Autori contro: intervista a Luigi Randaccio | di Alessandro Zecchinato

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Nel mio percorso di editor free-lance, oltreché di scrittore, mi capita di interagire con personaggi piuttosto interessanti, molti produttori di banalità e déjà-vu, e ogni tanto qualche voce fuori dal coro. In un’epoca di pensiero unico imperante, quando leggo qualcosa che cerca di uscire dai binari preconfezionati di un’editoria di massa rivolta a un pubblico omologato, mi si rizzano le orecchie: sarà “qualcosa di interessante”? avrà da dire qualcosa di diverso, oppure userà davvero un modo diverso per dire ciò che ha da dire? Insomma, è la solita forma priva di contenuto o c’è almeno un po’ di sostanza? Siccome a suo tempo ho dato un contributo, seppur piuttosto marginale, alla stesura dei testi di questo autore, ve ne propongo un’intervista seguendo il nostro solito leit-motive, col quale non si sbaglia mai. Secondo me vale la pena segnalarlo nella mia rubrica su MobMagazine, Il convitato di plastica, perché, anche se di primo acchito non parrebbe, a una lettura più approfondita si può notare che c’è molto di esoterico, anche astrologico, sotteso fra le righe: se dovessi assegnare un segno zodiacale ai suoi due libri, direi che I quesiti di Novizio Calabrone potrebbe essere Acquario, mentre A tavola con Faust sarebbe una tipica cuspide Toro/Gemelli.

Se l’autore avrà colpito nel segno dei suoi propositi saranno i suoi lettori a deciderlo: per me, seppur forse un po’ naif e piuttosto lontano dalla mia attuale ”visione delle cose” (un piennellista direbbe dalla mia mappa del territorio), anzi, forse proprio per questo, lo ritengo nel panorama editoriale odierno ben degno di essere preso in seria considerazione: per cui, bando alle ciance e procediamo immantinente con l’intervista!

 

              Ciao Luigi, benvenuto e grazie per aver accettato di rispondere alla mia breve intervista. Come vorresti presentarti ai lettori di MobMagazine? Chi è Luigi scrittore e chi è invece Luigi nella sua quotidianità?

Grazie a te! Il Luigi della quotidianità è il Luigi totale, con i suoi problemi, le sue ansie, le sue aspettative e i suoi bisogni: proprio da questi si delinea la sua piramide di Maslow[1] che partendo dalla base del soddisfacimento di quelli primari, via via procedendo verso l’alto, ne contempla altri fino ad arrivare al vertice ove è collocabile l’ultimo, ovvero quello spirituale e/o di realizzazione personale: da lì parte un’altra piramide metaforica ed è quella del Luigi scrittore che, come in sogno, forse inconsciamente, ripassa, ripara e corregge i fatti accaduti della vita di relazione con il mondo.

              Qual è la tua formazione professionale e quale invece quella letteraria? Ci racconti il percorso che ti ha portato a svolgere quello che fai oggi?

Arriva da molto lontano. Io a scuola, da bambino, ero un “asino”, ma forse oggi sarei stato collocabile tra i vari dislessici e quant’altro. Tuttavia ho sempre risolto da solo e una volta conseguito l’attestato di istruzione di secondo grado, per autoconvincimento di valere forse qualcosa, mi sono rifatto una vita di scuola continua: un buon programma alla TV, per i miei gusti, deve solo insegnare, e così qualunque lettura importante, non certo il Lanciostory[2] o altre amenità. Quanto alla mia formazione professionale, che è di tipo sanitario, la devo a mio padre, perché egli mi introdusse nell’ambiente dove lavorava da tempo come infermiere fin dall’immediato dopoguerra. Probabilmente come figlio d’arte non volli deluderlo e studiai con profitto sempre, vincendo così tutti i concorsi a cui partecipai. La mia formazione letteraria è stata un po’ ondivaga: iniziando da bambino, grazie sempre a mio padre che mi indirizzò alla lettura dei classici avventurosi dell’epoca (Zane Grey, R. Kipling, J. London, E. Salgari), passai senza forzature a letture un po’ più complesse, quali le poesie di Trilussa o racconti tipo “I cacciatori di microbi” di Paul De Kruif oppure “I trionfi della chirurgia”, che lessi con avidità senza sapere nulla dell’autore (e che tutt’oggi di lui/lei nulla so). Fu comunque un buon viatico perché poi oltre ai romanzi di fantascienza e ai gialli passai man mano con la mia crescita a letture via via più specifiche per le mie curiosità. Papà rifornì la biblioteca, inoltre, dell’immancabile Divina Commedia, più per le tavole del Dorè che altro, e io rimasi sempre ai primi versi dell’Inferno; così valse per il “Don Chisciotte della Mancia” per via delle tavole di Salvador Dalì. In linea di massima le mie letture e curiosità furono però di formazione scientifica, quali i trattati del padre della psicanalisi Sigmund Freud e quelli del (quasi) suo contemporaneo Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica. Anche Darwin mi prese parecchio, con l’evoluzione e l’origine delle specie, ma mi stupì un suo trattato sull’occultismo, non molto interessante a onor del vero, ma che comunque la cancel-culture ha fatto sparire dalla circolazione.

