Marina Kaminsky, artista e pittrice milanese di adozione e siberiana di origini | INTERVISTA

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«Essere un artista presume una formazione mentale alata. È uno stile di vita. Se vuoi permetterti di essere un artista, devi prima concederti ciò che senti veramente e non produrre per forza ciò che può essere vendibile. Accettando la propria non individualità e l’assenza di identità, ci impicchiamo spiritualmente, ritardando la salvezza nella catarsi di ripetere gli scenari degli altri artisti.» (Marina Kaminsky)

Ciao Marina, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Ai nostri lettori che volessero conoscerti quale artista delle arti visive, cosa racconteresti di te?

Ciao Andrea! Grazie per l’invito. Non è facile parlare di sé stessi. In genere parlo attraverso il mio lavoro con il linguaggio molto colorato. Ho l’amore viscerale per i colori. Li sogno. Adoro sporcarmi le mani e ciò che creo lo chiamerei simbolismo. Invito le persone a guardare i miei lavori da diverse prospettive per cogliere i messaggi che sono nascosti tra le righe. La stessa opera può essere interpretata in vari modi, dal significato etico al significato emotivo, e questo è lo scopo di tutto il mio lavoro. Sono sicura che l’efficacia del messaggio dipenda solo dalla mia capacità di fare emergere messaggi più profondi oltre a quelli visibili. La sfida per me è quella di sapere come equilibrare questi due elementi, poter coinvolgere l’osservatore in un’esperienza che abbracci entrambi. C’è un principio estetico ed etico molto importante per me in questa ricerca.

… chi è invece Marina Donna della quotidianità? Cosa ci racconti di te della tua vita al di là dell’arte e del lavoro?

Libera. Una viaggiatrice nella fisica e una surfista nella metafisica. Innamorarsi mi capita di rado e non dura molto. In una coppia presto o tardi bisogna sacrificarsi per tenere in piedi una relazione. Scatta il meccanismo di sottomissione, di dominio e di controllo. Nulla a che fare con l’amore. Non mi è possibile vedere l’amore in una fatica o in una sofferenza affrontata per l’amore di un altro. È mostruoso pretendere l’altruismo dagli altri. Volere che sacrifichino i loro desideri per i tuoi. Le persone aspettano troppo dagli altri, pretendendo da loro ciò che non pretenderebbero mai da se stessi. E quando le loro aspettative non vengono soddisfatte, allora subentra delusione ma non perché gli altri hanno fallito, ma perché non sono riusciti ad usarli come strumenti per raggiungere gli obbiettivi. Quando accetti l’idea che ognuno vive solo per se stesso, sarai molto più indulgente verso i tuoi simili.

Ci sono momenti in cui è difficile per me vivere eventi e notizie da sola. La vita mi gira un film e per credere nella realtà oggettiva di questo film, ho bisogno di un altro testimone di ciò che sta accadendo. Ho bisogno di capire il senso del film anche se la presenza di una visione diversa in cento casi su cento cambia completamente il senso di ciò che sta accadendo. Quanto all’eros… L’atto ottuso e banale del sesso compiuto non per attrazione reciproca, ma per abitudine (nelle coppie questo è il più delle volte il caso), dimostra che desiderio sessuale in una coppia è un ideale bello ma irraggiungibile, come il comunismo.

La solitudine non è una punizione. Solitudine significa che sono responsabile di tutto ciò che mi accade. Solo io prendo le decisioni. Sono unica responsabile della mia vita.

Come è nata la tua passione per l’arte e per le arti visive in particolare? Quale il tuo percorso professionale, esperienziale, accademico e artistico che hai seguito?

