Arti visive: “Blood Artists” arriva a Palermo | Progetto di sensibilizzazione sull’anemia falciforme e talassemia

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Video-clip: “Blood Artists” arriva a Palermo | Progetto di sensibilizzazione sull’anemia falciforme e talassemia | Palermo 22 luglio 2021

Tre storie, tre artisti e tre opere per sensibilizzare sull’anemia falciforme e la talassemia, patologie ereditarie del sangue che, seppur endemiche in Sicilia, ancora oggi restano poco conosciute e sull’importanza della donazione di sangue, un gesto semplice che rappresenta un salvavita per questi pazienti insieme alle terapie. Con questo obiettivo fa tappa a Palermo la campagna nazionale “Blood Artists”, promossa da Novartis in collaborazione con AVIS, Fondazione ‘Leonardo Giambrone’, UNIAMO e UNITED onlus e con il patrocinio del Comune di Palermo, Associazione Piera Cutino e FASTED Palermo Onlus.

L’iniziativa mette al centro i pazienti con emoglobinopatie che diventano protagonisti di opere di Street Art per raccontare la loro storia e la gestione quotidiana di queste patologie genetiche ed ereditarie che hanno un forte impatto emotivo, sociale e fisico per chi ne è affetto.

I MURALES: LE STORIE DI MARIA, GIOVANNI, ANTONINA

Le storie dei tre pazienti palermitani sono diventate tre opere d’arte, realizzate da tre artisti siciliani sul muro di viale Regione Siciliana Nord Ovest (nel tratto tra via La Loggia e via Altarello). I disegni saranno visibili anche sul canale Instagram della campagna (@blood.artists).

Tra i protagonisti c’è Giovanni, 48 anni, con la talassodrepanocitosi in cura presso il Campus di Ematologia Franco e Piera Cutino del Presidio Ospedaliero “Vincenzo Cervello”. La patologia non ha fermato il suo desiderio di diventare padre. Dopo anni di tentativi, durante i quali ha sospeso anche la terapia, rischiando la propria vita a causa di una crisi vaso-occlusiva, è finalmente nata Alessandra, sua figlia. A raffigurare il suo vissuto è Roberto Collodoro, artista di Gela, che in un’unica immagine ha racchiuso le gioie – come abbracciare una figlia – e i dolori della vita, legati alla convivenza con la patologia.

A dare forma e colori alla storia di Maria, 58 anni, anche lei affetta da talassodrepanocitosi e in cura presso il P. O. “V. Cervello” è stata invece l’artista Laura Pitingaro. Maria è stata adottata da una famiglia siciliana a tre anni. Sin dalla tenera età la patologia ha iniziato a manifestarsi improvvisamente sottoforma di crisi dolorose in tutto il corpo, ma è solo a 19 anni che finalmente riceve una diagnosi, dando un nome al dolore: talassodepranocitosi. L’artista rappresenta la sua vita con un’altalena, che oscilla tra il dolore delle crisi e “momenti di luce”, di serenità e felicità, sorretta da un grande fiore simbolo del supporto della famiglia e dei medici.

Ciò che unisce le storie è l’ereditarietà delle patologie, un elemento che diventa il vero protagonista nell’opera dell’artista palermitana Pupi Fuschi. Il suo murales è ispirato alla storia di Antonina, 45 anni, affetta da talassemia Maior e in cura presso la U.O. di Ematologia con Talassemia dell’ARNAS Civico Di Cristina di Palermo. Il filo rosso che lega gli elementi dell’opera rappresenta l’ereditarietà e il supporto che la paziente ha ricevuto dalla sua famiglia, riuscendo a trovare una stabilità tra le terapie, le trasfusioni di sangue e il desiderio di realizzarsi come madre. L’opera ricorda quanto la ricerca nel campo delle emoglobinopatie abbia reso possibile allungare di molti anni la aspettativa di vita di questi pazienti.

Blood Artists nasce dalle storie e dal vissuto dei pazienti con malattie del sangue ereditarie, l’anemia falciforme e la talassemia, due patologie, che in Italia colpiscono migliaia di persone. Per attirare l’attenzione sui bisogni di chi ne soffre utilizza un linguaggio nuovo e non convenzionale, quello della Street Art, al fine di sensibilizzare l’intera popolazione a partire dai giovani su patologie che sono genetiche ed ereditarie, e sull’importanza della donazione di sangue che è il gesto più immediato per essere vicini a questi pazienti, che hanno bisogno di trasfusioni in modo costante.

