PER #FATTIESTRAFATTI: INTERVISTA CON VINCENZA D’ESCULAPIO PER “LA TENUTA DEI MELOGRANI”
Ben ritrovati ad un nuovo appuntamento con la rubrica di interviste esclusive #fattiestrafatti su Mob magazine. Oggi ho il piacere di incontrare la scrittrice, nonché ex docente, Vincenza D’Esculapio, che ci presenta il suo ultimo romanzo “La tenuta dei melograni”, edito da Homo Scrivens.
- Benvenuta Enza alla rubrica #fattiestrafatti. Inizio col chiederti come nasce la tua passione per la scrittura e la letteratura, chi scrive innanzitutto è un lettore.
- Grazie innanzitutto per l’ospitalità nella tua Rubrica #fattiestrafatti, molto seguita e da te egregiamente condotta.
Sono stata fin da ragazzina una lettrice molto forte, ho amato molto la letteratura russa, francese e inglese, nonché italiana della grande tradizione ottocentesca e del primo Novecento.
Per il mio lavoro sia come docente di storia sia nell’ambito dell’editoria scolastica ho avuto modo di continuare ad approfondire la mia passione adolescenziale. Di qui la mia predilezione per il romanzo come scelta di scrittura personale, alla quale sono approdata una decina di anni fa.
- La tua vita è stata piena di accadimenti, di grandi momenti come di momenti bui, ma tu quanto ti senti #fattaestrafatta di vita e di idee?
- Come per tutti la vita è simile a una marea, con i suoi alti e bassi, ma non ho mai tirato i remi in barca e ancor oggi che sono una signora agée o, come si suole dire, diversamente giovane, continuo a rimettermi in gioco non solo scrivendo, ma conducendo rassegne e salotti letterari.
- Fio ad ora hai scritto tre romanzi, “La torre d’avorio”, “L’ultimo Sposatore” e quest’ultimo “La tenuta dei melograni”, tutti per Homo Scrivens. C’è un filo conduttore che lega i tre romanzi e non parlo della trama, intendo un legame più intimo e profondo?
Il filo rosso che lega i miei lavori è l’attenzione per le vicende umane che attraversano la grande Storia e si incuneano in essa. Di qui prendono l’avvio microstorie dal sapore autobiografico -come nella Torre d’Avorio– o storie familiari come accade nell’’Ultimo Sposatore, fino ad aprirsi alla Storia collettiva nella Tenuta dei melograni. In tutte le mie narrazioni ci sono frammenti di vita personale, soprattutto legate agli anni infantili.
Parliamo ora nello specifico della “La tenuta dei melograni” che posso dire si inserisce nel filone “siciliano”, dal “Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, a Stefania Auci, a Cristina Cassar Scalìa, a Vincenza D’Esculapio. Dimmi innanzitutto se pensi che scrivere della Sicilia sia una esclusiva di scrittori siciliani e raccontiamo del titolo del libro, “La tenuta dei melograni” che farà da scenario essenziale, sia positivamente che non, a Brigida Chiaramonte, duchessa D’Acquaviva, che, tra ricordi e allucinazioni, rivive il passato della sua nobile famiglia e della sua tormentata storia d’amore.
Hai citato il gotha dei narratori siciliani, a cui va tutto il mio rispetto e, se il mio romanzo si inserisce nel filone siciliano, aver reso omaggio a cotanta letteratura e a un’isola che trasuda di cultura e di bellezza non può che inorgoglirmi. Negli ultimi anni sono state più volte in Sicilia e le suggestioni che ne sono scaturite mi hanno ispirato il desiderio di ambientare questo terzo romanzo nell’isola dell’eterna primavera, come la definì la poetessa Giuseppina Turrisi, personaggio che compare nella storia. Il titolo del romanzo? Nella sua immediatezza ci induce a immaginare le sconfinate distese di questi alberi bellissimi i cui frutti rossi, profumati e ripieni di tanti grani succosi, sono segno di prosperità e fertilità, ma non solo perché a questo frutto vengono attribuite valenze religiose ed esoteriche. Cosa cela allora il titolo? Il lettore lo scoprirà da solo.