Ho disegnato e dipinto da quando mi ricordo. Sono una pittrice e Art Performer. Ho dipinto ritratti, paesaggi, paesaggi urbani, città immaginati, figure umane, molte opere informali e arte sacra che ora si trova nella chiesa Santa Maria delle Stelle a Gravina. Le immagini delle mie opere sono state utilizzate nelle collezioni di moda del brand TailorArtRevolution. Ho illustrato 2 libri. Le mie opere sono state esposte in 8 musei e nelle più importanti rassegne artistiche: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Diocesano di Milano. A partire dal 2003 ho partecipato a numerose mostre personali e collettive, concorsi e varie manifestazioni artistiche, conseguendo premi e riconoscimenti di critica e di pubblico. Le mie opere sono conservate in collezioni private in Italia e all’estero. Ho curato per conto dell’associazione ADDA importanti mostre dell’arte contemporanea. Non ho terminato gli studi accademici e pertanto mi considero autodidatta. Fare “Bottega” con Rodolfo Viola fu determinante. Da lui ho imparato a raccontare l’arte attraverso il colore.

Come definiresti il tuo linguaggio? C’è qualche artista al quale t’ispiri?

Sono istintiva è di difficile collocazione. I luoghi nei miei quadri sono emozionali. Persone immaginarie. Soggetti onirici. Non saprei definire il mio linguaggio con un termine solo. Non m’ispiro a nessun artista, e a tanti contemporaneamente. Cerco solo la mia strada. Da una vita.

Chi sono stati i tuoi maestri d’arte che ami ricordare? Se ci sono, parlaci di loro…

Il mio mentore Rodolfo Viola. Mi ha dato tanto. La sua pittura è tutta una scenografia di linee, forme e colori carichi di energia. Nella sua arte si percepisce la presenza primordiale, la vibrazione spaziale, lo scintillio cosmico, una dimensione universale nella scala dell’infinito che racchiude le origini stesse: lo spazio della creazione.

Tu hai sviluppato un tecnica pittorica personale e molto particolare della quale troviamo spunto nella presentazione che fai nel tuo sito web ufficiale dove c’è scritto: «Marina Kaminsky è un’artista “in costante ricerca” dal suo fatto espressivo di pittura traspare preoccupazione e sensibilità per suggerimenti sempre nuovi e sviluppo continuo, in quella “contraddizione fisiologica” che è uno degli elementi più stimolanti delle sue opere. Un’apertura alla sperimentazione tecnica e all’indagine intellettuale ed emotiva che si muove con facilità sulle solide basi della pittura europea della fine del XIX secolo, sebbene filtrata attraverso la tradizione coloristica russa e la lezione del realismo socialista, fino ai risultati artistici attuali informali. I risultati sono tele e vite audaci, infiammate dai toni luminosi e intensi del suo rosso, blu e giallo, distaccati da linee e forme nervose di cariche energetiche dirompenti.». Ci racconti questo percorso, come sei arrivata a questa definizione artistica, e poi quali gli strumenti che utilizzi, i materiali? Insomma, raccontaci di questo tuo modo di creare e di fare arte.

La mia tecnica unisce un grafismo accentuato a olio, acrilico e materiali contemporanei come resine e polveri metalliche che evidenziano il contrasto fra la reinterpretazione dell’oggetto/soggetto e le suggestioni oniriche.

Ho avuto tanti cicli pittorici fondati sulla tecnica del tratto, l’uso di precise game cromatiche, sulla specificità della trattazione della materia corposa e liquida.

Sono alla ricerca del primitivo, misterioso e profondo che c’è nel piano mentale ed emotivo dell’essere umano. Percepisco delle nuove realtà evidenti e nascoste della nuova Era. Il dualismo è sempre più tangibile. Metafisica.

Quali sono secondo te le qualità, i talenti, le abilità che deve possedere un artista per essere definito tale? Chi è “Artista” oggi secondo te?

Essere un artista presume una formazione mentale alata. È uno stile di vita. Se vuoi permetterti di essere un artista, devi prima concederti ciò che senti veramente e non produrre per forza ciò che può essere vendibile. Accettando la propria non individualità e l’assenza di identità, ci impicchiamo spiritualmente, ritardando la salvezza nella catarsi di ripetere gli scenari degli altri artisti.

