Il Serpe Regolo rientra nella schiera degli animali fantastici toscani. In alcune regioni d’Italia è chiamato Piccolo Re richiamandosi ad un altro essere fantastico, il Basilisco, re dei serpenti.
Il Regolo è un grosso serpente agile e fulmineo, dotato di abilità mimetiche, dalla testa grande come quella di un bambino, ha scaglie metalliche iridescenti, due piccole ali e tante creste sul dorso e sul capo. Il suo veleno è talmente letale che lo usa sia verso gli uomini che gli animali.
In origine il Regolo era una vipera che rimase mutilata per opera di un cacciatore che la spezzò in due, ma invece di morire crebbe a dismisura. La vipera trasformandosi in Regolo divenne molto vendicativa sia verso chi l’aveva ferita sia nei confronti di tutte quelle persone che la incontravano e ne pronunciavano il nome.
Secondo un’altra tradizione invece il Serpe Regolo è una vipera che ha superato i cento anni di età.
La novella è contenuta nel mio libro Natale… ma anche no!
C’era una volta tra gli orridi anfratti della Montagna Incantata il Serpe Regolo.
Nella grotta più profonda la bestia teneva prigioniera la principessa Prassede, costringendola a custodire un tesoro aureo.
La fanciulla, che gli anni non avevano scalfito, tesseva da tempo immemorabile con un telaio tutto d’oro:
-Tesso, tesso, notte e giorno
con la tela mi ci adorno
prigioniera del Piccolo Re
venite presto qui da me …
Entrare nella grotta significava impossessarsi del tesoro e, dato che il luogo era magico, risolvere tutti i propri problemi. Per fare questo però era necessario salire, a mezzanotte in punto, sulla cima della montagna, spogliarsi a dorso nudo, tenere in mano un bicchiere pieno d’acqua e aspettare che il Serpe Regolo, avvolto il corpo del temerario con le sue spire, bevesse l’acqua e conducesse con un incanto ai gradini che portavano alla grotta. Tutto questo senza che un gesto e una parola tradissero la paura. Molti audaci giovani si erano cimentati nell’impresa, ma mai nessuno vi era riuscito.
Un giorno dodici fratelli di un piccolo villaggio sulla costa, interessati sia a risolvere i loro problemi sia ad impossessarsi del tesoro, si diressero verso la montagna e, a turno, nei giorni che seguirono, ci provarono, ma sopraffatti della paura, rompendo il silenzio, dopo aver sentito il sibilo stridente e visto lo sguardo ammaliante del Serpe Regolo, urlarono a crepa pelle.
– Accidenti! – gridarono quasi tutti, dopo essersi ritrovati a molti chilometri di distanza, trasportati privi di sensi da un vento improvviso e abbandonati tra i cespugli di rovi dopo aver fallito nell’impresa.
Solo Malcus il fratello menomato, ultimo fratello della numerosa prole, era rimasto in cima alla montagna per adempiere alla sua prova.
– Nelle tue condizioni non ce la farai mai! – gli comunicarono i fratelli con il metodo Melossi basato sul segnalare ogni lettera toccando i diversi punti della mano.
Malcus era sordo e cieco, ma questo, pensava, poteva essere un punto di forza: non avrebbe visto arrivare il Serpe Regolo, né lo avrebbe sentito sibilare.
Dopo aver atteso la notte ed essersi spogliato e sistemato con il bicchiere d’acqua in mano restò immobile ed aspettare.
Non passò molto tempo: il Serpe Regolo, infastidito dalla sua presenza, si alzò in volo generando un sibilo assordante ed emanando vividi bagliori. Malcus rimase fermo. Il Serpe attorcigliò le sue spire attorno al corpo del ragazzo, ma il giovane non fece una piega. La bestia bevve l’acqua tutta d’un sorso e fu solo allora che il ragazzo percepì un dolce torpore e, come per magia, si ritrovò ai piedi della montagna.
Ce l’aveva fatta: aveva libero accesso ai gradini scavati nella roccia che conducevano alla grotta e al tesoro. Iniziò a scendere le scale, ma essendo cieco fece un cristo in terra[1].
In perfetta assenza di rumori e di immagini, strisciando come una serpe, iniziò a scendere i gradini contandoli in maniera meticolosa dato che aveva l’abitudine di farlo sempre:
– Ùnze, dùnze, trénze, quaraquadùnze [2]…
Quando sotto di lui non trovò più nessuno scalino percepì un freddo pungente e iniziò, per sua meraviglia, a vedere un debole bagliore e a sentire una dolce voce femminile:
-Tesso, tesso, notte e giorno,
con la tela mi ci adorno
prigioniera del Piccolo Re
venite presto qui da me …
Malcus capì che stava avvicinandosi alla grotta e al tesoro perché la magia aveva iniziato il suo effetto. Cominciò a piangere dalla contentezza. Non gli importava del tesoro: aveva già ottenuto ciò a cui teneva di più. Continuò a camminare verso quella luce e a seguire la voce finché, ormai nel pieno possesso delle sue facoltà visive e uditive, si trovò sul varco della grotta e vide la fanciulla seduta davanti al telaio d’oro contornata di mille tesori.
Indugiò per paura di essere aggredito dal Serpe Regolo.
– Non avere timore del Piccolo Re! – gli disse Prassede – L’hai sconfitto con la tua volontà ed il tuo coraggio: lui adesso non esiste più ed io sono finalmente libera! – aggiunse la fanciulla avvicinandosi a lui.
Malcus era confuso: la bellezza di quella femmina lo mandava in un brodo di giuggiole, usciva di sé dalla contentezza. Timidamente si frugò in tasca e ne estrasse una conchiglia che le regalò come pegno d’amore.
[1]Cadde a terra.
[2] Uno, due, tre, quattro…