              Raccontaci del tuo primo libro, I quesiti di Novizio Calabrone: come è nata l’idea? si tratta di eventi reali romanzati o è pura fantasia? come hai scelto i nomi dei personaggi e la loro caratterizzazione?

L’ispirazione parte da un vero vissuto, una vera esperienza fatta per cinque anni presso una setta magico-esoterica, ma fatti, luoghi e persone sono puro frutto della mia fantasia. La biforcazione tra realtà e fantasia avviene nel racconto grazie a un evento provocato magicamente, che suddivide tempo e realtà in piani diversi, e il principale protagonista, mio alter ego, si trova proiettato in una dimensione parallela rispetto a quella vissuta da me narratore, che per sommi capi comunque non si discosta poi troppo dai contorni dell’altra, quella reale. A questo punto, a disposizione di chi ama i rompicapo, c’è la fisica quantistica, che sta progredendo a passi da gigante e in cui il protagonista Danilo, nelle acque torbide di questa disciplina, ci sguazza con facilità, essendo egli stesso un altro me possibile in altro territorio spaziotemporale: tutto perché i miei genitori, alla mia nascita, cambiarono idea sul nome preferendo quello del mio nonno paterno a quello del conte Danilo ne “La vedova allegra “, operetta che piaceva molto a mia madre. L’altro personaggio altrettanto degno di nota del libro è quello dell’antagonista, che in un romanzo non deve mai mancare, altrimenti non renderebbe possibile il climax che poi pian piano scema o si risolve velocemente. Il coprotagonista, Modesto Dellacerchia, è la contraddizione personificata della ricerca spirituale del protagonista Danilo, il quale arriva al punto di detestare quel maestro che cercava e, accortosi dell’inganno/illusione di fondo, metaforicamente lo “uccide”, come esorta la saggezza Zen a fare con il Budda. Non a caso sul frontespizio della copertina vi è raffigurato l’Appeso, arcano maggiore dei tarocchi, simboleggiante il punto di vista capovolto che scruta il mondo, quindi da altra prospettiva. Insomma, chiavi di lettura ve ne sono parecchie, basta trovarle come in tutti gli altri racconti e a volte, “mettendosi a testa in giù” si notano cose che altrimenti passerebbero inosservate.

              Raccontaci anche del secondo, A tavola con Faust: come è nata l’idea? Mi pare che ci sia molto di autobiografico; l’ironia e a volte il sarcasmo sono una caratteristica della tua personalità o sono serviti solo a dipingere i toni di questo libro?

Entrambe le cose, diciamo che lo stare nella posizione capovolta è diventato il mio modus vivendi per analizzare ciò che mi circonda. La descrizione ironica, sarcastica, non è altro che un mezzo per evidenziare in modo diretto, senza intermediazioni opacizzanti, determinate situazioni ridicole di per sé. Poco mi importa talora di ferire con il sarcasmo: altro non è se non il classico dito che indica la luna. Purtroppo alcuni si offendono per il dito perché vedono solo quello, pazienza! Tutti, e dico tutti, coloro che scrivono, hanno espresso qualcosa di biografico, e credo che leggendo queste strane “pellicole radiografiche” chiamate libri, altro non vi vedi se non la rappresentazione dell’animus di chi scrive. Più animus si leggono, più punti di vista si apprendono: ecco perché leggere vuol dire allargare la mente e arricchirsi.

              Ritieni che scrivere un racconto, un saggio o un romanzo, e magari poi pubblicarlo, possa considerarsi un atto di rilevanza sociale o politica? Se sì, secondo te in che modo? Quali erano gli obiettivi che ti eri posto con la pubblicazione di questi testi e che tipo di messaggio intendi trasmettere?