La coscienza determina la creatività, non l’educazione e la cultura. Solo la libertà interiore scioglie il nodo di Pandora, da dove scivola via l’ultima speranza di monetizzazione della tua arte. Allora non sei solo un artista: sei un Dio nel tuo Universo.

Tu vivi e lavori a Milano, la tua città di adozione quando dalla Siberia hai deciso di trasferirti in Italia. Ci racconti di questa scelta professionale e di vita che hai fatto scegliendo di vivere nella città più importante per le arti e la cultura del nostro Paese, ma anche difficile da viverci con tutte le sue difficoltà e sue contraddizioni? Hai mai pensato di lasciarla per sperimentarti in qualcuna delle grandi città d’arte contemporanea del nostro pianeta?

Dopo aver preso la decisione di trasferirsi in un luogo completamente diverso, ho deciso di stabilirmi qui non per amore di una persona (come spesso capita) ma per un mio antico amore per l’Italia. Milano è stata la più facile. Mi ha adottata di sua volontà. Un po’’per caso. La città è diventata la mia casa e mi ha promesso dei sogni, speranze e opportunità in cambio a qualche blister dei tranquillanti… ahaha. Almeno così credevo all’epoca. Ho imparato ad amare Milano, con tutte le sue contraddizioni e difficoltà. Nuove conoscenze e amicizie, nuovi stimoli culturali che hanno permesso di esprimermi. Milano mi offriva tante opportunità di crescita. Sono riconosciuta da molti ed è certamente un motivo di orgoglio. Le difficoltà esistono a prescindere dal luogo. La mia scelta di stabilirmi a Milano non è stata inutile, è un luogo di mia evoluzione, di orgoglio e di forza. Ora ho intenzione di trasferirmi a New York, a breve.

Ci racconti un episodio bello e che ti ha fatto piacere che hai vissuto nella tua esperienza artistica e un episodio che ti è molto dispiaciuto?

C’era una volta una giovane artista che cercava uno studio in cui poter lavorare ed esprimere la propria creatività. Dopo aver passato ore in luoghi diversi alla ricerca di un laboratorio adatto, diventò sempre più scoraggiata. Vabbè… Ero io. Alla fine, passando per una via del centro di Milano, sono entrata in un negozio di abbigliamento che attirò la mia attenzione per qualche misterioso motivo. Due chiacchiere con la coppia dei negozianti e così scoprii che avevano uno spazio perfetto per me nel cuore della città. Vedendo le immagini dei miei quadri erano entusiasti a barattare lo spazio con le mie opere. Era una vera coincidenza! Ciò che avevo imparato è che l’universo risponde sempre al nostro impulso vitale offrendo un percorso esatto.

Gli episodi spiacevoli invece non esistono, possono esserci dei momenti in cui sono più vulnerabile al dolore e alla sofferenza. Imparata la lezione, incasso. Mi serve per l’autoanalisi.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Una persona. Mia figlia Kristina. La ringrazio e sono onorata di essere sua madre.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

Per me la bellezza è un concetto personale, si può percepirla ma è impossibile definirla, non in modo oggettivo. La bellezza è negli occhi di chi guarda, condizionata dal nostro vissuto, dalle nostre aspettative, dalle nostre opinioni, dal nostro punto di vista, ed è soggettiva. Ciò che è bello per una persona potrebbe non essere bello per un’altra. Però ci sono alcuni aspetti universali che riconosciamo come bellezza, è l’armonia, l’equilibrio, la simmetria, ecc.

«C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.» (René Magritte, 1898-1967). Cosa ne pensi di questa frase detta da Magritte? Nelle arti visive qual è, secondo te, il messaggio più incisivo? Quello che è visibile e di immediata comprensione oppure quello che, pur non essendo visibile, per associazione mentale e per meccanismi psicologici proiettivi scatena nell’osservatore emozioni imprevedibili e intense?

