Loredana Manciati in questo nuovo romanzo, che segue di un biennio “L’enigma dei suoi occhi”, racconta l’elaborazione di un lutto, compiuta soprattutto grazie a una compenetrazione con la natura svolta in due fasi: dapprima in un ambiente costiero ligure popolato di gente laboriosa e foriero – secondo tradizione – di spinte immaginative, e poi su grandi e agitate distese d’acqua.
Punto di partenza è una tragedia marinaresca che, tra realtà e visione, innesta un binomio con una tradizione, quella dei maestri d’ascia e dei costruttori di imbarcazioni, che persiste come presenza d’antan e vintage, sull’inevitabile sfondo di uno sviluppo vorticoso ed industriale che però qui resta fuori scena, escluso dalla descrizione di un piccolo mondo antico quasi nascosto cosparso di borghi e dirupi rivieraschi.
I vari contesti di svolgimento del romanzo appaiono strettamente connessi alle percezioni del protagonista Serge, che aggiorna il dinamismo della sua vita precedente trasformandolo in istinto di fuga e nuova partenza tesa a superare il dolore della perdita, trovando simmetria con una vecchia disgrazia altrui.
La parabola raffigurata può richiamare un Conrad privato dell’elemento esotico come pure una Moby Dick mediterranea, nel tentativo di un abbandono che si rivela, se non impossibile, meno lenitivo di quanto auspicato. Anche nel viaggio per mare si scoprono infatti responsabilità che comportano affetti, se non altro nei confronti dei compagni d’avventura, e ciò implica il reiterarsi di un peso che forse l’impresa ideata nel corso della narrazione vorrebbe resettare (per quanto l’intento di fare tabula rasa non sembra prioritario nell’economia del romanzo).
Ma al di là di tensioni ideali o aspirazioni utopistiche il messaggio del libro consiste molto nell’accuratezza descrittiva e nel senso dei particolari, che pur non appesantendo lo stile svelano – mettendo a frutto il talento pittorico della Manciati (già docente di arte e disegno e con all’attivo numerose mostre personali) – una competente adesione non solo ai sentimenti dei personaggi ma anche ai dettagli concreti: dal senso di nuovo inizio che ispira gran parte delle azioni, ai cenni di lessico specialistico e tecnicismi della navigazione, per andare fino alle pieghe più minimali del testo, come quelle nelle ultimissime righe che sembrano rivelare il senso – forse atteso, ma comunque lasciato sapientemente in bilico – dell’intera storia.
(Alberto Raffaelli)
Il libro:
Loredana Manciati, “La nuova Giulia. Una barca oltre le tempeste”, Torino , Pathos, 2022
Loredana Manciati
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Alberto Raffaelli
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