In Italia, paese dove l’anemia falciforme è storicamente presente nella popolazione nativa, i dati attualmente disponibili evidenziano come siano circa 2.500-2.800 le persone con un quadro clinico grave, ma gli esperti considerano ora questo dato come decisamente troppo sottostimato: si pensa ad un sommerso importante pari a circa il doppio dei casi (oltre 7.000 pazienti).

Al contrario di quello che è il percepito, questa patologia non interessa soltanto le persone di origine centrafricana, ma si tratta di una patologia ampiamente diffusa sul nostro territorio, tra le persone di origine caucasica, da generazioni.

La talassemia, al contrario è sicuramente più conosciuta e nel nostro paese conta circa 7.000 pazienti.

Ma cerchiamo di conoscere queste due patologie con il Dott. Giovan Battista Ruffo dirigente medico della U.O. di Ematologia con Talassemia dell’ARNAS Civico Di Cristina di Palermo dove vengono seguiti circa 230 pazienti affetti da emoglobinopatia di cui 190 con Talassemia Maior trasfusione dipendente e uno dei due centri cittadini di eccellenza specializzati nella cura delle anemie e in particolar modo delle emoglobinopatie (l’altro è il Campus di Ematologia Franco e Piera Cutino, Presidio Ospedaliero “Vincenzo Cervello”).

– Dott. Ruffo  ci può spiegare meglio cos’è l’anemia falciforme e che impatto ha sulla vita dei pazienti?

– Diciamo subito che sia l’anemia falciforme (SCD) che la talassemia sono due malattie del sangue ereditarie in particolar modo sono due emoglobinopatie ossia patologie che interessano l’emoglobina (quella proteina all’interno del globulo rosso che trasporta l’ossigeno dai polmoni a tutte le cellule del nostro organismo e che qui dopo avere ceduto l’ossigeno si carica dell’anidride carbonica e la porta ai polmoni per espellerla). Nella Talassemia abbiamo delle alterazioni quantitative della sintesi di emoglobina, nella Drepanocitosi o anemia falciforme invece il difetto è di tipo qualitativo.  Sono entrambe due malattie ereditarie “autosomiche recessive” ovvero per essere affetti dalla malattia questa deve essere stata ereditata tramite i geni dei propri genitori biologici. Ogni genitore (portatore sano) trasmette un gene dell’emoglobina (Hb) al proprio figlio. Chi ha un tratto talassemico o falcemico (HbS)  può trasmetterlo al figlio e se questi presenterà entrambi i geni dell’emoglobina “difettosi” avrà la malattia. L’associazione del difetto talassemico e di quello falcemico (doppia eterozigosi) dà origine alla Talassodrepanocitosi che è una patologia che si comporta come la drepanocitosi. Ogni anno nascono circa 300.000 bambini con SCD in tutto il mondo e la loro prevalenza sta aumentando tanto che questo numero potrebbe salire a 400.000 entro il 2050. Dati recenti dell’OMS indicano che il 5,2% della popolazione mondiale è portatore di emoglobinopatie clinicamente rilevanti e di questi il 40%, circa 300.000.000 di persone, è rappresentato da portatori della mutazione βS (talassodrepanocitosi).  Le regioni con più elevata presenza di HbS sono quelle dell’Africa equatoriale, dove si registrano frequenze comprese tra 10 e 30%. In Italia, la regione più colpita è la Sicilia, dove l’HbS è presente con una frequenza del 2-5% maggiore nella parte orientale dell’isola rispetto a quella occidentale. L’anemia falciforme possiamo descriverla come una malattia emolitica cronica su cui si innescano degli eventi vaso-occlusivi. L’emoglobina S (dove S sta per sickle=falce) è una emoglobina che in determinate condizioni  tende a precipitare all’interno del globulo rosso determinando una forma simile a una falce ma soprattutto facendo perdere al globulo rosso una delle sue principali caratteristiche ovvero la plasticità, i globuli rossi così a livello dei capillari si aggregano determinando le crisi vaso-occlusive (crisi dolorose ed eventi ischemici) che possono interessare tutti gli organi irrorati dal sangue e che, a seconda degli organi interessati (fegato, milza, polmone, cervello, oltre che, raramente, a livello intestinale e renale) possono mettere a rischio la vita del paziente.

