Donna vittima di violenza: “sono senza lavoro – come posso lasciare mio marito?” | di Daniela Cavallini

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Affrontare la separazione dal coniuge o compagno che sia è di per sé un grande dolore. La decisione è anteceduta da un periodo di sentimenti altalenanti tra ricordi dell’amore che fu e la vana speranza che possa risorgere, in contrasto con la quotidiana delusione che, impietosa, non tralascia neppure di acuire la rabbia. Questo, prescindendo dalle variabili, è quanto accade in situazioni cd “normali”.

Ora, all’inevitabile sofferenza  procurata dalla “normalità”, immaginiamo di aggiungere la disperazione di  subire maltrattamenti fisici e psicologici – vale a dire calci e pugni, costrizioni sessuali  tra le mura di casa, oltre a  proibizioni, insulti ed umiliazioni di ogni genere,  consumate in pubblico ed ovviamente in privato -. non di rado alla presenza  dei figli – spesso bambini – che assistono impauriti ed inermi. Tutto questo porta un solo nome: violenza.

A tutela della vittima e degli eventuali figli minori,  la   si  esorta a denunciare gli abusi subiti e ad abbandonare, prima che sia troppo tardi,  quello che da un tetto coniugale è divenuto un mattatoio. Se è lapalissiano consigliare l’abbandono quale  unica soluzione, è d’importanza vitale  considerare che l’accanimento della vita a volte non conosce limiti ed a questo dramma, spesso aggiunge quello della sopravvivenza economica.

In sintesi, ci troviamo di fronte ad una donna annichilita, bisognosa di ogni genere di aiuto.

L’iniziativa d’intervistare la Dott.ssa Francesca Buffa – Psicologa e Criminologa che so molto prodiga nell’aiutare le citate vittime tramite  le strutture competenti, mi è sorta da una semplice domanda che, con assoluta scaramanzia, mi sono posta: “se fossi io in queste condizioni, a chi e come potrei chiedere aiuto?”

Dott.ssa Francesca Buffa

Daniela Cavallini:

Benvenuta Francesca, l’intervista di oggi è inerente al tuo impegno sociale, al fattivo supporto che offri alle Donne che versano nelle immani difficoltà sopradescritte. Pur ribadendo quanto ho precedentemente asserito in altre sedi, ovvero di prestare molta attenzione ai prodromi insiti in comportamenti squilibrati, considerandoli segnali predittivi di un amore potenzialmente malato da cui   allontanasi nel più breve tempo possibile, il tema che desidero affrontare riguarda il come offrire una via d’uscita a quelle Donne che non si sono distaccate ed oggi ne pagano le insopportabili conseguenze. Nelle tue divulgazioni, caratterizzate dal pragmatismo, si concentrano informazioni d’importanza vitale, che credo siano tutt’oggi ancora sconosciute a molte vittime.

Dott.ssa Francesca Buffa:

Sì Daniela, purtroppo per quanto si indichino i sintomi rivelatori di uomini portatori di disturbi psicologici, ancora troppe donne privilegiano la “sentimentale” via della negazione. Ti sarà certamente nota la classica espressione “sì, ma lui non è così, lui mi ama”, in risposta ad un invito alla riflessione. Inoltre, è noto che le Donne che hanno subito violenza, magari assistendo a episodi in famiglia, attirano questo tipi di uomini. Tuttavia, bando l’ancorarci al passato, non resta che individuare la soluzione più idonea per aiutarle a ricostruirsi una vita.

Daniela Cavallini:

E siamo giunte al nocciolo del problema: da dove può iniziare una Donna priva di indipendenza economica a raggiungere l’obiettivo di una vita autonoma e quantomeno serena?

Dott.ssa Francesca Buffa:

Innanzitutto bisogna convincerla a denunciare con la consapevolezza che sarà il giudice ad intimare al marito il versamento di un assegno periodico atto al suo sostentamento oltre a quello dei figli. Qualora lei per paura di possibili ritorsioni fosse titubante, è bene sapere che alcune violenze (ad es. maltrattamenti familiari) sono difendibili d’ufficio, ovvero tramite denunce deposte anche da parte di una persona diversa dalla subente, parente o altro che sia, mentre per il reato di violenza sessuale, ivi incluse le molestie, si procede esclusivamente previo querela da parte della vittima stessa entro un anno dall’accadimento del fatto.

