Sparire: l’arte del pusillanime | di Daniela Cavallini

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Amiche ed Amici carissimi, credo sia capitato a tutti sia in ambito reale che virtuale di non avere più notizie di una persona che consideravamo amica o, quantomeno, una conoscenza stimata.

Memori della cordialità instaurata, contattiamo con piacere la persona, ma…

– rifiuta la nostra chiamata, delegando al messaggio automatico il laconico “ti richiamo” e non richiama;

– ignari, inoltriamo un messaggio che – ahinoi – constateremo privo di risposta.

Sorpresi dal voltafaccia, ipotizziamo di aver agìto noi stessi, pur in buona fede, un comportamento inadeguato, riflettiamo e… no, nulla… reciproca gentilezza. Ci sentiamo spiazzati! Inutile, seppure inevitabile, fare congetture sulle possibili ragioni.

Escludendo patologie mentali, ritengo di non sbagliare nel ricondurre tale condotta a due macromotivazioni: maleducazione e pusillanimità.

Inaccettabili eventuali e postume giustificazioni del genere “ho avuto tanto da fare”, “sto attraversando/ho attraversato un momento difficile”: non esiste nulla di concepibile causante la mancanza di risposta ad un messaggio, se non il disinteresse. Comprensibile che la risposta possa non essere immediata, ma dopo un paio di giorni – e sono generosa! – no. Puntiamo l’orologio e constatiamo – analfabeti esonerati – quanto tempo impieghiamo per scrivere un messaggio… 30 secondi? Un minuto… troppo? Ok, un vocale e facciamo prima. Sono intransigente? In questo caso sì e semplicemente perché non si tratta di persona estranea contattata per un’informazione generica tramite segretaria o segreteria telefonica.

Se l’atteggiamento succitato lascia sgomenti, lapalissiano quanto sia angosciante agìto dal partner o anche solo da un gradito corteggiatore. In tal caso, prevale la pusillanimità!

Solo un pusillanime, i cui sinonimi sono tutti “degni dell’indegno” – vale a dire vile, meschino, miserabile, vigliacco –  si ritrae senza offrire alcuna spiegazione.

Un abbraccio,

Daniela Cavallini