L’aggressività è il dolore che parla | di Mari Onorato

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È facile essere aggressivi, acidi, sarcastici:

basta dar voce agli istinti più primitivi senza farli evolvere…

ma questo dimostra quanto in realtà siamo chiusi, incapaci di aprirci al mondo, incapaci di rimetterci in questione;

Ma soprattutto ci mostra quanto in realtà stiamo male dentro.

Questa aggressività gratuita dimostra la fatica che facciamo nel cercare il nostro posto nel mondo, ecco perché mostriamo le zanne:

l’aggressività è il dolore che parla…

un dolore interiore che fa eco ad una vecchia ferita e al bisogno compulsivo di proteggersi dal mondo, o forse da noi stessi.

Diventiamo persone aride e acide, diventiamo criticoni, incapaci di vedere la bellezza nell’altro perché non riusciamo a vederla in noi stessi.

Cerchiamo di demolire, distruggere il prossimo, con le parole e poi con i gesti;

ci inquiniamo di emozioni che in realtà si ritorcano contro di noi.

Rifiutiamo di vedere quanto potremmo essere più sereni nella nostra vita quotidiana se solo decidessimo di lasciar andare l’amarezza che riguarda solo noi e non quel povero barista al quale abbiamo ordinato un caffè senza nemmeno salutarlo…

Per anni, i media ci hanno abituati a dare voce ai nostri istinti più bassi, nutrendoli di ogni sorte: trasmissioni al limite del voyeurismo, banalizzazione della violenza verbale ma anche fisica e psicologica, cyber-bullismo acclamato dalla folla, ecc….

E non dimentichiamoci il Sarcasmo : la forma più subdola di bullismo verbale…

Ci concentriamo sui social per recuperare quel poco di visibilità che abbiamo perso nel mondo reale, per consolarci, per assicurarsi di essere ancora “visti”, di sentirsi vivi.

Perché lì fuori, nessuno ci sorride più, nessuno ci vede…

Abbiamo perso il contatto umano con le persone:

preferiamo scriverci su Facebook piuttosto di vedersi per chiacchierare intorno ad un caffè. Proiettiamo nel mondo le nostre   contorte e pesanti emozioni che ci portiamo dentro e poi ci lamentiamo se quell’immondizia ci torna indietro come un boomerang.

Tutti noi abbiamo bisogno di atti di gentilezza…

A lamentarci siamo bravi tutti ma se si parla di essere gentili, senza sentire un impellente necessità di svilire la giornata di altre persone per illuderci che la nostra fa meno schifo, allora non c’è più nessuno.

Tuttavia, un semplice atto di gentilezza può cambiarci la giornata, agisce come una fiamma: può portare un po’ di luce o dare un poco di calore a qualcuno, ma soprattutto può moltiplicarsi con poco: una piccola fiamma può accendere milioni di candele.

Ne basta una per cominciare a cambiare il modo in cui vediamo le cose.

Essere gentili significa che ci apriamo all’altro, al mondo, che riconosciamo che la sua esistenza è importante tanto quanto la nostra.

Essere gentili significa essere e farsi presenti: essere dei doni qui ed ora.

La gentilezza è un modo di essere che ci porta ad agire nel mondo, è ciò che ci permette di andare avanti, come esseri umani, e di non annegare nel nostro ego; perché se riesco a sorridere col cuore, se riesco a dire una parola gentile e profondamente sentita, se riesco a comunicare all’altro un po’ di calore umano, significa che oltre l’io, per me c’è anche un noi.

E se c’è un noi, il mondo ha ancora una speranza.

Mari Onorato