– … e invece la talassemia?

La talassemia invece si manifesta nei primi mesi di vita con una severa anemia con necessità di iniziare tempestivamente la terapia trasfusionale. In Italia circa 3 milioni di abitanti presentano il difetto beta talassemico con una frequenza molto alta in Sicilia,  Calabria, Sardegna, e nel delta padano. In Sicilia abbiamo una prevalenza del gene beta talassemico del 6% con un rischio di coppia di uno su 270, ossia una ogni 270 coppie siciliane ha il rischio di avere un figlio malato di talassemia.

– Come si cura la Talassemia oggi?

– I capisaldi ad oggi della terapia della Talassemia sono la terapia emotrasfusionale e la terapia ferrochelante. La storia naturale della talassemia è completamente cambiata negli ultimi anni questo ovvero abbiamo assistito ad notevole miglioramento della vita dei pazienti in termini di durata e di qualità a causa di una migliore comprensione della fisiopatologia e ad una migliore assistenza medica.  Dopo l’inquadramento di Thomas Cooley nel 1925 negli Stati Uniti quando questo medico di Detroit, inizia a descrivere questa forma di anemia infantile accorgendosi che questi bambini affetti erano tutti figli di immigrati italiani e greci e quindi di origine mediterranea e da qui il nome di TALASSEMIA dal greco Θάλαςςα (Talassa ovvero mare termine con il quale veniva indicato il mar mediterraneo) anche se successivamente la malattia è risultata presente in altre regioni tanto da essere la forma di anemia ereditaria più diffusa al mondo, tappe fondamentali sono la scoperta della trasmissione mendeliana della malattia, quindi la scoperta delle vari tipi di emoglobina adulta, della HbA2 e  come  questa sia aumentata nei portatori sani, l’avvento delle trasfusioni di sangue, la scoperta dei farmaci ferro-chelanti e poi dal 2000 in poi l’avvento dei nuovi chelanti orali prima e della risonanza magnetica T2* dopo. Prima dell’avvento delle trasfusioni di sangue la malattia determinava una morte intorno ai quattro anni, nessuno raggiungeva i 10 anni di vita. Successivamente con l’avvento delle trasfusioni la vita di questi pazienti  è aumentata si è allungata ma determinando una morte intorno ai 25 anni di vita. Questo è sostanzialmente dovuto a un effetto conseguente alle stesse trasfusioni di sangue. Il ferro è il più importante minerale del nostro organismo infatti è un costituente fondamentale dell’emoglobina ma anche di altri elementi fondamentali per la nostra vita ma il suo accumulo è tossico. Proprio perché così importante per la nostra sopravvivenza nella sua evoluzione di milioni di anni l’uomo non ha sviluppato dei meccanismi atti a liberarsene ma soltanto quelli per trattenerlo ed essendo le trasfusioni di sangue una conquista di appena un secolo una sua conseguenza è l’accumulo che è fortemente dannoso in quanto responsabile di ossidazione, fibrosi e morte cellulare.

Dobbiamo considerare che un paziente talassemico adulto trasfonde in media circa 45 unità di sangue all’anno corrispondenti a un quantitativo di ferro doppio rispetto a quanto normalmente ha un essere umano di pari peso. Questo eccesso di ferro  determina un danno d’organo: il ferro in eccesso si accumula a livello del cuore, delle articolazioni, del fegato, delle gonadi e di altre ghiandole. Ciò determina la comparsa di complicanze come il non sviluppo sessuale nell’adolescente, il diabete, l’ipotiroidismo e infine la morte del collasso circolatorio per siderosi cardiaca intorno ai 20 – 25 anni di vita. Con l’avvento della Risonanza magnetica e della terapia ferrochelante orale, dall’anno 2000 in poi molto è cambiato .

