“Fai in modo che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo” – IPPOCRATE
Amiche ed Amici carissimi, il desiderio – talvolta la necessità – di dimagrire non è certo una novità. Tuttavia diciamocelo chiaramente… il cibo è una fonte di gratificazione e le diete – tutte! – sono una limitazione che cerchiamo di rimandare. Rimandiamo a “quando sarò più serena, sto vivendo un momento difficile”; “quando termina la scuola, ora devo studiare”; “in questo momento ho un lavoro che mi stressa particolarmente, ci penso il mese prossimo”; “quando i bambini ritorneranno a scuola ed avrò più tempo”; “quando farà più freddo e sarò meno invogliata dal gelato e dalle bibite (in totale antitesi con “quando farà più caldo e mangerò meno”); “quando torno dalle vacanze, tanto adesso è inutile”, seguito da “dopo Natale, San Valentino, Carnevale, Pasqua, Ferragosto, il mio compleanno” ecc..
E così, settimana dopo settimana, stagione dopo stagione, anno dopo anno, a parte qualche buon proposito, suggellato da breve attuazione, ci ritroviamo con quel sovrappeso che, nel frattempo è aumentato in modo esponenziale, rendendosi tanto più evidente quanti più rinvii ci siamo concesse. Come sono solita fare, parlo al femminile per identificazione personale, tuttavia, il problema non esime i Signori Uomini!!
Pare risibile – e forse lo è – ma, istintivamente, il primo pensiero a fronte dell’odiosa constatazione – l’aumento del grasso superfluo – è ricorrere all’alibi per giustificare questa nostra mancanza di attenzione, volontà e determinazione nella cura verso noi stessi (i fattori principali dell’aumento di peso, escluse oggettive patologie ovviamente) con affermazioni che, seppur non prive di un fondo di veridicità, a nulla servono per lenire lo scoramento che avvertiamo – soprattutto noi donne – nel camerino della boutique, quando quel magnifico abitino “seconda pelle”… sarebbe stato bene se… ma… ora proprio no!
In fatto di alibi possediamo una fantasia illimitata, tuttavia inutile: siamo sovrappeso! L’alibi detiene intrinsecamente il grosso pericolo della trappola: quando accettiamo da noi stessi il concetto “sono così perché…” – ribadisco, patologie escluse – stiamo giustificando quel “motivo” precursore del nostro futuro peggioramento.
Eliminiamo dunque le scuse, sostituendole con un pensiero oggettivo: i risultati si ottengono prodigandosi in direzione dei nostri obiettivi e non con le giustificazioni.
Certamente dobbiamo sopperire alla mancanza di gratificazione data dal piacere conviviale – e non solo – della buona tavola, nonché aperitivi, dolcetti e stuzzichini vari, concedendoci altre piacevolezze. Lo schema culturale riconduce al cibo ogni momento di festa, a partire dal giorno della nostra nascita… difficile, ma non impossibile, sostituirlo o quantomeno modificarlo parzialmente.
Personalmente, dalla taglia 40/42, mi stavo avviando verso la 42/44, quando ho deciso di sperimentare un durissimo regime alimentare, prescrittomi da un Dottore molto noto e spesso in Tv, famoso per insultare i pazienti. Niente nome… si dice il peccato, ma non il peccatore. “Peccatore”, peraltro con me gentilissimo…
In qualità di formatore delle risorse umane, non mi “scandalizza” – né mi sarei scomposta, qualora lo avessi subito – il comportamento del Dottore – riferito dalle persone che lo definiscono scortese: attua una tecnica che va a colpire l’interessato, scuotendolo dal torpore tipico di chi si è creato, seppure nel malessere, la sua zona di comfort. Una sorta di “ti faccio male per farti bene”.
A prescindere da qualsivoglia regime – sconsigliabile solo il “fai da te” – la piacevolezza del risultato, appaga e con gli interessi. Concentriamoci dunque sul pensiero della gioia in divenire, ovvero che entrare in boutique e… “tutto il bello che c’è… ci sta a pennello”… è fantastico!
Un abbraccio!
Daniela Cavallini