Ne sono assolutamente convinto. Per carità… non voglio paragonarmi a Leonardo Sciascia, ma credo che oltre a lui tutti abbiamo quella potenzialità di dare un contributo a cambiare lo stato di cose: nel caso dello scrittore girgentano “cosa nostra” non è ancora sconfitta ma perlomeno se ne parla, e di un nemico è sempre meglio conoscere almeno la fisionomia. Ognuno di noi scrittori, noti, poco noti, per niente noti, può dare un piccolo contributo a un mondo futuro e, tenuto conto che un piccolo battito d’ali di una farfalla qui, può provocare un ciclone dall’altra parte del mondo, viene naturale per chiunque pensare di essere responsabile talora di possibili cambiamenti. Le parole sono pietre, perché nel bene come nel male hanno il loro peso.

Il mio messaggio verte sempre sull’illusione in cui siamo immersi, sta a noi renderci conto quando e quanto occorre spostare il velo di maya che abbiamo davanti agli occhi, “uccidendo” così il maestro perché come allievi siamo pronti.

              Ti pongo una domanda difficile e un po’ provocatoria, Luigi: perché i nostri lettori dovrebbero comprare A tavola con Faust e/o I quesiti di Novizio Calabrone? Prova a incuriosirli affinché vadano in libreria o nei portali on-line per acquistarlo.

Perché potrebbero leggere “I miserabili” pur senza avere lo scopo di sentire la voglia di convertirsi al bene come Jean Valjean. Ecco, il mio tenore è proporzionato alla provocazione. Scherzi a parte, mi abbandono al caso, il resto viene da sé, se deve venire: mi rendo conto che non è facile in un paese di ignoranti volontari quale siamo. A mio modo offro un servizio pubblico oltre a soddisfare il mio bisogno di realizzazione, sperando che le mie “opere” possano almeno essere oggetto di curiosità. Provo a incuriosire? Ok, allora devo per forza provocare: pur provenendo io da un’area di bassa scolarità, posso dire di avere nel tempo recuperato, anche se sostanzialmente, come disse Socrate, so di non sapere. Tuttavia, come gli arricchiti all’ultimo momento dopo una vita da poveri, quel poco che ho accumulato mi ha fatto diventare un razzista culturale, per cui affermo nettamente che il mio scritto non è roba per tutti, in quanto, e lo si evince da questa intervista, tra una battutina e l’altra per far ridere, non tratta argomenti comprensibili per chi è solito leggere rotocalchi o c***ate del genere. Poco pubblico, purché selezionato di fatto.

Foto di Mystic Art Design da Pixabay

              C’è qualcuno che ti ha aiutato a realizzare queste opere letterarie che vorresti citare o ringraziare? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ma sei tu naturalmente! Ricordi quando mi chiedesti se potevo scrivere qualcosa di quella mia esperienza pregressa nella setta esoterica? Se non fosse stato per te non avrei mai iniziato a scrivere, sebbene altri soggetti me l’avessero caldamente consigliato da tempo. Sei stato all’epoca il giusto innesco, in quanto combustibile e comburente già c’erano. Ora tu da ghostwriter sei diventato scrittore per te stesso e ti sei prestato con successo per me anche come editor per l’autopubblicazione di “A tavola con Faust” e altre future mie opere (sempre se ne avrai ancora la voglia). Quindi grazie, grazie e ancora grazie! Vuoi sapere se ho altre persone da ringraziare? Ma certo! Ringrazio in modo sentito tutti coloro che lavorano costantemente alla doppia morale, offrendomi così infiniti spunti per irriderli. Le vie del Signore sono veramente infinite, qualcuna anche disseminata di parecchi str***i, per mia fortuna.

              Beppe Bigazzi disse: “Negli anni ’30 e ’40 come tutti gli abitanti del Valdarno a febbraio si mangiava il gatto al posto del coniglio, così come c’era chi mangiava il pollo e chi non avendo niente andava a caccia di funghi e tartufi non ancora cibi di lusso. Del resto, liguri e vicentini facevano altrettanto e i proverbi ce lo ricordano. Questo non vuol dire mangiare oggi la carne di gatto, ho solo rievocato usanze”.
Qual è la tua opinione in merito?

Povero Bigazzi, toscanaccio un po’ troppo campanilista per i miei gusti, ma comunque simpatico caratterista di quella famosa trasmissione condotta dalla spumeggiante Antonella Clerici. La RAI è però la RAI, lottizzata non solo dai partiti ma anche dal pensiero monocolore, frutto di intese e compromessi a danno della libera espressione. Se avesse detto che anche i bambini dei comunisti al di là della cortina di ferro erano buoni da mangiare forse non avrebbe fatto lo stesso scandalo. Buono il gatto, meglio la volpe però, e Pinocchio comunque non c’entra niente.