La terapia convenzionale della talassemia prevede da un lato la trasfusione di sangue che determina però un accumulo marziale quindi dall’altro la terapia ferrochelante. La terapia chelante è fondamentale per legare questo ferro in eccesso e buttarlo fuori dal corpo. L’avvento della terapia chelante orale ha cambiato  la vita dei pazienti in termini di durata e di qualità.

Come, d’altra parte, ci dimostra  la storia di Antonina .

La storia di Nina è tratta dal libro “METTIAMO L’ACQUA ROSSA VIVERE CONTRO LA TALASSEMIA” di cui sono l’autore e con cui ho voluto raccontare la Talassemia, attraverso le storie, le parole dei pazienti o dei loro genitori, persone che quotidianamente vivono la malattia, vista quindi non soltanto dagli occhi di un medico.

Dicevo la storia di Antonina ovvero la storia di una ragazza talassemica, da cui l’artista Pupi Fuschi, a cui va un mio grazie particolare, ha tratto l’ispirazione per un opera di street art in cui mette in evidenza in maniera suggestiva l’importanza del sangue e dei legami di sangue intesi come legami familiari come sostegno nella vita di una ragazza talassemica. Antonina racconta che se è ancora in vita è grazie agli studi e ai progressi fatti dalla medicina. Nella sfortuna pensa di essere fortunata, per il suo stato di salute attuale, raggiunto grazie sia alle terapie che giorno dopo giorno miglioravano e alla costanza di sua  mamma (la sua super eroina) che con il resto della sua famiglia, l’ha seguita sempre nella gestione delle terapie quotidiane e ha fatto grandi sacrifici affinché lei arrivasse ad essere quella che è adesso.

Racconta che l’età adolescenziale è stata per lei un periodo da incubo. Non si accettava, aveva complessi d’inferiorità questo perché non ero sviluppata come tutti i ragazzi della sua età; a 17 anni era praticamente una bambina senza seno, bassa, senza ciclo mestruale, Si sentiva “diversa”. Da qui inizia un percorso che porterà ad indurre il menarca, infatti finalmente a 21 anni  ha il primo ciclo, inizia ad avere il seno e così inizia  ad avere le prime amiche e ad avere una vita sociale. A 24 anni che gioia del primo fidanzato, nel 2001 si sposa e in contemporanea viene assunta dalla scuola. A gennaio 2002 inizia la stimolazione ormonale e a febbraio 2002 scopre di essere incinta di due gemelle che oggi hanno 18 anni. Ma la storia di Nina è emblematica perché dopo uno sviluppo puberale avvenuto tardivamente e dopo due figlie nate dopo stimolazione ovarica, nel 2015, dopo la sospensione della terapia ormonale che le stimolava il ciclo mestruale, il ciclo ricompare spontaneamente per riscomparire poco dopo convincendola di essere in menopausa; ma in seguito a un’ecografia addominale eseguita perché si sentiva la “pancia gonfia” si scopre incinta a quarant’anni. Insomma oggi abbiamo a disposizione farmaci che ci permettono non solo di migliorare la prognosi allungando prospettiva di vita ma anche di migliorarne la qualità.

Oggi per la talassemia si può parlare di prognosi aperta. Quanto manca ancora per l’anemia falciforme?

Se per la talassemia abbiamo assistito ad notevole miglioramento della vita dei pazienti in termini di durata (molti nostri pazienti oggi hanno superato i 50 anni e per chi nasce oggi la prospettiva è molto più lunga) e di qualità, lo stesso non possiamo ancora dire per l’anemia falciforme, dobbiamo attuare delle strategie diverse che per la talassemia. Il decorso naturale della malattia drepanocitica, in assenza di trattamento, comporta un rischio elevato in termini di morbidità e mortalità nei primi cinque anni di vita, e poi dopo i 30-40 anni con possibili danni d’organo irreversibili. La diagnosi precoce rappresenta quindi un elemento cruciale per la buona gestione della malattia, al fine di attuare precocemente le misure di monitorizzazione e di trattamento più adeguate al paziente.

Nei paesi ad alto reddito, il miglioramento della vita dei pazienti in termini di durata e di qualità è il risultato di interventi che vanno comunque ulteriormente implementati come lo screening neonatale, la profilassi con la penicillina, la prevenzione primaria dell’ictus,  il trattamento con idrossiurea e con altri nuovi farmaci biologici come il Crizanlizumab, aspettando, come per la talassemia, la terapia genica e la gene editing (finora utilizzata soltanto in trials clinici).