Credo che René Magritte abbia ragione: il fascino di quello che è nascosto e di ciò che è visibile ma non immediatamente evidente può scatenare sentimenti forti e imprevedibili. Nelle arti visive credo che sia importante infondere nel proprio lavoro una certa dose di profondità che trasmette le sfumature e i dettagli che spesso vengono tralasciati. L’obiettivo dell’artista è quello di stimolare una risposta emotiva in chi guarda.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Non credo molto nella fortuna o nel destino e penso che la maggior parte dei successi siano frutto di talento, lavoro e passione. Non credo che la fortuna abbia un ruolo fondamentale; semmai è di supporto.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua arte e nelle tue opere?

Penso che Anaïs Nin intenda che nella vita c’è più di quello che accade e che esiste una realtà mistica e meno tangibile, che è allo stesso tempo fisica e metafisica. E che se vogliamo vivere una vita ricca e piena, abbiamo bisogno di approfondire le nostre esperienze emotive, essere consapevoli della nostra realtà metafisica.

Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Disse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.» (Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva sull’arte in generale?

L’arte è come la realtà a livello quantistico, se non è misurata o osservata, non esisterebbe in quanto tale. L’arte per molti esiste solo come esperienza che registrano, come qualcosa di nuovo ed emozionante o di interesse speculativo. Però l’arte visiva può prenderne forma indipendentemente, che esista o meno un osservatore, poiché l’opera d’arte di per se ha un suo valore proprio essendo il frutto della creatività dell’artista. Quindi, sono validi entrambi i punti di vista. Le mie riflessioni sull’arte più profonde sono legate proprio al rifiuto generale della ricerca della stimolazione dei sensi. È come se fosse invisibile. Tutto dipende dal grado di bisogno di dissetare la propria spiritualità.

«Poi c’è l’equivoco tra creazione e creatività. L’artista è un creatore. E non è un creativo. Ci sono persone creative, simpaticissime anche, ma non è la stessa cosa. Comunque, questa cosa qui dei creativi e degli artisti, nasce nella fine egli anni Sessanta dove iniziano i galleristi ad essere creativi, poi arrivano i critici creativi, poi arrivano i direttori dei musei creativi… E quindi è una escalation che poi crea questi equivoci delle Biennali di Venezia che vengono fatte come se fosse un’opera del direttore. Lui si sente artista e fa la sua mostra a tema, invitando gli artisti a illustrare con le loro opere il suo tema, la sua problematica. Questo mi sembra pazzesco.» (Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi in proposito? Secondo te qual è la differenza tra essere un “artista creatore” – come dice de Dominicis – e un “artigiano replicante” che crede di essere un “artista”?

Qui mi sento di andare giù pesante… Gli artisti sono una mandria di pecore con culo sfondato e la bocca cucita. I galleristi-magnaccia affittacamere a ore. I critici-prostitute affatto schizzinose… e i direttori delle Biennali-arlecchini che togliendo la maschera, non sanno cosa succederà alla fine della fiera. Scusa il francesismo. Qualcuno si salva. Pochi, in realtà. Quanto a differenza tra un “artista creatore” è un “artigiano replicante che crede di essere un artista”, la risposta me la stai dando nella tua domanda.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

L’elenco potrebbe essere molto lungo ma mi limito a tre:

  1. “Maestro e Margherita”: un romanzo di Michail Bulgakov. Il libro è ambientato nella Mosca degli anni ’30 ed è la storia del Diavolo, sotto forma di un noto stregone Woland, incarna tutto il male che si può incontrare nel mondo. Una satira sociale e stratificazioni etiche. Il Maestro è una figura metaforica della speranza che non si arrende mai. Margarita è l’allegoria di quelle persone che non smettono mai di cercare l’amore e per esso sono disposte a tutto.
  2. “1984” di George Orwell: una profezia di cosa può succedere quando il potere è lasciato all’abbandono, il controllo diviene reale e la libertà personale è annullata. Un intramontabile su principi etici e sulla politica.
  3. “Cuore di Tenebra” di Joseph Conrad: un classico che racconta la tragica missione alla ricerca del segreto di un luogo selvaggio, lontano. Un poema sull’essenza dell’umanità, che parla di perdere la coscienza aiutando a capire le profondità dell’animo umano.

Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?

Nel mio top 3:

  1. “The Platform” è un film di Galder Gaztelu-Urrutia. In italiano intitolato “Il buco”. È un thriller che può essere analizzato come l’auto-sabotaggio del nostro IO. La piattaforma è una metafora della nostra società alla quale apparteniamo tutti, senza eccezioni. Il mondo di costante sottomissione, pressione e competizione. Meravigliosi dialoghi. Alcune scene sono piuttosto impressionanti.
  2. I Film di Hitchcock (inclusi Psycho, Gli Uccelli, Intrigo Internazionale e La Finestra sul Cortile). Alfred Hitchcock è uno dei maestri indiscussi del cinema, e la sua straordinaria abilità nell’intrattenere ed emozionare il pubblico.
  3. Schindler’s List” è un kolossal di Steven Spielberg sull’Olocausto. La storia vera del membro della Leggersehranken I.D. Schindler e dei suoi sforzi per salvare più ebrei possibile dai nazisti.

Ci parli dei tuoi imminenti impegni professionali, dei tuoi lavori e delle tue opere in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata?

A maggio ho in programma una mia mostra personale al “Principe di Savoia” di Milano. Sto realizzando una serie di quadri su dystopia. Una mia riflessione sul presente. Sto meditando sulla negatività che esiste nella società attuale. Cerco di esprimere le mie visioni riguardo al significato più profondo della realtà, spezzando con humor della serie “Cheers to the Dystopia”, l’instabilità del mondo e la vulnerabilità del destino umano. In sostanza, invito le persone a utilizzare il pensiero critico e trarre le conclusioni oltre la superficialità del mainstream. Dopo di che chissà… In genere non mi riempio la testa di cose che non hanno nulla a che fare con il presente. Nel futuro tutto deve ancora accadere. Può essere che mi ritroverò in un futuro in cui non ci sarà nessuna mostra o mi ritroverò in un futuro in cui non ci sarò proprio.

Una domanda difficile: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier di Milano per comprarne alcune.

Perché è un modo di connessione emotiva tra me e il segreto e l’animo dell’acquirente. C’è della poesia in questo, come se stessero acquistando un pezzo di un mondo reale, che dura nel tempo. Ogni mio quadro ha un significato speciale e magico. Guardare la mia opera o le sue sfumature può anche ispirare idee, ricordi o emozioni e far sorgere sogni, desideri o speranze. Inoltre è un’esperienza filosofica, chi acquista un’opera, acquista qualcosa che rappresenta loro, la loro vita, i loro sentimenti o le loro visioni. Non per l’ultimo, l’arte è anche un ottimo investimento.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Su Google c’è molta informazione su di me e inoltre su mio sito web e i social:

https://artkaminsky.com/

https://www.facebook.com/marina.kaminsky.1

https://www.instagram.com/marina_kaminsky/

Per concludere questa chiacchierata, cosa vuoi dire alle persone che leggeranno questa intervista?

Ti rispondo con la settima profezia di Celestino: Tutte le risposte alle nostre domande provengono da altre persone. L’importante è capire che la persona è davvero pronta a dirti qualcosa. Questo sarà un messaggio per te.

La Rivelazione ci insegna a ricordare che le cose che attirano la nostra attenzione e i pensieri che ci vengono in mente e i sogni possono esserci inviati come risposta alle nostre domande. Per non perderli, dobbiamo assumere la posizione di un osservatore. Quando ci viene in mente un pensiero, dobbiamo sempre chiederci: perché è venuto. I cattivi pensieri bisognerebbe fermare sul nascere e sviluppare ed ampliare quelli buoni. Allora i cattivi pensieri smetteranno di apparirci.

Marina Kaminsky

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Maria Kaminski

Andrea Giostra

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Andrea Giostra al mercato di Ballarò a Palermo_Ph. Mapi Rizzo