Segnalazioni Letterarie | Katia Tenti, “Resta quel che resta”, Milano, Piemme, 2022 | le recensioni di settembre 2022 | a cura di Alberto Raffaelli

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La bolzanina Katia Tenti, dopo la riuscita accoppiata di crime sudtirolesi “Ovunque tu vada” (2014) e “Nessuno muore in sogno” (2017), cambia registro – ma non ambientazione – passando all’affresco storico.

Ci sono storie nate per essere raccontate, che fluttuano per così dire nell’aria e circolano per fior di lustri al calore dei filò nordici o nelle veglie estive, nei cortili delle case coloniche o nei più altolocati salotti familiari: piccole saghe di gente inizialmente per lo più semplice che, dall’etica di una sopravvivenza spesso nemmeno dignitosa improntata alla perpetuazione della specie e a riti e tradizioni che si ripetono da sempre, intraprende un cammino evolutivo dal profilo darwinisticamente selettivo. Il compianto Antonio Pennacchi in un’intervista disse di sentirsi parte proprio di una genìa di scrittori che, moderni cantori, afferrano queste storie vaganti travasandole quasi per necessità su carta.

La Tenti, pur raccogliendo alcune di queste suggestioni, approccia la materia in materia più articolata, imbastendo fin dall’inizio una polifonia sociale che contempla vari livelli. Appare perciò congruo l’irrompere in queste vicende particolari della grande Storia, del cambiamento epocale che imprime un’irreversibile soluzione di continuità ad usanze e abitudini che – almeno per taluni protagonisti – s’indovinano secolari. E tale frattura può prendere varie forme, come la guerra, l’emigrazione e soprattutto il contatto e la mescolanza tra tipologie umane varie.

Autrice navigata, bookcoach ed esperta dei meccanismi creativi ed editoriali, la scrittrice si cimenta convincentemente in un filone impegnativo, dipingendo un complesso di personaggi che costituisce il lievito di una vicenda fatta di tante psicologie, la cui somma approda a uno spaccato storico e sociologico che – configurandosi come epopea di volta in volta familiare, cittadina e regionale – attraversa i decenni e fa intravedere in filigrana caratteri e dinamiche ancor oggi attuali nella complessa realtà altoatesina.

Perché obiettivo della Tenti è quello, mediante i diagrammi composti da scalate e discese esistenziali, di dimostrare come la supposta razionalità storica alla prova dei fatti si riveli in realtà assai indecifrabile nelle combinazioni di progetti e destini: e non è un caso che un ruolo di rilievo paia svolto dai “diversi”, Max il “malato” e Sante il “selvaggio” (nonché potenziale revenant), che in quanto perturbatori sembrano tenere in mano il filo dell’azione principale del romanzo.

E, ancora oltre, il nucleo ispirativo più profondo di quest’intreccio cronachistico e collettivo – nel suo meticoloso ancoramento al territorio però al contempo proteso con lo sguardo al di là di esso – si configura come omaggio, sentimentale e insieme analitico, verso una città natale composita e percepita in perpetuo divenire, soggetta al flusso degli arrivi e degli abbandoni: ma si tratta di un ossequio, pur se assai sincero, non privo di perplessità, che sembra contemplare come il senso di identità sia complementare alla possibilità dell’allontanamento. In fondo, quel che resta – è il caso di dirlo – da questa lettura è uno speciale miscuglio di attaccamento e nostalgia.

(Alberto Raffaelli)

Il libro:

Katia Tenti, “Resta quel che resta”, Milano, Piemme, 2022

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