Ma per l’anemia falciforme mi preme sottolineare l’importanza dell’assistenza delle manifestazioni acute. Per la gestione delle complicanze acute, infatti, l’intervento sul paziente con SCD deve essere tempestivo e deve assicurare un efficace controllo del dolore, sintomo principale degli eventi acuti, i cui triggers sono riconducibili a condizioni di ipossia-disidratazione. Non sempre il personale sanitario di un PS è preparato, soprattutto laddove il paziente raggiunga in urgenza un ospedale territoriale non adeguatamente informato e in “rete” o non esibisca la documentazione in suo possesso, è frequente lo smarrimento o non adeguata comprensione del significato della documentazione clinica. Per questo a tutti i pazienti con malattia drepanocitica seguiti presso il nostro reparto è stata consegnata una Emergency Card, redatta dalla SITE, dalla AIEOP con il contributo di Novartis e consiste in un pieghevole di piccole dimensioni da presentare al personale del Pronto Soccorso per l’accesso in urgenza. L’ultima pagina indica che è possibile consultare e scaricare il documento “Algoritmo per la gestione in pronto soccorso degli eventi acuti nei pazienti affetti da anemia falciforme” attraverso il codice QR .

Quanto è importante la donazione di sangue per le due patologie?

È fondamentale! Nella talassemia la trasfusione di sangue è uno dei due cardini terapeutici. Correggendo l’anemia si determina la soppressione dello stimolo che l’ipossia ha sul midollo osseo responsabile delle alterazioni ossee. Oggi la trasfusione di sangue ha la finalità di mantenere una emoglobina superiore 9,5/10 g/dl il che permette una crescita e una attività fisica normale e sopprime adeguatamente  l’attività del midollo osseo.

Anche nella SCD la terapia trasfusionale rappresenta un cardine nel trattamento attraverso i seguenti meccanismi: migliora l’ossigenazione tissutale aumentando il valore assoluto di Hb, riduce la viscosità ematica ed aumenta l’ossigenazione riducendo il valore di HbS, sopprime la produzione endogena di emazie a falce. La terapia trasfusionale può essere acuta/episodica, generalmente somministrata in urgenza per trattare complicanze acute della patologia o cronica/periodica, volta alla prevenzione di alcune complicanze o della loro evoluzione. Terapia importantissima è l’eritroexchange (EEX) o scambio eritrocitario, uno “scambio di emazie” utile a rimuovere le cellule falcemiche e a sostituirle con emazie normali senza aumentare la viscosità ematica e minimizzando il sovraccarico di ferro. Annualmente nel nostro reparto utilizziamo circa 8.000 sacche di sangue per i nostri pazienti emoglobinopatici da qui l’importanza della donazione di sangue soprattutto in questo periodo estivo e di pandemia.

L’APPELLO DELLE ASSOCIAZIONI PAZIENTI

Il supporto delle associazioni sul territorio è fondamentale per garantire ai pazienti e alle famiglie una migliore gestione della patologia.

“La ricerca sulla talassemia ha permesso di fare grandi passi avanti migliorando la qualità di vita di queste persone, ma non è ancora abbastanza invece per i pazienti con anemia falciforme. C’è ancora poca consapevolezza e le iniziative di sensibilizzazione sono importanti per fornire uno strumento in più, al fine di riconoscere la patologia e far raggiungere a questi pazienti una migliore qualità di vita” commenta Giuseppe Cutino, Presidente della Fondazione Franco e Piera Cutino.

“Abbiamo aderito alla campagna per cogliere finalmente l’occasione di rendere visibile e alla portata di tutti il vissuto dei pazienti con anemia falciforme e la talassemia, patologie così diffuse sul nostro territorio e poco conosciute. Inoltre, è fondamentale il coinvolgimento dei giovani perché, attraverso la donazione del sangue: un semplice gesto che può fare la differenza per i tanti pazienti siciliani e italiani con patologie genetiche ereditarie del sangue per i quali, la trasfusione è ancora un salvavita” spiega Lucia Tuscano, Presidente Fasted Palermo Onlus.