- Il romanzo è anche un lungo viaggio fisico e interiore che porterà la protagonista fino a Napoli, presso la Real Casa dell’Annunziata. Quanto Brigida è #fattaestrafatta di forza di volontà che le permetterà di sottrarsi ad un destino già scritto?
Quando giunge a Napoli, Brigida ha già fatto i conti con una realtà che la voleva succube e rinunciataria. Il prezzo da pagare per ricominciare a vivere sarà molto alto, ma il coraggio non le manca. Ancora una volta ricostruirà lentamente la propria vita, in un modo per lei assolutamente impensabile.
- Brigida è figlia di Ginevra, pioniera delle grandi battaglie femministe che si svilupparono da metà Ottocento agli inizi del Novecento in Sicilia. Chi è Ginevra e che carattere ha trasmesso alla figlia?
Ginevra, personaggio d’invenzione, riassume in sé i tratti caratteriali delle donne realmente esistite e presenti nel romanzo. Forti, caparbie che oseranno sfidare il potere costituito.Donne che a metà Ottocento si rendono conto che il mondo femminile non può più restare ai margini della storia sociale, politica e culturale della propria terra. Va da sé che una figlia che cresce in un contesto familiare in cui si tocca con mano la vita attiva non può che essere simile a sua madre.
- Tu parli anche della “Legione delle Pie Sorelle”, movimento antesignano di moderne associazioni a favore dell’emancipazione femminile. Ci vuoi accennare come sei riuscita a trovare questa notizia non conosciuta da tutti?
- Studiando il periodo, leggendo le biografie di alcune intellettuali dell’epoca, tra cui Rosina Muzio Salvo, giornalista e scrittrice, mi sono imbattuta nell’esperienza che lei aveva vissuto all’interno di questo movimento. Ho continuato a ricercare per approfondire l’argomento e sono rimasta sorpresa e affascinata da quanto riuscirono a mettere in moto in un periodo storico particolare. L’esperienza della Legione, partì da intellettuali quasi tutte nobili, ma consapevoli che il cambiamento doveva coinvolgere donne di tutti gli strati sociali in modo attivo e costruttivo.
- Veniamo ai personaggi maschili del romanzo, Alfonso e Ruggero, Manfredi e Francesco, tanto per citare i principali: Cosa li accomuna e cosa li divide?
- Sono accomunati di sicuro da una visione generale dell’esistenza in cui prevale l’ottica maschilista, anche se va sottolineato che ciascuno a modo proprio avverte il clima di cambiamento che sta lentamente avanzando. Tra questi, uno in particolare non troverà il coraggio di affrontare decisioni di vitale importanza a muso duro. Non posso dire di più.
- All’interno del romanzo c’è un personaggio maschile più #fattoestrafatto di nobiltà e allo stesso tempo di mentalità retrograda?
- Sì. È il duca Rinaldo D’Acquaviva. Potente massone, signore della Tenuta dei melograni. Non sarà scalfito dai passaggi epocali. Resterà ingabbiato nella sua visione della vita angusta e reazionaria, in cui non trova spazio nemmeno un briciolo della nobiltà d’animo, che contraddistingue invece suo cugino Ruggero di Chiaramonte.
Enza, “La tenuta dei melograni” è il prequel del precedente “L’ultimo Sposatore”. Tu quale dei due consigli di leggere prima per chi non li ha ancora letti?
A me piacciono le situazioni complicate, per cui leggere prima il secondo forse può risultare più intrigante.
Cosa c’è nel futuro di Vincenza D’Esculapio scrittrice?
Indagare ancora nella Storia…forse!
- Ti ringrazio per essere stata mia ospite in questa rubrica.
Ringrazio io di nuovo te e tutti i lettori che ti seguono.
DANIELA MEROLA