L’ultimo successo letterario di Patrizia Bianco: “Lo chiamavano L’Incantato” (Ed. Kimerik) | Intervista di Daniela Cavallini alla pluripremiata Scrittrice

0
395
Condividi l'articolo, fallo sapere ai tuoi amici ! 

Amiche ed Amici carissimi, come ogni mattina accedo a messenger e trovo una richiesta d’invio messaggio: questa volta non è il solito “ciao, sei bellissima” da parte di uno sconosciuto e sprovveduto corteggiatore virtuale, ma proviene da parte di una gentile Signora che da subito m’ispira una forte simpatia:

“Gentile Daniela, sono Patrizia Bianco una scrittrice lucana e la seguo sul suo MobMagazine. Mi piace molto il suo stile e trovo interessanti le tematiche che affronta. Sono innanzi tutto una mamma adottiva ho scritto il mio primo romanzo sul tema del ritorno alle origini. Di recente ho pubblicato il mio terzo romanzo in cui affronto il tema della rinascita e dell’amore. Sarei molto onorata di un suo cenno di interesse per presentare sul suo blog “Lo chiamavano l’Incantato” Kimerik editore”.

Dalla simpatia alla conoscenza di colei che già posso definire un’Amica speciale, scorre il solo tempo di una telefonata.  Una lunga telefonata confidenziale, a tratti persino sorprendentemente intima, un confronto piacevole e diretto tra noi relativo  ad un argomento molto delicato, ovvero l’adozione della figlia. Quando si dice un’immediata perfetta sintonia…

La biografia di Patrizia Bianco è decisamente ricca, sia dal punto di vista culturale che esperienziale ed umano, pertanto, meritando adeguata enfasi, le dedico uno spazio focalizzato, al termine della nostra cordiale intervista, inerente la  presentazione del Suo ultimo libro intitolato “Lo chiamavano l’Incantato”, Ed. Kimerik.

Patrizia Bianco

Daniela Cavallini:

Benvenuta Patrizia, è un vero piacere rinnovare l’istantaneo feeling instaurato fra noi, trascorrendo questo momento insieme.

Con “Lo chiamavano l’Incantato”, il tuo ultimo romanzo ambientato sulle colline del Vulture, in Basilicata negli anni ‘50, periodo storicamente ricordato per lotte di classe, induttive di severe e discriminanti classificazioni con inerente emarginazione sociale, chiudi la trilogia che vede la luce  nel 2018 in concomitanza con il tuo esordio al Salone del Libro di Torino, con Controcanto, verso il vento”(Kimerik Ed.), seguito da Radici Lucane (Santelli Ed.), pubblicato nel 2020. Nei tuoi racconti riponi la tua grande sensibilità atta a sottolineare l’importanza di una società inclusiva in ogni senso. “Non può esserci riscatto senza una profonda consapevolezza”, affermi…

Patrizia Bianco:

Sì Daniela, la consapevolezza del valore insito nelle differenze individuali, culturali, familiari e sociali costituisce  un valore scambievole, non una discriminante come viceversa è considerato  anche oggigiorno da coloro che reclamano l’altezzosa differenziazione, basata soprattutto sulle apparenze.

Daniela Cavallini:

Nel tuo racconto, enfatizzi il potere dell’amicizia,cui attribuisci la  capacità di azzerare il baratro che separa le classi sociali.

Patrizia Bianco:

Assolutamente sì. L’amicizia è una forma d’amore, di solidarietà, di vicendevole protezione delle debolezze insite in ognuno di noi, a prescindere dalle stratificazioni sociali.

Nel delineare i personaggi de “L’ Incantato” esploro  nelle loro storie familiari, valicando continuamente la rigida barriera di classe. Peccati, difetti, pregiudizi affiorano su entrambi i fronti.

Daniela Cavallini:

A sostegno della tua condivisibile opinione, ti cito in merito al rapporto che s’instaura tra il modesto, balbuziente Saverio – l’Incantato, protagonista del romanzo – rifiutato persino dalla scuola e Mauro, il ricco ed illuminato vignaiolo.

“Il giovane protagonista, alla ricerca di una via di fuga da un passato doloroso, si imbatte in Mauro, vignaiolo colto e illuminato, che lo avvicina al mondo dell’arte. I due militando su lati opposti della barricata sembrerebbero appartenere a due galassie diverse eppure diventano amici riconoscendosi nei sogni dell’altro. Il filo dei ricordi corre sottopelle e il lettore, nel ricomporre le loro esistenze, viaggia avanti e indietro nel tempo. La società degli anni ’50 picchia duro, sistematicamente scalcia, emargina, esclude. E questo sia in mezzo ai miseri vicoli dove Saverio è cresciuto sia nei pretenziosi circoli di provincia in cui Mauro è di casa.