              Quali sono stati e sono tutt’ora i tuoi autori preferiti? ritieni di averne preso qualcuno a modello?

Victor Hugo, Cesare Pavese, Nietzsche, Kant, Aristotele, Platone, Socrate, Stephen Hawking, Gorbaciov, Susanna Tamaro, Luca Goldoni. Potrei discriminare gli scrittori di professione dagli altri soggetti che hanno altre professionalità, ma pure costoro hanno divulgato le proprie idee cambiando la storia e il mondo nella sua complessità. Di scrittori professionisti e non, ce ne sono un’infinità, ma tutti danno il proprio contributo alla rigenerazione continua, incessante, del mondo. Potrei affermare che sono un po’ una spugna in questo senso e quindi per me sono tutti preferibili perché tutti hanno una propria concezione valida della realtà. Per come viene descritta questa realtà, poi, come mio modello preferisco Luca Goldoni per lo stile ironico della visione del mondo che emerge dai suoi deliziosi saggi. Essendo però estimatore anche di C. Pavese, S. Tamaro, V. Hugo, Nietzsche, Kant… insomma… praticamente tutti, io mi ritrovo ad essere un sincretista spudorato, al punto di usare ogni mezzo per farmi capire e rendermi credibile il più possibile.

              Quali sono i 3 libri e i 3 film che secondo te non bisogna assolutamente perdersi? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre film per questa estate, dicendoci il motivo del tuo consiglio.

I libri: Il gabbiano Jonathan Livingston, di R. Bach; 2001 Odissea nello spazio, di A. Clarke; Anima mundi, di S. Tamaro.

I film: C’era una volta in America, di Sergio Leone; Premonitions, di A. Poyart; Instinct-Istinto primordiale, di J. Turteltaub

Perché se è solo per ridere o piangere ci sono film che ci riescono, altri invece che ottengono l’effetto contrario, ma non vi rientrano quelli da me segnalati. Per cui, se siete in vacanza e per un attimo volete mettere da parte le ansie quotidiane quali quella del lavoro con levatacce annesse, e se non andate neppure a ballare per questo caldo, è il caso di immergervi in un bagno ristoratore per il vostro spirito e allora vi consiglio di preferire minimo i tre libri e i tre film suggeriti: se poi non vi bastano avrete comunque capito in che zona pescare e vi troverete un oceano davanti.

              Quali sono, se vuoi dircelo, i tuoi prossimi progetti e i prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori? Come vorresti concludere questa intervista? dicci un tuo pensiero personale, un commento o una esortazione.

I prossimi appuntamenti auspico che siano frequenti e il prossimo il più vicino possibile. Concludo che so di non sapere, ma cerco con tutte le forze di sapere il più possibile e un mezzo l’ho trovato con la scrittura creativa. Nella mente ho già pronto tanto altro, forse troppo tenuto conto che oramai sono vecchio e il tempo a disposizione è quel poco che rimane prima che diventi decrepito e rimbambito.

In cantiere ho già un saggio impegnativo, forse non adatto alle mie forze e ben oltre i miei limiti, ma mi piacciono le sfide e come il gabbiano Livingstone mi spingo sempre più in là.

           Ti ringrazio per quest’intervista e ti faccio i miei migliori auguri per la tua avventura nel mondo degli scrittori… un po’ cinici.

A.Z.

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[1] Vedere https://it.wikipedia.org/wiki/Piramide_di_Maslow

[2] V. https://it.wikipedia.org/wiki/Lanciostory

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Alessandro Zecchinato, ghostwriter, editor free-lance, scrittore “atipico”, consulente in astrologia olo-dinamica e tecniche alchemiche, dopo molti anni maturati sotto pseudonimo decide nel 2019 di “uscire allo scoperto” e firmare in chiaro i propri lavori; ha pubblicato cinque libri nei successivi due anni; collabora con Caterina Civallero da oltre 18 anni. Originariamente scettico verso certi temi, a seguito di alcuni avvenimenti a cui assiste all’inizio degli anni novanta, inizia a interessarsi approfonditamente di astrologia e altre discipline esoteriche arrivando a occuparsene in modo semiprofessionale dai primi anni del 2000. Da oltre un decennio ne studia l’influenza, sia palese che occulta, sui diversi ambiti della cultura popolare. Contatti: e-mail alessandrozecchinatoq@gmail.com canale Telegram https://t.me/+ynqv9JmkYRA4NmZk facebook https://www.facebook.com/alessandro.zecchinato.1/