Daniela Cavallini:

Da problema nasce problema: innanzitutto la lunga tempistica che inevitabilmente decorre affinché la Donna riceva il primo sostegno economico da parte del marito, ammesso che quest’ultimo sia in grado di versarlo e lo versi, cui si aggiunge il disagio di esporsi in tribunale nel delicato caso di aver subito violenza sessuale, ed infine il problema di pagarsi un avvocato…

Dott.ssa Francesca Buffa:

Fortunatamente oggi, molte cose sono cambiate. Ad esempio, i Centri Antiviolenza Psicopedagogici  sostengono economicamente la Donna vittima di violenza, garantendo a lei ed agli eventuali figli minori, vitto, alloggio e tutte le cure mediche necessarie oltre ad un contributo mensile che consiste in euro 50 se sola, fino a 200 se con bambini. Questo trattamento è previsto anche per le Donne straniere accolte in Comunità di Pronta Accoglienza, site nel loro Comune di residenza, mostrando carta d’identità e permesso di soggiorno.

Per ovviare alla Donna l’oggettivo imbarazzo di esporre la violenza sessuale subita, la legge prevede il processo a porte chiuse. Inoltre dette vittime non pagano l’avvocato in quanto, a prescindere dal loro reddito, accedono gratuitamente al patrocinio.

E’ fondamentale ricordare che per violenza, la legge non considera solo quanto concerne i maltrattamenti fisici e sessuali, ma anche quelli psicologici, quali ad esempio l’umiliazione di uno schiaffo in pubblico, imposizioni limitanti la libertà (es. “tu non esci”), i soprusi se ripetuti e protratti nel tempo e la prospettazione di violenze future.

Daniela Cavallini:

Sicuramente sono stati fatti grandi passi in avanti, tuttavia, non mi sono ben chiare la tempistica e la procedura previste per il sostegno economico alla vittima, qualora il marito non corrispondesse il dovuto assegno o non ne fosse in grado (scarso guadagno, disoccupazione, malattia, ecc.)

Dott.ssa Francesca Buffa:

Infatti non ti ho ancora detto che l’INPS interviene pagando per cinque mesi un assegno di 350 euro, incrementandolo sino a 1600 euro alle mamme con 3 o più figli.

Qualora la Donna non riesca a trovare un impiego, può compilando il DID attestare la disoccupazione e richiedere, presentando ISEE l’assegno mensile di 1000 euro oltre al bonus di euro 600 nella fascia d’età tra i 15 ed i 50 anni.

Per le over 60 con redditi inferiori a 300 euro, sono devolti assegni sociali da 350 a 1000 euro oltre ad agevolazioni di vario genere come ad esempio lo sconto sulle bollette, la totale esenzione dal ticket sanitario, ecc.

Infine la Legge 166 circolare INPS dell’8/10/21 prevista dal DPCM DEL 20/12/20, riporta le istruzioni per ottenere un bonus chiamato “Reddito di libertà”. In tal caso, l’interessata firmerà un’autodichiarazione e presenterà anche la dichiarazione firmata dal Responsabile Legale del Centro Antiviolenza del Servizio Sociale del Comune di residenza.

Daniela Cavallini:

Possiamo dunque rassicurare queste Donne che pur con la prospettiva di vivere in ristrettezze, non saranno abbandonate alla miseria…

Dott.ssa Francesca Buffa:

Certamente, anzi, per chiarire ancor meglio le informazioni che ho riferito, indico il sito www.inps.it da cui selezionare la voce: servizi prestazioni sociali trasmissione domande e istruzioni software.

Il pagamento degli importi convenuti, sarà versato su C/C, con bonifico SEPA e carta prepagata.

Per amore di onestà non posso però astenermi dal riferire che per limiti economici, non tutte le domande possono essere accettate con successo, tuttavia, questo prevede una successiva rivalutazione.

Daniela Cavallini:

Francesca, per ora non mi resta che ringraziarti anche a nome di tutte le nostre Lettrici.