Peccati, difetti, pregiudizi affiorano su entrambi i fronti: che sia Girolamo, il nonno sacrestano di Saverio, a inventarsi il modo per dare un tetto ai suoi figli o che si parli di Luchino, giovane rampollo, tirato dentro una torbida relazione da una madre di famiglia”.

Una delle principali tematiche che emergono dalla narrazione è quella della diversità. Diversità in senso lato, imputabile a caratteristiche fisiche e/o problemi di personalità; diversità che riscontriamo nelle umilianti vicende de “l’incantato” e “Panza contenta”,  che solidarizzano nell’intento di difendersi da coloro che oggi definiremmo bulli, ma che non risparmia neppure il barone Mauro Forte d’Arcais che, per la sua prestigiosa condizione sociale, si sente appiccicata addosso un’etichetta che gli provoca disagio: la nobile madre,  rifiutando ogni tipo di contaminazione con la borghesia, ha costretto i figli a crescere in una gabbia dorata. Ti cito nuovamente:

“Per gli altri ragazzi Saverio e Rocchino erano la coppia più bella del mondo: “l’Incantato” e “Panza contenta”. Pietre scartate, nulla di più. Esser diverso ti espone e gli insulti non devono avere un senso per far male.

‘Se stiamo in campana ce la caviamo, dobbiamo restare un passo dietro di loro, sempre un passo indietro’,

dicevano per rincuorarsi, ma non c’era storia, era solo questione di tempo. Tutte le sante volte, in mezzo allo sberleffo generale, si ritrovavano a dover batter ritirata con la coda fra le gambe.

Lo volete capire che qui attorno non dovete accostare? Di mezze cartucce come voi non sappiamo che farcene!”

Se Saverio per miseria, balbuzie ed un’ampia collezione di rifiuti ed umiliazioni, sfinito, si rassegna a subire la vita con le sue ingiustizie fortemente sferzanti e Rocchino si dedica ai motori, trasmettendo tale passione all’amico compagno di sventura ed insieme stringono i denti per sopravvivere, come vive il disagio, seppur dato da circostanze opposte, Mauro? La risposta è nelle parole dell’Autrice.

Patrizia Bianco:

“In casa d’Arcais la vita familiare è, d’altronde, tutt’altro che serena, la baronessa sbandierando il suo titolo nobiliare rinfaccia e insulta il marito, imprenditore colto e illuminato ma incapace di contrastare la moglie. È il disprezzo di lei per la collezione d’arte di famiglia a essere insopportabile fonte di frustrazione per Mauro, che serra i pugni in una desolante apnea d’amore.

Un filo rosso intessuto nella trama del romanzo è la forza dell’amicizia fra Saverio e Mauro, capace di azzerare il baratro che separa le classi sociali, di alimentare il dialogo nonostante evidenti diffidenze”.

Daniela Cavallini:

Poi, nel tempo, grazie al progresso, alcune trasformazioni hanno visto la luce… vuoi citare quelle più evidenti?

Patrizia Bianco:

Direi le fuori serie viste solo sulle copertine patinate incarnano il mito della velocità. La fiducia nella tecnologia sembra spianare la strada verso il futuro.

Ma anche il mondo agricolo, le vigne dell’Appennino non rimarranno indifferenti alla modernità che avanza. In quegli anni il vino Aglianico cambia volto e anima riuscendo a mettere in luce le sue inconfondibili qualità.

Un altro tema è il valore assoluto della bellezza che fulmina e acquieta e che viene declinato da opposti punti di vista a rappresentare due bandoli della stessa matassa. L’indifferenza evapora di fronte all’opera d’arte, il bello con la sua forza salvifica offre pane benedetto per l’anima.

Daniela Cavallini:

Cara Patrizia, siamo giunte al termine dell’intervista, il tempo è volato, come sempre accade quando l’argomento appassiona, pertanto  non mi resta che rinnovarti la mia personale ammirazione ed augurarti d’incrementare gli importanti premi già ricevuti dalla critica con la pubblicazione del tuo bellissimo libro.

A presto Amica speciale!

