In linea con l’argomento del precedente racconto, riporto il seguente testo, scritto in occasione di un Alzheimer Cafè e dedicato ai care-giver di pazienti con deterioramento neurologico, che rivestono un ruolo delicatissimo, a causa del miscuglio di sentimenti che la vulnerabilità dei loro cari evoca: affetto, pazienza, impotenza, delusione, risentimento, stanchezza, frustrazione.
Si è aperta una crepa, ora due, ora tre, non c’è più tempo per te, per me. Si apre il vuoto davanti a noi, tu sei nello spazio libero, senza filtri, senza confini, la tua anima vaga, persa, negli spazi infiniti.
Io sono ancora qui, imbrigliato nelle convenzioni, con le regole che mi incatenano, un corpo che palpita, immerso nei filtri del ragionevole, che mi frenano dal sentire con la mia anima profonda.
Tra noi un vetro crepato, ti vedo deformato, sbiadito, mentre cerco confusamente di comunicare, rincorrendo un nuovo linguaggio, tutto da scoprire.
I nostri mondi sono diversi, le atmosfere che respiriamo non sono più le stesse, io sono ancorato alla gravità, mentre tu cominci a librarti, libero dalla forza che attira giù.
Ti elevi da questo assurdo mondo, ma sei ancora qui, al di sopra dell’abitudinario, al di là del vetro rotto.
Ti parlo e non mi capisci, perché sei già oltre le parole. Ti lavo, ma il corpo, tu, non lo senti come prima, in ogni movimento, tentativo di coordinazione o finalità di gesto, perché stai diventando anima e le cose terrene ti diventano aliene.
Quando provo a percepirti, risulti impalpabile, ed io mi domando quale sia la tua vera essenza, quella più inafferrabile.
Il vetro ci separa, mi domando, o forse ci unisce? La crepa, le mille crepe ci deformano l’un l’altro o ci mostrano nuove sfaccettature di noi stessi?
Ho bisogno di cercare il vecchio te in queste pieghe del vetro che ci divide, ma forse posso solo scoprire quello che non ho mai saputo, allenando sensi diversi.
Questo tempo senza tempo, questo spazio senza spazio, questo spazio senza tempo, sono coordinate sconosciute per me ed io posso solo provare ad accettare il vetro che ci separa, come in una nuova sfida, finché tempo ce n’è, finché spazio ce n’è.
Lo faccio per te, ma soprattutto per me. E ringrazio la vita che mi confonde e mi sorprende, facendomi vedere il bello che è nascosto in un semplice vetro incrinato, anche per un solo istante, in un luogo indefinito, spingendomi al di là del sapore dell’ovvio.