Nella mia amata Torino, nel suo cuore pulsante, a pochi passi dal grattacielo Intesa San Paolo, ho scoperto un luogo speciale che racchiude cinque generazioni di storia. Attraversato il cortile in stile Liberty di via Bernardino Drovetti 17, aperta la maniglia del portone in vetri blu e ambra, trovi alcuni scalini che portano a un insospettabile negozio, che si sviluppa su un centinaio di metri circa, sotto il piano stradale.

Appena entrata sono rimasta affascinata dai rotoli di juta, le vecchie e robuste forbici da tappezziere, borchie, rocchetti e utensili dalla foggia mai vista. Hai presente Oliver Twist e le atmosfere di Charles Dickens?

Ecco, la sensazione che ho percepito entrando nella ditta specializzata in articoli per tappezzieri in stoffa è stata di trovarmi in un mondo che è andato perduto, sepolto da metri di modernità e una spessa coltre di tecnologia.

L’attività Aghina è nata nel 1939 come ferramenta ed è stata fondata da Aghina Giovanni, nonno dell’attuale proprietario Costantino Scarpulla che, insieme alla moglie Dina e al figlio Daniele, la stanno portando avanti.
Il Cavalier Aghina, leva 1892 ha generato, in senso letterale, una stirpe di artigiani che si occupano dell’imbottitura interna di divani e poltrone, e tende da interno (hanno anche collaborato con un tappezziere fornendo le montature delle tende per la Reggia di Venaria).

Io ho scoperto il loro negozio perché cercavo delle borchie con una misura particolare, per restaurare una sedia savonarola sulla quale, negli anni Settanta, si sedette Primo Levi per autografare il libro che ho ereditato dalla mia famiglia.
Facendo un tuffo nel passato, Costantino mi racconta che sua madre gli diceva sempre di quanto il nonno fosse una persona affabile e cordiale con i clienti, sempre molto elegante, anche quando andava per Torino con il carretto trainato dalla bicicletta a consegnare la merce.
Chi ha guardato la serie TV La legge di Lidia Poët distribuita da Netflix, sa riconoscere in quelle immagini il sapore antico dei vecchi mestieri ormai in estinzione. La speranza di poter portare nel futuro le abilità cucite dalle generazioni nelle quali siamo cresciuti, resta appannaggio dei nostalgici che, come me, vivono con lo sguardo rivolto all’indietro.
Il tempo ci saprà dire se l’arte e la manualità delle attività artigianali di eccellenza sopravviverà alla tempesta tecnologica che ci aspetta.
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