo o negli auricolari che abbiamo alle orecchie; è nel libro che stiamo leggendo o che legge la signora seduta accanto a noi sul treno; è nei feed di Instagram; sulla citazione di un autore famoso letta rapidamente su Facebook e ovunque ci giriamo. Certamente se si iniziasse a discutere su cosa sia l’arte per ognuno di noi o su cosa dovrebbe essere considerato arte o meno finiremmo in un’interminabile discussione. L’arte e la bellezza ci accompagnano sempre nel corso della nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli e, soprattutto in un periodo tanto particolare e critico come quello in cui stiamo vivendo, esse ci sono di conforto. Quanti si sono sentiti meno soli durante questa pandemia grazie alla musica e ai libri? In quanti hanno provato a creare la propria arte riprendendo quelle passioni che avevano messo da parte a causa della loro vita frenetica? Il mondo in quest’ultimo anno si è quasi fermato per molti, siamo stati in casa per moltissimo tempo e credo che, anche a chi prima non piacevano, persino i musei ci siano mancati. Ma l’arte, in questo periodo ci ha aiutati, ci è stata vicina anche se solo attraverso la tecnologia.
Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?
Nella mia vita sono passate molte persone, alcune sono rimaste per un po’ accanto a me per poi andarsene, altre sono rimaste, ma ognuna di queste persone ha, a modo suo, contribuito a rendermi la persona che sono ora. Tra queste persone sicuramente ci sono le mie nonne, Serena e Michela delle quali porto anche i nomi, due donne che mi hanno insegnato cosa significhi essere veramente forte, creativa e come lottare per raggiungere i miei sogni. Mia madre, Rossana, per avermi sempre sostenuta nelle mie scelte senza mai cercare di influenzarle. Mio padre, Paolo, per la sua inesauribile fantasia e per i lunghi pomeriggi passati a inventare storie insieme. Ringrazio anche i miei insegnanti, in particolare Rosalba e Isabella, che mi hanno incoraggiata e supportata nel corso degli anni, aiutandomi a migliorare e a credere di più in me stessa e nelle mie capacità.
Voglio ringraziare anche i miei amici, in particolare Diego che mi ha aiutata a superare molti momenti difficili, soprattutto nell’ultimo periodo, e che mi ha aiutata a comprendere meglio chi sono. Ma soprattutto, ringrazio con tutto il cuore i miei “amici dell’altra parte”, meglio noti come spiriti, che da anni mi sostengono, ispirano e consigliano nella vita e nell’arte poiché, senza il loro intervento, forse, non avrei mai iniziato a scrivere veramente.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
I miei modelli nonché autori preferiti sono sicuramente Omero con la sua splendida “Odissea”; Sofocle con le sue tragedie “Antigone” e “Edipo Re”; Marguerite Yourcenar con “Memorie di Adriano”; Rosemary Sutcliff con “La Legione Scomparsa”; Madeline Miller con “La canzone di Achille” e “Circe”; Jean Anouilh con la sua versione “moderna” di “Antigone”; Eugène Ionesco con “Il re muore”; Giacomo Leopardi con le sue meravigliose poesie, in particolare “L’infinito” e “La Ginestra”; Danila Comastri Montanari con la sua serie di gialli ambientati nell’antica Roma; Claudia Salvatori con il suo bellissimo romanzo “Il mago e l’imperatrice”; e Jean Rhys della quale ho recentemente scoperto, grazie all’università, “Il grande mare dei Sargassi”.
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere questa estate dicendoci il motivo del tuo consiglio.
Credo che molti dei classici dell’antichità meriterebbero di essere letti almeno una volta, ma siccome posso consigliarvi solo tre libri mi piacerebbe consigliare in primis “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar per la profondità del pensiero e la maestria con cui l’autrice è riuscita a dare vita al personaggio dell’imperatore Adriano. Vi consiglio poi “Antigone” in due versioni, l’originale di Sofocle con il quale scoprirete il forte contrasto tra le leggi dettate dall’anima e dal cuore e le leggi degli uomini, una tragedia ricca di sentimenti con una protagonista molto forte e d’animo nobile; e nella sua versione più moderna, quella di Jean Anouilh, il quale ha, a parer mio, aggiunto oltre alla nota più moderna delle ambientazioni e del linguaggio, molte sfumature ai caratteri dei personaggi della tragedia di Sofocle rendendo il suo Creonte un personaggio estremamente tragico, forse persino quanto Antigone. Leggendo entrambe queste versioni forse scoprirete di apprezzare personaggi diversi in ognuna di esse, o almeno questo è ciò che mi ha colpita e incuriosita molto quando le ho lette.
E tre film da vedere assolutamente? …e perché proprio questi?
Il primo che mi sento di consigliare è “Pride”, una commedia drammatica storica scritta da Stephen Beresford, nella quale un piccolo gruppo di attivisti LGBTQ+ negli anni ‘80 cerca di aiutare con una raccolta fondi lo sciopero dei minatori gallesi, affrontando numerose difficoltà nel cercare di essere accettati dai minatori e dai sindacati che sembrano essere poco inclini all’accettare il loro aiuto.
“Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti”, una splendida rivisitazione della classica storia di Cappuccetto Rosso nella quale nulla è come sembra. Questo è stato uno dei film di animazione che ho amato di più da bambina e che, forse, ha influenzato il mio modo di vedere il mondo.
E, infine, vi consiglio “Il giovane favoloso”, un bellissimo film sulla vita del grande poeta Giacomo Leopardi.
Ho scelto questi tre film per ciò che hanno rappresentato per me: la lotta dei ragazzi di “Pride” per cercare di essere accettati dalla società nella quale vivevano è ancora quella che noi affrontiamo quotidianamente; “Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti” ribalta i classici ruoli tra buoni e cattivi mostrando una storia già nota in chiave molto diversa, e poi, “Il giovane favoloso” con la splendida interpretazione di Elio Germano nel ruolo di Giacomo Leopardi, mi ha fatto amare ancora di più questo meraviglioso poeta che molto spesso viene classificato semplicemente come “pessimista”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?
Tra i miei prossimi progetti ci sono sicuramente nuovi romanzi, primo tra tutti un sequel per “Il corvo e la rosa – La strega” e chissà, forse anche un terzo per finire la serie. Sto lavorando anche ad altri romanzi con ambientazioni e storie molto diverse, se l’ispirazione e la pazienza mi supporteranno riporterò i miei lettori nell’antica Roma. Il prossimo appuntamento con me sarà un’intervista con il giornalista Stefano Zanerini che sarà caricata sul sito di “Italia Book Festival” dal 7 al 9 Maggio.
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Vorrei concludere questa chiacchierata ringraziando i nostri lettori per essere arrivati fino a qui nonostante la mia evidente difficoltà nel sintetizzare le mie risposte. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno acquistato i miei libri e che li stanno leggendo o che hanno in programma di farlo, invitandoli anche a darmi un loro feedback. Ringrazio ovviamente te, Andrea, per avermi dato questa bellissima opportunità di parlare, o meglio scrivere, al pubblico. E concludo augurando a tutti voi di veder presto realizzati i vostri sogni, augurandovi anche di non smettere mai di sperare e lottare per un mondo migliore.
Chiara Mattozzi
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Il libro:
Chiara Mazzotti, “Il corvo e la rosa – la strega”, PandiLettere ed., Roma, 2021
https://www.pandilettere.com/inostrilibri/ilcorvoelarosa-lastrega
Andrea Giostra
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