Daniela Cavallini

Il libro:

Patrizia Bianco, “Lo chiamavano l’Incantato”, Kimerik ed., 2022

https://www.amazon.it/Lo-chiamavano-lIncantato-Patrizia-Bianco-ebook/dp/B0BLGJB16W/ref=sr_1_2

 

Biografia di Patrizia Bianco

Patrizia Bianco

Patrizia è una scrittrice che si sta mettendo in evidenza nel panorama letterario regionale.

A Potenza, dove è nata, ha studiato pianoforte al Conservatorio di musica Gesualdo da Venosa.

Si è laureata in Economia e Commercio con il massimo dei voti all’Università Federico II di Napoli e ha conseguito il PhD in Economia dell’ambiente.

Inizia a pubblicare su riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Intraprende l’insegnamento approdando all’Università degli studi della Basilicata che successivamente lascia per entrare all’ARPAB ( Ufficio di tutela ambientale a Potenza) dove attualmente lavora come funzionario amministrativo.

La passione per il volontariato è nata fra le fila dell’AVO prestando supporto in diversi reparti dell’Ospedale San Carlo di Potenza.

Ha continuato ad interessarsi alle tematiche dei diritti civili e le politiche di genere che l’hanno portata, tra l’aprile e il novembre del 1992, a far parte di un coordinamento “Donne in nero” nato sull’onda di sdegno per gli orrori dello stupro etnico perpetrato durante la guerra in Bosnia ai danni delle donne di fede musulmana. In anni più recenti diventa mamma adottiva. Insieme al marito Antonio partecipa a numerose iniziative di volontariato a favore della genitorialità e del sostegno post adottivo. Una delle tematiche che più le stanno a cuore è quella legata al tema dell’accoglienza. “Accogliere un figlio”, sono sue parole, “significa trasformare l’identità del figlio in identità familiare”.

Nel frattempo entra a far parte del Lions Club – Potenza Host, del direttivo del Circolo Silvio Spaventa Filippi e della Giuria popolare del Premio Basilicata.

Da sempre appassionata di letteratura l’autrice inizia con la scrittura di racconti e favole pubblicate in diverse raccolte.

Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo edito da Kimerik editore, Controcanto, verso il vento, con cui Patrizia ha esordito al Salone del Libro di Torino. Un memoir autobiografico in cui affronta non solo le vicende familiari che li hanno resi genitori ma il difficile tema del ritorno alle origini. A distanza di dieci anni dall’adozione, infatti, Patrizia con la sua famiglia torna in Ucraina per ripercorrere i ricordi d’infanzia della bimba e far propria la sua storia proprio a Mariupol, la città dove è nata la piccola Anastasia, poi completamente distrutta dalla guerra in corso.

Nel 2020 pubblica il secondo romanzo “Radici Lucane edito da Santelli Editore, una saga familiare ambientata a Matera che segue il corso di tre generazioni a partire dagli anni ’30. Una giovane donna di fronte alla madre malata di Alzheimer decide di partire per conoscere la sua vera storia. Sarà un anziano zio a guidarla attraverso le vicende di una famiglia patriarcale.

Con quest’opera si è aggiudicata lo Special PITCH KOBO WRITING LIFE 2018 al Women’s Fiction Festival di Matera come miglior progetto editoriale. E’ risultato finalista al premio Residenze Gregoriane di Tivoli 2021, al premio Nicola Zingarelli di Cerignola 2021, ha ricevuto una menzione d’onore al premio Cumani Quasimodo e al premio Caffè delle Arti edizione 2021. Le è stato conferito il premio “Rangone Città di Grottole” 2021 e il Premio “Paletta” di Crucoli 2022.

A chiudere la trilogia lucana è appena stato pubblicato: “Lo chiamavano l’Incantato per Kimerik editore ambientato sulle colline del Vulture degli anni ’50. Il testo ha ricevuto numerosi riconoscimenti in veste di romanzo inedito risultando finalista al premio Bukowski 2021 di Viareggio, al Premio “Rocco Carbone” Leonida Edizioni e premio Caffe Delle Arti.

Si è affacciata recentemente al mondo del cinema seguendo un percorso formativo di scrittura cinematografica organizzato dal CINIT Cineforum Italiano: “Tratto da una storia vera -il cinema del reale” realizzando diversi soggetti per cortometraggi come “La medaglia” e “La baronessa”.

Ultimamente le è stato conferito il “Premio Mediterraneo” – IV edizione – dall’Associazione Etnie – Cultura senza frontiere di Pisticci (MT).