La nostra terra è amata e conosciuta per la bellezza dei riti che vengono “messi in scena” durante la Settimana Santa , definita in spagnolo hebdomata maior, la settimana “maggiore”, che va dalla Domenica delle Palme fino al Sabato Santo con cui si chiude il periodo quaresimale. All’interno delle rappresentazioni sacre di questo tempo forte per tutti noi cristiani, sia di rito latino che ortodosso, sono presenti segni e simboli che traggono le loro origini da varie tradizioni gestiti, in riferimento alla Sicilia, dalle varie realtà parrocchiali e dalle varie confraternite.
Al centro di questi “riti” vi è il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo e per la loro particolarità e bellezza, come nel caso dei “Misteri” di Trapani, sono iscritti nel Registro Eredità immateriale della Sicilia: essi contengono elementi che traggono origine dai diversi influssi culturali a cui è stata assoggettata l’isola nell’arco dei secoli, su cui domina la religiosità controriformista spagnola del XVI- XVII secolo ma che trae riferimenti più ampi che arrivano fino alla cultura bizantina, elemento religioso importante nella tradizione mediterranea.
Punto centrale della Settimana Santa è il Triduo: nel Giovedì Santo si fa memoria dell’Ultima cena di Cristo con i suoi discepoli in cui viene istituita la Santa Eucaristia. All’interno delle chiese vengono realizzati i cosiddetti sepolcri, altari decorati con vasetti di germogli di grano fatti crescere al buio e che nella tradizione contadina vengono chiamati lavureddi e, in memoria dell’affermazione di Zarathustra, «chi semina il grano edifica l’ordine», rappresentando dei piccoli campi di lavoro e di ordine.
Solitamente vengono posti lungo i gradini degli altari della reposizione favorendo un contatto con l’aldilà e quindi con Dio: è una delle tradizioni più ricche di significato che affonda le radici a periodi antecedenti la venuta di Cristo. Si tratta di quelli che i Greci chiamavano giardini di Adone, dal nome del Dio sposo della Dea Madre Terra. Il suo culto comprendeva una serie di segni rituali legati al concetto di morte e resurrezione stagionale della vegetazione e di contro, per traslazione culturale, questi “giardini” rappresentano la morte e la rinascita tipica di Gesù Cristo.
Altro giorno importante è il venerdì caratterizzato dalla processione del Cristo morto adagiato in un’urna di vetro chiamata cataletto seguito dalla Madonna Addolorata: in alcune zone della Sicilia, (Avola, Corleone, Licodia Eubea, Biancavilla , Leonforte e Mussomeli) il Cristo morto è snodabile rendendo così realistica la deposizione dalla croce. Tali riti vengono ambientati su un ipotetico “calvario” posto generalmente in posizione elevata (Ventimiglia) o su un altura (Alcara Li Fusi, Corleone e Motta d’Affermo). Di grande importanza sono anche le manifestazioni sacre della Java e Madhe della chiesa ortodossa a cui la religiosità isolana aderì prima del medioevo: la comunità di Piana degli Albanesi ricompre un ruolo centrale nella trasmissione del rito greco bizantino con una liturgia celebrata sia in greco che in albanese.
Suggestiva è la “calata a tila”, la Tela della Passione, su cui sono rappresentate scene della passione di Cristo. Esposta per tutto il periodo quaresimale viene tirata giù la notte del sabato santo con il canto del Gloria, svelando il Cristo Risorto. Secondo Renata Salvarani, questa pratica trae origine dalla Peregrinatio Aetheriae di Egeria in cui narra il suo viaggio in Terrasanta nel IV secolo: nelle chiese orientali il rito dell’inumazione di Cristo era particolarmente emozionante e coinvolgente grazie all’uso di sudari e tele dipinte. In un lezionario armeno del IX secolo viene descritta una pratica particolare in cui la croce veniva bagnata e avvolta in un telo successivamente posato sull’altare e offerto,come una sindone, in adorazione dei fedeli.
La velatio dell’altare è di origine tedesca ed è stata introdotta in Sicilia dall’Ordine Teutonico giunto a Palermo e a Messina a seguito del Gran Conte Ruggero. A San Domenico in Palermo è presente una delle più pregiate e importanti tele della Passione d’Italia e d’Europa mentre da qualche anno è tornata in uso la tela del Patricolo del 1823 in Santa Caterina d’Alessandria.
La Pasqua non è altro che una “sintesi di rinnovamento, di transito da una fase di morte della natura (inverno) ad una di vita e di risveglio (primavera) secondo un passaggio che già, in ottica paganeggiante, si esplicitava con la morte e la rinascita del Dio” (A. Amitrano Savarese).
Anche quest’anno l’appuntamento con i “misteri” pasquali che connotano la nostra isola sono stati nuovamente rimandati ad un tempo nuovo dove torneremo ad amare in modo forte e intenso ciò che siamo. W la Sicilia.
Giusy Pellegrino